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  • Madonna della Lettera la patrona di Messina

    Madonna della Lettera la patrona di Messina

    La Madonna della Lettera è la patrona della città di Messina, in Sicilia. Il culto della Madonna della Lettera si basa sulla tradizione secondo cui, nel 42 d.C., la Vergine Maria inviò una lettera ai messinesi, confermando la loro conversione al cristianesimo.

    La storia della Madonna lettera

    Secondo la tradizione, nel 42 d.C., un gruppo di messinesi, guidati dal vescovo Procolo, si recò a Gerusalemme per incontrare l’apostolo Pietro. I messinesi avevano appena convertito al cristianesimo la loro città, e desideravano ricevere la conferma della loro fede.

    L’apostolo Pietro ascoltò con attenzione la storia dei messinesi, e poi disse loro: “Andate a casa e rimandate a me uno dei vostri, perché io scriverò una lettera alla vostra città.”

    I messinesi scelsero il diacono Luca, che ritornò a Messina con una lettera scritta dalla Vergine Maria. La lettera diceva:

    “Io sono la Vergine Maria, madre di Gesù Cristo. Saluto la città di Messina e i suoi abitanti, che hanno aderito alla religione cristiana. Sono lieta di sapere che avete lasciato il paganesimo e avete abbracciato la fede in mio figlio. Vi benedico e vi chiedo di perseverare nella vostra fede.”

    La devozione alla Madonna della Lettera

    La lettera della Madonna Maria fu accolta con grande gioia dai messinesi, che la custodirono gelosamente. La lettera fu collocata nella cattedrale di Messina, e divenne l’oggetto di una grande devozione.

    Nel corso dei secoli, la devozione alla Madonna si è diffusa in tutta la Sicilia. La Madonna è considerata la protettrice di Messina e di tutti i messinesi.

    La festa della Madonna della Lettera

    Si celebra a Messina il 3 giugno. La festa è caratterizzata da una grande processione che si svolge per le vie della città.

    La processione inizia dalla cattedrale di Messina, e si conclude con la benedizione del mare. Durante la processione, il fercolo argenteo della Madonna della Lettera è portato a spalla dai fedeli.

    E una delle feste più importanti della città di Messina. La festa è un momento di grande gioia e di fede per i messinesi, che rinnovano la loro devozione alla loro patrona.

  • San Mauro patrono di Viagrande

    San Mauro patrono di Viagrande

    Nel cuore della pittoresca Viagrande, un piccolo comune alle pendici dell’Etna in Sicilia, si svolge annualmente un evento che incanta i residenti e attrae visitatori da ogni angolo dell’isola: la Festa di San Mauro. Questa celebrazione, dedicata al santo patrono del paese, offre un’opportunità unica di immergersi nella cultura, nella spiritualità e nell’atmosfera festosa della tradizione siciliana.

    La Festa di San Mauro, solitamente celebrata a Gennaio e con una ricorrenza la prima domenica di Settembre, è un’esplosione di colori, suoni e emozioni che catturano l’anima di chiunque vi partecipi. Le strade del paese si animano con bancarelle che vendono prodotti artigianali, dolci tipici e prelibatezze locali, creando un percorso di sapori autentici che delizia i sensi e stimola la curiosità.

    La festa di San Mauro

    Ma l’elemento centrale di questa festa è la devozione a San Mauro. I festeggiamenti iniziano con una solenne processione, durante la quale la statua del santo viene portata in giro per le vie del paese dai fedeli in abiti tradizionali. Questo momento di fede e devozione crea un legame speciale tra la comunità e la sua storia religiosa, e rappresenta un momento di riflessione e rinnovamento spirituale per molti partecipanti.

    Oltre agli aspetti religiosi, la Festa di San Mauro offre anche intrattenimento e divertimento per tutte le età. Concerti, spettacoli teatrali e eventi culturali si susseguono lungo i giorni di festa, animando le piazze e creando un’atmosfera di gioia contagiosa. I giovani e i meno giovani si uniscono in balli e danze tradizionali, mantenendo viva l’essenza della cultura locale.

    La tradizionale festa patronale di San Mauro

    Nel 14° giorno, la vigilia della festa, si svolgono una serie di eventi significativi. Inizia con l’Offerta della cera”, un momento in cui i fedeli presentano ceri decorati come segno di devozione. Segue poi la “Processione della Reliquia del Santo Patrono”, durante la quale una reliquia del Santo viene portata in processione attraverso le strade del paese. La serata culmina con una maestosa gara pirotecnica che illumina il cielo.

    Un momento intriso di folklore è l’”entrata dei partiti” o dei giovani cantanti. In questa occasione, i cittadini si dividono in due fazioni, il partito di S. Caterina e quello di Scalatelli. Questi due gruppi competono in una sana rivalità, eseguendo le “antiche cantate” tradizionali dei rispettivi quartieri. La divisione tra i partiti non è sempre legata alla residenza, ma l’appartenenza è spesso di natura affettiva. La competizione tra i due partiti culmina in spettacolari giochi pirotecnici, ognuno cercando di offrire lo spettacolo migliore.

    Il 15° giorno, la “Solennità di S. Mauro”, è il punto focale della festa. Inizia con la rivelazione del Santo Patrono, seguita da un momento attesissimo: alle 13 in punto avviene l’uscita trionfale del simulacro del Santo. Questo momento è accompagnato da uno spettacolo pirotecnico straordinario, che non ha eguali. Il simulacro di San Mauro viene quindi portato in processione lungo le vie cittadine, circondato dai fedeli devoti e dai corpi bandistici, creando un’atmosfera di fervente devozione e festosa celebrazione.

    All’arrivo del simulacro in Piazza San Mauro, avviene una caratteristica “Calata dell’Angelo”. Un angelo di legno scende da un baldacchino postato ad un’alta elevazione rispetto al simulacro. L’angelo porta in mano fiori e banconote, simboli di offerte e devozione, che vengono donati al Santo. Questo momento rappresenta un tocco unico di spiritualità e tradizione che caratterizza la festa di San Mauro a Viagrande.

    La bellezza di Viagrande

    L’evento è anche l’occasione per scoprire l’arte e l’artigianato tipico della zona. Mostra di ceramiche, esposizioni di opere d’arte e dimostrazioni di antichi mestieri attraggono appassionati e curiosi, offrendo un’occasione unica di apprezzare il talento e la creatività dei locali.

    La Festa di San Mauro a Viagrande è molto più di una semplice celebrazione. È un momento in cui la tradizione si mescola alla modernità, la fede si intreccia con la gioia e la comunità si unisce in un abbraccio caloroso di appartenenza. Questa festa incarna l’essenza stessa di Viagrande, con la sua storia, la sua cultura e la sua gente accogliente. Chiunque partecipi può essere certo di portare via con sé ricordi indelebili di un’esperienza autentica e coinvolgente.

  • Madonna delle Milizie, patrona di Scili

    Madonna delle Milizie, patrona di Scili

    Ogni anno, nell’incantevole città di Scicli, si svolge la Festa in onore della patrona Madonna delle Milizie, una celebrazione sacra e coinvolgente del famoso fatto d’arme avvenuto nel 1091 tra i Normanni del Gran Conte Ruggero d’Altavilla e i Saraceni guidati dall’emiro Belcane.Questa affascinante figura mariana, venerata e ammirata da generazioni di fedeli, è stata protagonista di un evento epico che ha segnato profondamente la storia di questa antica città.

    La storia della Madonna delle Milizie

    La leggenda narra che nel lontano 1091, Scicli era teatro di un’ardua lotta tra i Normanni, guidati dal Gran Conte Ruggero d’Altavilla, e i Saraceni, capeggiati dall’emiro Belcane. La situazione era critica e gli abitanti della città si trovavano in una disperata battaglia per la propria sopravvivenza. In un momento di estrema necessità, la Vergine Maria scese dal Cielo su un bianco cavallo bardato da guerra, armata di spada e indossante una corazza. Con gesto risoluto, guidò i Cristiani nella lotta e, con il suo intervento miracoloso, si racconta che abbiano sconfitto i Saraceni, liberando Scicli dal dominio straniero.

    In seguito a questo evento straordinario, gli abitanti di Scicli decisero di rendere omaggio alla Vergine Maria e di costruire una chiesa in suo onore, decretandola Madonna delle Milizie, protettrice guerriera della città. Questo leggendario fatto d’arme e l’apparizione della Madonna hanno segnato la memoria collettiva degli sciclitani, consolidando la loro devozione e venerazione per la Madre Celeste.

    La Madonna delle Milizie nella festa

    La celebrazione della Festa della Madonna delle Milizie è diventata un evento annuale di grande rilievo, che attrae pellegrini e visitatori da ogni parte dell’isola e oltre. La festa si tiene tradizionalmente l’ultimo sabato di maggio, quando la comunità si unisce per onorare e ricordare il miracolo che ha portato alla vittoria dei Cristiani sulla minaccia Saracena.

    La rappresentazione teatrale della moresca, in cui gruppi di “Turchi” e “Cristiani” si affrontano in un vivace scontro scenico, è uno degli spettacoli più attesi durante la festa. Questo drammatico confronto culmina con l’apparizione miracolosa della Madonna a cavallo, che si erge come protettrice della città e simbolo di speranza e vittoria.

    La statua della Madonna delle Milizie, indossante abiti guerrieri e affiancata dal suo fedele destriero, viene portata in processione attraverso le vie di Scicli, circondata da un’atmosfera di devozione e festa. Durante la festività, la piazza principale della città è animata da una vivace fiera e viene offerta la possibilità di gustare le deliziose “Teste di Turco,” dolci tipici che richiamano i tempi della battaglia epica.

    L’evento è famoso in tutto il mondo per la rievocazione della discesa della Madonna a cavallo, armata di spada, salvatrice degli sciclitani dalle incursioni saracene. Questo straordinario avvenimento ha ispirato la costruzione della chiesa dedicata alla Madonna delle Milizie, che ancor oggi rappresenta un simbolo di devozione e fede per la comunità.

    La Madonna delle Milizie continua a rappresentare un importante simbolo di identità e fede per gli abitanti di Scicli. Ogni anno, la festa sacra riporta indietro nel tempo, ricordando un avvenimento storico che ha forgiato il destino della città e consolidato il rapporto speciale tra la comunità e la Madre Celeste.

    La festa

    La Festa della Madonna a Cavallo o Battaglia delle Milizie si tiene solitamente l’ultimo sabato di maggio, durante il quale la comunità venera un dipinto settecentesco e una statua raffigurante la Vergine, armata di spada e indossante una corazza, mentre cavalca un bianco destriero bardato da guerra.

    L’evento è uno dei momenti più importanti per gli abitanti di Scicli, poiché commemora la vittoria dei Normanni sui Saraceni e la liberazione della città dall’oppressione straniera. Si narra che durante la battaglia decisiva, la Vergine Maria scese dal Cielo a difesa di Scicli, intervenendo miracolosamente a favore dei Cristiani.

    La rappresentazione teatrale della moresca è il momento clou della festa, dove gruppi di “Turchi” (rappresentanti i Saraceni) si scontrano con gruppi di “Cristiani” (rappresentanti i Normanni). Questa simulazione della battaglia culmina con l’intervento della Vergine Maria, che, cavalcando su un Bianco Cavallo, libera la città dall’assedio straniero.

    La festa è impreziosita da una vivace fiera e dalla processione della statua della Madonna, che si snoda tra le vie della città, culminando con un pellegrinaggio fino al Convento delle Milizie, luogo in cui, si narra, apparve la Madonna in aiuto dei Normanni.

    Durante i giorni della festa, i visitatori possono partecipare a numerose manifestazioni collaterali, tra cui la Sagra delle Teste di Turco, un dolce tipico sciclitano, il cui nome fa chiaramente riferimento alla battaglia epica che ha ispirato l’intera celebrazione. Durante questi eventi, è possibile assaporare prelibatezze tipiche del luogo e immergersi completamente nell’atmosfera unica e coinvolgente della Festa della Madonna delle Milizie.

    Se volete scoprire ancora qualcosa sulle feste patronali siciliane, parliamo anche della festa di Sant’Anastasia!

  • San Vito, patrono di Mazara del Vallo

    San Vito, patrono di Mazara del Vallo

    Quest’oggi ci spostiamo nella Sicilia occidentale, per scoprire la vita e la storia di San Vito, patrono di Mazara del Vallo. Oltre a scoprire alcune curiosità sul festino di San Vito, scopriamo anche come mai in Sicilia viene spesso adoperata l’espressione “il ballo di San Vito”.

    Storia di San Vito

    Vito, figlio di un funzionario romano di nome Ila, nacque a Mazara intorno al 286 d.C. Rimasto orfano di madre, fu affidato alle cure della nutrice Crescenza e del precettore Modesto, che lo educarono alla fede cristiana. Quando il padre scoprì che il figlio era cristiano per punirlo lo consegnò al prefetto Valeriano, ma secondo l’agiografia l’intervento di un angelo lo avrebbe liberato. Assieme a Crescenza e Modesto, Vito decise di lasciare Mazara. Viaggiò fermandosi in Lucania, in Calabria e in Campania, luoghi in cui predicò la fede di Cristo. La sua fama, dovuta ai miracoli che operava sui malati, giunse fino a Diocleziano il quale, secondo alcune fonti storiche, ordinò a Vito di recarsi a Roma per liberare la figlia dall’epilessia. Diocleziano lo ripagò facendolo arrestare e dando ordine che venisse sottoposto al supplizio dell’olio bollente. Secondo la leggenda il santo fu nuovamente liberato dall’angelo.

    Poi, accompagnato dai fedeli Crescenza e Modesto, tornò in Lucania stabilendosi presso la valle del Sele, dove visse e morì. Nell’iconografia popolare è rappresentato con due cani al guinzaglio; in una mano reca la palma del martirio e un libro, mentre con l’altra mano regge una croce.

    Il “ballo di San Vito”

    San Vito divenne popolare soprattutto nel Meridione, dove fu annoverato tra i santi ausiliatori a causa delle sue proprietà taumaturgiche. Viene invocato come protettore dei malati di mente e di tutti coloro che soffrono di affezioni psicosomatiche, quali ad esempio il cosiddetto “ballo di San Vito”. La tradizione popolare gli attribuisce anche la protezione dal morso dei bani idrofobi, come narra il Pitré. Secondo la credenza popolare la guarigione si ottiene recitando anche particolari scongiuri o portando l’immagine del santo, così come viene rappresentato nell’iconografia accompagnato dai cani al guinzaglio.

    Lo speciale patrocinio del santo parrebbe risalire al fatto che gli antichi ritenevano che alcune razze canine fossero la reincarnazione degli spiriti irrequieti dei morti, i quali sotto spoglie animali vagavano per spaventare gli uomini e per far loro del male. I morsi dei cani idrofobi, secondo un’antica cultura, erano in grado di trasformare in demoni gli uomini morsicati. Questo concetto si estendeva anche a tutte quelle malattie che si manifestavano con contrazioni nervose, comunemente chiamate “Ballo di san Vito”.

    Lu festinu di santi Vitu

    Si svolge a Mazara, capoluogo del Val di Mazara al tempo dei Normanni, nel periodo compreso tra la penultima e l’ultima settimana di agosto, in coincidenza con la commemorazione della traslazione di alcune Sue reliquie. La celebrazione liturgica invece il 15 giugno. La festa per il patrono è caratterizzata da due processioni: quella storico-ideale dei quadri viventi (una sacra
    rappresentazione della vita del Santo) e la processione della statua d’argento, che viene posta su un carro trainato dai pescatori e condotta fino alla chiesetta di San Vito. Le origini del festino risalgono al
    XVII secolo, quando i giurati di Mazara nominarono san Vito compatrono della cittadina il 23 agosto del 1614. Papa Gregorio XII fissò la data del 15 giugno come ricorrenza liturgica in onore del santo.

    In un primo tempo il festino venne celebrato in questa ricorrenza, in seguito fu spostato alla seconda metà di agosto in coincidenza con la commemorazione della traslazione delle reliquie del santo, fissata ne 1742 nell’ultima domenica di agosto. Il festino si apre con l’annunzio, un corteo di personaggi in costumi seicenteschi che, dopo aver reso omaggio alla statua del patrono, sfila per le vie della città al rullo dei tamburi dando la notizia dell’inizio dei festeggiamenti. Il corteo dell’annunzio è formato dall’araldo, da un alfiere a cavallo che reca la bandiera municipale, accompagnato dal palafreniere, dai tamburini e dai trombettieri, da quattro vessilliferi che recano le quattro insegne dei quattro quartieri storici di Mazara (Torre Bianca, Torre Marte, San Francesco e San Giovanni) e dal paggio con il rotolo di pergamena, in cui è scritto l’annuncio, che chiude il corteo.

    La processione di quadri

    Ma la manifestazione più caratteristica è la processione dei quadri, con personaggi che rappresentano le grandi virtù e l’esperienza di fede di San Vito e dei fedeli Modesto e Crescenza.

    Se volete scoprire qualcosa in più sulle feste patronali della Sicilia, potete continuare esplorando i nostri articoli dedicati.

  • Sant’Alfio, patrono di Tre Castagni

    Sant’Alfio, patrono di Tre Castagni

    Torniamo con la nostra rubrica dedicata ai santi patroni della Sicilia e alle loro feste. Quest’oggi raccontiamo le vicende e le celebrazioni riguardanti Sant’Alfio.

    La storia di Sant’Alfio

    La storia di Sant’Alfio risale all’epoca dell’Impero Romano, un periodo in cui il cristianesimo era ancora in fase di diffusione e gli imperatori romani perseguitavano i seguaci di questa nuova religione. Nato a Lentini, in Sicilia, Sant’Alfio crebbe in una famiglia devota che lo educò nei principi della fede cristiana.

    La leggenda narra che Sant’Alfio fosse un soldato romano che, insieme ai suoi due fratelli, Cirino e Filadelfo, decise di abbandonare l’esercito e convertirsi al cristianesimo. Questa scelta di fede li mise in conflitto con le autorità romane e li portò a diventare dei perseguitati. Nonostante le minacce e le torture, i tre fratelli si rifiutarono di rinunciare alla loro fede.

    La persecuzione contro i cristiani era particolarmente intensa in quei tempi, e Sant’Alfio, insieme ai suoi fratelli, fu arrestato e sottoposto a vari tormenti. La leggenda racconta che i tre fratelli furono legati a un palo e flagellati, ma nonostante le sofferenze, rimasero saldi nella loro fede.

    La loro resistenza e il loro coraggio divennero un esempio per molti altri cristiani che subivano persecuzioni. Tuttavia, l’opposizione delle autorità romane non cessò, e Sant’Alfio, Cirino e Filadelfo furono condannati a morte. La tradizione sostiene che furono decapitati per la loro fedeltà a Cristo.

    I Santi Martiri

    La celebrazione della Festa dei Santi Martiri di Trecastagni ha inizio il primo giorno di maggio con il suono di ventuno colpi di cannone sparati dal Forte Mulino a vento. Questa festività è caratterizzata da una serie di eventi che si alternano alle celebrazioni religiose, rendendola ancora più speciale. Tra questi eventi vi è la tradizionale Sagra delle musiche e la cantata in onore dei Santi Martiri, la gara Piromusicale delle sezioni cittadine “S. Alfio”, “Tondo” e “Collegiata”, e la fiera di Piano Sciarelle, inaugurata nella vigilia della festa dei Santi Martiri di Trecastagni.

    Durante la giornata delle Reliquie dei Santi Martiri, le reliquie vengono portate in una suggestiva processione per le strade del centro. Il corteo è aperto dal clero, dalle autorità civili e militari e dalle diverse confraternite. Il 10 maggio, giorno solenne della festa dei Santi Martiri di Trecastagni, a mezzogiorno i simulacri vengono accolti sul sagrato del santuario dai fedeli festanti, che li accompagneranno lungo le vie del paese.

    Inoltre, la prima domenica di settembre si commemora il passaggio dei Santi Martiri da Trecastagni con l’esposizione dei tre simulacri sull’altare maggiore, le celebrazioni eucaristiche e la processione. Questo momento speciale riunisce la comunità per onorare la memoria dei Santi Martiri e rafforzare il legame tra i fedeli e la loro fede.

    La festa di Sant’Alfio a Tre Castagni


    La Festa di Sant’Alfio è una festività di grande importanza che si svolge dal 1 al 17 maggio a Trecastagni, nella provincia di Catania. Il momento culminante di questa celebrazione avviene durante la notte tra il 9 e il 10 maggio con la Processione dei Nuri. Questa notte è comunemente chiamata “notte santa” ed è considerata l’evento più significativo di tutta la festa.

    Centinaia di pellegrini intraprendono un cammino a piedi, scalando le pendici dell’Etna in preghiera, portando con sé grandi ceri fino al santuario di Sant’Alfio. Questo corteo di pellegrini è noto come la Processione dei Nuri, poiché coloro che partecipano camminano a piedi nudi (chiamati “nuri” in dialetto) e indossano solamente mutandoni e camicie bianche.

    All’arrivo al Santuario, che avviene all’alba, i pellegrini vengono accolti dal suono delle campane e dai colpi di cannone sparati a salve, annunciando l’inizio della messa solenne. La cerimonia è caratterizzata da una solenne celebrazione eucaristica, con preghiere, canti e lodi a Sant’Alfio.

    Durante la messa, i pellegrini si riuniscono intorno all’altare, mostrando la loro devozione e gratitudine al santo. È un momento di profonda spiritualità, in cui i fedeli chiedono la protezione e l’intercessione di Sant’Alfio nelle loro vite. Dopo la messa, i pellegrini si scambiano abbracci e benedizioni, creando un senso di unità e condivisione tra i partecipanti.

    La Processione dei Nuri e la celebrazione della festa di Sant’Alfio sono eventi di grande importanza per la comunità di Trecastagni e per tutti i fedeli che vi partecipano. Queste tradizioni secolari mantengono vivo il ricordo di Sant’Alfio, il suo martirio e la sua devozione alla fede cristiana. Oltre a essere un momento di religiosità, la festa rappresenta anche un momento di unione e di condivisione tra la comunità, creando un legame indissolubile tra i residenti e il loro patrono, Sant’Alfio.

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  • Sant’Anastasia, patrona di Motta

    Sant’Anastasia, patrona di Motta

    Nel cuore della meravigliosa Sicilia orientale, il pittoresco comune di Motta Sant’Anastasia si prepara a celebrare con grande entusiasmo la festa del suo patrono, Sant’Anastasia. Questo evento religioso e culturale riunisce i residenti e i visitatori in una festa animata e coinvolgente, celebrando la devozione verso il santo e l’identità unica di questa affascinante località. La festa di Sant’Anastasia a Motta Sant’Anastasia è un’occasione per immergersi nella cultura siciliana, esplorare le tradizioni locali e godere di momenti di gioia e devozione.

    Vita di Sant’Anastasia

    La festa di Sant’Anastasia è dedicata a Sant’Anastasia di Sirmio, una santa martire del IV secolo. La figura di Sant’Anastasia è particolarmente venerata a Motta Sant’Anastasia, poiché si crede che il suo corpo sia stato recuperato e portato in questa città siciliana molti secoli fa. La festa è un momento speciale per onorare il patrono e rafforzare la fede religiosa della comunità.

    Sant’Anastasia, una santa cristiana del IV secolo, visse durante il periodo dell’imperatore Diocleziano, noto per la sua persecuzione dei cristiani. Anastasia nacque a Roma da una famiglia nobile e fu educata nella fede cristiana. Nonostante i pericoli e le minacce che circondavano i seguaci di Cristo in quel periodo, Anastasia non si sottomise alle pressioni di abbandonare la sua fede.

    Sant’Anastasia divenne una figura di coraggio e devozione quando iniziò a visitare i cristiani imprigionati, fornendo loro sostegno spirituale e materiale. Questo atto di carità e compassione non passò inosservato dalle autorità, e Anastasia fu arrestata e sottoposta a pesanti torture nella speranza di farla rinnegare la sua fede. Tuttavia, nonostante le sofferenze inflitte, Anastasia rimase salda nella sua devozione a Cristo. Alla fine, venne decapitata per la sua fede intrepida.

    Il significato della festa e la venerazione della Santa

    La figura di Sant’Anastasia incarna i valori dell’integrità, della fedeltà e del coraggio di fronte all’oppressione. La sua determinazione a non abbandonare la sua fede, nonostante le conseguenze, ha ispirato milioni di persone nel corso dei secoli. Sant’Anastasia rappresenta un faro di speranza e di forza per coloro che si trovano a fronteggiare le sfide della vita e a difendere le proprie convinzioni.

    Sant’Anastasia è oggetto di grande venerazione e devozione in tutto il mondo. La sua memoria viene celebrata in molte tradizioni cristiane il 25 dicembre, il 22 dicembre o il 29 dicembre, a seconda delle diverse liturgie. I fedeli si rivolgono a lei come intercessore per ottenere protezione, forza e coraggio nelle prove della vita.

    Nonostante i secoli trascorsi dalla sua morte, Sant’Anastasia continua a influenzare la società contemporanea. La sua figura ispira coloro che lottano per la libertà religiosa, per la difesa dei diritti umani e per il perseguimento della giustizia sociale. La sua storia ricorda a tutti noi l’importanza di rimanere saldi nelle nostre convinzioni e di

    Le celebrazioni di Sant’Anastasia

    La festa di Sant’Anastasia a Motta Sant’Anastasia è un’esperienza intensa e coinvolgente. Le celebrazioni iniziano diversi giorni prima della data ufficiale, creando un’atmosfera di trepidazione e attesa. Le strade si riempiono di luci, decorazioni colorate e bancarelle che offrono prodotti tradizionali e prelibatezze culinarie locali.

    Uno degli eventi principali della festa è la solenne processione della statua di Sant’Anastasia. La statua, accuratamente adornata e portata a spalla dai fedeli, attraversa le strade del paese in un clima di devozione e spiritualità. Durante la processione, si possono ascoltare preghiere, canti religiosi e inni dedicati al santo, creando un’atmosfera di commozione e partecipazione emotiva.

    Ogni quattro o cinque anni, Motta Sant’Anastasia, nella provincia di Catania, celebra la festa del suo patrono, Sant’Anastasia. Questa festa, che si svolge dal 20 al 25 agosto, commemora la vita e il martirio di questa nobile fanciulla di origine romana. Convertitasi al Cristianesimo insieme alla madre, Anastasia sposò un capitano romano, ma riuscì a rimanere vergine e sopravvisse al marito, che cercò di farla morire di stenti a causa della sua fede.

    Successivamente, Anastasia si recò a Tessalonica, ma venne arrestata e bruciata sul rogo a causa della sua fede cristiana. Un frammento della sua gamba è conservato nella Chiesa Madre di Motta Sant’Anastasia e venerato come una reliquia preziosa.

    Dal 23 Agosto

    La festa di Sant’Anastasia inizia il 22 agosto con la processione dei cerei dei tre Rioni della città. Questi grandi pilastri di legno, magnificamente decorati, vengono portati sulle spalle dai portantini attraverso le strade della città. Durante la processione, si intonano canti e ballate tradizionali, mentre i fuochi d’artificio illuminano il cielo.

    La serata nella Piazza Umberto è caratterizzata dalla Calata del Partito, l’ingresso dei cerei accompagnato da uno spettacolo organizzato dai tre Rioni, che narra la vita di Sant’Anastasia. Il giorno successivo, avviene l’offerta della cera: i cerei vengono portati in chiesa tra un tripudio di fiori. Nel pomeriggio, si svolgono rievocazioni storiche in costume medievale, un grande corteo e la Discesa storica delle quartine, che ricorda la difesa del castello normanno di Motta da parte di Ruggero d’Altavilla.

    La sera del 23 agosto si tiene una solenne e silenziosa processione, durante la quale le reliquie di Sant’Anastasia vengono portate per la città, precedute dai rappresentanti dei Rioni in abiti devozionali e seguite da numerosi fedeli. Il 24 agosto, il simulacro di Sant’Anastasia viene esposto sull’altare maggiore per la devozione dei fedeli, che possono pregare e contemplarlo. Nel pomeriggio, la statua viene nuovamente portata in processione con i cerei e gli stendardi attraverso la città, accompagnata da canti, preghiere e celebrazioni.

    Il 25 agosto, le campane suonano e colpi di cannone risuonano nell’aria. L’Arcivescovo di Catania celebra una messa solenne, alla presenza di tutte le personalità della città e dei rappresentanti dei Rioni. Segue una sfilata storico-folcloristica e un’ultima processione, prima che Sant’Anastasia ritorni nella Chiesa Madre e nella sua cameretta, attendendo la prossima festa.

  • Sant’Isidoro patrono di Giarre

    Sant’Isidoro patrono di Giarre

    Nella pittoresca cittadina di Giarre, situata lungo la costa orientale della Sicilia, si celebra ogni anno una festa molto speciale in onore di Sant’Isidoro, il patrono dei contadini e degli agricoltori. Questa festa, che si tiene il 15 maggio, è un momento di gioia, devozione e celebrazione per la comunità di Giarre e per tutti coloro che apprezzano l’importanza dell’agricoltura e del lavoro della terra.

    La storia di Sant’Isidoro

    Sant’Isidoro Agricola, noto anche come San Isidro Labrador, è un santo molto venerato e amato dai contadini di tutto il mondo. La sua figura rappresenta l’intera comunità agricola e il duro lavoro dei contadini che coltivano la terra per produrre cibo e sostentamento per l’umanità. Sant’Isidoro è considerato il patrono dei contadini e il protettore della terra, ed è fonte di ispirazione e devozione per coloro che lavorano nei campi.

    La vita di Sant’Isidoro si svolse nell’undicesimo secolo in Spagna, e durante tutta la sua esistenza fu un esempio di fede, umiltà e dedizione al lavoro. Nato in una famiglia povera, trascorse gran parte della sua vita come bracciante agricolo, lavorando nei campi di un nobile di nome Juan de Vargas. Nonostante la sua condizione modesta, Sant’Isidoro era noto per la sua profonda spiritualità e la sua generosità verso i poveri.

    Il culto di sant’Isidoro

    La figura di Sant’Isidoro è legata a numerose leggende e miracoli che testimoniano la sua devozione e il suo amore per la terra. Una delle storie più celebri racconta di come Sant’Isidoro, mentre lavorava nei campi, avesse la tendenza a trascorrere molto tempo in preghiera. Si narra che un giorno, mentre si trovava in estasi mentre pregava, gli angeli lavoravano al suo posto, consentendo a Sant’Isidoro di adempiere ai suoi doveri agricoli senza trascurare la sua vita spirituale.

    La leggenda di Sant’Isidoro testimonia la sua stretta connessione con la terra e la sua fede incondizionata nella protezione divina. Si dice che grazie alla sua devozione e alla sua umiltà, i suoi campi fossero particolarmente fertili e produttivi, producendo abbondanti raccolti. Le storie di miracoli associati a Sant’Isidoro riflettono il suo ruolo come protettore dei contadini, dimostrando che la fede e la spiritualità possono influenzare positivamente il lavoro agricolo.

    La devozione verso Sant’Isidoro Agricola si è diffusa in tutto il mondo e sono state erette numerose chiese e cappelle in suo onore.

    La festa del patrono di Giarre

    La festa di Sant’Isidoro a Giarre è un evento atteso con grande entusiasmo e coinvolge l’intera comunità. La preparazione per la festa inizia molto prima della data ufficiale, con i residenti che adornano le strade e le piazze con fiori, luci e decorazioni colorate. Le immagini del santo vengono esposte nelle chiese e vengono organizzate processioni e cerimonie religiose in suo onore.

    Una delle tradizioni più importanti durante la festa di Sant’Isidoro è la processione solenne che attraversa le vie di Giarre. La statua di Sant’Isidoro, splendidamente vestita e ornata con fiori freschi, viene portata in processione dai devoti. La folla si unisce alla processione, portando con sé mazzi di fiori e offerte per il santo. Le preghiere e i canti religiosi riempiono l’aria, creando un’atmosfera di devozione e spiritualità.

    Durante la festa, gli agricoltori portano i loro mezzi di lavoro, come aratri, falci e ceste di frutta, per essere benedetti dal santo. Questo gesto simbolico rappresenta la gratitudine e la speranza per un raccolto abbondante e per la prosperità dell’agricoltura. È un momento in cui l’intera comunità si riunisce per chiedere la benedizione di Sant’Isidoro e per pregare per la protezione delle colture e del lavoro agricolo.

    Una tradizione antica

    La festa di Sant’Isidoro offre anche un’occasione per celebrare la cultura e le tradizioni agricole locali. Durante l’evento, si possono ammirare esposizioni di prodotti agricoli, come frutta, verdura, formaggi e vino, che rappresentano l’orgoglio e la maestria degli agricoltori di Giarre. Inoltre, vengono organizzati spettacoli folkloristici, balli tradizionali e giochi popolari che coinvolgono sia i residenti che i visitatori.

    La festa di Sant’Isidoro a Giarre è molto più di una semplice celebrazione religiosa. È un momento di gratitudine verso la terra e di apprezzamento per il duro lavoro degli agricoltori che contribuiscono alla prosperità della regione. È un’occasione per riflettere sull’importanza dell’agricoltura e dell’economia rurale per la comunità locale.

    La festa di Sant’Isidoro a Giarre è un’esperienza coinvolgente che unisce tradizione, fede e celebrazione della vita contadina. Rappresenta un legame forte tra la comunità e il proprio territorio, valorizzando il ruolo essenziale che l’agricoltura svolge nella vita quotidiana di Giarre. La festa di Sant’Isidoro è una testimonianza di apprezzamento per il lavoro dei contadini e un momento di gioia e gratitudine che unisce la comunità in un abbraccio di fede e cultura.

  • Patrono di Melilli San Sebastiano

    Patrono di Melilli San Sebastiano

    Torna il venerdì e torna l’appuntamento per scoprire la storia, la fede e le festività connesse a un santo. Stavolta è il turno del patrono di Melilli San Sebastiano, in realtà un santo molto venerato non solamente a Melilli ma in tutta la Sicilia (lo avevamo già incontrato ad Acireale).

    La vita di San Sebastiano

    Secondo una Passio sancti Sebastiani, composta verso il V ssecolo, Sebastiano soldato e martire sarebbe oriundo di Narbona, in Francia. Convertitosi al cristianesimo, venne arrestato e condannato al supplizio delle freccie. Legato a un palo, il santo fu trafitto da centinaia di frecce finché i soldati, credendolo morto, lo abbandonarono. Durante la notte alcuni cristiani portarono via il suo corpo e, sotto le cure della matrona Irene, Sebastiano si riprese e continuò a predicare la fede di Cristo. Arrestato nuovamente, stavolta venne ucciso a colpi di bastone e il suo corpo venne gettato in una cloaca, da dove più tardi fu tratto per essere sepolto a Roman accanto alla romba dei santi Pietro e Paolo.

    Patrono di Melilli protettore dalle malattie

    A causa del supplizio subito san Sebastiano divenne colui che protegge gli uomini dalla peste perché sin dalle origini più remote della civiltà umana le frecce hanno un legame simbolico con le frecce. Infatti secondo la mitologia fu Apollo a mandare la pesta fra gli uomini con saette mortifere. Nell’iconografia popolare, inoltre, san Sebastiano è l’unico santo cristiano raffigurato nella sua totale nudità mentre subisce il supplizio. San Sebastiano, la cui festa cade il 20 gennaio, è il patrono più amato in tutta la provincia di Siracusa, dove il suo culto risale al 1414, quando venne ritrovata una statua del santo.

    E’ protettore di molti paese siracusani come Tortorici, Acireale, Avola, Francoforte, Canicattì Bagni e Palazzolo Acreide, ma è soprattutto a Melilli che la devozione per il santo sfocia in manifestazioni spettacolari, che sconfinano nella sfera magico-religioso e nel fanatismo.

    Patrono di Melilli la festa

    Ogni anno a Melilli, che in età feudale appartenne alla contea di Augusta, il primo maggio si ripete il rito devozionale della processione dei nuri, il pellegrinaggio di devoti provenienti da molti paesi della Sicilia. Alcuni di loro affrontano il viaggio a piedi scalzi per sciogliere un voto e fino a pochi decenni fa il paese veniva invaso da centinaia di carrettini che trasportavano i fedeli. Per questa regione il pellegrinaggio assumeva il tono di una sagra paesana.

    Oggi il pellegrinaggio viene effettuato non più a piedi ma con moderni mezzi di trasporto e si è perso l’antico carattere di occasione di incontro e di sagra che animava il pellegrinaggio di una volta. Tuttavia la partecipazione alla festa da parte dei devoti e pellegrini si è accresciuta nel tempo. I nuri vestono oggi con il tipico costume di colore bianco, il colore della fede, e una fascia rossa a tracolla ed entrano in chiesa correndo al grido di : e-cchiamàmulu ca n’aiuta! E-cchiamamulu tutti, frusteri e-ppaisani,via Ddiu e Sam-Mastianu!. La maggior parte dei pellegrini che affluisce a Melilli proviene dalla contrada della Santa Croce, dove si trova un’edicola votiva e da dove i devoti iniziano il loro viaggio partendo all’alba. I nuri, giunti davanti al fercolo del santo, depongono il mazzo di fiori votivo. Nei festeggiamenti per san Sebastiano si usava far offerte di gioielli, cera e animali (cavalli, muli, galline, capre e asini); quest’usanza è stata tuttavia abolita dalla Chiesa per quanto riguarda gli animali.

    La chiesa di S. Sebastiano a Melilli

    La chiesa dedicata al santo patrono, costruita nel 1751 su progetto del francese Louis Alexander Dumontier e restaurata dopo il terremoto del 1990, in occasione dei festeggiamenti si riempi di fedeli che vogliono consegnare l’offerta promessa: ex voto in cera e denaro. Tutti vogliono toccare la statua, issata nel frattempo su una macchina. Subito ha luogo l’offerta simbolica dei bambini al santo: essi, spogliati dei loro indumenti, vengono cinti ai fianchi da una fascia rossa e coperti con un fazzoletto in testa; ognuno ha accanto un mazzo di fiori. Molte madri sfregano i vestitini dei propri figli sulla statua a scopo propiziatorio e come promessa al santo. Infine questi indumenti vengono regalati ai bambini poveri del paese.  

  • San Silvestro, patrono di Troina

    San Silvestro, patrono di Troina

    Silvestro, nato a Troina intorno al XII secolo, fu ordinato sacerdote da papa Adriano IV. Morì nella sua stessa Troina, dove si era ritirato vivendo da eremita. Il suo culto si diffuse soprattutto a causa dei numerosi miracoli attribuitigli. La tradizione popolare narra ad esempio che San Silvestro guarì dalla lebbra l’imperatore Costantino, convertendolo poi alla fede di Cristo. Il paese di Troina, in provincia di Enna, durante la conquista normanna divenne un centro importante, tanto che il conte Ruggero vi fondò due monasteri basiliani e la chiesa cattedrale annessa al primo vescovado normanno in Sicilia.

    I festeggiamenti di San Silvestro

    I troinesi festeggiano san Silvestro, monaco basiliano, tre volte l’anno. Il primo festeggiamento ha luogo il 2 gennaio, quando il santo viene celebrato con la sua messa solenne nella basilica dedicatagli, al cui interno è custodita la sua tomba (attribuita a Domenico Gagini). Oltre la messa solenne il santo riceve l’omaggio della pioggia di nocciole lanciate dal campanile della basilica, comunemente chiamata l’abbiata di nuciddi. La seconda festa ricorre a fine maggio, in coincidenza col festino, durante il quale fino al 1575 venivano celebrati la Vergine Assunta e San Nicolò da Tolentino. La coincidenza è dovuta al miracolo compiuto da san Silvestro quando il suo simulacro, portato in processione, salvò la popolazione dal pericolo della peste che a quei tempi aveva colpito la Sicilia. Il terzo festeggiamento avviene a settembre, mese in cui per circa quindici giorni si svolge una grandiosa fiera.

    Troina

    Il festino di maggio comprende: il pellegrinaggio votivo denonimato Ddarata, organizzato dai massari (i contadini); la processione della reliquia ed infine la cavalcata storica, la kubbaita. Il penultimo giovedì di maggio, i fedeli chiamati a raccolta da un suonatore di tamburo si avviano in corteo verso i boschi vicini per compiere il pellegrinaggio votivo. Ogni pellegrino, appena giunto nel bosco, scegliere una pianta di faggio e dopo averla ripulita da rami e fronde l’adorna con fasci di alloro, fiori, arance, nastri colorati e bambole. Compiuto il rito, i ramari – come vengono comunemente chiamati questi devoti – ritornano al paese a piedi, ognuno col proprio ramo. Il giorno seguente, in mattinata, i fedeli sfileranno con i rami in processione sino alla piazza del conte Ruggero, dove lasceranno i bastoni appoggiati ai muri delle case per proseguire fino alla chiesa Madre. Lì assisteranno alla funzione religiosa.

    Al termine della funzione religiosa si svolge una gara in cui ogni pellegrino darà prova di abilità ed equilibrio reggendo sul palmo della mano il ramo. I più anziani invece si accontentano di assistervi, con i loro rami di alloro sulle spalle. Conclusa la gara, i pellegrini rendono omaggio alla tomba del santo.

    San Silvestro

    La Ddarata

    La domenica mattina ha luogo la Ddarata, cioè il pellegrinaggio organizzato dai contadini, armati di fucili e bastoni, a dorso di muli e cavalli bardati sfarzosamente e carichi di rami dall’alloro. Sabato pomeriggio la reliquia del santo viene portata in processione sino alla basilica di san Silvestro. Il corteo è costituito, oltre che dai fedeli, dai componenti delle undici confraternite: tutti in saio penitenziale, di colore bianco e con mantelle dai colori vivaci. Ogni confraternita è preceduta dal suonatore di tamburo e dallo stendardo, ed è seguito dal proprio governatore che sfila in coda accompagnato dai congiunti e da due valletti in costume, mentre al centro un confrate regge un crocefisso d’argento. Le confraternite sfilano su due file, reggendo il cero acceso. I massari a cavallo hanno il compito di regolarne il passo spostandosi avanti e indietro tra le file della processione. Dopo le confraternite, viene il clero con il parroco che regge la statuetta d’argento raffigurante il santo e contenente le sue reliquie. Questa processione è la rievocazione storica degli eventi del 1575, anno in cui, per scongiurare la peste, le reliquie di san Silvestro furono condotte in giro per il paese.

    La Kubbaita

    La domenica pomeriggio inizia la caratteristica cavalcata della kubbaita, che ha sicuramente origini arabe: da gubbiat, termine che in arabo significa “mandorla”. Alla cavalcata partecipano molti personaggi che sfilano in costumi cinquecenteschi, come soldati e cavalieri. Ogni cavaliere è accompagnato da un palafreniere che regge le briglie al cavallo e da un valletto, il quale a sua volta conduce un mulo carico di provviste. Il valletto porta sulle spalle una bisaccia piena di dolciumi, tra cui il caratteristico torrone siciliano. La cavalcata di Troina è la rievocazione storica della presa del castello ad opera del conte Ruggero quando, scacciati i saraceni, fece del paese la roccaforte delle sue conquiste in Sicilia. La kubbaita si svolge la prima domenica di giugno e percorre le vie principali, fino ad arrivare in piazza conte Ruggero, dove il corteo attraversa l’antico passaggio delle mura del castello, che consiste in un arco di legno sormontato da un’aquila dorata. Dopo il passaggio dell’arco, il corteo viene ricevuto dalle autorità civili del paese.

    Volete scoprire qualcosa in più sulle tradizioni e le feste del nostro territorio? Vi suggeriamo di approfondire con il nostro articolo su San Sebastiano!

  • San Paolo patrono di Palazzolo Acreide

    San Paolo patrono di Palazzolo Acreide

    Oggi è venerdì e torniamo a parlare di fede e folklore nella nostra splendida terra. Oggi andiamo a scoprire la festa di San Paolo, patrono di Palazzolo Acreide.

    Storia di San Paolo

    San Paolo, noto anche come l’apostolo Paolo, è uno dei personaggi più importanti della storia cristiana. La sua vita e le sue opere sono state fonte di ispirazione per milioni di persone in tutto il mondo, e la sua figura è stata oggetto di numerose leggende e storie nel corso dei secoli.

    Nato Saulo di Tarso, Paolo fu un cittadino romano e un fariseo, noto per la sua forte opposizione al cristianesimo. Tuttavia, la sua vita cambiò radicalmente dopo un’esperienza mistica sulla strada per Damasco, durante la quale ebbe una visione di Cristo che lo chiamava a diventare un apostolo.

    Da quel momento in poi, Paolo dedicò la sua vita alla diffusione del cristianesimo in tutto il mondo, scrivendo numerose lettere e fondando numerose comunità cristiane. Durante i suoi viaggi missionari, visitò città come Efeso, Corinto e Roma, dove fu imprigionato e poi giustiziato nel 67 d.C.

    Leggende su San Paolo

    La vita e le opere di San Paolo hanno ispirato numerose leggende e storie nel corso dei secoli. Ad esempio, si dice che durante il suo periodo di prigionia a Roma, Paolo abbia convertito il suo carceriere e sua moglie al cristianesimo. Si dice anche che abbia compiuto numerosi miracoli, come la guarigione di malati e la risurrezione dei morti.

    Un’altra leggenda popolare riguarda la morte di Paolo. Si dice che dopo essere stato decapitato, la sua testa sia rimbalzata tre volte sul terreno, causando la crescita di tre fonti di acqua pura. In seguito, la chiesa di San Paolo fu costruita sul sito della sua esecuzione, diventando uno dei luoghi di pellegrinaggio più importanti del mondo.

    San Paolo è stato anche oggetto di numerose opere d’arte e letterarie. Ad esempio, l’artista italiano Michelangelo ha dipinto un famoso affresco del giudizio universale nella Cappella Sistina, in cui San Paolo è rappresentato tra i santi e gli angeli del paradiso. Inoltre, molti scrittori hanno creato opere basate sulla vita di San Paolo, come ad esempio l’autore britannico Charles Dickens, che ha scritto una biografia romanzata intitolata “The Life of Our Lord”.

    I “cerauli”

    Secondo una credenza popolare, san Paolo fu il primo ceraulo, cioè “serparo”, il cui ruolo è quello di proteggere dai morsi velenosi. Il Pitré descrive infatti una particolare processione che si tiene in occasione dei festeggiamenti di san Paolo, la processione dei cerauli, composta da questi singolari personaggi che accompagnavano il similacro del santo per le vie di Palazzolo Acreide: “Vedeteli in mutande con una grossa cuddura a forma di serpente sul capo, precedeuti dal tamburino e aventi chi in mano una biscia, chi alle spalle o attorcigliato al collo un colubri dei più lunghi”.

    Questi uomini non temono i rettili e addirittura li portano addosso come amuleti a simbolo di guarigione e di salute. Era convinzione che i cerauli fossero nati nella notte del 24 e 25 gennaio, ricorrenza dalla conversione del santo; il segno di tale potere consiste nell’avere sin dalla nascita l’impronta del ragno sotto la lingua. I cerauli godevano di grande considerazione tra il popolino, in quanto vantavano la diretta discendenza dal santo stesso affermando che San Paolo fosse il primo ceraulo.

    La festa di San Paolo a Palazzolo Acreide

    La festa è una celebrazione molto importante per la città di Palazzolo Acreide, città situata nella provincia di Siracusa. La ricorrenza si svolge ogni anno il 29 giugno, in onore di San Paolo, patrono della città. Fra le celebrazioni più antiche e tradizionali della città, risale almeno al XIV secolo. La festa è caratterizzata da una serie di eventi religiosi e culturali, che attirano visitatori da tutto il mondo.

    Palazzolo Acreide ingresso chiesa

    La celebrazione inizia la sera del 28 giugno, quando una processione solenne porta la statua di San Paolo dalla chiesa di San Sebastiano alla chiesa di San Paolo, situata sulla collina della città. Durante la processione, i fedeli indossano abiti tradizionali e portano con sé candele e bandiere. La sera del 29 giugno, la città si anima con una serie di eventi culturali, tra cui spettacoli di musica tradizionale, balli folkloristici e giochi pirotecnici. Inoltre, molte famiglie preparano prelibatezze culinarie tradizionali, come arancini, cannoli, cassata e dolci fatti in casa.

    Il 29 giugno

    Il clou della festa avviene nella mattina del 29 giugno, quando viene celebrata una messa solenne nella chiesa di San Paolo, presieduta dal vescovo della diocesi di Noto. Durante la messa, la statua di San Paolo viene portata in processione per le strade della città, seguita da una grande folla di fedeli. Dopo la messa, la festa continua con una serie di eventi culturali e sociali, tra cui concerti, sfilate e mostre d’arte. Inoltre, molte famiglie aprono le porte delle loro case per ospitare i visitatori e offrire loro un assaggio della cultura e della gastronomia locale.

    La celebrazione di San Paolo è un’occasione unica per conoscere la cultura e la tradizione della Sicilia. La celebrazione combina elementi religiosi e culturali, creando un’esperienza unica e coinvolgente per i visitatori. La città si trasforma in un luogo di festa e di incontro tra le persone, creando un’atmosfera di gioia e di solidarietà.

  • Santa Lucia, patrona di Siracusa

    Santa Lucia, patrona di Siracusa

    Questo venerdì andiamo a scoprire Santa Lucia, patrona di Siracusa

    La storia di Santa Lucia

    Secondo una Passio di origine greca, Lucia era una nobile fanciulla siracusana. Si narra che ella avesse deciso di recarsi in pellegrinaggio a Catania il 5 febbraio, giorno della festività di Sant’Agata, perché sperava che la santa patrona di Catania avrebbe intercesso per sua madre, gravemente malata. Mentre pregava intensamente presso il sepolcro della Santa, presa dalla stanchezza, Lucia si addormentò ed ebbe la visione di Sant’Agata la quale chiamandola “Sorella vergine di Cristo” le disse che la madre sarebbe guarita perché lei aveva dimostrato una fede tanto profonda, quanto gradita a Dio. Lucia raccontò alla madre la visione e quanto le era stato detto, e subito prese la decisione di consacrarsi a Dio, rinunciando tanto al matrimonio quanto alla propria dote, che distribuì ai poveri.

    Quando comunicò al suo fidanzato l’intenzione di non sposarlo più. questi per vendicarsi del rifiuto denunciò Lucia come cristiana all’arconte Pascasio. A quei tempi, Diocleziano perseguitava i cristiani e Lucia venne arrestata e decapitata – pena inflitta ai nobili – il 13 dicembre del 304 a.C. Attualmente il corpo della Santa è sepolto a Venezia, nella chiesa parrocchiale dei Santi Geremia e Lucia; fu il Doge Enrico Dandolo a trasferirvi i resti nel 1204, in occasione della caduta di Costantinopoli nelle mani dei caduti. Il buono stato di conservazione del corpo denota l’avvenuta decapitazione, in quanto la testa è nettamente staccata dal busto.

    Le festività

    A Siracusa, l’antica Syraka, fondata nel 734-733 a.C. da un gruppo di coloni Corinzi, Santa Lucia patrona della città viene festeggiata due volte l’anno. La prima domenica di maggio e il 13 dicembre.

    La festa della prima domenica di maggio, detta Santa Lucia delle quaglie, è collegata all’episodio di un miracolo, avvenuto nel 1646, quando Siracusa fu colpita dalla carestia a causa delle continue tassazioni da parte del governo spagnolo. Il popolo, stremato per la mancanza di cibo e per le epidemie che nel frattempo erano scoppiate, si raccolse in preghiera nella Cattedrale davanti al simulacro della Santa. La tradizione narra che una colomba volò dentro la chiesa quale presagio augurale: e infatti di lì a poco si sparse la voce che alcune navi erano entrate nel porto cariche di grano e di legumi. La folla gridò al miracolo e decise che ogni anno la statua della Santa sarebbe stata trasportata dalla Cattedrale alla chiesa di Santa Lucia della Badia e lì esposta per otto giorni.

    Secondo la leggenda, la Santa avrebbe fatto cadere dal cielo centinaia di quaglie, dando origine così alla festa che si tiene a maggio. In memoria di quest’evento, a partire dal 1646 si istituì la festa del patronato di S. Lucia con il volo delle quaglie e delle colombe. La festa, che si tiene a maggio, è organizzata dalla deputazione della Cappella di Santa Lucia, i cui membri si distinguono per il caratteristico berretto verde, colore dedicato alla patrona.

    13 dicembre, Santa Lucia portatrice di luce

    Ma i festeggiamenti solenni iniziano sin dalla vigilia del 13 dicembre, con l’usanza di accendere dei fuochi il cui significato è quello di voler esorcizzare il progressivo e inevitabile scemare della luce proprio della stagione invernale. La santa, del resto, rappresenta la luce, perché prima della riforma del calendario gregoriano, avvenuta alla fine del 500, il giorno dedicatole coincideva con il sostizio d’inverno, ossia il giorno più corto dell’anno. Quindi, proprio perché dopo la ricorrenza di Santa Lucia i giorni riprendevano ad allungarsi, la Santa fu investita del ruolo di portatrice di luce.

    Ella inoltre è stata messa in relazione con la Dea Demetra, dal momento che gli attributi della santa sono le spighe di grano e la fiaccola. Oltre a ciò va ricordato l’uso di preparare dei pani votivi a forma di occhi detti uccioli di Santa Lucia, e di consumare il 13 dicembre, al posto di pane e pasta, la cuccìa, grano cotto condito con la ricotta o con il miele, secondo una tradizione che risale alle antiche civiltà cerealicole mediterranee e che in alcune feste religiose assume il significato di atto penitenziale e rituale.

    Diversamente dei festeggiamenti che si tengono a Catania o a Palermo per le rispettive patrone, a Siracusa quelli dedicati a Santa Lucia mantengono un tono devozionale, meno chiassoso e più misurato, senza nulla togliere alla profonda devozione dei siracusani nei confronti della loro patrona.

  • San Sebastiano patrono di Acireale

    San Sebastiano patrono di Acireale

    La festa di San Sebastiano ad Acireale è una celebrazione annuale molto attesa dalla popolazione locale e dai visitatori che giungono in città per l’occasione. Questo evento si svolge ogni anno il 20 gennaio, in onore del santo patrono della città, San Sebastiano.

    Storia di san sebastiano

    San Sebastiano è un santo cristiano venerato dalla chiesa cattolica e ortodossa. La sua storia è stata tramandata attraverso le leggende e le tradizioni popolari, ma gli studiosi concordano sul fatto che egli sia stato un soldato romano martirizzato durante il regno dell’imperatore Diocleziano nel III secolo. Secondo la tradizione, Sebastiano era nato a Narbona, in Francia, intorno al 256 d.C. e si era arruolato nell’esercito romano. Era molto rispettato per la sua abilità militare e per la sua fedeltà all’imperatore, ma era anche un cristiano segreto. Quando Diocleziano iniziò la sua persecuzione contro i cristiani, Sebastiano decise di non nascondere la sua fede e di continuare a praticarla pubblicamente.

    Per questo motivo, fu arrestato e condannato a morte. Secondo la leggenda, fu legato ad un albero e colpito da frecce, ma miracolosamente sopravvisse. In seguito, si presentò all’imperatore per rimproverarlo per la sua crudeltà verso i cristiani, ma fu subito condannato a morte per la seconda volta. Questa volta fu frustato e poi lapidato fino alla morte. La figura di San Sebastiano ha ispirato molte opere d’arte, soprattutto nella pittura e nella scultura. Nella tradizione artistica, è spesso rappresentato nudo, legato ad un albero o ad una colonna, con le frecce conficcate nel suo corpo. Questa immagine è diventata un simbolo della forza e della resistenza dei cristiani perseguitati.

    Il patrono dei soldati

    San Sebastiano è anche il patrono dei soldati, degli arcieri, degli atleti e dei malati. La sua festa viene celebrata il 20 gennaio nella chiesa cattolica e il 18 dicembre nella chiesa ortodossa. In Italia, San Sebastiano è particolarmente venerato a Roma, dove la sua chiesa si trova nel quartiere Appio-Latino. Qui si trova una cripta che contiene le sue reliquie e dove i fedeli si recano in pellegrinaggio per chiedere la sua intercessione. In conclusione, la storia di San Sebastiano ci ricorda l’importanza della fede e della resistenza di fronte alle persecuzioni. La sua figura è stata una fonte di ispirazione per molti artisti e per i fedeli che, ancora oggi, lo venerano come un santo protettore.

    La festa di San Sebastiano

    La festa di San Sebastiano è una delle più antiche e importanti celebrazioni religiose della Sicilia. La tradizione vuole che l’evento sia stato istituito nel 1693, dopo il terremoto che colpì la città, come ringraziamento al santo per aver protetto gli abitanti durante la catastrofe.

    La festa si svolge in un clima di grande emozione e coinvolgimento, con migliaia di persone che partecipano alle processioni e ai riti religiosi che si susseguono durante i giorni della celebrazione. Il momento più atteso della festa è la processione del simulacro di San Sebastiano, che viene portato in processione per le vie della città, accompagnato da una folla di fedeli in preghiera.

    Il simulacro di San Sebastiano è una grande statua in legno, alta circa tre metri, che viene portata in processione su una pesante cassa di ferro, a cui sono legati i candelieri di cera che illuminano il percorso. Il simulacro è vestito con abiti preziosi e ornato di gioielli, simbolo della devozione e della gratitudine della comunità nei confronti del santo protettore.

    “A’ nisciuta”

    La processione di San Sebastiano è un momento di grande spettacolo e suggestione, con le strade del centro storico di Acireale che si riempiono di colori e suoni. La folla di fedeli segue il simulacro in preghiera, mentre le bande musicali locali suonano musiche sacre e gli artificieri fanno esplodere fuochi d’artificio che illuminano il cielo.

    Ma la festa di San Sebastiano ad Acireale non è solo una celebrazione religiosa, ma anche un momento di festa e di convivialità. Durante i giorni della festa, la città si riempie di bancarelle e di stand gastronomici, dove è possibile gustare i piatti tipici della tradizione siciliana, come la pasta alla norma, la caponata, i cannoli e il gelato. Inoltre, durante la festa si svolgono anche numerose iniziative culturali e artistiche, come concerti, spettacoli teatrali e mostre d’arte, che arricchiscono ulteriormente l’offerta culturale e turistica della città.

    La festa di San Sebastiano ad Acireale è un evento che coinvolge l’intera comunità, creando un forte senso di appartenenza e di identità collettiva. La celebrazione del patrono rappresenta infatti un momento di riaffermazione della propria storia, della propria cultura e delle proprie tradizioni, che sono radicate nel territorio e nella vita quotidiana della città. Si tratta anche un’occasione per promuovere il turismo e far conoscere al mondo intero la bellezza e la ricchezza culturale della città di Acireale. Infatti, ogni anno migliaia di visitatori giungono in città per partecipare alla festa, contribuendo in modo significativo allo sviluppo economico e turistico della zona.

    La festa di San Sebastiano ad Acireale rappresenta un momento di grande importanza per la città e per l’intera comunità siciliana. La celebrazione del patrono è un momento di fede, di cultura e di convivialità, che unisce la gente e rafforza il senso di appartenenza al proprio territorio e alla propria tradizione. La festa di San Sebastiano è un’esperienza unica, che vale la pena di vivere almeno una volta nella vita.

  • San Biagio, patrono di Salemi

    San Biagio, patrono di Salemi

    Dopo aver visto la storia di San Corrado Eremita, oggi ci spostiamo a Salemi per andare a scoprire la storia di San Biagio e la festa dei pani.

    La storia di San Biagio

    Biagio, pur esercitando la professione di medico, fu nominato vescovo di Sebaste in Armenia. Durante la persecuzione di Licinio in Oriente, nel 314, si rifugiò in una grotta sul monte Argeo vivendo da eremita. Secondo le leggende nate intorno alla sua figura, egli guariva gli animali con il segno della croce e quando fu rinchiuso in prigione continuò ad operare guarigioni sugli ammalati. Il santo subì il martirio per decapitazione, dopo orrende torture.

    L’iconografia popolare lo rappresenta a figura intera o a mezzobusto, con le insegne vescovili e l’elemento che lo identifica, il pettine, che è il mezzo di tortura subito. Uno dei miracoli più noti risale a quando salvò un bambino che stava rischiando di morire soffocato a causa di una lisca di pesce conficcataglisi in gola. Questo miracolo ha dato origine al suo patrocinio speciale contro le malattie di gola, mentre la guarigione di un maialino recatogli da una donna, la quale, per ringraziamento portò in chiesa delle candele e fece al santo delle offerte di cibo, ha dato origine alla tradizione delle offerte votive.

    Il culto di San Biagio

    Le vicende leggendarie del santo hanno determinato una larga diffusione del suo culto, che si esprime in una serie di atti devozionali caratteristici della sua festa. Il santo è anche patrono di Comiso, l’antica Casmene in provincia di Ragusa, perché, secondo la tradizione, evitò che il paese venisse colpito dalla peste. I festeggiamenti dedicategli si svolgono dal 5 al 9 luglio, con la preparazione di grandi fanali dipinti.

    Nella cultura contadina il santo è molto amato perché protegge la semina. Infatti anticamente, prima di seminare i terreni, si usava andare in chiesa con un sacchetto di cereali affinché fossero benedetti dal parroco e quindi sparsi sul terreno seminato. Il santo viene riconosciuto inoltre come protettore degli animali e di questo suo particolare patrocinio il Pitrè racconta che a San Pietro Patti, in provincia di Messina, « chi ha vacche, cavalli, muli, asini, pecore e altri animali stimati e lucrosi, inclusi i maiali, misura il collo della statua del Santo con un laccio, e questo legato con un altro laccio cinge al collo, al petto, al centre dell’animale che vuol preservato da malattie a venire. Così venti su cento Siciliani, dotti o indotti, nobili o plebei, maschi o femmine credono davvero preservarsi da infiammazioni di gola e da angine tenendo giorno e notte legato al collo un filo di spago qualunque.»

    L’uso di porre il laccio dapprima intorno al collo del santo e poi a quello dell’animale, con il chiaro significato di preservarlo dalle malattie, sopravvive in altre feste in cui il patrono locale è protettore anche degli animali.

    La festa dei pani

    Nella festa di san Biagio, che viene celebrata il 3 febbraio nella chiesa del Rabato, una delle più antiche borgate di Salemi, l’antica Halicyae (divenuta sotto i Romani una delle cinque città libere della Sicilia), vi è l’usanza di preparare dei pani votivi. Si tratta in questo caso della prima festa dei pani con cui si apre un ciclo di ricorrenze che copre l’intero arco dell’anno. È un antico rito di origine pagana, con un evidente significato propiziatorio, entrato successivamente a far parte del culto cristiano, rinnovandosi nei secoli. Questa usanza, collegata alla tradizione del santo protettore dei mali che affliggono la gola, consiste nella preparazione di tre forme tipiche di pani: li cudduredda, pani la cui forma rappresenta la gola. Li cavadduzzi, pani a forma di cavallette, in ricordi di quando nel 1542 le cavallette invasero la campagna di Salemi e furono debellate grazie all’intervento del santo. E infine, pani a forma di mano, la manina di San Brasi, e di bastone fiorito da un lato, simbolo di fertilità.

    I preparativi hanno inizio circa una settimana prima della festa per il patrono ed il 3 febbraio i pani vengono benedetti e distribuiti ai fedeli. I cuddureddi di san Biagiu sono largamente diffusi anche in altre parti della Sicilia: a Racalmuto per la festa del santo vi è l’usanza di consumare per devozione soltanto i pani votivi a forma di trachea o di barba che vengono chiamati varva di san Bilasi. Il Pitrè, a proposito dei pani votivi, scrive: « In quasi tutti i comuni dell’isola, per grazie invocate ed ottenute ed a compimento di voti fatti, si usa eseguire o far eseguire in certe feste dell’anno delle devozioni, panini sacri.»

  • San Corrado Eremita, patrono di Noto

    San Corrado Eremita, patrono di Noto

    Questo venerdì ci spostiamo a Noto per scoprire la storia di San Corrado Eremita e la festa a lui dedicata, L’arrigghiata di San Currau.

    La storia di San Corrado Eremita

    Corrado Confalonieri nacque a Piacenza nel 1290. Si narra che rinunciò alle sue ricchezze a seguito dell’ingiusta condanna di un uomo accusato di aver appiccato il fuoco a un bosco, causando dei danni. Corrado, che si trovava in quel bosco per una partita di caccia, si accollò la colpa e, una volta risarciti i danni causati dall’incendio, decise di dedicare il resto della propria vita alla preghiera e alla penitenza. Giunto in Sicilia per predicare la fede in Cristo, scelse di vivere da eremita sul colle Acre, ma, cacciato via dagli abitanti del luogo, si stabilì vicino a Noto Antica, nella grotta dei Pizzoni, vivendo in solitudine sino alla morte avvenuta il 19 febbraio 1351.

    Il culto di San Corrado Eremita

    Il culto per San Corrado si diffuse in Sicilia fin dal 1515, quando papa Leone X permise che le reliquie del santo fossero custodite in un’urna d’argento per essere venerate dai fedeli. La prima processione dedicata al santo ebbe luogo a Noto nell’agosto del 1525. Successivamente, nel 1643, il consiglio civico del paese lo elesse suo protettore e patrono. Da allora san Corrado viene festeggiato con solennità due volte l’anno: il 19 febbraio, data della sua morte, e l’ultima domenica di agosto, per un totale di quattro processioni l’anno, di cui una si svolge nel giorno della festa e una per l’ottava. L’urna del patrono viene portata in processione in tutto il paese, fin dentro ai vicoli dei quartieri popolari. Noto, vero gioiello del barocco, edificata nel 1703 a sei chilometri a sud di Noto Antica (l’antica Netum), durante la dominazione araba divenne capoluogo della valle omonima (Val di Noto). In seguito al terremoto del 1693 il paese venne ricostruito a valle, in stile esclusivamente barocco, prendendo l’aspetto attuale.

    Val di Noto

    Da notare il fatto che san Corrado fosse venerato prima ancora di essere santificato da papa Leone X.

    L’arrigghiata di San Currau

    Nel tardo pomeriggio dell’ultima domenica di agosto, l’urna d’argento contenente le sue reliquie esce dalla cattedrale portata a spalla, secondo un antico privilegio, dai componenti della Confraternita dei portatori di san Corrado, che indossano un camice bianco e hanno in testa un fazzoletto. Seguono il clero e la band musicale, mentre in testa alla processione sfilano i bambini con indosso il saio del santo, seguiti dalle donne a piedi scalzi e con in mano una torcia accesa. Da ultimo sfilano le varie confraternite: quella dei Cappuccinelli, costituita dai contadini; la confraternita di santa Caterina, costituita dai muratori, e la Confraternita delle anime sante, che riunisce i calzolai. Ciascuna confraternita indossa il proprio costume, recando le coppe su cui sono incise le immagini devozionali dedicate al santo e lo stendardo di appartenenza. Ai lati dell’urna d’argento sfilano i portatori di cilii, grossi ceri montati su un fusto di legno, sul quale sono dipinte a mano scene della vita del santo. La folla dei fedeli partecipa innalzando un grosso cero acceso e molte donne procedono a piedi scalzi per sciogliere un voto.

    Durante la processione, i genitori avvicinano i piccoli fino a toccare l’urna del santo, atto devozionale teso a invocare la guarigione.

    Il corteo

    Il corteo, dopo aver sostato e dopo che i fedeli hanno visitato la chiesa del Santissimo Crocefisso, raggiunge la cattedrale dove una folla di devoti attende per assistere alla trasuta ri San Curradu (l’entrata di San Corrado), cioè l’ingresso dell’urna nella cattedrale. Questo è il momento più spettacolare della processione: i portatori dei cilii eseguono una corsa, come fosse una danza, mentre i portatori del simulacro del santo patrono salgono di corsa le tre rampe di scale della cattedrale per far rientrare le reliquie del santo in chiesa. Gli applausi e gli incitamenti dei fedeli accompagnano l’urna, mentre i portatori dei cilii continuano a eseguire la loro danza in onore del santo. Una volta si usava fare la penitenza della lingua a trasiniuni (strisciare la lingua), per cui chi seguiva in processione l’urna del santo leccava i graditi dello scalone della cattedrale come atto penitenziale o al fine di sciogliere un voto. Ogni dieci anni l’urna viene portata, sempre a spalla dalla confraternita, fino all’eremo di San Corrado fuori le mura, seguita dall’immensa folla di fedeli.

  • Santa Rosalia patrona di Palermo

    Santa Rosalia patrona di Palermo

    Continuiamo, come negli ultimi venerdì, la nostra rubrica dedicata ai santi siciliani e alle feste loro dedicate. Oggi parliamo di una delle sante più venerate in tutta la Sicilia, Santa Rosalia, nonché la patrona del nostro capoluogo di regione.

    La storia di santa Rosalia

    Secondo le notizie di agiografi locali, Rosalia era la figlia del duca Sinibaldo di Quisquina e delle Rose. Alla morte di Ruggero II, ella chiese e ottenne il permesso di vivere da eremita in una grotta sul monte Quisquina, dove trascorse dodici anni della sua vita. Successivamente si traferì in una grotta sul monte Pellegrino, a Palermo, dove visse fino alla morte avvenuta, secondo la tradizione, il 4 settembre del 1160. L’iconografia popolare rappresenta la santa giovanissima, con una corona di rosa bianche sul capo, in contemplazione davanti al Crocefisso che, secondo la sua agiografia, sarebbe lo specchio nel quale la santa vide riflessa l’immagine del Cristo. Altri attributi identificativi sono il teschio, la grotta, il bastone e l’incontro con il cacciatore Vincenzo Bonello. A Palermo, l’antica Ziz (fiore), fondata dai Fenici attorno all’VIII secolo a.C. (chiamata Panormus, cioè “tutto porto”, per la particolare insenatura che consentiva un agevole approdo), di cui la santa è patrona.

    Il culto di santa Rosalia

    Il suo culto si collega a un evento particolare occorso alla città in occasione di una pestilenza. Nonostante le intense preghiere della cittadinanza e le processioni, le quattro sante compatrone di allora – santa Cristina, santa Ninfa, sant’Oliva e sant’Agata – non erano riuscite a fermare l’epidemia. Il miracolo fu invece attribuito alle reliquie di santa Rosalia le quali, portate in processione, riuscirono a impedire l’ulteriore diffondersi del morbo.

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    La leggenda narra che un giorno, sul monte Pellegrino, Rosalia apparve a un cacciatore smarritosi a causa di un forte temporale. In dialetto palermitano la santa gli avrebbe detto di avvertire il vescovo di Palermo che in una caverna, dove ella era vissuta da eremita, vi erano le sue ossa. Inoltre gli predisse che sarebbe morto di peste. Il cacciatore, un tale Vincenzo Bonello, terrorizzato parlò solo in punto di morte. Il vescovo allora, il cardinale Doria, si recò subito nel luogo indicato dalla santa e, ritrovate le ossa, le mise dentro un sacco. Poi in processione solenne e tra i fiori, candele accese e canti, esse furono portate in città.

    La processione

    Il Pitrè (nel suo Feste patronali) descrive così la processione delle reliquie della santa ritrovate il 15 luglio del 1624: « Al loro passaggio il male si alleggeriva, diventava meno intenso, perdeva la sua gravità. Palermo in breve fu libera, ed in attestato di riconoscenza a tanto beneficio si votò a Lei e prese a celebrare feste annuali in suo onore che ricordassero i giorni della liberazione e fossero come il trionfo della Santa protettrice. La grotta del Pellegrino divenne santuario, ove la pietà d’ogni buon devoto si ridusse a venerare la squisita immagine della Patrona.»

    Dal 1624, ogni anno dal 9 al 15 luglio Palermo festeggia la sua patrona, la santuzza, così chiamata affettuosamente dai devoti, con un festino che dura sette giorni. Invece il 4 settembre, giorno della nascita della santa, ha luogo un pellegrinaggio alla grotta del monte Pellegrino, dove è stato edificato il santuario, e alla cappella della cattedrale di Palermo, in cui è custodita la statua della santa. La scultura in marmo, realizzata nel 1625 dallo scultore Gregorio Tedeschi, è ricoperta di monili d’oro e pietre preziose, offerte dai fedeli durante il corso dei secoli. Le reliquie sono custodite dentro un’urna d’argento, eseguita nel 1631 dagli argentieri Francesco Ruvolo, Gian Nicola Viviano e Matteo Lo Castro. Un tempo però il festino era molto più ricco di manifestazioni rispetto a quello che si tiene oggi.

  • San Giorgio, storia e leggenda del patrono di Ragusa

    San Giorgio, storia e leggenda del patrono di Ragusa

    Dopo aver parlato la scorsa settimana della Madonna della Visitazione, patrona di Enna, andiamo a scoprire qualcosa in più sul patrono di Ragusa: San Giorgio. Le notizie su san Giorgio si basano sulla più antica redazione della sua Passio del v secolo, in lingua greca. Giorgio, il cui nome in greco significa “agricoltore”, a causa delle sue gesta eroiche che hanno dato origine a diverse leggende, è diventato nell’immaginario popolare una figura mitica al punto che in Sicilia l’appellativo “cavaliere” segue il nome del santo.

    La storia di San Giorgio cavaliere

    Giorgio, originario della Cappadocia, era ufficiale delle milizie di Diocleziano e si convertì al cristianesimo allorché in Palestina iniziò la feroce persecuzione contro i cristiani, voluta dallo stesso Diocleziano. Inutilmente Giorgio aveva chiesto clemenza. Fu arrestato anche lui e, dopo essere stato torturato, subì il martirio per decapitazione. Nella iconografia popolare il santo viene raffigurato a cavallo, con indosso l’armatura e ai suoi piedi il drago contro cui ha scagliato la lancia. Questa immagine si collega alla ben nota leggenda della lotta tra il santo e il drago, narrata per la prima volta nella Legenda aurea di Jacopo da Varazze, composta tra il 1265 e il 1275. Il culto di San Giorgio si diffuse in Occidente soprattutto durante la dominazione normanna.

    La leggenda di San Giorgio

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    Una leggenda narra che il santo cavalcasse accanto a Ruggero durante le battaglie con i musulmani. Inoltre, nella cultura popolare egli fa parte di quel gruppo di santi ausiliatori la cui intercessione si ritiene particolarmente efficace. Secondo una tradizione popolare siciliana, che risale al XIV secolo, per ottenere una grazia bisogna invocare il santo con la seguente orazione: s. Giorgiu cavaleri, vui a cavaddu e eu a peri; vui ch’andasti a lu livanti chi vinisti a lu punenti, sta grazia m’ati a fari tempu nenti ( San Giorgio cavaliere, voi a cavallo e io a piedi, voi che siete andato a levante, che venite da ponente, questa grazia mi dovete fare in breve tempo). Sempre secondo la credenza popolare, se la notte si sogna un uomo a cavallo significa che il santo ha concesso la grazia.

    San Giorgio a Ragusa Ibla

    San Giorgio è patrono di Ragusa Ibla, l’antica Hybla Heraia, che era un aggregato di villaggi siculi venuto a contatto con le popolazioni greche e romane e che raggiunse una certa importanza nel periodo bizantino, quando nella città venne edificato un castello. Fu conquistata dagli arabi nell’848 e rimase sotto la loro dominazione per circa due secoli e mezzo.

    Il terremoto del 1693 distrusse una parte della città, che nel 1865 venne divisa amministrativamente in Ragusa Ibla e Ragusa superiore, di cui è patrono san Giovanni Battista. Nel 1926 Ragusa venne unificata in un unico comune, ma restò la divisione della città sotto i due patroni. Fu in questo periodo che si inasprirono le lotte campanilistiche vere e proprie fra gli abitanti della parrocchia di San Giovanni, detti sangiovannari e quelli della parocchia di San Giorgio, detti sangiorgiari. Le rivalità tra le due fazioni erano iniziate fra il XII e il XIII secolo, quando in uno dei quartieri fuori dalle mura di Ragusa Ibla fu costruita in onore di San Giorgio. Allorché il quartiere fuori le mura, denominato Cosentini, crebbe si per importanza che per numero di abitanti, le rivalità tra le due fazioni si inasprirono ulteriormente.

    Patrono della città

    Nel 1630 i giurati di Ragusa elessero san Giorgio patrono della città, non tenendo conto né di san Giovanni Battista né di santa Gaudenzia, santa che godeva di un culto più antico e diffuso tra gli abitanti della città. Le rivalità e i contrasti tra le due fazioni continuarono per secoli tra tribunali civili ed ecclesiastici, provocando anche spargimenti di sangue tra i fedeli più fanatici. La chiesa di San Giorgio, essendo chieda matrice, godeva di alcuni diritti nei confronti di altre e alla processione del patrono era prescritta la partecipazione, a titolo di sottomissione, del clero e delle statue delle altre parrocchie di Ragusa, che annualmente accampavano scuse per evitare di prendervi parte. La Domenica delle Palme, dopo la processione del santo, era consentito ai preti di San Giorgio di celebrare la messa fuori dalla chiesa, purché la croce processionale restasse fuori dalla chiesa. Soltanto l’asta poteva oltrepassare di un metro la ringhiera del sagrato. Una volta accadde che tale limite venisse superato e il sagrestano, reo di non averlo fatto rispettare, venne ucciso in un eccesso di furore popolare. Nel corso dei secoli le rivalità fra le due fazioni turbarono a tal punto il normale svolgimento della festa del patrono che solo le catastrofi naturali e le epidemie impedirono il manifestarsi delle intolleranze campanilistiche.

  • Madonna della visitazione, la patrona di Enna

    Madonna della visitazione, la patrona di Enna

    Questa settimana continuiamo a dedicare i nostri articoli ai patroni dei capoluoghi siciliani e andiamo a scoprire la patrona di Enna, la Madonna della Visitazione.

    La leggenda sulla Madonna della Visitazione

    La leggenda sulla Madonna della Visitazione narra che una delegazione di ennesi decise di acquistare una statua della Vergine per eliminare definitivamente i culti pagani a cui essi, nonostante fossero cattolici, erano ancora legati. Si decise di acquistare la statua a Venezia e, dopo averla custodita dentro una cassa, di imbarcarla su una nave. Durante il viaggio la nave si trovò in mezzo a una tempesta e naufragò nel mare Ionio a Capo Spartivento. La cassa, sospinta dalle one, finì sulla costa messinese. Gli scaricatori del porto di Messina la recuperarono e la depositarono in magazzino. Dopo alcuni eventi prodigiosi accaduti nel magazzino si decise di aprire la cassa e così si scoprì che essa conteneva la statua della Madona. La notizia arrivò sino ad Enna e gli ennesi, legittimi proprietari, partirono alla volta di Messina per riprendersela. Essa fu caricata su un carro trainato da buoi e finalmente giunse a Enna, il 29 giugno del 1412.

    La leggenda narra che quando si decise di porre la statua su un fercolo per trasferirla nella cappella nessuno riuscisse a sollevarla, essendo divenuta così pesante che non vi fu verso di spostarla. Si decise allora di chiamare alcuni contadini, i quali contenti di tenere sulle spalle un peso diverso da quello del vomere sollevarono il pesante fercolo, che divenne improvvisamente leggero. Da allora i contadini hanno l’onere di portare il simulacro della Madonna nella solenne processione, che si svolge attualmente il 2 luglio. La Madonna è denominata “della Visitazione”, in ricordo di quando la Vergine si recò in Giudea dalla cugina Elisabetta e vi restò per tre mesi. Ad Enna viene invocata non solo per scongiurare malattie e pericoli, ma soprattutto per propiziare un buon raccolto.

    La festa della Madonna della visitazione

    statua madonna

    Anticamente in occasione della sua festa sfilava un enorme carro, chiamato Nave d’oro, suddiviso in tre piani e trainato da buoi, sul quale prendevano posto anche l’orchestra, i cantori e i bambini vestiti da angioletti. In cima al carro troneggiava la statua della Madonna. Alla fine della processione secondo l’usanza locale il carro vuoto veniva bruciato per propiziare un buon raccolto. Anche l’itinerario processionale è legato a una leggenda. Si narra infatti che il 30 giugno del 1413 i dignitari della chiesa maggiore e i senatori dell’università lo affidarono al volo di venticinque colombe, poste ai piedi della statua della vergine, che una volta liberate volarono per le strade della città, indicando così anche l’itinerario processionale. Anticamente l’inizio dei festeggiamenti veniva annunciato dagli Araldi della Maranna della Chiesa Madre, mentre alla vigilia della festa alcuni partecipanti portavano in cattedrale il gonfalone della città.

    Partecipavano alla processione 216 confrati, coperti solo da una fascia bianca ai fianchi e recanti sulle spalle nude la vara della Madonna. Fu soltanto nel XVII secolo che la Chiusa locale intervenne per far indossare ai portatori un camice bianco, ritenuto indecente l’uso di partecipare nudi alla processione. Attualmente i portatori indossano un saio di colore bianco e camminano scalzi. Durante la processione la vara della Madonna sosta in tutti i quartieri della città, dove viene accolta con spari di mortaretti e al suono delle campane, secondo l’usanza locale che prevede che gli abitanti dei vari quartieri ringrazino così la Madonna, per le grazie concesse. Infine il simulacro giunge presso il convento dei Minori osservanti, dal quale vengono fatte uscire le statue dei santi Zaccaria ed Elisabetta, in ricordo della visita fatta dalla Vergine alla cugina prima di diventare madre. La statua della Vergine viene condotta nella chiesa di Montesalvo, dove per quindici giorni resterà esposta alla venerazione dei fedeli, che le rendono omaggio con offerte di ceri votivi e pellegrinaggi.

    La nave d’oro

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    Anticamente la statua vi sostava per tre mesi in ricordo del periodo trascorso dalla Madonna in casa di Elisabetta. Terminati i quindi giorni la vara della Madonna, la nave d’oro, viene condotta nuovamente al duomo, seguendo l’altro itinerario processionale tracciato secondo la tradizionale locale dal volo delle colombe. Nell’Ottocento i festeggiamenti in onore alla Madonna della Visitazione si sono arricchiti di allestimenti particolari: oltre all’illuminazione in d’uso della festa, una famiglia ennese inventò una luminaria particolare e suggestiva costituita da delle piramidi, ognuna delle quali formata da quindici bicchieri, che venivano posti colmi d’olio su delle mensole fissate ai muri delle case. Inoltre, per festeggiare in modo ancora più solenne la Madonna, gli abitanti decisero di dipingere su dei teli alcuni episodi della storia delle città e delle virtù della Vergine. Questi teli venivano illuminati da lucerne, creando così un effetto particolarmente suggestivo. La domenica successiva il simulacro viene riportato alla Chiesa Matrice, secondo uno dei percorsi tracciato dal volo delle colombe. La statua, riposta nella nicchia, resterà nascosta alla venerazione dei fedeli sino all’11 gennaio dell’anno precedente.

  • San Calogero patrono di Agrigento

    San Calogero patrono di Agrigento

    Oggi dedichiamo il nostro venerdì a parlare di San Calogero, uno dei santi più amati e venerati nella Sicilia occidentale perché nella cultura contadina è ritenuto il santo protettore del raccolto estivo. Il nome Calogero significa “bel vecchio”, termine con cui si designava colui che viveva da eremita.

    La storia di san Calogero

    La tradizione popolare presenta il santo come un uomo dotato di poteri taumaturgici, in quanto curava e guariva i malati. Quando morì, il suo corpo venne seppellito sul monte Kronio. Successivamente le reliquie del santo furono trasferite nel monastero di San Filippo di Fragalà, presso Messina. Le notizie sul santo sono tramandate dalle biografie contenuti in due testi liturgici: secondo il primo testo Calogero, nato presumibilmente a Cartagine, sbarcò in Sicilia nel V secolo d.C., dove visse in una grotta nei pressi di Lilibeo, l’attuale Marsala, curando gli infermi e convertendo i pagani alla fede cristiana, Diversamente, secondo l’altro testo (del 1610), Calogero sarebbe nato a Costantinopoli e dopo una vita di preghiere e di digiuni si sarebbe recato a Roma, dove ottenne dal papa il permesso di vivere in solitudine. In seguito a una visione divina, si sarebbe recato in Sicilia fermandosi per un breve periodo nell’isola di Lipari, nelle Eolie. Successivamente, in seguito ad un’altra visione, il santo sarebbe andato sul monte Gemeriano, l’antico monte Kronio, presso Sciacca – di cui il santo compatrono è insieme alla Madonna del Soccorso – dove si guadagnò la fama di santo perché, oltre a scacciare i sacerdoti pagani che celebravano riti idolatri sul monte Kronio (nome connesso al culto di Kronos, per i Romani Saturno, protettore dell’agricoltura), divenne popolare soprattutto per la sua opera di taumaturgo. Si era guadagnato tale fama curando i malati che si recevano da lui con i vapori delle grotte, di cui aveva intuito le proprietà benefiche. Da allora i vapori delle grotte di Sciacca presero il nome di “stufe di Calogero” e ancora oggi mantengono intatta la suggestione del passato.

    Il culto di San Calogero

    Il culto di san Calogero è legato al miracolo avvenuto nel 1578, quando Sciacca fu flagellata da continue scosse di terremoto e la popolazione non sapeva a che santo votarsi. La Compagnia di San Vito pensò in quella occasione di promettere a san Calogero una processione se avesse salvato il paese dal terremoto. Il miracolo avvenne e da allora, come ringraziamento al santo, si svolge un pellegrinaggio che puntualmente si ripete ogni anno, il lunedì dopo la Pentecoste.

    Il Pitrè, a proposito dei devoti che usavano compiere tale pellegrinaggio al santuario, che si trova poco distante da Sciacca e custodisce la statua del santo eseguita da Antonello e Giacomo Cagini nel 1538, narra che i pellegrini venivano chiamati leti, e spiega la ragione: «ed anche oggi è uno spettacolo esilarante quello di siffatti pellegrini, andati con le migliori intenzioni religiose, e che tornano troppo allegri, se non briachi fradici.» San Calogero morì il 18 giugno del 561, giorno in cui viene festeggiato nella maggior parte dei comuni dell’isola di cui è patrono.

    I riti agrigentini

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    Ad Agrigento, nonostante il patrono principale si san Gerlando, gli agrigentini sono molto devoti a san Calogero, al quale tributano dei solenni festeggiamenti. Anticamente il festino per il santo durava circa un mese, mentre oggi si limita alla prima settimana di luglio. I festeggiamenti iniziano dal giovedì con la benedizione, da parte del vescovo, della divisa dei portatori del simulacro, la pazienza, una camicia bianca che reca sul petto lo stemma di san Calogero. Fra gli atti devozionali che si compivano nella festa di una volta il Pitré narra che era usanza tra i devoti promettere il viaggio da svolgersi durante il mese di maggio da casa fino alla chiesa, anche a piedi scalzi, recitando mentalmente delle preghiere durante il percorso. Appena giunti in chiesa, i fedeli che avevano compiuto il viaggio usavano fare un atto di penitenza, comune in altre feste religiose siciliane di una volta, che consisteva nello strisciare la lingua davanti alla statua del santo. Un’altra usanza era l’offerta di sacchi di frumenti e di oggetti di cerca a forma di membra umane.

    Durante i festeggiamenti i fedeli più devoti osservavano per penitenza il cosiddetto dijuno addumannatu: digiuno durante il quale si mangiava soltanto ciò che si riceveva in elemosina. Un altro uso penitenziale consisteva nel fare il percorso da casa alla chiesa con ai piedi soltanto delle calze. Era il cosiddetto viaggio ni piduni, usanza che tutt’oggi si ritrova tra i fedeli particolarmente devoti. Ad una settimana dalla grande festa, alcuni percorrevano le strade del paese con i tamburi per suonare la diana, dandosi appuntamento davanti alla chiesa dove, una volta disposisi a cerchio, davano inzio alla tammuriata di san Calò.

    Se volete scoprire la storia di un altro santo siciliano, vi consigliamo di leggere il nostro articolo dedicato a San Michele!

  • Patrono di Caltanissetta: San Michele arcangelo

    Patrono di Caltanissetta: San Michele arcangelo

    Da qualche giorno è ormai trascorsa la festa di Sant’Agata, che anima Catania e coinvolge i suoi abitanti. Raccontare la festa e l’usanza delle candelore è stata una bellissima esperienza, come speriamo possa essere stato per voi leggerlo. Per questo abbiamo pensato, con la redazione di Cataniablog.it, di dedicare qualche ulteriore articolo alle feste patronali della Sicilia. La nostra terra infatti ha delle tradizioni meravigliose, che spesso non si conoscono (talvolta da noi stessi siciliani). Oggi abbiamo quindi scelto di parlare del patrono di Caltanissetta, san Michele arcangelo, e della tradizione a lui collegata delle nove candele.

    San Michele arcangelo, la storia

    Il culto dell’Arcangelo Michele si diffuse principalmente in Oriente, dove a Costantinopoli già intorno al VI secolo gli erano stati dedicati diversi centri culto. In occidente invece la sua devozione è collegata alle sue prime apparizioni. Secondo la tradizione cristiana, l’arcangelo Michele è considerato il capo degli angeli fedeli a Dio e infatti nell’iconografia popolare viene rappresentato come un angelo guerriero, forte e possente, che lotta contro il diavolo. « E’ quanto di più bello per aiutanza di persona e nobiltà di forme si possa immaginare, reso anche più bello dal suo costume del guerriero di Dio.» Così viene descritto dal Pitrè.

    Caltanissetta

    L’attribuzione dell’arcangelo Michele è la bilancia, che tiene in mano e che simboleggia il potere di soppesare le anime dei defunti. Nella cultura tradizionale siciliana san Michele svolge un ruolo analogo a quello di San Giorgio, infatti per indicare un uomo forte si usa l’espressione “è un san Micheli” oppure “è un San Giorgi”. Il Pitrè riferisce che sino al 1860, durante il periodo dei Borbo, il santo veniva festeggiato anche presso la corte di re Ferdinando II a Napoli. Si racconta che il re fosse sfuggito alla morte proprio nel giorno dedicato al santo e che per lo scampato pericolo chiese a papa Gregorio XVI che la ricorrenza di San Michele Arcangelo venisse considerata giorno festivo.

    Il patrono di Caltanissetta san michele arcangelo

    CLTANISSETTA CATTEDRALE SANTA MARIA LA NOVA

    San Michele è patrono di Caltanissetta, l’antica Nissa al cui nome sotto la dominazione araba fu aggiunto l’appellativo di qal’at, cioè castello e che mantenne fino alla conquista normanna avvenuta nel 1086. Città feudale, Caltanissetta fu elevata a contea dagli Aragonesi. La leggenda narra che l’arcangelo apparve a un frate cappuccino al quale annunciò che avrebbe protetto la città. Nel 1625 la Sicilia fu colpita dalla peste e gli abitanti, per evitare il contagio, istituirono con delle guardie un cordone di vigilanza intorno alle mura. Un appestato che, eludendo la sorveglianza, aveva tentato di entrare nella cittadina venne fulminato, secondo la leggenda, proprio dal santo. Da allora Caltanissetta lo elesse patrono al posto del santissimo Crocefisso e del precedente protettore. I nisseni inoltre eressero una chiesa in sui onore e gli dedicarono due feste l’anno.

    Il patrono di Caltanissetta e la tradizione delle nove candele

    Prima di ogni festa, è tradizione in ogni famiglia recitare una novena e fare osservare per voto a ogni figlio o figlia il digiuno, limitandosi a consumare solo pane e acqua. Il digiuno inizia dal lunedì dopo Pasqua e si ripete ogni anno, per nove anni consecutivi. Trascorsi i nove anni, i genitori portano in chiesa nove candele, una per ogni anno, le quali, una volta benedette dal parroco, vengono conservate in casa. Secondo la religiosità popolare si ritiene infatti che esse serviranno nei momenti più importanti della vita di coloro che, in occasione dei festeggiamenti del santo, hanno osservato il digiuno per nove anni consecutivi. Essi potranno utilizzarle sia per invocare la protezione dell’arcangelo, sia per accenderle nei momenti particolari dell’agonia e della morte. 

    Durante la processione, la statua del patrono, opera dell’artista Stefano Livolsi, scolpita fra il 1622 e il 1644, viene portata al duomo al santuario di San Michele, dove resterà per alcuni giorni per permettere ai fedeli di venerarla e fare il viaggio, cioè il pellegrinaggio.

  • Mancini non firma: il Calcio Catania rimane senza patron

    Mancini non firma: il Calcio Catania rimane senza patron

    Ancora una fumata nera per la questione proprietà del club e adesso la situazione comincia a farsi complessa. Ieri è nuovamente saltata la firma necessaria a chiudere definitivamente la pratica della proprietà del Catania 1946. Una bruttissima notizia per tutti i tifosi del Catania, visti i precedenti di quello che dovrebbe essere il futuro Patron. Se Mancini non firma, crescono infatti i dubbi sul perché: più fonti hanno parlato di mancate garanzie da un punto di vista economico. Lo stesso imprenditore romano si è trovato a dover intervenire con una lunga spiegazione sul come mai sia saltato il rogito notarile.

    Mancini non firma: “Non ci sono problemi economici”

    Non a caso, la prima cosa che Mancini ha tenuto a precisare è stata la natura del rinvio. L’imprenditore ha parlato di un rinvio tecnico e non di natura economica. « Ci sono delle cose da correggere, gli adempimenti sono tanti. Abbiamo rivisto l’atto, mi sono risentito con i miei consulenti a Roma. Di comune accordo ho fatto una dichiarazione per rinvio tecnico rendendomi disponibile a firmare l’atto quando la curatela riterrà opportuno.»

    Benedetto Mancini 1

    Mancini ha poi rassicurato i supporters rossazzurri: «I tifosi devono stare tranquilli perché la FC Catania 1946 ha dichiarato al Tribunale di accollarsi tutte le spese dal 17 marzo in poi. Non c’è un ritardo dovuto ad altro, nè un problema economico da affrontare. Sabato nel corso di una riunione durata tre ore e mezza abbiamo realizzato 4 pagine di appunti, leggendo poi la bozza di oggi ci sono ancora alcune cose da sistemare per essere propedeutici a quel che dovremo fare successivamente. Mi riferisco agli adempimenti fiscali, al debito sportivo. Va bene anche se ci mettiamo qualche giorno in più. Dobbiamo solo stare sereni e aspettare la firma, necessaria per poter poi discutere del resto con la Federazione. Bisogna anche vedere se il notaio è libero, io non mi muovo da qui finchè non firmo l’atto».

    “Una pratica complessa”

    Se non si tratta di problemi di natura economica, la domanda sorge spontanea: qual è stato il problema? « E’ un atto complesso, ripeto. Non stiamo comprando un garage o un appartamento. Compriamo il debito sportivo, nel contesto di una società fallita con numerosi adempimenti da fare. Quel che si scrive all’interno dell’atto bisogna portarlo agli enti competenti, quindi anche all’Agenzia delle Entrate. Vanno specificati perfettamente tutti i passsaggi. La Federazione richiede certi adempimenti a tutela di quel che faremo dopo, ad esempio sotto il profilo della tempistica. Stiamo lavorando sul piano triennale da presentare già da qualche mese. La Federazione è a conoscenza di quello che vorremmo fare.»

    Calcio Catania Palermo Derby

    Mancini ha poi preseguito «Poi, una volta firmato l’atto andremo a parlare con gli altri organi competenti, come la Covisoc. Non c’è una fretta spasmodica di fare l’atto perché sta andando avanti tutto regolarmente ed è coperto a livello finanziario.  L’atto va elaborato con tutte le caratteristiche che le leggi federali impongono».

    Nuovo inizio per Torre del Grifo

    Non poteva chiaramente mancare un riferimento a Torre del Grifo, da sempre fra i fiori all’occhiello della società etnea. Ai tempi dei primi rumors riguardanti l’interessamento dell’imprenditore romano, erano in molti a far notare come la presenza del centro polifunzionale avesse avuto grande rilevanza nella scelta. D’altronde, Mancini opera anche nel settore turistico e termale. «La società da ieri lavora fortemente perchè i campi di Torre del Grifo siano pronti nei prossimi giorni.

    torre del grifo

     Il Campo 2 è chiuso e lo stanno riseminando, il Campo 1 lo hanno rullato. Si sta facendo tutto, la squadra si allena su un campo rizollato, è serena e deve pensare a vincere e basta. Stiamo comprando un bene che richiede degli adempimenti da effettuare e li faremo tutti. Dopo l’atto dovremo pagare il debito sportivo a norma di legge, vedere se ci sono delle rateizzazioni secondo quello che prevede lo Stato, pensare alle cartelle esattoriali. I tifosi devono solo concentrarsi sulla squadra, siamo arrivati ormai alla fine. Un giorno o qualche giorno in più non cambia niente». Insomma, Mancini non firma e ai tifosi del Catania, visti i precedenti, non rimane che sperare nelle parole dell’imprenditore.

  • Sant’Agata 2021: come cambia la festa della patrona

    Sant’Agata 2021: come cambia la festa della patrona

    Sant’Agata è da sempre una delle celebrazioni religiose più popolate, la terza festa religiosa al mondo, sentita dai catanesi che possono raggiungere la Santa e da quelli che – da lontano- si riabbracciano con lei nella fede. Quest’anno, tuttavia, sarà una festa di Sant’Agata molto diversa. Il Covid-19 ha praticamente stravolto ogni aspetto della nostra vita, mutando la nostra quotidianità e stravolgendo i nostri progetti. Anche la festa della Santa Patrona di Catania non ha fatto eccezione, così quest’anno dovremo assistenze a una festa insolita, priva di molti dei suoi caratteri.

    Sant’Agata 2021: come cambia la festa

    La prima cosa, che non può passare inosservata osservando il programma di Sant’Agata 2021, è la tanto scontata quanto completa assenza di processioni e possibili assembramenti. Tutte le celebrazioni esterne sono state sospese, mentre quelle interne – specialmente le più intense celebrazioni liturgiche del 3, 4 e 5 febbraio – verranno celebrate a porte chiuse. Dunque quest’anno niente fuochi d’artificio, bancarelle e “cannalori” – uno spettacolo che certamente mancherà a tutti i devoti.
    Proprio per questo motivo i più importanti momenti dedicati alla Santa verranno trasmessi in streaming tramite i canali social dell’Arcidiocesi di Catania, ma non solo: l’Ufficio Comunicazioni sociali della Diocesi ha anche concesso «piena e gratuita disponibilità alle emittenti private» per trasmettere a loro volta le immagini delle celebrazioni liturgiche. Si è pensato dunque anche a chi per esempio non dispone di una connessione a internet, o a tutti quei fedeli magari in avanzata età che non hanno grande dimestichezza con i social e i meccanismi dello streaming. Passando dalla televisione invece si è voluto «consentire a tutti la partecipazione da casa».
    In tal senso, proprio per ovviare eventuali dubbio che potrebbero sorgere, l’Arcidiocesi di Catania ha pubblicato un comunicato in cui elenca cosa è possibile fare e cosa no in quest’edizione particolarmente delicata di Sant’Agata.
    Cattedrale catania
     

    Sant’Agata 2021: cosa si può fare

    Offerta della cera

    Partiamo dalla tradizionale offerta della cera alla Santa, la suggestiva processione che solitamente apriva i festeggiamenti il 3 febbraio partendo dalla Chiesa di Sant’Agata alla Fornace in Piazza Stesicoro per raggiungere la Cattedrale in piazza Duomo.
    L’Arcidiocesi ha confermato che è sempre possibile offrire a Sant’Agata cera bianca e fiori, ma bisognerà attenersi alle nuove disposizioni in virtù dell’emergenza sanitaria e rispettare i giorni e le ore in cui la Cattedrale è aperta al culto, come da programma. E’ bene ribadire infatti che le porte della Cattedrale rimarranno chiuse il 3, 4 e 5 febbraio, e inoltre il pomeriggio del 12 febbraio, quando le celebrazioni verranno svolte a porte chiuse. La Cattedrale rimarrà invece aperta ogni giorno dalle ore 9,00 alle ore 12,00 e dalle ore 16,30 alle ore 19,00.
    Santagata alla Fornace

    Indossare il sacco

    Per quanto concerne invece il tradizionale sacco di Sant’Agata, una delle immagine più iconiche della festa, l’Arcidiocesi si è così espressa:
    “Indossare nei giorni di festa il “sacco” anche solo nella propria casa, mentre si partecipa alle dirette delle varie celebrazioni, sarà un segno d’amore a Sant’Agata e ci permetterà di sottolineare la nostra identità di battezzati, cristiani che intendono ispirare la propria vita al messaggio ed alla testimonianza della nostra amatissima concittadina e patrona, che ha dato la vita per essere fedele al Vangelo. Lontani da ogni esteriorità risulterà più chiaro e più forte il motivo che ha ispirato il voto ed orienterà con maggiore profondità la preghiera di ringraziamento o di richiesta secondo le motivazioni care a ciascun devoto/a”.
    Insomma, anche se quest’anno dovremmo tutti adattarci ancora una volta alle costrizioni imposte dalla situazione sanitaria, sembra che Sant’Agata troverà ancora una volta il modo per raggiungere i suoi amati catanesi.
    Ricordiamo al contempo l’importanza di rispettare e osservare scrupolosamente le regole: solo di recente infatti siamo riusciti ad abbandonare la zona rossa, per rientrare in una sempre prudente zona arancione. L’auspicio è quello di tornare il prima possibile in zona gialla, una condizione che aiuterebbe non poco moltissime persone che dipendono economicamente da questo passaggio. Sicuramente la Santa apprezzerà in special modo coloro che quest’anno, volendo esprimerle il proprio affetto e la propria devozione, si ricorderanno di proteggere se stessi e gli altri.
     

  • Viagrande: storia e tesori naturali da visitare

    Viagrande: storia e tesori naturali da visitare

    Viagrande, una piccola gemma della provincia di Catania, vanta una storia ricca e un territorio caratterizzato da paesaggi mozzafiato. Scopriamo insieme le sue origini e le bellezze naturali che lo rendono unico.

    Le origini storiche di Viagrande

    Le prime informazioni su Viagrande provengono dalla Monografia storica dei comuni di Nicolosi, Trecastagni, Pedara e Viagrande, scritta da Salvatore Mirone nel 1875. Viagrande, secondo Mirone, avrebbe preso il nome dalla strada principale che collegava Catania a Messina, nota per essere particolarmente ampia e spaziosa.

    I primi riferimenti alle borgate di Viscalori e Velardi risalgono al 1124, quando venne costruita una piccola chiesa in quelle zone. Nel corso dei secoli, queste due comunità si svilupparono lentamente, nonostante le difficoltà economiche causate dall’eruzione del 1408.

    Madonna dellIdria viagrande

    Il paese si consolidò come centro abitato attorno al XVI secolo, quando si costruì la chiesa madre, poi distrutta dal devastante terremoto del 1693 e successivamente ricostruita nella Piazza San Mauro.

    L’Età Moderna e il ruolo nella storia

    Nel corso del XVIII secolo, Viagrande mantenne il suo ruolo di centro agricolo e, nel 1641, Filippo IV di Spagna conferì il titolo di principe a Domenico Di Giovanni, rendendo Viagrande un feudo nobiliare.

    Durante l’epoca risorgimentale, il paese ebbe un piccolo ruolo nella storia italiana, contribuendo alla spedizione garibaldina con aiuti materiali. Lo spirito rivoluzionario sembrò però dissolversi nel tempo, lasciando spazio alla tranquillità tipica di un paese di villeggiatura, prediletto dalle famiglie nobili catanesi.

    Il Comune di Viagrande: un patrimonio naturale da ammirare

    Parco dellEtna

    Parte del comune di Viagrande è inserito nel Parco dell’Etna, con colline costituite da antiche colate laviche che hanno creato un paesaggio unico e suggestivo. Tra i luoghi di maggior interesse spicca il Monte Serra, un cono vulcanico avventizio distante dal cratere centrale dell’Etna. Oggi, il Monte Serra è un’area attrezzata, ideale per escursioni e attività all’aria aperta.

    La salita al Monte Serra è resa possibile grazie a una scalinata di 350 gradini in pietra lavica, che offre una vista spettacolare sull’Etna, il mare e la Calabria. Dalla vetta, il panorama si estende da Taormina fino al Golfo di Augusta, regalando scorci indimenticabili.

    La Casa delle Farfalle: unico nel Centro-Sud Italia

    Parco Naturale di Monte Serra

    Una delle attrazioni più affascinanti di Viagrande è la Casa delle Farfalle del Monte Serra, una voliera che ospita farfalle tropicali provenienti da tutto il mondo. Qui è possibile ammirare da vicino splendidi lepidotteri e imparare di più sulla loro biologia. All’interno della voliera si trovano anche altri insetti particolari come Insetti stecco e Coleotteri giganti.

    Viagrande offre dunque una combinazione perfetta di storia, cultura e bellezze naturali, rendendolo una meta ideale per chi cerca di immergersi nel cuore della Sicilia.

  • Celebrazione estiva di Sant’Agata il programma

    Celebrazione estiva di Sant’Agata il programma

    La città di Catania si prepara a celebrare il 898° anniversario della Traslazione delle Reliquie di Sant’Agata con una serie di eventi religiosi e culturali dal 7 al 18 agosto. Questa celebrazione annuale rende omaggio a Sant’Agata, la amata patrona di Catania, e comprende una vasta gamma di attività organizzate dall’Arcidiocesi di Catania e dal Comune di Catania.

    Celebrazione estiva di Sant’Agata il programma dal 7 al 15 Agosto 2024

    MERCOLEDI 7 AGOSTO – Prime mercoledi del mese

    Ore 10.00: Santa Messa del primo mercoledi e presentazione dinanzi al sacello delle preghiere dei devoti

    DOMENICA 11 AGOSTO

    Ore 18.30: Traslazione del venerate Velo di Sant’Agata presso il Santuario diocesano della Madonna della Sciara di Mompilieri.

    Ore 19,30: Sulla spianata del Santuario Santa Messa presieduta da Mons. Barbare Scienti, parroco della Cattedrale con la partecipazione dei devoti e delle associazioni agatine.

    LUNEDI 12 AGOSTO Festa di Sant’Euplio

    • Ore 07,30, 10.00: Sante Messe in Cattedrale.
    • Ore 09,00: Traslazione del braccio reliquiario di Sant’Euplio dalla Cattedrale al sito dell’antica chiesa a lui dedicata in piazza della Borsa, preghiera e benedizione con la reliquia del Santo
    • Ore 17,30: Celebrazione solenne dei Vespri con la partecipazione dei Diaconi dell’Arcidiocesi, presiede S. E. R. Mons. Arcivescovo

    Dre 18.00: Santa Messa solenne.

    GIOVEDI 15 AGOSTO

    Solennità dell’Assunzione di Maria al cielo

    Basilica Cattedrale S. Messe: ore 08,00, 09,30, 11,00 (solenne), 18.00.

    Itinerario di Sant’Agata il programma dal 16 al 18 Agosto 2024

    VENERDİ 16 AGOSTO

    Ore 07,30: Nella cappella di Sant’Agata esposizione dell’insigne reliquia del Velo e celebrazione della Santa Messa

    Ore 10.00: Santa Messa

    Dre 17,30: Recita del Rosario animato dagli “Amici del Rosario”. Dre 18.00-5. Mesta solenne presieduta dal Parroco della Cattedrale..

    Ore 19,00: Processione col Velo di Sant’Agata col seguente.

    Itinerario:

    • Via Porticello,
    • Piazza Duomo. Dinanzi alla monumentale chiesa di San Placido omaggio dell’associazione “Sant’Agata in Cattedrale”.
    • In via Dusmet, dinanzi alla “Fontanella di Sant’Agata sosta di preghiera e riflessioni di Padre Francesco La Vecchia OP, Priore des Domenicani di Catania e Vicario Foraneo.

    SABATO 17 AGOSTO Memoria dell’898 anniversario del ritorno in patria delle reliquie di Sant’Agata da Costantinopoli

    Sante Messe in Cattedrale alle ore 07,30, 09,00, 10,00, 11,00, 12.00, 13.00, 15.00, 16.00, 17.00.

    Alle ore 08,00: Apertura del sacelio e traslazione all’altare maggiore delle reliquie di Sant’Agata.

    I fedeli saranno ammessi alla Venerazione delle Reliquie della Santa Patrona dalle ore 10,00 alle ore 13,30 e dalle ore 16.00 alle ore 10,00 presso la cappella di S. Agata.

    Ore 10,00: Santa Messa presieduta da Mons. Vincenzo Branchina, Vicario Generale dell’Arcidiocesi.

    Ore 18.00: Recita del Rosario animato dagli “Amici del Rosario”.

    Ore 19,00: Solenne Celebrazione Eucaristica presieduta da Mons. Arcivescovo, concelebrata dal Rev. Capitolo della SER Cattedrale e delia Collegiata e dai presbiteri della Città.

    Ore 20,30: Processione con le Reliquie della Santa Patrona

    Col seguente itinerario:

    • Piazza Duomo,
    • Porta Uzeda,
    • Via Dusmet,
    • Via Porticello,
    • Piazza San Placido, omaggio delle persone diversamente abili a cura dell’ass. “Come ginestre” e dell’ass. “Sant’Agata in Cattedrale” .
    • Via V. Emanuele,
    • Piazza Duomo.

    DOMENICA 18 AGOSTO

    Solennità della Dedicazione della Basilica Cattedrale

    Ore 8.00; 9,30; 10,00: Sante Messe.

    Ore 10,00: Santa Messa solenne presieduta da SER Mons. Arcivescovo


    Eventi Collaterali

    Festa di santagata via etnea


    VENERDÌ 9 E SABATO 10 AGOSTO

    LA CATTEDRALE DI CATANIA “Il dettaglio silenziato”

    Turni di visita ore 19,30, ore 21,30: Visite guidate serali in Cattedrale (salone medievale Bonadies, cappella dei reali aragonesi, sacrestia monumentale), nella del palazzo arcivescovile (absidi normanne), al museo diocesano (terrazze panoramiche e sala del fercolo di Sant’Agata). Corte

    Durante il percorso il Dott. Nicola Fiorenza, Ispettore Regionale dei Beni Culturali, esalterà i dettagli e le qualità significanti di alcune delle più rilevanti opere custodite in Cattedrale A conclusione della visita sarà proiettata in anteprima un nuove

    video documentario sulla vita, il culto e la Festa di Sant’Agata. Info e prenotazioni: 3394859942 Whatsapp o per email info@cattedralecatania.it

    VENERDÌ 16 AGOSTO

    Ore 21,00 Concerto della Corale “G. Tovini”: Palazzo della Cultura, Via Vittorio Emanuele, 121. La Corale diretta dal M Pietro Valguarnera eseguirà un concerto di musica sacra.

    VENERDÌ 16 E SABATO 17 AGOSTO

    Mostra fotografica “150” Anniversario del Circolo cittadino di Sant’Agata presso la sede del Circolo Via Etnea, 23 Chiesa Collegiata di Catania

    SANT SANTUARIO S. AGATA AL CARCERE: Orari di apertura

    VENERDÌ 16 AGOSTO dalle ore 9,00 alle ore 13.00.

    SABATO 17 AGOSTO dalle ore 9,00 alle ore 19,00.

    DOMENICA 18 AGOSTO dalle ore 9,00 alle ore 13,00.

    SABATO 17 AGOSTO

    Ore 11,00: Riapertura al pubblico della Chiesa di San Giuseppe al Duomo.

    SABATO 17 AGOSTO

    Ore 17,00 alle ore 21,00: Donazione di sangue pro-talassemici a cura dell’ADVS-FIDAS di Catania e Circolo cittadino di Sant’Agata, in piazza Università:

    SABATO 17 AGOSTO

    Ore 22,00: Concerto dei Vulcanica Brass-Terrazza panoramica del Museo diocesano via Etnea B

    DOMENICA 18 AGOSTO

    Ore 21,00: Concerto dell’Orchestra da Camera Catanese

    Terrazza panoramica del Museo diocesano via Etnea B L’orchestra da camera catanese diretta dal M° Fabio Raciti eseguirà musiche di Vivaldi, Mozart, Bellini, Verdi e celebri colonne sonore. Soprano Lusine Tishinyan, Tenore Aurelio Grimaldi, Conduce Ruggero Sardo.

  • Festa della Birra a Motta Sant’Anastasia

    Festa della Birra a Motta Sant’Anastasia

    La Festa della Birra e il Festival Rock a Motta Sant’Anastasia si svolgono tradizionalmente nel mese di giugno. La manifestazione, organizzata dagli Sbandieratori Rione Giovani Maestri, affianca momenti di degustazione con birre artigianali e prodotti tipici locali, ad un festival tutto dedicato alla musica rock.

    Festa della Birra a Motta Sant’Anastasia: Programma e date

    Giovedì 27 giugno 2024

    20:00 Teens Rock Contest

    • Mistica!
    • Flames
    • AKSE
    • Guerrilla
    • Andres Emmi
    • JESTERS
    • Uve Rock Band

    Venerdì 28 giugno 2024

    20:00 Teens Rock Contest

    • Jownbeats
    • Add Once
    • 33 Cl
    • Bata Genesi
    • Off Topic
    • AMAROCK
    • Uve Rock Band

    Sabato 29 giugno 2024

    20:00

    • Carnevale Estivo
    • Schiuma Party
    • Live Rock Band
      • STARFISH (Coldplay Tribute Band)
      • FREAK SHOW

    Festa della Birra: Domenica 30 giugno 2024

    20:00 Live Rock Band

    • SIGOST (80′ Pop Rock Band)
    • BACK’ N’ FORTH (Hard Rock Band)

    L’evento offre un’esperienza unica che combina la passione per la musica rock con la scoperta delle migliori birre artigianali e dei prodotti locali. Un evento imperdibile per gli amanti della buona musica e del buon cibo.

  • Festeggiamenti ad Acitrezza in Onore di San Giovanni Battista

    Festeggiamenti ad Acitrezza in Onore di San Giovanni Battista

    Nel suggestivo borgo marinaro di Acitrezza, si rinnovano anche quest’anno i solenni festeggiamenti in onore del Santo Patrono, San Giovanni Battista. I festeggiamenti, organizzati dall’Arcipretura Parrocchiale e dalla Commissione Festeggiamenti San Giovanni Battista, si svolgeranno dal 1° giugno al 1° luglio 2024, con un ricco programma di celebrazioni religiose, eventi culturali e tradizionali.

    Festeggiamenti ad Acitrezza: programma dei Festeggiamenti

    Sabato 1 Giugno – Apertura dei Festeggiamenti

    • Ore 08:00: Sparo di colpi a cannone per l’apertura.
    • Ore 11:00: Conferenza stampa di presentazione.
    • Ore 17:00: Uscita della Commissione Festeggiamenti per la raccolta delle offerte.
    • Ore 19:00: Santa Messa.

    Domenica 2 Giugno – Solennità del Corpus Domini

    • Ore 08:00 e 10:30: SS. Messe.
    • Ore 18:30: S. Messa presso la Chiesa Santa Maria la Nova.
    • Ore 19:00: S. Messa Solenne in Chiesa Madre.
    • Ore 20:00: Processione Eucaristica per le vie del paese.

    Venerdì 7 Giugno – Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù

    • Ore 08:00: S. Messa.
    • Ore 19:00: S. Messa Solenne animata dai soci dell’Apostolato della Preghiera.

    Mercoledì 12 Giugno – Visita alla Comunità di Capomulini

    • Ore 19:00: S. Messa presso la Chiesa S. Maria della Purità in Capomulini.

    Giovedì 13 Giugno – Memoria di Sant’Antonio di Padova

    • Ore 19:00: S. Messa e benedizione del pane.

    Venerdì 14 Giugno – Visita della Reliquia ai quartieri

    • Ore 19:00: S. Messa in Via Provinciale n° 237.

    Domenica 16 Giugno – Visita della Reliquia alla Comunità di Santa Maria la Nova

    • Ore 08:00, 10:30, 19:00: SS. Messe presso la Chiesa Madre.
    • Ore 18:30: S. Messa presso la Chiesa Santa Maria la Nova.

    Lunedì 17 Giugno – Giornata Battesimale

    • Ore 19:00: S. Messa e Liturgia battesimale.

    Martedì 18 Giugno – Giornata Penitenziale

    • Ore 19:00: S. Messa e Liturgia penitenziale.

    Mercoledì 19 Giugno – Giornata degli ammalati e degli anziani

    • Ore 19:00: S. Messa e Celebrazione comunitaria del Sacramento dell’Unzione degli Infermi.

    Giovedì 20, Venerdì 21 e Sabato 22 Giugno – Triduo della Festa

    • Ore 18:15: S. Rosario e Coroncina di preghiere.
    • Ore 19:00: Solenne Triduo.

    Domenica 23 Giugno – Vigilia della Festa

    • Ore 08:00 e 10:30: SS. Messe.
    • Ore 18:00: Ingresso dell’Orchestra di Fiati “Generoso Risi – Città di Acireale”.
    • Ore 18:15: S. Rosario e Coroncina di preghiere.
    • Ore 19:00: S. Messa della Vigilia.
    • Ore 20:00: Processione della Reliquia.

    Lunedì 24 Giugno – Solennità della Natività di San Giovanni Battista

    • Ore 08:00: Scampanio solenne e sparo di colpi a cannone.
    • Ore 08:05: S. Messa.
    • Ore 08:30: Ingresso dell’Orchestra di Fiati.
    • Ore 10:00: Solenne Svelata del venerato simulacro del Santo Patrono.
    • Ore 10:30: Solenne Pontificale.
    • Ore 12:15: S. Messa.
    • Ore 16:00: Ingresso della Storica Banda Musicale.
    • Ore 16:15: Partenza dei devoti per uscire l’artistico fercolo.
    • Ore 17:00: Parata folkloristica de “U pisci a mari”.
    • Ore 17:30: Rappresentazione in mare della pantomima “U pisci a mari”.
    • Ore 19:00: Trionfale uscita del simulacro del Santo Patrono.
    • Ore 19:30: S. Messa.
    • Ore 21:00: Gran Concerto in Piazza.
    • Ore 23:30: Spettacolo pirotecnico di chiusura.

    Martedì 25 Giugno

    • Ore 08:00: S. Messa.
    • Ore 08:30: Ingresso del Complesso Bandistico.
    • Ore 10:00: S. Messa.
    • Ore 11:30: S. Messa Solenne.
    • Ore 16:00: Ingresso del Complesso Bandistico.
    • Ore 16:15: Partenza dei devoti per uscire l’artistico fercolo.
    • Ore 17:00: Accoglienza delle rappresentanze delle Comunità.
    • Ore 19:00: Uscita del simulacro del Santo Patrono.
    • Ore 19:30: S. Messa.
    • Ore 23:00: Spettacolo pirotecnico finale.
    • Ore 23:30: Trionfale arrivo del fercolo.
    • Ore 23:45: Rientro in Chiesa Madre.

    Sabato 29 Giugno – Visita alla Comunità sorella di San Giovanni Montebello in Giarre

    • Ore 18:30: Accoglienza delle Commissioni Festeggiamenti e processione.
    • Ore 19:00: S. Messa per gli emigrati.

    Lunedì 1 Luglio – Ottava dei festeggiamenti

    • Ore 08:00: S. Messa.
    • Ore 19:00: S. Messa Solenne.
    • Ore 20:00: Spettacolo pirotecnico e chiusura dei festeggiamenti.

    Festeggiamenti ad Acitrezza: eventi Culturali e Tradizionali

    Durante i festeggiamenti, si terranno diversi concorsi e sagre, tra cui la tradizionale Sagra del Pesce Spada, con la sua edizione di giugno che anticipa i festeggiamenti in onore del Patrono. Inoltre, il 24 giugno, si celebrerà la tradizionale pantomima “U pisci a mari”, una rappresentazione in mare eseguita dai pescatori trezzoti, evento simbolo della cultura e delle tradizioni locali di Acitrezza.

    I momenti più importanti dei festeggiamenti saranno trasmessi in diretta sui siti internet www.festasangiovanni.it e www.festasangiovanni.com, permettendo a tutti di partecipare virtualmente a queste celebrazioni ricche di fede e tradizione.

  • La Chiesa di San Rocco a Savoca

    La Chiesa di San Rocco a Savoca

    Nascosta tra le vie del suggestivo borgo di Savoca, noto per essere uno dei più belli d’Italia, si trova la Chiesa di San Rocco. Questo edificio, oggi un rudere, testimonia un passato ricco e complesso, riflettendo la storia e le vicissitudini di un’epoca in cui la peste affliggeva l’Europa. Sebbene non sia più in uso, la chiesa rimane un simbolo storico importante e una tappa intrigante per chi visita Savoca, offrendo una visuale unica sulla spiritualità e l’architettura medievale.

    Chiesa di San Rocco: storia e decadenza

    La Chiesa di San Rocco fu eretta nel XV secolo, dedicata al santo protettore contro le epidemie, come la peste, che a quel tempo devastavano il continente. San Rocco di Montpellier, il patrono della chiesa, è venerato come protettore dei malati e degli invalidi, riflettendo l’importanza spirituale e sociale di queste figure in tempi di crisi.

    Contrariamente a molti edifici storici, la Chiesa di San Rocco non ha subito interventi di restauro significativi e, non avendo mantenuto la sua funzionalità come luogo di culto, è progressivamente caduta in rovina. Oggi si presenta come un sito affascinante ma malinconico, con le sue strutture che portano i segni del tempo e del disuso.

    L’Architettura del Declino

    Chiesa di San Rocco Savoca

    Anche se in rovina, l’architettura della Chiesa di San Rocco rimane emblematica. Le mura erose e il campanile a vela parzialmente crollato narrano la storia di un’epoca dimenticata. L’interno è privo di tetto, esponendo gli affreschi sbiaditi e le strutture all’erosione naturale. Nonostante la decadenza, il sito possiede un fascino particolare, offrendo uno spaccato visivo del passato medievale di Savoca.

    Turismo e Conservazione

    Sebbene non venga più utilizzata per funzioni religiose, la chiesa attira visitatori interessati alla sua storia e alla sua architettura. L’accesso al sito è limitato per preservare la sicurezza dei visitatori, ma è possibile osservare da vicino i resti e immaginare la chiesa nel suo antico splendore.

    La questione della conservazione di questi ruderi è complessa, poiché interventi invasivi potrebbero alterare l’autenticità del sito. Tuttavia, il dialogo tra autorità locali, storici e la comunità potrebbe portare a soluzioni che bilancino conservazione e accessibilità.

    La Chiesa di San Rocco a Savoca rappresenta un potente richiamo alla riflessione sulla transitorietà e sulla memoria storica. La sua presenza come rudere è un promemoria visivo delle sfide passate e di come queste abbiano plasmato le comunità nel corso dei secoli. Per chi visita Savoca, questo sito offre un’opportunità unica di connessione con il passato e con la narrazione storica del borgo, rendendo la visita a Savoca un’esperienza indimenticabile e profondamente significativa.

  • La Chiesa di San Nicolò a Savoca

    La Chiesa di San Nicolò a Savoca

    La Chiesa di San Nicolò nel Comune di Savoca, edificata nel XIII secolo, era originariamente dedicata a San Nicola di Bari. All’epoca, presentava affreschi raffiguranti questo santo della tradizione cristiana orientale. Nel 1881, a seguito della quasi totale distruzione del vicino edificio religioso dedicato a Santa Lucia, il simulacro argenteo della Santa venne trasferito nella Chiesa di San Nicolò, che da quel momento assunse l’appellativo di “Chiesa di Santa Lucia”.

    Ogni anno, durante la festa patronale che si celebra la seconda domenica di agosto, viene rievocato storicamente il martirio della Santa, rappresentato da una bambina.

    Chiesa di San Nicolò: architettura e opere d’arte

    Chiesa di San Nicolo architettura e opere darte

    Nel corso dei secoli la chiesa ha subito importanti restauri che ne hanno modificato l’aspetto originario. L’edificio presenta oggi un’architettura settecentesca e ha il vago aspetto di una fortezza medievale che domina la sottostante vallata. È a tre navate ed è sovrastata da una torre campanaria.

    Numerose sono le opere pittoriche e scultoree conservate all’interno della chiesa, tra le quali spiccano per valore artistico un mezzo busto di marmo di Santa Lucia (XV secolo), la tela della Madonna del Parto (1623), la trecentesca tavola di San Michele Arcangelo e uno stemma raffigurante la pianta del sambuco, da cui, etimologicamente, pare che derivi il nome Savoca.

    Le cripte-ossuario e il set del Padrino

    Sotto il piano di calpestio della piazzetta antistante la chiesa si trovano le cripte-ossuario che contengono i resti mortali di cittadini savocesi appartenenti ai ceti popolari, vissuti e deceduti tra il XIV e il XIX secolo.

    Sul sagrato di questo edificio sacro, inoltre, furono girate alcune scene del celebre film “Il Padrino”.

  • La Chiesa Madre del Santissimo Crocifisso a Pachino

    La Chiesa Madre del Santissimo Crocifisso a Pachino

    La Chiesa Madre del Santissimo Crocifisso è un luogo di culto di grande importanza storica e religiosa situato nel cuore di Pachino, in provincia di Siracusa. La sua imponente facciata barocca domina la piazza principale del paese, offrendo ai visitatori un suggestivo esempio di architettura siciliana del XVIII secolo.

    Storia e architettura della Chiesa Madre del Santissimo Crocifisso

    La Chiesa Madre fu edificata tra il 1760 e il 1770 su progetto dell’architetto Carmelo Battaglia. La sua costruzione si deve alla volontà del popolo di Pachino, che desiderava un tempio più grande e decoroso per venerare il Santissimo Crocifisso, patrono della città.

    La facciata della Chiesa Madre è caratterizzata da un elegante stile barocco, con due ordini di colonne e un timpano triangolare. Il portale d’ingresso è sormontato da una nicchia che ospita la statua del Santissimo Crocifisso. L’interno della chiesa è a croce latina, con tre navate separate da pilastri. L’abside è decorata con affreschi raffiguranti la vita di Gesù Cristo.

    Opere d’arte:

    La Chiesa Madre custodisce diverse opere d’arte di pregio, tra cui:

    • Un Crocifisso ligneo del XVII secolo, considerato miracoloso dai fedeli.
    • Una tela raffigurante la Madonna del Rosario, opera del pittore siciliano Vito D’Anna.
    • Un’acquasantiera in marmo del XVIII secolo.
    • Un organo a canne del XIX secolo.

    Feste e ricorrenze a Pachino

    La Chiesa Madre del Santissimo Crocifisso è il fulcro della vita religiosa di Pachino. La festa del Santissimo Crocifisso, che si celebra la terza domenica di maggio, è un evento di grande richiamo per tutta la Sicilia. Durante la festa, la statua del patrono viene portata in processione per le vie del paese.

    Informazioni utili:

    • Indirizzo: Piazza Vittorio Emanuele, Pachino (SR)
    • Orari di apertura: 8:00-12:00 e 16:00-19:00

    La Chiesa Madre del Santissimo Crocifisso è un luogo da non perdere per chi visita achino Un luogo di fede, di storia e di arte che merita di essere ammirato e vissuto.

  • Successo e Riflessioni dopo la Festa di Sant’Agata a Catania

    Successo e Riflessioni dopo la Festa di Sant’Agata a Catania

    Il Sindaco di Catania Enrico Trantino, ha dichiarato con soddisfazione che la recente festa di Sant’Agata è stata la più partecipata di sempre, accogliendo centinaia di migliaia di persone. Nonostante la grandiosa affluenza, il sindaco ha enfatizzato che l’evento si è svolto nella massima compostezza, sottolineando l’impegno della città nel mantenere un senso d’ordine durante la celebrazione.

    Centinaia di Migliaia di Partecipanti e Compostezza Esemplare

    Nella dichiarazione, Trantino ha riconosciuto che eventi di tale portata non possono soddisfare completamente tutte le sensibilità. I disagi riguardanti gli orari della processione, l’accoglienza dei giochi pirotecnici e il contingentamento degli accessi in piazza sono inevitabili punti di dissenso. Tuttavia, il sindaco ha sottolineato l’importanza di concentrarsi sulle emozioni vissute, sugli sguardi e sulle sensazioni trasmesse dalla folla, legata a Sant’Agata da sentimenti personali e unici.

    Solidarietà dopo il Tragico Episodio alla Villa Bellini

    Il tragico episodio accaduto alla Villa Bellini ha suscitato il dolore profondo della comunità, ma il sindaco ha rifiutato la necessità di una revisione completa dell’organizzazione, affermando che la solidaristica reazione della cittadinanza durante la festa è stata un segno di unità.

    Maturità della Città e Senso d’Ordine Prevalente

    Enrico Trantino ha elogiato la maturità dimostrata dalla città e dai devoti, sottolineando il senso d’ordine prevalente durante la processione. Ha inoltre evidenziato una significativa diminuzione delle attività illegali di somministrazione di cibo e bevande rispetto al passato, anche se ammette che debellare integralmente il fenomeno è utopistico.

    Riconoscimenti e Gratitudine per il Successo Organizzativo

    Rivolgendosi ai meriti dell’organizzazione, il sindaco ha espresso gratitudine verso i suoi collaboratori, gli assessori e il Presidente del Comitato per le festività agatine. Ha ringraziato calorosamente i volontari, il servizio d’ordine, la Protezione Civile e tutti i cittadini catanesi che hanno contribuito al successo dell’evento, manifestando l’orgoglio di stringersi attorno a Sant’Agata.

    Massiccia Pulizia della Città e Impegno Continuo

    Infine, Trantino ha annunciato l’inizio dell’opera di massiccia pulizia della città, sottolineando l’impegno continuo per garantire il benessere della comunità catanese. In conclusione, il sindaco ha esclamato “W Sant’Agata. W Catania.”, celebrando l’unione e l’orgoglio della città nei confronti della sua patrona.

  • Ricetta Minne di Sant’Agata

    Ricetta Minne di Sant’Agata

    Un omaggio alla Santa Patrona

    Ricetta Minne di Sant’Agata sono un dolce tipico della città di Catania, intriso di storia e devozione. Dedicate alla Santa Patrona, Sant’Agata, la loro forma singolare rimanda al martirio che la Santa subì, ma anche alla sua miracolosa guarigione.

    Un connubio di sapori e tradizione

    Le Minne di Sant’Agata si presentano come delle cassatine a forma di semisfera, caratterizzate da un guscio di pasta frolla e un morbido ripieno di ricotta di pecora, zucchero, canditi e cioccolato fondente. La loro candida glassa, sormontata da una ciliegia candita, completa l’opera, rendendole un vero e proprio capolavoro di gusto e tradizione.

    Ricetta per 10 Minne di Sant’Agata

    minnuzze di santagata

    Pasta frolla:

    • Segui la tua ricetta preferita per preparare la pasta frolla.

    Ripieno:

    • 600 g di ricotta di pecora
    • 80 g di canditi
    • 100 g di zucchero a velo
    • 100 g di cioccolato fondente

    Preparazione:

    1. Setacciare la ricotta e unirla allo zucchero a velo, ai canditi e al cioccolato tritato finemente. Amalgamare il tutto fino ad ottenere un composto omogeneo.
    2. Foderare degli stampi semisferici con la pasta frolla.
    3. Inserire il ripieno di ricotta negli stampi e sigillare con altra pasta frolla.
    4. Cuocere in forno statico preriscaldato a 200°C per 20 minuti.
    5. Lasciare freddare le Minne.

    Glassa:

    • 3 albumi
    • 500 g di zucchero a velo

    Preparazione:

    1. Montare a neve gli albumi con lo zucchero a velo fino ad ottenere una glassa densa.
    2. Ricoprire le Minne con la glassa e decorare con una ciliegia candita sulla sommità.
    3. Lasciare asciugare la glassa prima di gustare le Minne.

    Un dolce per celebrare la fede e il gusto

    Le Minne di Sant’Agata non sono solo un dolce delizioso, ma anche un simbolo di devozione e tradizione. La loro storia, il loro sapore e la loro bellezza le rendono un elemento imprescindibile della cultura catanese, un’esperienza da vivere e assaporare in ogni morso.

  • Ricetta Olivette di Sant’Agata

    Ricetta Olivette di Sant’Agata

    Se siete amanti della cucina siciliana, in particolar modo dei dolci, questo articolo fa al caso vostro. Nelle prossime righe vi parlerò di una ricetta famosissima a Catania, le olivette di Sant’Agata, utilizzata in una festa particolare siciliana, la festa patronale di Sant’Agata. Vi elencherò gli ingredienti e vi spiegherò come preparare questa gustosissima e particolare ricetta, che molto spesso viene realizzata insieme ad un altro dolce tipico, le cassatelle.

    Le olive di Sant’Agata hanno una forma di oliva e sono realizzate con la pasta di mandorla, solitamente con aggiunta di liquore, ma dipende dai gusti.

    Ingredienti
    Tutto ciò che vi serve per poter preparare le olive di Sant’Agata sono dei semplicissimi ingredienti, come:
    500 grammi di farine di mandorle,
    500 grammi di zucchero di semola,
    due cucchiai di colorante di colore verde,
    mezzo bicchiere di acqua e due cucchiai di liquore dolce.
    Preparazione
    olivette SantAgata
    Per procedere con la realizzazione delle olive di Sant’Agata come prima cosa dovete versare in un tegame la farina di mandorle aggiungendovi il colorante verde e lo zucchero. Aggiungete poco a poco il mezzo bicchiere d’acqua e nel mentre amalgamate fino ad ottenere un morbido composto. Cuocete per 15 minuti e continuate a mescolare il composto. Durante la lavorazione andranno aggiunte le gocce di liquore.
    A fine cottura dovrete aspettare che si raffreddi leggermente l’impasto prima di poterlo lavorare, tagliando la pasta a piccoli tocchetti e modellandoli a forma di olive.
    Infine immergete le olive di Sant’Agata nello zucchero semolato fino a ricoprirle, successivamente riponete le olive su un vassoio e lasciatele asciugare per circa quattro ore.Ora non vi resta che gustare le squisite olive di Sant’Agata.
  • Piazza dei Martiri, un nuovo volto per la città

    Piazza dei Martiri, un nuovo volto per la città

    Catania, 28 gennaio 2024 – I devoti del circolo cittadino Sant’Agata, che domenica 28 gennaio alle ore 20 deporranno il tradizionale omaggio floreale al monumento della Patrona, troveranno piazza dei Martiri, “chianu a statua”, completamente trasformata e rigenerata dai lavori di manutenzione straordinaria realizzati dall’Amministrazione Comunale.

    Alla presenza del vice sindaco e assessore con delega all’urbanistica e al decoro urbano Paolo La Greca, la piazza è stata riconsegnata ai cittadini, dopo quasi tre mesi di lavori di restyling che hanno raddoppiato le zone a verde preesistenti e messo a dimora numerosi alberi aggiuntivi.

    Grazie a questi interventi, piazza dei Martiri è ora un’area del tutto accessibile, con un nuovo arredo urbano e nuovi percorsi, adatti anche per i portatori di handicap. Nella prossima primavera, grazie al nuovo impianto di irrigazione realizzato, con la crescita del prato e degli alberi, la piazza sarà arricchita da nuovi colori e zone d’ombra.

    “I lavori di manutenzione straordinaria di piazza dei Martiri sono stati eseguiti dai tecnici della direzione comunale urbanistica e decoro diretta dall’ingegnere Bisignani (RUP Salvo Basile) senza alcun costo per il Comune grazie alla convenzione con Terna che ha messo a disposizione dell’Amministrazione le somme di compensazione e riequilibrio ambientale, legate alla riqualificazione della linea di alta tensione”, ha detto il vicesindaco La Greca.

    “Realizzata a servizio dello storico “passatore”, la piazza che si trova in asse con via Vittorio Emanuele e quindi a ridosso del mare, negli ultimi anni non era più frequentata per il forte degrado. Oggi apre le porte alla popolazione catanese con un nuovo look, giusto in tempo per i festeggiamenti di Sant’Agata, visto che la piazza è parte fondamentale del percorso del fercolo del giro esterno del 4 febbraio. Un minuzioso lavoro, svolto da imprese locali e artigiani competenti, attraverso l’utilizzo di materiali tradizionali e nuove tecnologie per il risparmio energetico”, ha proseguito La Greca.

    La piazza, con colonna romana sormontata dalla statua della Santa Patrona che calpesta il sibilo della peste (idra), rappresenta il simbolo della rievocazione dell’antico periodo pandemico e rievoca il miracolo di avere salvato tante vite. Una piazza che negli ultimi decenni è stata trascurata, ma in realtà molto cara ai catanesi, tanto all’inizio del secolo veniva utilizzata pure dai pescatori della Civita per stendere e asciugare le loro reti.

    Piazza dei Martiri ha un’estensione di 4.475 mq e oggi ha conquistato un’immagine più verde, passando da 1.630 mq a 3.190 mq, con l’inserimento di alberi di prunus e arbusti di lagerstroemia, lavandula, rosmarino e altre piante da fiore. Il nuovo arredo urbano completa lo spazio con panchine e beverini, nuovi percorsi a piedi e attrezzati per i portatori di handicap, una rastrelliera per le biciclette, telecamere di videosorveglianza, pronto per essere utilizzato in piena sicurezza dalla cittadinanza.

    I lavori sono stati eseguiti dall’Impresa Consorziata Costruire S.r.l. – Consorzio Stabile Build S.C. a.r.l. e sono costati circa 340mila euro, fondi che il Comune ha ricevuto da Terna Spa. Il sindaco Enrico Trantino, che non ha potuto partecipare per la concomitanza con l’inaugurazione dell’anno giudiziario, ha evidenziato: “Oggi più che mai la piazza rappresenta uno degli ingressi più importanti al centro storico e soprattutto snodo nevralgico per una prossima riqualificazione del water front a cui stiamo lavorando per liberare finalmente la città dalla cintura ferroviaria e riconnetterla al mare”.

    Alla consegna della nuova piazza hanno preso parte anche gli assessori Viviana Lombardo, Giovanni Petralia, Alessandro Porto, Sergio Parisi, quest’ultimo ha ricordato “come questa sia la quindicesima piazza rigenerata dai lavori dal Comune”, il presidente del consiglio comunale Sebastiano Anastasi, il suo vice Salvo Giuffrida, il presidente della commissione consiliare lavori pubblici Angelo Scuderi, il presidente del consiglio della I circoscrizione Bassini con altri consiglieri, il presidente del comitato per i festeggiamenti agatini Carmelo Grasso, i dirigenti comunali Biagio Bisignani e Giuseppe Ferraro.