I rudimenti del mestiere con il padre Filadelfo
A parte l’ingegneria sanitaria, il padre di Francesco era un erudito nonché conoscitore della storia antica di Catania, tant’è che promosse scavi nell’anfiteatro romano e in altri siti archeologici.
Nella mente del giovane rampollo di casa Fichera, questi interessi dovettero avere un fascino irresistibile e non è un caso che essi rappresentino un costante punto di approdo della ricerca formale di Francesco.
La formazione di Francesco Fichera
Dopo essersi laureato in ingegneria a Roma nel 1904, concluse il suo iter scolastico solo due anni dopo, conseguendo il diploma in architettura all’Accademia di Belle Arti di Palermo, dove fu allievo dell’architetto Ernesto Basile.
Uno dei maggiori esponenti del modernismo europeo e Liberty, Ernesto trasmise al giovane Francesco le declinazioni locali dell’Art Nouveau, senza perdere di vista il respiro dell’architettura internazionale.
Il gusto del dettaglio e l’amore per uno spirito classico non semplicemente evocato ma attualizzato, andavano a depositarsi all’interno di un temperamento già incline a un eclettismo che guardava all’antico.
Il rientro a Catania e le pubblicazioni scientifiche
Tornato a Catania, nel 1909, in seguito alla prematura scomparsa del padre, Francesco prese in mano le redini dello studio paterno.
Nell’alveo della cultura catanese degli anni ruggenti, Francesco diede pieno sfogo a una ricerca scientifica poliedrica e mai scontata. Nel 1925 pubblicò il volume Una città settecentesca, da cui si evince la sua grande passione per l’epoca barocca e per i monumenti storici della sua città.
Nel ’34, invece, fu edita una interessante monografia su Giovanni Battista Vaccarini, architetto di origini palermitane e formazione romana, che a Catania apportò aggiornamenti sul gusto di Bernini e Borromini, appreso durante la formazione con Fontana.
Definire tali pubblicazioni come strettamente architettoniche è un evidente limite, perché da esse traspare un’evidente preparazione culturale, un’approfondita analisi estetica e una partecipazione alla storia delle idee in grado di aprire nuove strade.
Melodia, genialità e humor: le qualità architettoniche di Francesco Fichera
1. Architettura residenziale e privata
L’attività professionale di Fichera prese le mosse molto precocemente e già nel 1908 si occupò di progettare l’ampliamento dell’Ospizio dei ciechi di Catania.
Da quel momento in avanti, venne intercettato da una committenza alto-borghese e nobiliare che lo condusse a realizzare residenze di lusso, dentro e fuori i più stretti confini catanesi.
Vale la pena di passare velocemente in rassegna questo catalogo di progetti, stesi in poco più di un quinquennio. Per cominciare, Villa Simili a Catania (1908-1910) e Villa Scannapieco a Picanello (1909-1911), seguite da villa Majorana a Catania (1911-1913) e la palazzina Zappalà a Trecastagni (del 1912), fino ad approdare al palazzo Failla e Zuccarello, entrambi del 1913 ed entrambi a Catania.
Questi primi lavori sono espressione di un pensiero architettonico internazionale che prendono come punto di riferimento gli indirizzi del Secessionstil di Otto Wanger e Joseph Maria Olbrich.
2. Architettura pubblica e commerciale
I brillanti interventi di sanificazione urbana perseguiti da Filadelfo nella seconda metà del XIX secolo, diedero i loro frutti nel corso del primo decennio del secolo successivo, quando Catania visse un’effervescente periodo di rigenerazione, soprattutto in ambito sociale.
Questo processo di rinnovamento sembrava trovare appagamento in un lusso febbrile e divertito, qualità che informano anche le strutture architettoniche sorte in quel decennio.
Come il cinema-teatro Olympia e lo Sport Club di Catania, inaugurati nel 1913 e ideati proprio da Francesco Fichera, che in quello stesso periodo progettò anche un Kursaal, lo stabilimento balneare alla Plaja e un albergo. Queste ultime tre, però, rimasero tutte allo stato disegnativo ma rappresentano comunque l’interesse dell’architetto per quel gran fermento che investiva il benessere e la cura della persona.
Contemporaneamente all’edilizia residenziale, Fichera si dedicava anche alla progettazione di preziosi negozi in stile floreale, come quello Alfonsetti e Martinez del 1909, o l’atelier dei tessuti Pandolfini in piazza Manganelli.
3. Le opere della maturità
Allo schiudersi del nuovo decennio, al Fichera vennero sottoposte alcune nuove sfide, provenienti da edifici che incarnano il massimo della funzionalità collettiva.
Si tratta dei palazzi delle Poste e di istituti scolastici.
Gli anni venti furono dedicati alla messa a punto dei due palazzi delle Poste e Telegrafi di Catania e Siracusa.
Nella città natia ideò un edificio a doppio anello concentrico in pianta, impreziosito da una corte interna. Questo modello fu ripreso anche a Siracusa, dove Fichera previde il rivestimento in pietra calcarea locale.
Nel complesso, da questi due palazzi soffia uno spirito classico sottolineato dalla presenza degli ordini architettonici negli anditi e negli androni, oltre che dai particolari decorativi dei frammenti antichi esibiti nelle murature.
Nell’Istituto Tecnico Commerciale di Catania (1926-1929) e nel Liceo Scientifico di Siracusa (1930), Fichera mise a punto il cosiddetto stile mediterraneo, che univa alla semplicità dell’ordine dorico forme tipiche della cultura nazionale.
4. Il classicismo fantasioso
L’acme ideativo di Fichera convogliò nel classicismo fantasioso, uno stile che gli è proprio e che caratterizza la villa Inga di San Francesco d’Albaro (1924-1927), nei pressi di Genova.
Ispirandosi alle ville del Cinquecento, l’architetto propose accentuati contrasti chiaroscurali, resi con membrature in pietra grigia e paramenti in intonaco bianco.
La sua ultima opera significativa, il palazzo di Giustizia di Catania, lo impegnò dalla fine degli anni trenta al 1950, anno in cui morì questo magister ex vivis lapidibus.
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