Sant’Agata, ogni catanese lo sa, è molto più che una semplice festa. Non è solo un momento di intensa religiosità, che unisce i cittadini alla loro Santa, e non può essere ridotta nemmeno a un magistrale esempio di folklore e tradizione. Per 5 giorni la Santa inganna il tempo e avvolge nel suo manto la città – uno spazio al di fuori del quotidiano, del convenzionale. Se lo chiedete a un sociologo, probabilmente la prima cosa che vi dirà sarà che Sant’Agata è la terza festa religiosa del mondo dopo Siviglia e Lima, con un milione e mezzo di presenze. Se lo chiedete a un catanese, probabilmente vi dirà che non c’è un modo per definirla, ma solo un modo di sentirla.
Eppure, quest’anno sarà una festa diversa a causa del Covid-19, che ormai da un anno fa scempio delle nostre abitudini, non risparmiando nemmeno le tradizioni a cui siamo più legati. Assolutamente vietati gli assembramenti, adottato uno specifico programma; una necessità, di certo non una scelta. Tuttavia, il legame fra la Santa e i suoi cittadini appare profondo come il mar Mediterraneo e infrangibile come la pietra lavica.
Allora, per consolarci della momentanea rinuncia alla vicinanza fisica con la Santa, il nostro suggerimento è quello di non farci quantomeno mancare tutti i cibi fisici della sua festa – ovviamente, in modalità asporto, in ossequio alle disposizioni vigenti.
Sant’Agata: le “minnuzze” e le olivette
Entrambe costituiscono una tappa fondamentale della festa, ormai segno riconoscibile del legame con la Santa. In particolare le cassatelle, con la loro forma specifica e il loro legame con la biografia della Santa, ma anche con il loro cromatismo, sono ormai universalmente riconosciute come il dolce di Agata. Anche le olivette non possono mancare però nella lista della spesa di coloro che non temono di assumere molti zuccheri: esse richiamano quando Agata sostò per allacciarsi un calzare, inseguita dai soldati di Quinziano, e comparì un ulivo in grado di fornirle ristoro. Possono essere mangiate “al volo”, per strada, o portate come prelibatezze ai propri cari.
Sant’Agata: i torroni
Ci sono diversi tipi di torroni che potrete gustare durante la festa, se siete abbastanza coraggiosi da mettere a rischio i vostri denti. Si parte dal torrone con mandorle (o con mandorle caramellate), forse il più classico, ma sicuramente non il più scontato. Presenza fissa di tutte le bancherelle che popolano il magnifico mosaico di vita che si riunisce durante la festa, gioia e dolori di tutti i dentisti. Abbiamo poi il torrone di Sant’Agata, dal gusto decisamente più dolce – e per questo, forse, talvolta meno apprezzati. Se quest’ultimo è composto da un mix di marzapane, frutta secca e canditi, il torrone gelato di Sant’Agata è invece fatto di pasta reale e poi ripieno con frutta candita e secca, a cui viene ovviamente aggiunto l’ingrediente da cui deriva il nome: il gelato. Viene spesso servito a spicchi di forma triangolari.
E per gli amanti del salato?
Anche coloro che preferiscono il salato non rimarranno certamente delusi durante le celebrazioni della Santa. Ovviamente, il primo pensiero corre ai canonici arancini, che anche durante i primi di Febbraio non sfigurano mai – anzi! Ma i più golosi sapranno certamente dove trovare eccelse grigliate di carne, magari accaparrandosi generose porzioni lungo via Plebiscito e gli spiazzi di castello Ursino. Aggiungiamo che non c’è un modo migliore di riscaldarsi, se non accompagnandola con un corposo bicchiere di rosso. Se poi volete “passarvi la bocca”, ecco allora che non possiamo che consigliarvi i “piretti“, cedri tagliati a fettine disposte in piattini e conditi col sale.
Insomma, anche sul fronte del cibo, Sant’Agata mette proprio tutti d’accordo.
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