Non serviva certamente l’emergenza sanitaria e la pandemia di Covid-19 per rendersi conto di quanto sia importante per uno stato moderno il suo apparato sanitario. Mesi passati a incensare pubblicamente dottori, infermieri e tutti coloro che operano in questo mondo, senza che però a queste parole pubbliche sia stato dato – spesso – un seguito concreto. L’Italia si fa vanto della gratuità dei servizi medici che offre; e in effetti, ci sarebbe da vantarsene, se non fosse un sistema così dolorosamente farraginoso e che spesso si tiene in piedi solo per la volontà e il sacrificio degli operatori del settore. Basti pensare che, a seguito dei pensionamenti e della carenza di personale qualificato, oggi 3 milioni di italiani sono senza medico di base. La situazione sembra anche più grave nella nostra isola, con i sindacati che hanno lanciato un allarme “sanità Sicilia”.
Sanità Sicilia, l’allarme dei sindacati
Giuseppe Bonsignore, segretario regionale CIMO (Confederazione Italiana Medici Ospedalieri), e Riccardo Spampinato, presidente regionale della Federazione CIMO-FESMED (Federazione Sindacale Medici Dirigenti) hanno parlato della situazione critica della Sicilia. «Oggi il nuovo assessore regionale alla Salute, Giovanna Volo, si trova ad affrontare una situazione che era già drammatica ai tempi del suo predecessore Razza, e che adesso è diventata castrofica. Chiediamo quindi all’assessore Volo di convocare urgentemente le organizzazioni sindacali della dirigenza sanitaria per discutere insieme delle problematiche dell’intera Regione e delle possibili soluzioni che non possono passare come sempre sulla pelle dei medici e dei pazienti».
In particolare, sono state messe in luce le carenze di personale, che costringono medici, infermieri etc a operare in condizioni difficilissime e a fare doppi turni estenuanti. La situazione è addirittura catastrofica quando si parla di pronto soccorso, dove è carente il 50% del personale.
Sanità Sicilia, quali soluzioni?
Bonsignore e Spampinato hanno le idee chiare: «Le soluzioni che riguardano la crisi degli ospedali siciliani non possono non passare attraverso un confronto con le organizzazioni sindacali che hanno tutto il diritto ad esprimere la loro opinione su materie così delicate che riguardano l’organizzazione del lavoro e il destino professionale di tanti colleghi».
Emblematico il caso di Caltagirone: «La soluzione chiesta dai sindaci del comprensorio di Caltagirone che è quella di creare un Dipartimento Interaziendale non può essere la soluzione, in primis perché non in linea con quanto previsto dal DM 70 e dalle Rete Ospedaliera regionale per l’emergenza e poi perché, in ogni caso, sembra di difficile realizzazione stante l’esiguità di risorse umane anche negli ospedali delle altre aziende».
Le colpe della politica
Alcune responsabilità, secondo i due sindacalisti, sembrerebbero chiare: «Dopo decenni di scelte politiche perverse fatte di tagli ai posti letto, di sforbiciate alle unità operative e di annientamento del personale, era inevitabile che i nodi venissero al pettine e adesso, la stessa politica che ha creato il problema, pretende di risolverlo con soluzioni fantasiose che alla fine saranno, come sempre, a carico e sulle spalle di quei medici che già sono spesso costretti a rinunciare alle ferie, ai riposi e che vengono presi e sbattuti in giro per i Reparti sguarniti, usati come veri e propri tappabuchi per turare le falle di una nave che affonda per colpe altrui e per precise responsabilità di chi non ha saputo governare».
«Eppure, nel mese di luglio scorso la Segreteria Regionale CIMO e la Federazione CIMO FESMED della Sicilia, nel corso di una partecipata Conferenza stampa tenutasi all’Ordine dei Medici di Palermo, alla presenza dell’allora assessore della Salute, Ruggero Razza, lanciarono un accorato grido di allarme sulla crisi degli ospedali in generale e dei pronto soccorso siciliani in particolare, proponendo soluzioni e chiedendo di far presto. Avevamo chiesto di prevedere una indennità di funzione per i medici di pronto soccorso e il pagamento di gettoni di guardia adeguatamente remunerativi in modo da attrarre quei medici che oggi sono in fuga verso il privato o che, in ogni caso, non ne vogliono sapere di sacrificare tutto per un piatto di lenticchie. Avevamo anche chiesto di sospendere temporaneamente le attività di quei PPI (Punti di Primo Intervento) che erogano un basso numero di prestazioni in modo da recuperare risorse umane da inviare nei pronto soccorso in estrema sofferenza. Purtroppo non se ne fece nulla – concludono Bonsignore e Spampinato – ed oggi il contesto è notevolmente peggiorato sotto ogni aspetto».
Lascia un commento