Dopo aver visto la storia di San Corrado Eremita, oggi ci spostiamo a Salemi per andare a scoprire la storia di San Biagio e la festa dei pani.
La storia di San Biagio
Biagio, pur esercitando la professione di medico, fu nominato vescovo di Sebaste in Armenia. Durante la persecuzione di Licinio in Oriente, nel 314, si rifugiò in una grotta sul monte Argeo vivendo da eremita. Secondo le leggende nate intorno alla sua figura, egli guariva gli animali con il segno della croce e quando fu rinchiuso in prigione continuò ad operare guarigioni sugli ammalati. Il santo subì il martirio per decapitazione, dopo orrende torture.
L’iconografia popolare lo rappresenta a figura intera o a mezzobusto, con le insegne vescovili e l’elemento che lo identifica, il pettine, che è il mezzo di tortura subito. Uno dei miracoli più noti risale a quando salvò un bambino che stava rischiando di morire soffocato a causa di una lisca di pesce conficcataglisi in gola. Questo miracolo ha dato origine al suo patrocinio speciale contro le malattie di gola, mentre la guarigione di un maialino recatogli da una donna, la quale, per ringraziamento portò in chiesa delle candele e fece al santo delle offerte di cibo, ha dato origine alla tradizione delle offerte votive.
Il culto di San Biagio
Le vicende leggendarie del santo hanno determinato una larga diffusione del suo culto, che si esprime in una serie di atti devozionali caratteristici della sua festa. Il santo è anche patrono di Comiso, l’antica Casmene in provincia di Ragusa, perché, secondo la tradizione, evitò che il paese venisse colpito dalla peste. I festeggiamenti dedicategli si svolgono dal 5 al 9 luglio, con la preparazione di grandi fanali dipinti.
Nella cultura contadina il santo è molto amato perché protegge la semina. Infatti anticamente, prima di seminare i terreni, si usava andare in chiesa con un sacchetto di cereali affinché fossero benedetti dal parroco e quindi sparsi sul terreno seminato. Il santo viene riconosciuto inoltre come protettore degli animali e di questo suo particolare patrocinio il Pitrè racconta che a San Pietro Patti, in provincia di Messina, « chi ha vacche, cavalli, muli, asini, pecore e altri animali stimati e lucrosi, inclusi i maiali, misura il collo della statua del Santo con un laccio, e questo legato con un altro laccio cinge al collo, al petto, al centre dell’animale che vuol preservato da malattie a venire. Così venti su cento Siciliani, dotti o indotti, nobili o plebei, maschi o femmine credono davvero preservarsi da infiammazioni di gola e da angine tenendo giorno e notte legato al collo un filo di spago qualunque.»
L’uso di porre il laccio dapprima intorno al collo del santo e poi a quello dell’animale, con il chiaro significato di preservarlo dalle malattie, sopravvive in altre feste in cui il patrono locale è protettore anche degli animali.
La festa dei pani
Nella festa di san Biagio, che viene celebrata il 3 febbraio nella chiesa del Rabato, una delle più antiche borgate di Salemi, l’antica Halicyae (divenuta sotto i Romani una delle cinque città libere della Sicilia), vi è l’usanza di preparare dei pani votivi. Si tratta in questo caso della prima festa dei pani con cui si apre un ciclo di ricorrenze che copre l’intero arco dell’anno. È un antico rito di origine pagana, con un evidente significato propiziatorio, entrato successivamente a far parte del culto cristiano, rinnovandosi nei secoli. Questa usanza, collegata alla tradizione del santo protettore dei mali che affliggono la gola, consiste nella preparazione di tre forme tipiche di pani: li cudduredda, pani la cui forma rappresenta la gola. Li cavadduzzi, pani a forma di cavallette, in ricordi di quando nel 1542 le cavallette invasero la campagna di Salemi e furono debellate grazie all’intervento del santo. E infine, pani a forma di mano, la manina di San Brasi, e di bastone fiorito da un lato, simbolo di fertilità.
I preparativi hanno inizio circa una settimana prima della festa per il patrono ed il 3 febbraio i pani vengono benedetti e distribuiti ai fedeli. I cuddureddi di san Biagiu sono largamente diffusi anche in altre parti della Sicilia: a Racalmuto per la festa del santo vi è l’usanza di consumare per devozione soltanto i pani votivi a forma di trachea o di barba che vengono chiamati varva di san Bilasi. Il Pitrè, a proposito dei pani votivi, scrive: « In quasi tutti i comuni dell’isola, per grazie invocate ed ottenute ed a compimento di voti fatti, si usa eseguire o far eseguire in certe feste dell’anno delle devozioni, panini sacri.»
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