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  • La Madonna della Stella Maris di Custonaci

    La Madonna della Stella Maris di Custonaci

    La Sicilia, luogo di cultura immane
    La Sicilia è da sempre meta turistica non solo d’estate ma anche durante tutto l’anno; ciò è dovuto principalmente alle bellezze paesaggistiche che il territorio offre ai propri visitatori ma anche al fatto che l’isola sia ricca di storia, monumenti e arte.
    In particolar modo questo articolo tratterà dell’opera del maestro Giuseppe Cortese che nel 2012 realizzò una statua: la Madonna della Stella Maris di Custonaci.

    Stella Maris di Custonaci: dove si trova, storia e tanto altro

    La Madonna della Stella Maris di Custonaci si trova attualmente a Cornino, Custonaci in provincia di Trapani.
    La Stella Maris di Custonaci è una statua in marmo di stampo contemporaneo: pesa all’incirca 11 tonnellate ed è alta 5 metri.
    La scultura è stata messa su un fondale marino della profondità di circa 13 metri precisamente in Baia Cornino, dinanzi al Monte Cofano.
    Il monumento è interamente in blocco perlato di Sicilia, che al tempo della realizzazione dell’opera, fu donato alla cittadina da una industria specializzata nel campo marmifero.
    L’opera rappresenta la figura della Madonna di Custonaci.
    Il giorno 20 luglio 2012, la statua è stata posta sul fondale e 2 giorni dopo, ossia il 22 luglio giorno di Santa Maria Maddalena di Magdala, l’effigie della Madonna è stata benedetta dal Vescovo della città di Trapani.
    Madonna della Stella Maris
    Per individuare facilmente la statua, è stata posta in superficie una boa rossa.
    Il monumento, che risulta essere la scultura raffigurante la Madonna più grande del Mediterraneo, è stato realizzato grazie alla collaborazione tra istituzioni pubbliche e aziende locali private che hanno permesso la creazione della statua per un motivo: onorare, commemorare e ricordare tutti coloro che hanno perso la vita in mare.
    Una leggenda locale sostiene che la gente del posto, devota alla Madonna di Custonaci, porrebbe in lei il destino delle persone che lavorano in mare.
    Tra l’altro, sempre secondo la leggenda, la statua presente nel santuario omonimo, sarebbe giunta lì, 5 secoli prima dopo un voto di alcuni marinai francesi, scampati ad una tempesta.
    La scultura presenta una targa nella quale, per l’appunto, viene ricordato il sacrificio di colore che in mare, hanno perso la propria vita.
    Ogni anno dal 2012, nel giorno in cui la statua è stata deposta sul fondale marino, si svolge una manifestazione religiosa e commemorativa per onorare le persone, vittime del mare.
     
    Conclusione e delucidazioni finali
    Se sei amante del mare, della cultura e soprattutto appassionato di monumenti e sculture, non puoi non fare un salto a Trapani ed in particolare a Custonaci.
    Tra un tuffo a mare e buon cibo, potrai apprezzare la bellezza del territorio e dell’opera d’arte Madonna della Stella Maris di Custonaci.
    Non ci resta che augurarti buon viaggio allora!
  • Elenco di tutti i Castelli in Sicilia

    Elenco di tutti i Castelli in Sicilia

    Ogni anno, in qualunque periodo, le persone che viaggiano e si trasformano di conseguenza in perfetti turisti, sono alla costante ricerca di attrazioni caratteristiche del posto, siano esse naturali o artificiali, che gli possano raccontare e far capire qualcosa in merito al luogo da loro visitato. Possiamo dire che le attrazioni al giorno d’oggi sono veramente tante, ma poche riescono ad essere affascinanti e pieni di mistero come i castelli in Sicilia.
    Queste magnifiche strutture, costruite nell’antichità, rappresentavano delle fortezze impenetrabili progettate proprio per difendere le città con tutto il popolo. Questi edifici sono presenti su tutta la superficie del mondo, e soprattutto in uno dei paesi più antichi del mondo, cioè l’Italia. In questo articolo ci concentreremo sui castelli da visitare di questo meraviglioso paese, più nello specifico di una regione italiana in particolare, cioè la Siciliadove si possono trovare una moltitudine di castelli medievali da scoprire e da inserire nel proprio itinerario di viaggio. Detto questo, vediamo quali sono i Castelli in Sicilia da visitare.

    Castelli Siciliani da visitare

    •  Castello di Favara

    Castello Chiaramontano di Favara
    Castello situato nella città di Agrigentocostruito nel XIII, è un castello che rappresenta il passaggio dalla tipologia del castello a quella di palazzo. Fu costruito per un uso strettamente residenziale e non militare e lo si capisce dalla bassa posizione del palazzo, di solito situati molto in alto, e della prima facciata compatta e della seconda caratterizzata dalla presenza di bifore, cioè delle finestre divise verticalmente da una colonnina. Le particolarità di questo palazzo risiedono nella cappella e nel portale, affiancato da due colonne e da una decorazione in marmo con sopra presenti dei bassorilievi risalenti all’età normanna.

    • Castello Chiaramontano di Racalmuto

    Castello Chiaramontano di Racalmuto
    Sorto durante la baronia di Robert Malcovenant, durante l’età normanna, a seguito del Re Ruggero D’Altavilla. Il castello è di chiara fattura del periodo svevo, grazie alla pianta trapezoidale e le torri dalla forma circolare e soprattutto dalle possenti mura, spesse ben 2 metri. Comunque, la sua maestosità e bellezza è dovuta a Federico II Chiaramonte che, quando il re Federico D’Aragona gli affidò la proprietà del castello e del feudo circostante, fece iniziare i lavori di ingrandimento delle fortezza originale, che di conseguenza assunse l’aspetto che ha oggi.

    • Castello di Falconara

    Comune di Butera Castello di Falconara
    Inizialmente, nel 1362, questo castello era una semplice torre adibita dai Santapau di Butera per l’allevamento dei falconi, da cui il nome Falconara, e successivamente cambia proprietario passando ai principi di Branciforti. Delle modifiche furono apportate a questo castello per mano del conte tedesco Giorgio Wilding, che fece costruire un’intera ala contenente un grande salone e una terrazza che si affaccia sul mare. Comunque, non solo le ristrutturazioni effettuate per mano del conte tedesco costituiscono fonte di bellezza. Infatti, una volta che il castello divenne proprietà dei Chiaramonte-Bordonaro, il castello ebbe una nuova ala e tutto l’edificio fu trasformato in una lussuosa dimora, ricca di dipinti, ceramiche di alto valore, mobili antichi e grandi stanze, che oggi è possibile ammirare se vi recate a Caltanissetta, città in cui si trova questo castello.

    • Castello di Pietrarossa

    CALTANISSETTA CASTELLO DI PIETRAROSSA
    Il Castello di Pietrarossa è oggi ubicato su un altura vicino alla città di Caltanissetta, vicino alla Chiesa di Santa Maria degli Angeli. Anche se le origini sono sconosciute, molti pensano che è stato costruito nel IX secolo ad opera dei Sicani, la cui presenza in Sicilia è stata stimata prima dell’arrivo dei coloni greci. La struttura è luogo di avvenimenti importanti, quali la collocazione della tomba del nipote del re di Sicilia, Puglia e Calabria Ruggero il Normanno. Inoltre, verso il 1570 un forte terremoto distrusse la maggior parte del castello lasciando solo due torri. Infatti, da queste due torri oggi è possibile godere di un bellissimo panorama, anche se del castello rimane veramente poco.

    • Fortezza di Aci Castello

    Castello di Aci Castello
    Bellissimo castello presente nella città di Catania costruito su uno spuntone di roccia a picco sul mare. Vista la sua posizione strategica, nell’antichità, durante la dominazione romana, fu usato prevalentemente come fortezza a scopo militare. Durante la sua lunga storia, il castello fu conquistato dai normanni e fu abbattuto diverse volte per poi essere di nuovo costruito nel 1189. Nel 1126 divenne proprietà dei vescovi di Catania e nel 1169 fu vittima, solo parzialmente, di una violente eruzione dell’Etna. Al giorno d’oggi, è possibile ammirare questo castello interamente costruito con pietra vulcanica scura, in cui è possibile accedervi solo da terra, dove è presente anche un museo civico dove vi sono reperti archeologici e collezioni di pietre minerarie, oltre a godere di vista panoramica sul mare.

    • Castello di Paternò

    Castello Normanno Paternò
    Considerato uno dei monumenti più belli e notevoli costruiti dai Normanni. Questo perché questo castello è alto ben 34 metri. Nel 1072 fu costruito da Ruggero d’Hauetville e negli anni 1221 e 1223 il castello di Paternò fu adibito come dimora imperiale in cui far dimorare imperatori in visita dal re Federico II di Svevia. Nel 1465 invece fu utilizzato come un carcere distrettuale. Oggi il castello si presenta con un’ampio salone provvisto di cappella al piano terra, un altrettanto grande salone al primo piano mentre al secondo troviamo una galleria adorna di colonne di marmo e pietra lavica.

    • Castello di Montalbano Elicona

    Castello di Montalbano Elicona
    Il Castello di Montalbano Elicona è stato eretto sui monti Nebrodi. La sua costruzione risale all’anno 1300 ad un’altezza di 900 metri. Gli scopi per cui è stato fatto costruire sono esclusivamente difensivo-militari data la sua posizione molto elevata e quindi strategica dal punto di vista militare. Il re Federico II lo fece rientrare nel suo progetto di creare dei punti forti per difendere il territorio sotto la sua amministrazione. Durante il corso della storia, normanni, spagnoli, aragonesi hanno contribuito con continue innovazioni a renderlo un palazzo trecentesco. Al giorno d’oggi, il castello viene usato per ospitare mostre, convegni e eventi a tema culturale. Durante la visita a questo bellissimo castello, al suo interno è presente la stupenda cappella imperiale risalente all’epoca bizantina che è possibile ammirare.

    • Castello dei Biscari

    Castello dei Biscari
    Uno dei castelli di più antica provenienza, costruito intorno al 1494, è situato nel centro di Acate, un paese non troppo lontano da Ragusa.
    Si attribuisce la sua costruzione al Barone Guglielmo, che ha deciso di dimostrare la sua totale indipendenza e sovranità situando il castello nel centro della piazza del paese.
    Solo dopo diversi anni venne rinominato come Castello dei Biscari, nome con cui attualmente lo conosciamo, in quanto gli stessi abitanti del castello, a causa di diverse successioni, divennero signori di Biscari.
    Il castello subì molte modificazioni nel corso del tempo, incrementando in esso anche l’Abbazia di San Giuseppe, ad oggi conosciuta come Chiesa di San Vincenzo, che potrai ammirare anche una volta in visita al Castello dei Biscari.
    Gli anni di esistenza del castello sono stati molto travagliati a causa di molti eventi catastrofici tra cui un forte terremoto intorno al 1730, anno in cui fu parzialmente ricostruito.
    Il castello è rimasto inabitato per molti anni, fino al 1997 più nello specifico, anno in cui il comune ha deciso di prendere in carico la situazione modificando il castello e rendendolo la nuova biblioteca comunale in cui immergersi in un mondo di storia.

    • Castello Medievale di Caccamo

    Castello Medievale di Caccamo
    Desiderate immergervi in un’atmosfera che vi permetta di rivivere a pieno tutto il periodo medievale in Sicilia? Il Castello di Caccamo è una delle alternative migliori che voi possiate avere, in quanto rappresenta uno degli esempi più famosi all’intero mondo di questa tipologia di architettura.
    Questo Castello è situato a Caccamo, una piccola ma fantastica cittadina medievale che si trova in prossimità del capoluogo di regione Palermo. La cittadina si sviluppa in altezza, a circa 500
    Ma a che epoca si localizza il Castello di Caccamo? Sicuramente si riscontrano delle architetture di origini fenici, dunque si può senza troppi problemi ipotizzare che l’effettiva nascita risale a questo periodo storico. La costruzione non si limita ovviamente a questo periodo, date le diverse modificazioni di esso, anche a causa delle varie guerre che si sono susseguite negli anni che hanno richiesto la fortificazione del castello.
    Così come ogni altro castello storico, il fascino non è dato unicamente dalla scoperta di arte e architettura antica, ma anche dalle leggende che si creano su di esso. In questo caso ce ne sono davvero tantissime che riguardano fantasmi e anime vaganti nel castello che aggiungono un pizzico di mistero e di magia in quella che è la visita vera e propria.

    • Castello Scammacca

    Castello Scammacca
    Sicuramente uno dei castelli più conosciuti di tutta la Sicilia, situato nel territorio di Acireale, un comune vicino a Catania, dunque nel caso in cui ti trovassi in visita lì non puoi assolutamente farti sfuggire il Castello Scammacca.
    La storia del Castello Scammacca è davvero intrigante e la si respira nell’aria quando si è in visita in quanto ogni elemento ricorda un periodo storico molto preciso.
    Il castello prende il nome dalla famiglia dei vecchi proprietari, chiamati all’epoca i Baroni Scammacca, una famiglia nobile.
    Nonostante le numerose modifiche che ha subito il castello si presenta attualmente in forma medievale, in quanto è stata cura di chi ha diretto le ristrutturazioni mantenere intatta l’atmosfera storica che è un patrimonio da non perdere per nulla al mondo.
    E curiosità molto interessante, il Castello Scammacca è attualmente in vendita a 5 milioni di euro chiavi in mano, e a quanto pare sono in corso delle trattative per poterlo rendere un museo che per le premesse che ha sarà in grado di attirare persone in visita da ogni angolo del mondo!

    • Castello della Pietra d’Amico

    Di proprietà della famiglia Altavilla, che ha gestito il potere dell’intero regno di Sicilia in un lungo periodo storico, il Castello della Pietra d’Amico è uno dei tanti castelli Normanni che sono situati in tutta la regione.
    Questo è situato in prossimità della diga Castello, ad Alessandra della Rocca, un comune in provincia di Agrigento.
    Il castello non è attualmente tenuto in condizioni tali da poter ospitare un qualsiasi luogo di ritrovo, ma è una rovina. Il Castello della Pietra d’Amico è rimasto alle condizioni con cui è stato lasciato ai tempi di guerra, in cui è stato distrutto, ma nonostante questo ha un valore inestimabile sia dal punto di vista estetico che storico. È bellissimo, e solo entrando nell’area esterna del castello non si potrà fare altro che respirare aria di storia e immergersi quasi completamente in un mondo suggestivo e affascinante.
    La cittadina non è unica solo per il castello, ma anche per tutte le strade di cui è composta che sono decisamente tipiche e meritano una visita speciale alla loro scoperta. Altrettanto caratteristiche sono le tradizioni che si differenziano molto anche dal capoluogo di regione. Insomma, sembra quasi di rivivere i tempi antichi anche per quanto concerne la vita quotidiana e di paese.

    • Castello di Castelbuono

    Castello di Castelbuono
    Il Castello di Castelbuono è situato nel comune siciliano di Castelbuono, da cui ovviamente deriva il nome. Questa città è in prossimità di Palermo e raggiungerla non è particolarmente complesso, dunque non c’è dubbio che merita una visita.
    Questo castello edificato dal conte Francesco I Ventimiglia è ricco di stili architettonici al suo interno, tanto che si possono ritrovare ad esempio, stile arabo, normanno e ghibellino, ma anche molti altri. È un museo fatto a castello!
    Il Castello di Castelbuono è tenuto in buone condizioni, è stato ristrutturato nel 1997 e ospita moltissimi visitatori ogni anni
    Nonostante i numerosi rifacimenti a carico delle infrastrutture del castello non si sono perse tutte le caratteristiche dell’epoca che non devono essere mai trascurate in quanto raccontano la storia.

    • Castello di Mussomeli

    Castello di Mussomeli
    Situato a Mussomeli, in provincia di Caltanissetta, il Castello di Mussomeli è una vera gioia per gli occhi di tutti gli amanti dell’arte e della storia,.
    Il castello è stato ristrutturato ben due volte nell’ultimo secolo, dunque è tenuto in buone condizioni ed è visitabile all’interno.
    Il Castello di Mussomeli risale al periodo del regno di Sicilia, e più nello specifico pare appartenere alla dinastia Sveva. Queste evidenze sono date da tutti gli stili ritrovati all’interno delle architetture e delle arti del castello

    Castello di Carini

    Castello di Carini

    La bellezza di questa magnifica struttura è legata alla leggenda” l’amaro caso della Baronessa di Carini “,fondato nel regno di Ruggero tra il 1075 ed il 1090 secondo la storia nelle stanze avvenne l’eccidio della baronessa rea di aver tradito il marito, per mano del padre e del marito di lei.
    Successivamente fu ristrutturato trasformandolo in un capolavoro stilistico ammirevole:cappelle, saloni delle feste, affreschi colonne corinzie, opere da cui rimanere affascinati.

    Castello a Mare

    Castello a Mare

    Costruito dagli Arabi, rappresenta senza dubbio una delle costruzioni più antiche della città.
    Inizialmente costruita come protezione delle zone portuali, in seguito divenne tribunale dell’Inquisizione e nell’800 prigione Borbonica.
    E’ costituita da due zone principali: La Torre Mastra ed una zona archeologica da poter visitare perché formata da un insieme di edifici.

    Palazzo Chiaramonte Steri

    Palazzo Chiaramonte Steri


    Il Palazzo fu costruito nel 1307 dalla Famiglia Chiaramonte una delle più potenti ed in vista dell’epoca, il cui ultimo discendente fu giustiziato proprio dinanzi all’ingresso dell’edificio.
    Da allora si chiama Palazzo Steri , proprio da Hosterium, cioè dimora fortificata.
    Divenuto nel 1600 sede del Tribunale di Inquisizione, ancora oggi si possono ammirare la magnifica Sala divisa da archi, i dipinti sul soffitto raffiguranti storie bibliche e cavalleresche, scritte, disegni e pitture in un magnifico stile Gotico.

    Castello di Milazzo

    Castello di Milazzo
    Nasce grazie alla dominazione Araba dopo l 843 dalle rovine delle antiche civiltà greche, bizantine, e romane.
    Successivamente grazie alla dominazione Spagnola divenne una fortezza difensiva tale da definirla cittadella.
    Il Castello nei secoli ha subito danni al punto da rendere necessari dei restauri di notevole rilevanza.
    Oggi il Castello è un monumento Nazionale e con oltre 7 ettari di superficie appare dominare il Borgo antico di Milazzo.

    Castello di Scaletta Zanclea

    Castello di Scaletta Zanclea
    Il Castello edificato fra il 1230/40 inizialmente fu sede militare a difesa della vicina Messina, in seguito divenne residenza di caccia.
    E’ una costruzione imponente a tre piani che si erge tra il mare e la terra traendone tutti i benefici.
    Lo stile particolare la rende una fortezza gentile grazie alle numerose opere architettoniche presenti.
    Attualmente il Castello è di proprietà pubblica ed è sede di un centro culturale polivalente ospitante un Museo Civico custode di armi e documenti antichi.

    Castello Ursino di Catania

    Castello Ursino Piazza Federico di Svevia
    Il Castello Ursino fu edificato tra il 1239 ed il 1250 per volere di Federico ii di Svevia, ed è quindi da annoverarsi tra le innumerevoli opere Federiciane.
    Ecco che ritroviamo la struttura geometrica a pianta quadrata delimitata da quattro torri circolari poste ad ogni angolo e da torri semi cilindriche situate a metà di ogni lato, caratteristiche proprie dell’epoca.
    L’interno dell’edificio è di notevole bellezza, vi sono tutti quegli elementi architettonici la cui tipicità li rende unici: capitelli, colonne, archi statue di Afrodite, di Gladiatori.
    Come quasi tutte le fortezze anche esso ha subito restauri nel tempo in modo da restituire quello antico splendore messo a dura prova in anni di devastazioni.
    Attualmente è da considerarsi un vero e proprio monumento all’interno del quale risiede il Museo Civico, ivi si possono ammirare numerosi reperti archeologici, quadri, intere collezioni private di nobili famiglie quali i Biscari.

    Castello di Adrano

    Castello di Adrano

    Non vi sono dati certi circa l’edificazione di questo castello probabilmente si deve la sua costruzione agli Arabi e nello anno 1000 si pensa sia stata ultimato il Piano terra.
    Il Castello ha una pianta quadrilatera ed il suo è uno stile a metà tra l’islamico ed il Normanno, lo si evince dalla struttura, dalla tecnica, dalla torre tipica.
    Il sisma del 1600 ha quasi completamente distrutto i soffitti, stucchi intonaci, lasciando intatta la cappella con i capitelli.
    Dal 1958 è di proprietà comunale, ergo, è divenuto un Museo, è stato restaurato e fortificato ed è tutt’ora una delle principali attrazioni della città.

    Castello di Maniace

    Castello di ManiaceIl Castello è una fortezza militare che sorge ad Ortigia e fu edificato nella prima metà del XIII secolo.
    Rappresenta una visita irrinunciabile per chi ama questo genere di struttura.
    E’ in pietra arenaria e si deve il suo nome a Giorgio Maniace un generale Bizantino.
    Purtroppo il sisma del 1693 che colpì la Sicilia , lo danneggiò completamente, ragion per cui fu ricostruito in stile barocco.
    La sua straordinarietà sta nel fatto di aver conservato integra la struttura tipica del duecento a pianta quadrata con le quattro torri cilindriche ai lati.
    E’ incantevole il portale di origine islamica e i suoi marmi riportanti lo stemma imperiale di Carlo V.
    Gli ornamenti, il salone; tutto ciò che si trova al suo interno sono degni di attenzione.
    Allo stato attuale vi si allestiscono mostre ed eventi culturali.

    Castello di Donnafugata

    Castello di Donnafugata

    Sicuramente uno di quelli più ricchi di fascino a partire dal nome che significa fonte della salute.
    Questo castello è una somma di stili, dal Gotico al Rinascimentale ed è per questo che le sue stanze sono arricchite di araldi, stemmi, dipinti, specchi enormi che vi ammalieranno.
    Articolo in scrittura…..

  • Vitaliano Brancati Biografia

    Vitaliano Brancati Biografia

    La vita

    Vitaliano Brancati Biografia: nasce a Pachino, in provincia di Siracusa, il 24 luglio 1907; scrittore, drammaturgo e sceneggiatore di indiscusso successo, appartiene, a pieno titolo alla storia letteraria Italiana. Visse e studiò in Sicilia, terra che rimase protagonista di tutti i suoi scritti, terra spesso descritta in modo critico.
    Senza dubbio fu la sua famiglia ad avvicinarlo alla nobile arte della scrittura, essendo egli stesso figlio e nipote di scrittori che si dedicarono a novelle e poesie.
    Brancati compì e completò gli studi in Sicilia, dove si laureò, nel 1929, in lettere; fu però a Roma, dove si trasferì dopo gli studi, che ebbe l’occasione di avvicinarsi alla scrittura.
    Brancati iniziò, infatti, come giornalista scrivendo prima per ‘Il Tevere’ e successivamente per il ‘Quadrivio’; oltre a scrivere, egli fu uno stimato insegnante. La permanenza a Roma dello scrittore fu fondamentale e gli permise di entrare in contatto con un mondo culturale del tutto diverso da quello a cui era abituato.
    Nel 1942 conobbe l’attrice Anna Proclemer, con la quale si sposerà nel 1947; il matrimonio ebbe però fine nel 1953. Vitaliano Brancati morì a Torino nel settembre del 1954. In seguito ad un’operazione chirurgica per l’asportazione di una cisti dermoide, infatti, l cuore di Brancati si fermò a causa probabilmente dell’anestesia.

    Il periodo propagandistico

    La vera e propria attività di Brancati, dal punto di vista letterario, iniziò con discusse opere propagandistiche; egli infatti era mosso da una totale ammirazione per le ideologie fasciste, tanto da pubblicare opere come Fedor (1928), Everest (1931) e Piave (1932); in quegli anni lo scrittore si dedicò moltissimo alla propaganda politica, aspetto che inevitabilmente era riscontrabile nei suoi scritti che potevano essere considerati atti di propaganda a tutti gli effetti.
    Nella cerchia di letterati che era solito frequentare, tuttavia, Brancati ebbe modo di confrontarsi e stringere rapporti con scrittori, uno tra tutti Moravia, che ne minarono le convinzioni politiche, portandolo ad un totale cambiamento di rotta; le nuove consapevolezze lo portarono a ripudiare i primi scritti e l’intera ideologia fascista, dandoci il Brancati che tutti abbia conosciuto. Sarcastico e dissacrante userà, da questo punto in poi, i suoi toni diretti e moltissime metafore per dipingere un fascismo decadente e ridicolo al quale non si riavvicinerà mai e che rimarrà, per l’intera vita dello scrittore un nemico assoluto da combattere e denigrare con ogni mezzo e a tutti i costi.

    Un nuovo periodo letterario

    Vitaliano Brancati

    Gli anni della permanenza di Vitaliano Brancati a Roma ne determinarono un profondo cambiamento, sia dal punto di vista letterario che da quello intellettuale; egli infatti si confrontò spesso con una realtà molto più aperta e progressiste rispetto a quella che aveva conosciuto in Sicilia. E’ in questi anni, quindi, che lo scrittore prende definitivamente le distanze dal regime e cambia totalmente i contenuti e il modo di scrivere. Dissacrante e ironico, nelle nuove opere, Brancati mette spesso in risalto i difetti e le debolezze umane, andando spesso incontro alla censura a causa dei contenuti ritenuti troppo spinti e disonorevoli.
    Appartengono a questo periodo le opere più importanti dello scrittore; la più famosa delle quali è, senza ombra di dubbio il ‘Don Giovanni in Sicilia’. In questa serie di romanzi lo scrittore parla in modo comico e con uno stile completamente nuovo, di argomenti delicatissimi per l’epoca, quali l’impotenza sessuale maschile, non rinunciando mai alla sua spiccata ironia, sfacciata e completamente fuori dagli schemi.

    Cinema e teatro

    Vitaliano Brancati non si fermò solo all’attività di scrittore di romanzi ma ben presto si cimentò anche nel teatro e nel cinema, diventando sceneggiatore; le sue opere furono dirette da nomi assolutamente illustri quali Rossellini e Monicelli. Roberto Rossellini, infatti diresse ben due film la cui sceneggiatura portava la firma dello scrittore: Dov’è la libertà? e Viaggio in Italia, mente fu diretto da Mario Monicelli per il film di successo Guardie e ladri.Alcuni film, inoltre, sono stati realizzati basandosi sui libri di Brancati; ne è un esempio Anni difficili, di Luigi Zampa, tratto dalla novella di Brancati Il vecchio con gli stivali. Per la realizzazione di questo film fu lo stesso Brancati a collaborare alla sceneggiatura.
    Il film fu, di fatto, l’apripista per una nuova tendenza nel cinema, quella della commedia satirica in materia politica. Il suo stil, infatti, nonostante le censure, fu di ispirazione per molti altri, iniziando un vero e proprio stile nuovo della cinematografia italiana.

    I temi sessuali

    Uno dei temi maggiormente trattati da Brancati fu, senza ombra di dubbio, il sesso; nella stragrande maggioranza delle sue opere, infatti, si parla di sesso e sessualità, argomento molto delicato per l’epoca.
    L’uso di questo tipo di tematica, unito ai toni ironici e satirici, portarono spesso Brancati a fare i conti con la censura, pratica che all’epoca era molto in voga. Fu il caso, ad esempio, dell’opera teatrale ‘La governante’, censurata a causa del tema dell’opera che trattava, forse per la prima volta in modo esplicito, il tema dell’omosessualità femminile.

    Vitaliano Brancati libri e le opere principali

    Don Giovanni in Sicilia: con questo romanzo, pubblicato nel 1941, lo scrittore si guadagnò l’attenzione del grande pubblico e della critica. Ambientato a Catania, questo romanzo descrive una realtà che lo scrittore conosceva bene, quella dei giovani isolani in cerca di avventure di tipo erotico. La trama di questo romanzo è strutturata come il racconto di vita di un giovane, Giovanni Percolla, del quale l’autore descrive le avventure e i sogni. Nella narrazione il protagonista è quasi sempre accompagnato dai due amici, Scannapieco e Muscarà; i tre, per tutta la durata del racconto, sono alla ricerca di donne compiacenti e disponibili.
    Con l’arrivo dell’età adulta, però, anche Giovanni conosce l’amore e il suo lato nobile e sentimentale, passando così dalla vocazione puramente estetica e superficiale, ad una etica e profonda, fatta di sentimenti puri e dedizione.
    Nonostante uno stile leggero e comico, questa storia racchiude in sè tutto il lato profondo e introspettivo dell’autore mettendo in risalto il narcisismo e la superficialità degli uomini che solo un sentimento profondo e reale può scalfire.
    Il bell’Antonio: scritto nel 1949, questo romanzo riprende i temi trattati nel Don Giovanni, anch’esso ambientato a Catania, infatti, questo racconto, ambientato in pieno periodo fascista, descrive le gesta di un bellissimo uomo, Antonio, il quale ha fama di grande seduttore e sciupa femmine.
    Sarà però il suo matrimonio con Barbara a far emergere il vero Antonio, uomo impotente e incapace di soddisfare una donna. Ancora una volta, quindi, il rapporto con le donne e con l’amore tira fuori la vera essenza dell’uomo. Anche in questo scritto, quindi, come nel Don Giovanni, sono le donne ad avere il potere di rivelare la verità sugli uomini.
    Paolo il caldo: si tratta di un romanzo pubblicato postumo, precisamente un anno dopo la morte dell’autore; la pubblicazione di questa opera fu richiesta da Brancati stesso, il quale, due giorni prima di morire, ne autorizzò la pubblicazione nonostante fosse incompiuto.
    Nonostante il fatto che manchino gli ultimi capitoli, questo romanzo ci consegna un Brancati profondamente cambiato, con una visione della vita e della sessualità che assumono toni più seri, al limite del tragico. Nonostante anche in questo caso il sesso assuma un ruolo assolutamente centrale, infatti, esso viene trattato, sin da subito in un modo molto meno goliardico rispetto agli altri due romanzi, descrivendo la lussuria come una vera e propria ossessione, diventando quasi dannosa per l’uomo che ne è vittima.

    La visione del mondo di Brancati

    Vitaliano Brancati ha il potere di porre il lettore di fronte ad una visione specifica del mondo; si tratta di un mondo fatto di giudizi e di persone che vivono di mera apparenza. L’obbiettivo dell’autore è quello di descrivere la vita di provincia e tutte le sue sfaccettature; le malelingue, i giudizi, la totale assenza di segreti. E’ a questo scopo che lo scrittore descrive uomini sempre uguali a se stessi, poco intelligenti, boriosi e sempre in cerca di un’appagamento sessuale che tradisce la loro sostanziale povertà d’animo.
    Profondamente progressista, tuttavia, la sua visione dell’uomo, in antitesi con gli stereotipi del tempo, trovano salvezza quasi sempre nelle donne e nell’amore ce hanno il potere di salvare gli uomini, mettendoli di fronte ai loro valori o, come nel caso del bell’Antonio, ne tirano fuori la reale natura, mettendoli in ridicoli e dandoli in pasto ad una realtà di tipo provinciale che non fa sconti a nessuno.

    La visione delle donne di Vitaliano Brancati

    A lungo si è discusso su quale fosse la visione dell’universo femminile di Brancati; il genere femminile, infatti, viene descritto nelle opere dell’autore in un modo molto particolare ed insolito. Quasi mai protagonista assoluta dei racconti, la donna di Brancati è una figura ambivalente, piena di vizi e fragilità, con una sessualità spesso nascosta e vissuta in modo clandestino e quasi mai alla luce del sole.
    Accusato spesso di misoginia, Brancati descrive un modello femminile estremamente provinciale e bigotto, imprigionata in un mondo nel quale le pulsioni erano viste come una vergogna da nascondere. Dal punto di vista autobiografico la visione della donna di Brancati era diametralmente opposta a quella descritta nelle sue opere; egli infatti sposò Anna Proclemer, donne estremamente indipendente e molto lontana dallo stereotipo di moglie molto presente al tempo.
    Nonostante la fine del suo matrimonio, lo scrittore mantenne una sorta di adorazione nei confronti della moglie; è per questo motivo che le donne descritte nei suoi romanzi devono, con tutta probabilità essere lette in chiave ironica e dissacrante. Non contro la donna quindi, ma contro un’immagine di donna, completamente schiava delle convinzioni, imprigionata in un’ideale che lo scrittore deride ed esaspera.
    E’ probabilmente per questo motivo che nei romanzi di Brancati le donne sono sempre descritte in modo frettoloso e poco ricco di particolari, quasi fosse una figura secondaria e di poco conto. Lo scrittore, così come accade per la visione dell’uomo incentrato e concentrato solo sulla sfera sessuale, deride e disprezza quel preciso modello di donna, il quale unico scopo era quello di farsi una famiglia e accudire figli e marito.
    Con ogni probabilità questa visione ha origini nella terra di origine dello scrittore, terra che propone uno stereotipo di famiglia ed una visione della donna che lo scrittore deride nei suoi romanzi.

    La Catania di Brancati

    I racconti di Brancati sono sempre ambientati in una Catania che lo scrittore conosce alla perfezione; probabilmente questa scelta è dettata dal fatto che lo scrittore, curioso ed attento osservatore, aveva negli anni di permanenza nella città siciliana, avuto modo di studiare a fondo la mentalità del luogo.
    In netta contrapposizione con le idee e le ideologie che egli incontrò a Roma, infatti, Catania rappresenta un tipo di mentalità che viene esasperata nei personaggi protagonisti di Brancati.
    Gli uomini descritti in modo minuzioso e ricco di particolari dallo scrittore sono uomini schiavi delle loro fragilità e immersi in una realtà provinciale che spesso li espone al giudizio della collettività.

    Uno stile inconfondibile

    Lo stile di scrittura di Brancati resta a tutt’oggi uno stile particolarissimo e tipico; i temi trattati, se inseriti nell’epoca, risultano spesso scandalosi e sopra le righe. Fu il primo a descrivere un tipo di sessualità completamente nuovo, egli infatti ne descrive gli aspetti più intimi e nascosti. Arriva persino a parlare di impotenza e omosessualità come nessuno aveva osato prima. Con ogni probabilità proprio il tema dell’impotenza dell’uomo fu una metafora per descrivere il fallimento del regime fascista e della visione standardizzata dell’uomo del sud.
    Considerando gli standard e il clima dell’Italia degli anni 50, quindi, è semplice capire i motivi per i quali, spesso, gli scritti di Brancati venissero censurati e considerati immorali e scandalosi, non tanto per i temi in se, ma soprattutto per i toni satirici e dissacranti usati dal romanziere.

  • Borgo Schirò: il paese abbandonato

    Borgo Schirò: il paese abbandonato

    Introduzione
    Località abbandonate, borghi perduti dove la natura ha preso possesso delle mura, delle strade e delle abitazioni. I paesi fantasma seppur non siamo dei posti tipicamente turistici, mostrano un fascino incredibile che ugualmente attira molti visitatori. Visitarli sta a significare effettuare un vero e proprio viaggio nel passato, in borgate dove il tempo si è letteralmente fermato e tutto è rimasto inalterato. Tra questi troviamo il paese abbandonato denominato “Borgo Schirò”.

    La storia di “Borgo Schirò”

    Borgo Schiro
    Il territorio siciliano è molto rinomato per via delle sue splendide zone turistiche, ma ci sono pure tanti altri aspetti estremamente affascinanti da scoprire. Perlustrando diverse località poste esternamente ai luoghi maggiormente conosciuti, si scoprono dei punti storici sicuramente meno noti, ma non per questo meno stimolanti e importanti. Uno di questi è “Borgo Schirò” situato nella provincia palermitana, in prossimità di Monreale. Il periodo di costruzione risale esattamente al “1939”, con la nascita di tante borgate agricole.
    Alcuni di questi borghi finirono con l’essere abbandonati e “Borgo Schirò” è uno di questi, ecco perché viene definito come un paese fantasma. Il centro urbano includeva una trentina di case inclusi la “Chiesa”, il centro medico e qualche esercizio commerciale.

    I momenti di sfarzo e quelli del declino

    Borgo Schiro la chiesa
    Nel periodo di massimo fulgore in questo paese vivevano cento abitanti, ma una volta sopraggiunti gli anni ’70 cominciò a svuotarsi. Tante persone non riuscivano più a sopravvivere mediante l’utilizzo dei terreni agricoli. Pertanto iniziarono a sentire sempre più il forte richiamo della città, decidendo quindi di trovarsi un’attività lavorativa in un centro cittadino più ampio, in modo tale da avere maggiori possibilità lavorative.
    Durante i primi anni di abbandono, sia la Chiesa che il negozio di svariati generi rimasero aperti. Purtroppo però avendo una durata piuttosto breve, a causa di saccheggiamenti e razzie di vario tipo. A tutt’oggi il borgo è completamente abbandonato. Le strutture presentano delle lesioni ben visibili a occhio nudo, che rappresentano il preannuncio di crolli imminenti. La vegetazione ha contribuito molto a rovinare e nascondere tutti i segni lasciati dalla passata presenza degli abitanti. Durante tutto questo tempo più volte son state fatte delle proposte concrete per ricostruirlo, ma non è mai stato deciso nulla di veramente realizzabile. Uno dei motivi principali che ha influito in maniera negativa è dovuto dal fatto che mancano i fondi per poter progettare e concretizzare tale intento.
  • Comune di Caccamo: le 4 cose da visitare

    Comune di Caccamo: le 4 cose da visitare

    Storia

    Caccamo è un comune italiano di 8014 abitanti della città metropolitana di Palermo in Sicilia.
    Le origini di questo piccolo comune sono state studiate per anni da diversi studiosi; alcuni sostengono che il termine Caccamo dervi dal punico-cartaginese “Caccabe” (testa di cavallo, presente nello stemma), altri dal greco “Kakkabe” (pernice) o “Kakabe” (calderone), oppure dal latino “Cacabus” (pentolone), dall’arabo “Kakum” (vaso, marmitta) ed infine dal siciliano “Caccamu” (albero di loto).
    Il centro abitato del Comune di Caccamo si trova a 521 metri sopra il livello del mare e ai piedi del Monte S. Calogero.
    Si trova nel tratto inferiore della ex valle del fiume San Leonardo, oggi lago di Rosamarina, che costituisce, con circa 100 milioni di metri cubi di acqua, la principale risorsa idrica del palermitano.
    Caccamo si trova a circa 10 km dal mare del golfo di Termini Imerese e a circa 45 km dal capoluogo di Regione, Palermo.

    Cinque posti da visitare

    Castello di Caccamo
    Castello Medievale di Caccamo
    Si tratta di una costruzione difensiva di Caccamo, uno dei più grandi e meglio conservati tra i castelli normanni in Sicilia e in Italia. Il maniero sorge sulla sommità di un imponente roccione, alto 513 metri sul livello del mare, posto alle pendici di Monte Rotondo (m 919) e dominante sulla campagna circostante, la vallata del fiume San Leonardo e la diga Rosamarina.
    Chiesa di San Giorgio Martire
    comune di caccamo Chiesa di San Giorgio Martire
    Si tratta di uno dei posti più suggestivi che offre questa cittadina, è il complesso di Piazza Duomo (volgarmente definito dagli abitanti: “u chianu ‘a Matrici”) se ammirato, come noi consigliamo, dall’inizio di via Cartagine esattamente in prossimità del civico 60 o dall’angolo di via Montevecchio.
    Chiesa San Benedetto alla Badia
    comune di caccamo Chiesa San Benedetto alla Badia
    Si tratta di una chiesa del 700′, di pianta rettangolare con una sola navata senza cupola, dove l’altare maggiore rappresentava proprio la cappella di un convento femminile per fanciulle di famiglie benestanti.
    La bottega nella roccia
    La bottega nella roccia
    Il principale motivo di attrazione turistica della bottega nella roccia è rappresentato dagli ambienti molto suggestivi perché le pareti del locale sono anche “roccia del Castello di Caccamo”. Oggi è conosciuta anche come “Casa-Museo della civiltà contadina”, possiede una cucina in muratura dei primi anni del ‘900, esposizione di vecchi utensili ed attrezzi di lavoro. L’ingresso è gratuito e sono anche gratuite le degustazioni di prelibatezze di Sicilia e specialità locali.

  • Leonardo Sciascia Biografia

    Leonardo Sciascia Biografia

    Leonardo Sciascia, tra anticonformismo, impegno politico e amore per la letteratura
    Uno spirito libero, anticonformista e curioso: Leonardo Sciascia è stata una delle maggiori figure del Novecento italiano ed europeo. Alla sete di conoscenza per le contraddizioni della sua terra e dell’umanità in generale, egli ha unito una concezione per il senso di giustizia pessimista. Nonostante ciò, guidato dalla forza della ragione umana di matrice illuminista, Sciascia ha portato avanti per tutta la vita l’idea e la voglia di cambiare le cose.
    Nato a Racalmuto, in provincia di Agrigento, l’8 gennaio del 1921, Leonardo Sciascia è il primo di tre fratelli ed è figlio di un impiegato presso una delle miniere di zolfo locali, Pasquale Sciascia, e di una casalinga, Genoveffa Martorelli. A quattordici anni la famiglia si trasferisce a Caltanissetta, e Sciascia frequenta l’Istituto Magistrale IX Maggio dove incontra due insegnanti: Vitaliano Brancati e Giuseppe Granata. Il primo lo guiderà alla scoperta degli autori francesi, mentre Granata gli farà conoscere l’illuminismo francese e italiano. Nel 1941 si diploma per poi cominciare a lavorare, fino al 1948, come addetto all’ammasso del grano a Racalmuto presso il Consorzio Agrario. Per quanto riguarda gli affetti, nel 1944 sposa Maria Andronico, un’insegnante elementare di Racalmuto, con cui ha due figlie, Laura e Anna Maria.

    I primi passi nel mondo della scrittura

    A ventinove anni, Leonardo Sciascia pubblica Favole della dittatura, libro composto da ventisette brevi testi poetici, che ricordano le classiche favole di Esopo, abitate da animali e che presentano sempre delle morali chiare e semplici. Nel 1952 pubblica un’altra raccolta di poesie, La Sicilia, illustrata dallo scultore catanese Emilio Greco. L’anno dopo si aggiudica il Premio Pirandello per il saggio Pirandello e il pirandellismo. Inoltre comincia a collaborare con riviste dedicate alla letteratura e agli studi etnologici, diventando direttore di Galleria e de I quaderni di Galleria. Per i romanzi, come Il giorno della civetta, bisogna però aspettare ancora qualche anno, infatti; alla fine degli anni Cinquanta, lo scrittore siciliano si trova a Roma poiché gli è stata affidata una cattedra presso la capitale. Qui pubblica Gli zii di Sicilia, composto da quattro racconti: La zia d’America, un tentativo di dissacrare il mito dello Zio Sam; La morte di Stalin, in cui il personaggio è un mito, il comunismo, incarnato appunto da Stalin; Il quarantotto, ambientato nel periodo del Risorgimento, in cui si racconta l’unificazione del Regno d’Italia vista attraverso gli occhi di un siciliano e L’antimonio, in cui si narra la storia di un minatore che combatte nella guerra civile in Spagna.

    I Romanzi di Sciascia negli anni Sessanta: Il giorno della civetta e Il consiglio d’Egitto

    Tornato a Caltanissetta per lavorare presso il Patronato scolastico, Leonardo Sciascia pubblica nel 1961 Il giorno della civetta, uscito l’anno prima sulla rivista Mondo Nuovo, con cui viene inaugurata una nuova stagione del giallo italiano contemporaneo. La trama trae ispirazione da un episodio reale di cronaca, l’omicidio di un sindacalista comunista, Accursio Miraglia. Il fatto era accaduto a Sciacca, un comune siciliano, nel 1947 per mano della mafia di Cosa Nostra. Il titolo del romanzo alludeva al fatto che se la mafia un tempo agiva, proprio come l’animale notturno, in gran segreto e timorosa di essere scoperta, ora invece aveva ormai raggiunto un potere talmente grande da prendersi il lusso di agire alla luce del giorno, senza preoccuparsi di possibili conseguenze. Il libro costituisce una vera e propria novità per l’epoca poiché, sottintesa alla finzione del romanzo, Leonardo Sciascia dà una rappresentazione reale e concreta della mafia. Due anni dopo, nel 1963, esce il romanzo Il consiglio d’Egitto, ambientato in una Palermo del Settecento, in cui vive l’abate Giuseppe Vella, un abile falsario, che dà vita a un codice arabo per togliere tutti i privilegi e i poteri ai baroni siciliani.

    Un ritorno al saggio e un assaggio di commedia

    Leonardo Sciascia

    La produzione di opere letterarie di Sciascia è inarrestabile: nel 1964 pubblica il breve saggio Morte dell’Inquisitore, ambientato nel Seicento. Il libro trae spunto dalla figura dell’eretico siciliano fra’ Diego La Matina, colpevole di avere ucciso l’inquisitore nel regno di Sicilia, Juan Lopez De Cisneros. Nel 1965 esce il saggio Feste religiose in Sicilia, in cui Leonardo Sciascia ripropone il parallelismo Sicilia-Spagna rispetto al valore e all’importanza che vengono attribuite alla superstizione religiosa e al mito. Nello stesso anno viene pubblicata la commedia L’onorevole, un’impietosa denuncia delle complicità tra governo e mafia.

    A ciascuno il suo, Il contesto e Todo Modo, Sciascia a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta

    Nel 1966 esce un nuovo romanzo, A ciascuno il suo, in cui tornano le modalità e le tematiche del giallo, già usate ne Il giorno della civetta. Il protagonista del romanzo è Paolo Laurana, un professore di liceo che comincia a indagare sulla morte del farmacista del paese e dell’amico dottore. Deve però scontrarsi con l’omertà dei paesani. Qualche anno dopo, nel 1971, viene pubblicato un altro libro poliziesco, Il contesto. La vicenda ruota intorno all’ispettore Rogas, incaricato di risolvere una complicata vicenda, frutto di un errore giudiziario e una serie di omicidi di giudici. La storia si svolge in una città inventata, ma è facilmente individuabile l’Italia contemporanea. Tre anni dopo, nel 1974, esce Todo modo, ambientato negli anni Settanta in un albergo sperduto in cui si svolgono esercizi spirituali. Il protagonista è un noto pittore che sente il bisogno di trascorrere del tempo in solitudine presso l’Eremo di Zafer, trasformato in un hotel da Don Gaetano. Qui, in alcuni periodi dell’anno si svolgono dei ritiri spirituali che coinvolgono uomini potenti, come ministri, politici e cardinali. Il don consente al pittore di partecipare al ritiro, ma, durante la recita del rosario, si verifica un inquietante omicidio, a cui ne seguiranno altri. Nonostante i temi spinosi trattati, la maggior parte dei romanzi di Sciascia divengono anche dei film: Elio Petri gira il film omonimo, A ciascuno il suo, nel 1967; Damiano Damiani, Il giorno della civetta nel 1968; dal romanzo Il contesto trae ispirazione il film di Francesco Rosi, Cadaveri eccellenti (1976) e da Todo modo, di nuovo Elio Petri gira l’omonimo film, uscito nel 1976.

    Leonardo Sciascia e l’impegno politico

    Oltre alla prolifica attività letteraria, Sciascia affianca l’impegno politico; infatti, alle elezioni comunali di Palermo nel 1975 si candida come indipendente nelle liste del Partito Comunista Italiano e viene eletto come consigliere. Rimarrà in carica fino al 1977, anno in cui si dimetterà a causa dei numerosi scontri con la dirigenza del partito. Due anni più tardi, nel 1979 accetta la proposta dei Radicali e si candida al Parlamento europeo e alla Camera. Anche in questo caso viene eletto e rimarrà deputato a Montecitorio fino al 1983. Nel corso del mandato, Sciascia si occuperà di diverse questioni: dall’inchiesta sulla strage di via Fani al sequestro e l’assassinio di Aldo Moro fino al tema del terrorismo in Italia. Inoltre lo scrittore siciliano si espresse contro la legislazione d’emergenza e il pentitismo sia nei confronti del terrorismo sia della mafia. Negli anni in cui ricopre delle cariche a livello politico, Leonardo Sciascia si reca sempre più spesso a Parigi, così da aumentare i contatti con la cultura francese. Non a caso, nel 1977 pubblica il romanzo Candido ovvero un sogno fatto in Sicilia, con un evidente riferimento al Candido di Voltaire e Nero su Nero, una raccolta di commenti ai fatti avvenuti negli anni Sessanta. Nel 1980 esce Il volto sulla maschera e la traduzione de Il procuratore della Giudea, opera del francese Anatole France. Tre anni dopo pubblica un saggio per ricordare la nascita dello scrittore francese Stendhal, Stendhal e la Sicilia.

    Una storia semplice, Sciascia e la morte

    Agli inizi degli anni Ottanta gli viene diagnosticato il mieloma multiplo che lo costringe a lasciare spesso la Sicilia per Milano, così da sottoporsi a frequenti cure. Continua comunque l’attività di scrittore: tra il 1985 e il 1986 pubblica Cronachette e Occhio di capra, una raccolta di modi di dire e proverbi siciliani, e il saggio La strega e il capitano, per commemorare la nascita di Alessandro Manzoni. Gli ultimi romanzi, come Porte aperte (1987), Il cavaliere e la morte (1988) e Una storia semplice (1989) sono colmi di motivi autobiografici. Porte aperte è ambientato a Palermo, alla fine degli anni Trenta, nel pieno dei regime fascista. Un uomo si macchia di tre omicidi: la moglie, l’uomo che era stato assunto nel suo posto di lavoro poiché egli era stato licenziato e il suo vecchio capo, un gerarca fascista. L’omicida viene processato e condannato all’ergastolo. Ne Il cavaliere e la morte, Vice, un commissario di polizia, indaga sulla morte di Sandoz, un noto avvocato. Individuato il colpevole, il potente industriale Aurispa, il poliziotto non ha però prove concrete e deve combattere la sua battaglia non solo contro una grave malattia, ma anche contro degli avversari più forti e potenti di lui. Finirà per essere ucciso. Infine, Una storia semplice, ispirato al furto della Natività e con protagonisti i santi Lorenzo e Francesco d’Assisi del Caravaggio, uscirà in libreria il giorno della morte dello scrittore, il 20 novembre del 1989. Leonardo Sciascia sarà sepolto nel cimitero del suo paese natale, Racalmuto. Pur non essendo un fervido credente, egli volle che i funerali venissero celebrati in chiesa, così da evitare di mettere in imbarazzo la famiglia. All’interno della sua bara la moglie e gli amici misero un crocifisso d’argento, simbolo che Sciascia rispettava. Sulla lapide bianca della sua tomba è riportata una sola frase: “Ce ne ricorderemo, di questo pianeta”, si tratta di una citazione di Auguste de Villiers de L’Isle-Adam. Nonostante la malattia, fino alla morte continua anche il suo impegno politico, infatti intraprende le ultime battaglie per difendere Enzo Tortora, vittima di errore giudiziario e diventato un militante radicale e sostenere Adriano Sofri, accusato di aver assassinato Calabresi.

    Leonardo Sciascia, libri, giornalismo e attacchi politici

    Scrittore, drammaturgo, politico, ma anche giornalista. Leonardo Sciascia, fin dagli inizi, è molto attivo anche su giornali e riviste. Infatti collabora con il quotidiano palermitano L’Ora dal 1955, scrivendo sulle pagine culturali e tenendo, dal 1964 al 1968, una rubrica fissa, il Quaderno. Egli scrive anche su quotidiani più noti come Il Corriere della Sera, soprattutto dal 1969 al 1972 e La Stampa dal 1972. La collaborazione con quest’ultimo sarà più frequente una volta interrotti i rapporti con Il Corriere della Sera. Tra i tanti articoli scritti da Sciascia, in particolare ce n’è uno, I professionisti dell’antimafia, uscito sul Corriere della Sera il 10 gennaio 1987, che fece molto scalpore e causò diversi problemi allo scrittore. Nel suddetto, Sciascia stigmatizzava il comportamento di alcuni magistrati palermitani, attivi contro la mafia, poiché si erano macchiati di carrierismo. Secondo Sciascia, avevano infatti usato la lotta contro la mafia non tanto per favorire la rinascita morale della Sicilia, ma quanto per ottenere dei favoritismi nella loro personale ascesa a livello lavorativo. Bersaglio dello scrittore è in particolare il giudice Paolo Emanuele Borsellino, vincitore del concorso per ricoprire il ruolo di Procuratore della Repubblica di Marsala. Il giudice infatti aveva vinto non grazie all’anzianità di servizio, ma per le competenze professionali nell’ambito della malavita organizzata che aveva acquisito direttamente sul campo. A seguito della pubblicazione dell’articolo Sciascia, simbolo della lotta alla mafia, fu aspramente criticato da importanti figure della cultura e della politica italiana. Per esempio l’Associazione Coordinamento Antimafia lo accusò di essere un quaquaraquà, posto ai margini della società civile, oppure lo storico Paolo Pezzino sostenne che lo scrittore non fosse in grado di comprendere la vera pericolosità della mafia contemporanea poiché era legato all’immagine, ormai sorpassata, del mafioso come uomo d’onore.
    In realtà Leonardo Sciascia temeva che si potesse verificare un’involuzione autoritaria della Sicilia e dell’Italia in generale. Tale idea si estendeva anche al diritto penale: egli era contrario alle procedure inquisitorie, all’uso del pentitismo e dei collaboratori di giustizia.
  • Comune di Racalmuto: Le 5 cose da visitare

    Comune di Racalmuto: Le 5 cose da visitare

    La Sicilia è una terra che offre moltissimi luoghi suggestivi, piccoli paesini che nascondono in se delle meraviglie tutte da scoprire.
    Il Comune di Racalmuto è un paesino della provincia di Agrigento, con una storia incredibile e luogo di nascita di molti personaggi famosi e illustri che si sono susseguiti nel corso della storia.
    Vale la pena visitarlo per le sue opere di interesse storico e culturale, di una bellezza ineguagliabile.

    Cosa visitare nel Comune di Racalmuto?

    Il paese, piuttosto piccolo e di origine medievale, sorge su una vallata, un tempo ricca e fertile. Qui trovarono rifugio prima gli arabi, che vi si stabilirono con piccole colonie, e poi bizantini e normanni.
    Ad oggi è un paese dalle forti connotazioni italiche, e conserva al suo interno chiese e monumenti di incredibile bellezza e curiosità.

    Comune di Racalmuto: Teatro Regina Margherita

    Comune di Racalmuto Teatro Regina Margherita
    Il teatro Regina Margherita è un piccolo gioiello della città di Racalmuto, fu costruito tra il 180 e 1880 e rappresentava un simbolo di stato per le famiglie ricche della Sicilia.
    Al suo interno trovano posto 350 posti disposti su due ordini di palco, un loggione a ferro di cavallo, un golfo mistico per l’orchestra e un palcoscenico piuttosto ampio. Inoltre durante le rappresentazioni potevano essere allestite ben dodici scene, tutte dipinte da Giuseppe Cavallaro.
    Il progetto originale è di Dionisio Sciascia, che utilizza uno stile classicheggiante per l’esterno, mentre per l’interno vi sono una serie di decorazioni che partono dalla volta, con pitture a fresco che rappresentano il Carro dell’Aurora circondato dai mesi dell’anno, e il sipario decorato con una rappresentazione pittorica dei Vespri siciliani.

    Fondazione Leonardo Sciascia

    Fondazione Leonardo Sciascia
    Essendo Racalmuto il paese di nascita di uno dei più famosi scrittori italiani, Leonardo Sciascia, non poteva che accogliere e conservare l’imponente collezione di lettere epistolari, manoscritti, pubblicazioni italiane e straniere dei suoi scritti.
    La Fondazione Leonardo Sciascia è stata fondata all’interno di un’ex centrale elettrica, costruita negli anni ’20 e successivamente dismessa ed abbandonata. Al suo interno sono raccolti più di 2000 documenti riguardanti l’artista.

    Statua di Leonardo Sciascia

    Statua di Leonardo Sciascia
    Non è un vero e proprio monumento, ma una statua a grandezza naturale del più illustre cittadino del paese. Realizzata in bronzo la si può trovare passeggiando tra le viuzze del centro della cittadina, lo scrittore è stato rappresentato proprio come se stesse passeggiando, mentre fuma una sigaretta, e l’impressione generale che se ha è proprio quella di incontrare “u prufissuri” in una qualsiasi giornata.

    Castello dei Chiaramontano

    Castello Chiaramontano di Racalmuto
    A ovest del paese si erge su di una collina l’imponente fortezza appartenuta alla famiglia Chiaramonte il Castello Chiaramontano. La struttura originaria risale al periodo normanno, ma l’aspetto attuale è il risultato di una serie di interventi avvenuti durante i secoli, che l’hanno resa una struttura poligonale massiccia ed imponente.
    Basti pensare che il prospetto principale del castello, costituito da due alte torri, ha uno spessore murario di circa due metri. Il lato meridionale invece è costituito da una serie di finestre sparse senza un preciso ordine, e una fila di balconi al piano nobile. Il piano terra di questo lato è costituito da porte e arcate.
    Una delle due torri conserva ancora la forma originale, mentre l’altra è stata invece trasformata nel tempo ed adibita a belvedere.
    Il castello per la sua tipica forma trapezoidale e per la disposizione di entrate principali e secondarie, è un esempio tipico dell’architettura militare del periodo svevo.

    Santuario della Madonna del Monte

    Santuario della Madonna del Monte
    È la chiesa principale del paese, nonché luogo della principale festa annuale che qui si celebra in onore di Maria S.S. del Monte. Durante la celebrazione dell’evento vengono fatti sfilare una serie di animali, asini, cavalli e altre specie, che vengono fatti salire lungo l’imponente scalinata e condotti fino al sagrato, dove vengono poi benedetti.
    La chiesa ha uno stile Barocco con un imponente portale di accesso frontale incasellato tra due colonne e un architrave.

    (altro…)

  • Comune di Favara: le 5 cose da visitare

    Comune di Favara: le 5 cose da visitare

    Dove trovare luoghi incantevoli e avventurosi, mete storiche e siti contemporanei, se non in Sicilia, e in particolare nel Comune di Favara, comune di poco più di 30 mila abitanti.

    Comune di Favara, cosa visitare?

    Non fatevi ingannare dalle dimensioni raccolte di questo Comune, perché gli spunti da offrire per essere una città da ricercare tra le mete turistiche più popolate della Sicilia, ne ha tanti. Solo per invogliarvi a visitarla, ve ne offriamo qualcuno che sicuramente catturerà la vostra attenzione e stuzzicherà il vostro appetito.

    Il Castello Chiaramontano

    Castello Chiaramontano di Favara

    Il castello Chiaramontano si presenta imponente nelle sue forme e suggestiona per la sua bellezza. Costruito intorno al Duecento, ha le forme sul modello federiciano, anche se si suppone possa essere stata originariamente di origine degli Svevi. Dal momento della sua costruzione fino all’inizio del 1600, fu adibito ad abitazione di famiglie importanti per il governo del territorio, e successivamente venne trasformato in carcere. La torre merlata venne ristrutturata nel 1820 e subì ulteriori danni nel tempo. Varie modifiche le ebbero anche il Portale maggiore, di origine gotica, e la grande cisterna centrale all’edificio. Ora, parte di esso, è destinato ad uso privato.

    Farm Cultural Park

    Farm Cultural Park di favara

    Lo si trova in pieno centro di Favara, ed è un punto di ritrovo di esposizioni di arte contemporanea. Il quartiere de I sette colli lo caratterizza per la dislocazione dell’intera area espositiva, la quale non si sviluppa solo nel centro, in un unico edificio, bensì in più luoghi, anche all’aperto. La visione dell’arte contemporanea si intuisce dalle opere d’arte ma anche dalle attività ad esse connesse, come spazi d’incontro dove incontrarsi per lavoro, shop vintage e cocktail bar. Lo spunto di Farm Cultural Park ha permesso anche lo sviluppo di altre connessioni artistiche nella città, per una visione di cultura comune di Favara.

    Marzipan, il Museo della Mandorla Siciliana

    Marzipan il Museo della Mandorla Siciliana
    E visto che vi trovate a scorrazzare per le vie della città di Favara, perché non fermarvi in questo museo così tipico di una tradizione alimentare che custodisce tanta storia, il marzapane. La città è un posto strategico per lo sviluppo di questa ricetta così antica, conosciuta in tutto il mondo. Vi troverete percorsi per conoscere le origini e l’evoluzione nella storia di questo alimento, così legato alla sua terra e alle forme di oggetti per la sua preparazione, di uso quotidiano. La mandorla viene proposta in tutta la sua bellezza, nelle oltre 200 varietà che la caratterizzano. Tappa obbligata per chi visita Favara.

    La Necropoli in Contrada Stefano

    Necropoli di contrada Stefano Favara
    Per gli appassionati di storia antica, Favara propone la necropoli rinvenuta negli ultimi decenni, in cui si è deciso di intensificare le ricerche storiche di questo sito, già presente sin dall’età del Bronzo. Era noto già dal Quattrocento, infatti, che nelle vicinanze di Favara, vi fosse costruita una necropoli antica con un centinaio di tombe scavate nella roccia. Poco distante dalla necropoli, si possono anche ammirare i resti di una antica villa romana del quarto secolo.

    La Chiesa Madre di Favara, Madonna Assunta

    La Chiesa Madre di Favara Madonna Assunta
    Quella che oggi è conosciuta come Chiesa Madre di Favara, altro non è che il Duomo della città, anche detta Madonna Assunta. È composto da un complesso ecclesiale, di stampo architettonico rinascimentale all’esterno, e conserva al suo interno opere di prestigioso valore, come l’altare ligneo neoclassico e un crocifisso del 1600. La attuale struttura venne edificata tra il 1892 e il 1898, dopo che quella presente venne demolita in parte. È ancora la chiesa più importante di Favara.

  • Comune di Cattolica Eraclea: le 5 cose da visitare

    Comune di Cattolica Eraclea: le 5 cose da visitare

    Comune di Cattolica Eraclea è una città di circa 4000 abitanti che si trova nel sud della Sicilia, nella provincia di Agrigento.
    Dal punto di vista geografico, la città sorge a 180 metri sul livello del mare ed è circondata dai monti San Giorgio e Gianfaglione, offrendo cosi un paesaggio naturalistico molto bello e suggestivo per quanti amano la natura e i paesaggi collinari.
    Scopriamo insieme, in questa piccola guida, quali sono le principali attrazioni della città di Cattolica Eraclea e vediamo le cinque cose che dobbiamo assolutamente visitare in città o nei suoi dintorni.

    Comune di Cattolica Eraclea: monumenti e luoghi d’interesse artistico, culturale e storico.

    Chiesa Maria Santissima della Mercede comune di ereclea minoa

    La città di Cattolica Eraclea è stata fondata nel corso del Seicento e, da allora, ha mantenuto pressoché intatta la struttura del centro storico, caratteristico e da visitare.
    Diversi sono i monumenti e i luoghi d’interesse che è possibile visitare e che sono stati edificati nel corso dei secoli: tra questi sicuramente ci sono il Duomo dello Spirito Santo e le numerose chiese che si possono ammirare e che sono dislocate lungo tutto il territorio.
    Tra le chiese, sono di particolare importanza la Chiesa Maria Santissima della Mercede e la Chiesa di Sant’Antonio Abate.

    Il sito archeologico di Eraclea Minoa

    comune di Eraclea Minoa sito archeologico
    Per tutti coloro che sono affascinati dall’archeologia e per gli amanti della storia, è assolutamente da visitare il parco archeologico di Eraclea Minoa, la vecchia città.
    Il sito archeologico è un sito molto vasto nel quale è possibile ammirare i resti, sia di epoca ellenica che risalenti all’epoca romana, di abitazioni, strade, teatri, delle precedenti città.
    Nel sito è ancora in parte visibile l’antica cinta muraria della vecchia città ed è molto bella e suggestiva la visita al Teatro che ha una datazione, approssimativa, risalente al IV secolo a.c.

    Le aree naturali

    Riserva Naturale Orientata Foce del Fiume Platani
    Cattolica Eraclea si trova nei pressi della foce del fiume Platani e nel territorio circostante è possibile ammirare la RNO, ovvero la Riserva Naturale Orientata.
    La Riserva è molto particolare e suggestiva in quanto ospita diversi tipi di vegetazioni, alcune tipicamente mediterranee e altre che non sono caratteristiche del posto e, inoltre, vi sono diverse specie di animali come vari tipi di airone, il falco della palude e il gabbiano.
    Nella Riserva Naturale è possibile, infine, ammirare la Falesia di Capo Bianco, una roccia che si trova letteralmente a picco sul mare la quale ospita, nel versante opposto, i resti di un tempio di origine greca.

    Il centro storico del Comune di Cattolica Eraclea

    Caratteristico della città di Cattolica Eraclea è anche il suo centro storico, nel quale oltre a poter ammirare i diversi edifici, i monumenti e le chiese presenti, è possibile anche fermarsi nei numerosi locali per assaggiare la cucina tradizionale tipica locale o acquistare oggetti, prodotti e souvenir presso le botteghe locali, tutti realizzati a mano.

    Cosa vedere nei dintorni

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    Non molto distante da Cattolica Eraclea, si trova la città di Agrigento, laddove è possibile ammirare la Valle dei Templi famosa in tutto il mondo.
    Essa è un suggestivo luogo ideale per tutti coloro che sono amanti dell’archeologia e della storia, ma non solo, anche dell’arte, in quanto il sito archeologico ospita diverti templi in stile dorico di epoca ellenistica.
    La principale caratteristica di questo sito, è che la maggior parte dei templi presenti sono perfettamente conservati.
    Annesso al sito è possibile visitare anche il museo, nel quale sono conservati i diversi reperti archeologici rinvenuti durante le fasi di scavo.

  • Ufficio Riserva Naturale Orientata di Torre Salsa

    Ufficio Riserva Naturale Orientata di Torre Salsa

    Nella provincia di Agrigento e più precisamente nel comune di Siculiana si trova un’area naturale gestita dal WWF, che occupa più di 740 ettari di territorio e sei km di costa affacciata sul Mediterraneo. Si tratta di una zona amata dai siciliani ma anche dai turisti che ogni anno si riversano su quest’isola attirati dal mare cristallino e dalle tante bellezze storiche ed artistiche che la Sicilia può offrire.
    Il nome della Riserva Naturale deriva dall’antica Torre Salsa, una torre di avvistamento presente nella parte più interna e alta dell’area protetta.

    Geografia

    Geografia torre salsa
    La Riserva Naturale Orientata di Torre Salsa occupa una zona piuttosto ampia di territorio siciliano, che vede sia zone costiere, spiagge, aree più montuose, con i Monti Stella e Cupolone, e rocciose. Tra le montagne scorre anche il fiume Salso.
    A strapiombo sul mare sono presenti anche delle marne calcaree, rocce sedimentarie di colore bianco molto note in Sicilia, e delle falesie di gesso. Attraverso dei sentieri ricchi di flora puoi raggiungere il mare, del quale dall’alto si ha una splendida vista, e godere delle spiagge dorate e del mare limpido e cristallino.
    Il WWF, che da anni si occupa della Riserva Naturale di Torre Salsa, si occupa di contrastare i venti cementificatori che aggrediscono le coste siciliane e che rischiano di distruggere queste bellezze naturali.

    La Torre Salsa

    Riserva Naturale Orientata di Torre Salsa
    Si tratta ormai solo di resti della torre di avvistamento costruita nel Sedicesimo secolo per contrastare l’invasione dei Saraceni. Oltre a questi ruderi, all’interno della Riserva Naturale puoi osservare i resti della Torre Pantano e quattro tombe di epoca bizantina.

    Flora e Fauna

    Riserva Naturale Orientata di Torre Salsa flora e fauna
    Essendo una zona incontaminata dall’azione dell’uomo, la flora e la fauna all’interno della Riserva Naturale crescono indisturbate e rigogliose.
    La flora si sviluppa sia nei pressi della costa, dove puoi trovare la santolina delle spiagge, la gramigna delle spiagge e l’erba medica marina, e anche nelle zone più interne e montuose, nelle quali crescono la cardogna comune, la liquirizia, le tamerici e la canna d’Egitto. In quest’area sono anche presenti venti varietà d’orchidea selvatica, piante di iris e anemoni.
    La fauna invece annovera tra gli abitanti di quest’area protetta le poiane e i barbagianni, gli usignoli, le istrici, il passero solitario e molti altri uccelli e mammiferi, ma anche farfalle, come il monarca africano, e insetti. Le spiagge invece sono popolate da gabbiani reali e corallini, e, nel periodo di deposizione delle uova, da tartarughe di specie Caretta Caretta. Da qui la nascita del progetto tartarughe del WWF per la preservazione e il benessere dei piccoli che nascono in questo lembo di terra.

    Come arrivare alla la Riserva Naturale Orientata di Torre Salsa?

    Per visitare la Riserva dovrai recarti prima all’Ufficio omonimo, in via Roma 156/D, nel comune di Siculiana. Alla Riserva poi potrai accedere da quattro ingressi: ingresso Pantano, Centro Visite F. Galia, ingresso Cannicella e ingresso Eremita. Entrando da ingresso Eremita o Pantano puoi accedere anche al parcheggio privato, che però è aperto solo nel periodo estivo.
  • Riserva Naturale Orientata Foce del Fiume Platani

    Riserva Naturale Orientata Foce del Fiume Platani

    La Riserva Naturale Orientata Foce del Fiume Platani si estende lungo il versante occidentale del Capo Bianco, tra i comuni di Ribera e Cattolica Eraclea.
    Comprende un magnifico tratto di costa in grado incantare ogni visitatore in quanto è una delle zone più affascinanti e incontaminate della Sicilia. La Riserva è nata principalmente per preservare la straordinaria biodiversità del luogo che comprende circa 200 ettari di macchia mediterranea.
    È la meta perfetta per chi desidera un po’ di relax o ama immergersi nella natura e potete star certi che i paesaggi vi lasceranno senza fiato: immense spiagge, natura selvaggia e dune sabbiose impreziosite da un mare cristallino!
     

    INFORMAZIONI UTILI

    La Riserva Naturale Orientata del Fiume del Platano è dotata di un parcheggio gratuito dal quale si snodano sentieri facilmente percorribili.
    Riserva Naturale Orientata 1
    Più o meno ovunque sono disponibili tabelle e punti d’informazione oltre a varie aree attrezzate con tavoli da pic- nic, fontanelle con acqua potabile, barbecue, servizi igienici e giochi per bambini.

    Come raggiungere la Riserva Naturale?

    È possibile raggiungere la Riserva Naturale percorrendo la SS 115 Agrigento- Sciacca e, dopo aver superato Borgo Monsignero, è necessario svoltare per Eraclea Minoa.
    Dopodiché basterà seguire le varie indicazioni stradali che ti permetteranno di raggiungere con grande facilità quest’oasi naturale.

    La riserva tra natura e storia

    foce del fiume platani
    Le attività che si possono svolgere sono davvero molteplici e ideali sia per chi desidera trascorrere del tempo in famiglia o in compagnia di amici.
    Numerosi sentieri permettono di attraversare le aree boschive, di raggiungere la spiaggia e consentono di arrivare fino alla foce del Fiume Platani. Insomma è il paradiso per gli amanti del trekking!
    Alcuni sentieri, come il Sentiero del Borgo e il Sentiero della Foce, sono percorribili a piedi, a cavallo o in bicicletta. Potrete vivere avventure irripetibili e ammirare belvedere e panorami mozzafiato!
    Mentre il Sentiero di Capo Bianco si può attraversare solo a piedi in quanto conduce all’area archeologica di Heraclea Minoa.
    Oltre a poter godere di un panorama straordinario, grazie alla sua posizione strategica a strapiombo di Capo Bianco, è possibile ammirare le rovine greche di Eraclea Minoa e i resti di un bellissimo teatro antico.
    I vari reperti, rinvenuti nelle necropoli e negli agglomerati urbani durante le numerose operazioni di scavo, si possono ammirare nel piccolo antiquarium all’ingresso della zona archeologica e nel Museo archeologico di Agrigento.
    Tra i molti oggetti conservati ci sono ceramiche, corredi funerari e statuette fittili: preziosi testimoni di un passato ricco di storia.
    Inoltre la Riserva Naturale Orientata Foce del Fiume Platani tutela nella sua area protetta anche vari e rari uccelli migratori: gli appassionati di birdwatching possono avvistare i Fenicotteri, il Falco Pellegrino, il Gabbiano Reale e il raro Occhione.
    Vero vanto dalla Riserva però è il ritorno delle tartarughe Caretta Caretta che sono tornate a nidificare nuovamente qui riempiendo di stupore e meraviglia chiunque abbia la fortuna di assistere alla loro apparizione.

  • Comune di Avola: le 5 cose da visitare

    Comune di Avola: le 5 cose da visitare

    Comune di Avola renderà il tuo viaggio in Sicilia un’esperienza indimenticabile. La città è il perfetto connubio tra storia, tradizione, profumi, sapori e mare cristallino.
    E’ una città che offre tanto per tutti: ai giovani che vogliono divertirsi, alle famiglie che cercano tranquillità e spiagge attrezzate, alle coppie in cerca di angoli romantici, a chi vuole godere di angoli di natura incontaminata.Avola è un comune di circa 35000 abitanti e si trova a Sud della città di Siracusa, compreso tra monti Iblei e le acque limpide del Mar Ionio.
    Città ricca di monumenti, chiese, borghi, eremi e siti archeologici, ma non solo..la tradizione enogastronomica non mancherà di allietare il tuo palato.
    Famoso in tutto il mondo per il suo profumo, il suo carattere forte e il sapore vellutato è il Nero d’Avola, pregiato vino dell’omonimo vitigno; la degustazione di un calice di questo vino rosso ti farà apprezzare ancor di più le sue caratteristiche se consumato in loco.
    Altrettanto famose sono le sue mandorle, che Leonardo Sciascia definiva dall’ “ovale perfetto”, oggi esportate in tutto il mondo.
    Voglio ora suggerirvi 5 mete, a mio avviso, imperdibili!

    Avola la Città Esagonale

    comune di avola piazza umberto
    Non puoi perdere questo capolavoro di architettura urbanistica ideato a scopo difensivo, la costruzione esagonale della città, perfettamente conservata, nel cui centro possiamo ammirare la bellissima Piazza Umberto, crocevia delle strade principali della cittadina. Fu progettata dall’architetto e frate gesuita Angelo Italia nel 1694, a seguito del terremoto del 1963, che distrusse diversi centri abitati della Sicilia.

    Comune di Avola: “U Trappitu”

    Comune di Avola Museo del Palmento
    Così viene chiamato il Museo Palmento e Frantoio Midolo, situato nelle vicinanze della Stazione ferroviaria, a pochi minuti dal centro storico. “U Trappito” è stato ristrutturato e aperto al pubblico nel 2010 ad opera del comune di Avola ed è un edificio che testimonia il valore dei mestieri tradizionali e delle colture locali di ulivo e di vite. All’interno potrai ammirare un archivio fotografico storico e materiale audiovisivo della sua ricostruzione e restaurazione.

    Avola Antica

    Vivamente consigliata una visita a “Avola Vecchia” dove potrai godere del rinomato profumo della terra siciliana. Questo sito è stato trasformato in area residenziale, proprio per le sue ricchezze naturalistiche. Tra gli strapiombi e le vallate del Colle Aquilone puoi ammirare un incantevole panorama e alcune rovine di siti rupestri e necropoli e, con un po’ di fortuna, puoi anche trovare nelle rocce resti di fossili marini.

    I Laghetti di Avola

    i laghetti di avola2700 ettari di paradiso terrestre, regno indiscusso di escursionisti e amanti della natura questa riserva con le sue cascatelle e laghetti è considerata uno dei posti più suggestivi e migliori al mondo per nuotare. La riserva naturale Cavagrande del Cassibile, attraversata dall’omonimo fiume, è formata da rocce calcaree e verdi boschi, una sorta di Canyon nostrano con pareti a strapiombo e una serie di grotte naturali che fungevano da rifugio e come luogo di sepoltura dei defunti. Nella riserva infatti sono state trovate circa 2000 tombe risalenti al periodo 1000-800 a.C.

    La Villa Romana e il “Dolmen”

    villa romana avola
    Se hai in programma una passeggiata sul lungomare di Avola nei pressi della contrada Borgellusa, ti troverai ad un certo punto del tuo cammino ad ammirare i resti della Villa Romana del II secolo a.C. con la sua pavimentazione in cocciopesto, tipica dell’epoca, formata da un impasto di cocci, sassi, residui di mattoni e calce.
    Nella stessa zona puoi visitare il famoso “Dolmen”, una costruzione megalitica con una grande roccia poggiata su due pilastri, all’interno della quale sono stati scoperti dieci piccoli loculi.
  • Abbazia di Santa Maria di Mili: la chiesa più antica della Sicilia

    Abbazia di Santa Maria di Mili: la chiesa più antica della Sicilia

    Se hai in mente di trascorrere qualche giorno in uno dei posti più belli e incantevoli d’Italia, puoi scegliere di recarti in Sicilia in una delle frazioni della provincia di Messina, Mili san Pietro, qui potrai visitare l’Abbazia di Santa Maria di Mili. Una volta giunto sul posto i tuoi occhi potranno, immediatamente, godere della vista di un paesaggio e di una natura meravigliosi. La stessa Abbazia che è collocata sulla riva sinistra del torrente Mili nascosta dal verde dei Peloritani crea un senso di gioia interiore nel cuore di chi visita questi posti. Lo stupore e la meraviglia di questo luogo non si limitano al paesaggio, visitare l’Abbazia di Santa Maria di Mili, infatti, ti permetterà di fare un viaggio indietro nel tempo.
    Qualche cenno storico sull’Abbazia di Santa Maria di Mili

     
    cenno storico sullAbbazia di Santa Maria di Mili

    L’Abbazia di Santa Maria di Mili, che a pieno titolo si può annoverare tra una delle più antiche testimonianze della cultura religiosa normanna della Sicilia, è nata probabilmente sui resti di un antico cenobio di epoca Bizantina e riedificata dal Conte Ruggero I d’Altavilla che, con un atto di donazione stilato nel 1092, affida l’ Abbazia ai monaci basiliani, di rito orientale, guidati dall’abate Michele. Il conte Ruggero I d’Altavilla, fa dono oltre che dell’Abbazia, anche di una grande estensione di terreni annessi ad essa, su questi terreni è seppellito il figlio Giordano morto in battaglia nelle vicinanze di Siracusa. Le donazioni del conte Ruggero I d’Altavilla hanno favorito lo sviluppo economico, dovuto soprattutto all’agricoltura, che si è creato successivamente intorno all’Abbazia. Lungo tutto il decorso dei secoli questa Abbazia ha vissuto momenti di grande splendore alternati a momenti di decadenza, dovuti all’avvicendarsi delle diverse vicende storiche, pensiamo ad esempio all’usurpazione delle terre da parte dei nobili messinesi tra il ‘300 e il ‘400. Successivamente nel XVI secolo l’Abbazia ha vissuto un altro momento di splendore, in questo momento storico, infatti, viene visitata da Re e visitatori regi, che ne garantiscono la cura ed il culto, in questo periodo fu rifatto il soffitto e prolungata la navata centrale. Purtroppo con l’avvento delle leggi eversive dello Stato unitario, il convento viene acquisito dal demanio per essere venduto ai privati, la chiesa, invece da allora è stata acquisita dal Fondo Edifici di Culto del Ministero degli interni. Tuttora la chiesa attende di essere restaurata.

    Abbazia di Santa Maria di Mili la giusta scelta per un itinerario turistico

    Abbazia di Santa Maria di Mili itinerario turistico
    Nonostante che questa Chiesa rimanga ancora in attesa di un restauro che le ridoni parte dell’antico splendore, scegliere di visitare questo scorcio della Sicilia, rimane uno dei luogo più belli da visitare. Anche se non è possibile visitare l’interno di questo monumento medievale, l’esterno ripaga abbondantemente il visitatore: esso potrà ammirare già al suo ingresso, dopo avere percorso la scalinata panoramica che porta all’Abbazia, l’ingresso caratterizzato da un arco di epoca barocca sormontato dallo stemma dei basiliani, è presente anche un finta balconata che lascia vedere un imponente muro di cinta. Potrà, poi, ammirare gli stupendi archi intrecciati di stampo normanno, le cupole rotonde e l’abdise centrale che ricordano le Moschee nordafricane e il portale di marmo e pietra calcarea. Al centro della navata si trova una botola, essa per mezzo di una scala conduce ad una cripta sotterranea, qui venivano poste le spoglie dei monaci basiliani. La vegetazione presente nella zona è ricca di agrumeti che a primavera deliziano l’olfatto dei visitatori con il loro profumo di zagara.

  • Riserva Naturale Cavagrande del Cassibile

    Riserva Naturale Cavagrande del Cassibile

    Vivere la natura è un meraviglioso regalo che dovresti proprio farti. Una full immersion diretta al cuore pulsante della Riserva Naturale Cavagrande del Cassabile è una delle esperienze più appaganti e al contempo stimolanti che ti possa capitare di vivere.
    Riserva Naturale Cavagrande un pezzo di Sicilia tutto da scoprire
    Incastonata fra i comuni di Siracusa, Noto e Avola l’area naturale protetta della Riserva Cavagrande del Cassabile riunisce in 2.700 ettari meraviglie paesaggistiche e archeologiche in egual misura. Lungo lo snodarsi del fiume Cassabile incontri canyon che coprono svariati dislivelli fino a raggiungere la profondità di 500 metri. Gli stessi si divertono anche a proporti larghezze talmente disomogenee da passare dai 1.200 metri nelle vicinanze di Avola a gole strettissime. Una tale altalena di emozioni e sensazioni per gli occhi non è facile da eguagliare.
    Sul fondo dei canyon poi ti aspetta lo stupore e il refrigerio dei laghetti detti uruvi, dalle fresche acque accattivanti che attraggono sportivi e semplici amanti delle passeggiate.

    Una giornata fra il verde e l’azzurro

    Riserva Naturale Cavagrande
    Diversi sono gli itinerari adatti ad ogni tipo di escursionista, dal più esperto, preparato ed esigente a quello che da poco si è avvicinato a questo modo di interpretare il tempo libero che presto diventa una filosofia di vita. I sentieri più tranquilli sono adatti anche ai bambini che amano prima addentrarsi nel verde della natura pressoché incontaminata per poi tuffarsi nel blu delle pozze e dei laghetti interrompendo il silenzio di quei luoghi con le loro irrefrenabili risa cristalline.
    La serenità e la spensieratezza che certi scorci riescono a trasmettere con la sola forza della bellezza naturale è un’esperienza che non puoi sottovalutare. L’energia che ti invade e ti ricarica semplicemente respirando il momento non è solo un ricordo, ma un fatto indelebile dai benefici effetti duraturi.

    Il profumo dell’archeologia

    La Necropoli e il complesso rupestre dei Dieri gareggiano a pieno titolo con il panorama per accaparrarsi la tua massima attenzione, il sentiero per raggiungerli è impegnativo, la ricompensa merita lo sforzo, ma occorre ricordare che per intraprendere certi tipi di percorsi è necessario essere attrezzati ed allenati.
    La flora della Riserva Naturale Cavagrande del Cassabile annovera 34 rigogliose specie di orchidee selvatiche e ancora felci, oleandri, edere, salici e platani.
    La fauna non cede facilmente il primato all’amica flora in quanto farfalle, cuculi, volpi ricci e caprette che hanno scelto nuovamente la vita selvatica ti circondano facendoti godere della loro armoniosa libertà.

    La magia della favola e qualche utile consiglio

    La flora della Riserva Naturale Cavagrande del Cassabile
    Cosa c’è di meglio a questo punto che svelarti un segreto nel raccontarti una storia a metà fra leggenda e realtà?
    Una volta arrivato, per allontanare ogni sospetto da te, scegli il percorso che ti conduce a Scala Curci, cerca e trova ristoro tra i laghetti e le cascate che ti raggiungerai dopo appena mezz’ora di cammino tranquillo. Ora cerca di scorgere la Cunsiria, la Grotta dei Briganti che si apre poco distante da quella Scala e recati là attraverso un secondo sentiero. Fra queste pareti di roccia trovavano rifugio i briganti di fine Ottocento, non ti resta che entrare e fare la tua scoperta.
    Se dopo questa fantastica avventura non fossi ancora sazio ti suggeriamo di provare la Scala di Mastra Ronna e Prisa-Carrubella, ne rimarrai semplicemente estasiato.
    Saluti dalla Sicilia.

  • Terremoto in Sicilia: scossa magnitudo 4.4 

    Terremoto in Sicilia: scossa magnitudo 4.4 

    Il 2020 sembra non aver ancora cessato di far preoccupare i siciliani, anche se questa volta fortunatamente sembra trattarsi principalmente di una lecita paura. Nella giornata di martedì 22 dicembre 2020 infatti l’isola è stata attraversata da una scossa, che si è protratta per una decina di secondi. Stando alle rilevazioni dell’Ingv, l’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, il sisma è stato stimato con una magnitudo 4.4. Secondo la scala Richter, un evento sismico di tale entità è classificato come terremoto “leggero”e descritto con “oscillazioni evidenti per gli oggetti interni, rari danni strutturali agli edifici”.

    Terremoto in Sicilia epicentro in provincia di Ragusa, ma avvertito in tutta l’isola

    Sempre secondo i rilevamenti dell’Ingv il sisma avrebbe avuto epicentro in mare, a circa 15 km dalla città di Acate e a 30 chilometri di profondità. Precisamente, in mare tra Santa Croce Camerina e Gela. Si tratta di un’area particolarmente delicata, giacché interessata da una delle faglie più pericolose del Mediterraneo, la iblo-maltese. Si tratta di un nome doloroso per i siciliani, perché la faglia è la stessa che nel 1693 provocò il disastroso terremoto del Val di Noto, uno fra i bilanci più disastrosi in tal senso.
    Terremoto in Sicilia scossa magnitudo 4 4
    Una situazione complessa, occorsa a distanza da qualche giorno dall’eruzione dell’Etna in occasione della festa di Santa Lucia (di cui parliamo qui), che ha portato molti siciliani a ricondurre la scossa alle attività del vulcano. Invece, la scossa sembrerebbe essere riconducibile alla faglia e questo la renderebbe immediatamente più pericolosa.
    Nonostante l’epicentro localizzato e l’entità moderata, la scossa è stata avvertita in tutta la Sicilia Orientale: numerose le testimonianze nel siracusano e nel catanese, ma alcune sono pervenute anche dal palermitano. In ogni caso, come è stato segnalato dai vigili del fuoco, durante la giornata di ieri vi sono state solo  “richieste di informazione, nessuna richiesta di soccorso“. Alcuni danni di lievi entità sono stati riscontrati nel corso dei sopralluoghi avvenuti, ma finora la situazione è parsa sotto controllo. Alla centrale della Protezione civile è arrivata anche una segnalazione di lesioni a un palazzo di otto piani a Gela, in provincia di Caltanissetta.

    Il timore dei siciliani e i social in fermento

    Tuttavia, il sisma è stato in grado di spaventare moltissimi siciliani, che prudentemente in via precauzionale hanno evacuato le loro case. Moltissimi abitanti di Licata hanno abbandonato il calore delle case per popolare le auto, le strade e il posteggio del centro commerciale di San Giorgio, a testimonianza della loro paura. Anche a Modica e in molti altri paesi ci sono stati attimi di paura e preoccupazione, sebbene i siciliani ormai siano avvezzi a gestire situazioni di questo tipo.
    Il presidente della Regione Nello Musumeci è in contatto con il prefetto di Ragusa Filippina Cocuzza e con il capo della Protezione civile regionale, Salvo Cocina, per un costante aggiornamento della ricognizione di eventuali conseguenze.
    Anche i social sono subito entrati in fermento: numerose non solo le immagini e video, ma soprattutto i post. La rete si è immediatamente mobilitata per sincerarsi della condizioni dei propri cari, dimostrando ancora una volta (qualora ce ne fosse bisogno) che i siciliani hanno un grande cuore e sanno stringersi forte nei momenti di difficoltà, anche in un anno come questo già difficile di suo.

  • Riserva Naturale Orientata Bosco di Santo Pietro

    Riserva Naturale Orientata Bosco di Santo Pietro

    Passeggiare nella natura incontaminata: la Riserva Naturale Orientata Bosco di Santo Pietro

    Il turismo sta mutando e ne siamo tutti consapevoli. Il cambiamento nasce da una nicchia di viaggiatori e turisti stanchi di luoghi affollati, desiderosi invece di scoprire località tranquille nelle quali la natura possa agire come ricarica energetica naturale.
    Passeggiare in questi luoghi è sempre rinfrancante e l’Italia, da nord a sud, concede panorami diversi tra loro e decine di spunti interessanti per scoprire biomi e territori diversi.
    La macchia mediterranea sta incrementando notevolmente i favori di questo target in continua ascesa e se anche tu ti senti attratto da luoghi incontaminati, silenti, lontano da folle e masse turistiche oggi ti portiamo all’interno della Riserva Naturale Orientata Bosco.
    La riserva si trova in Sicilia, nel territorio di in prevalenza situato nel comune di Caltagirone e, in minima parte, in quello di Mazzarone.
    Siamo quindi all’interno della provincia di Catania, un territorio che risente della presenza del più bel vulcano al mondo, così viene definito l’Etna da molti geologi, quindi terreni ricchi di quarzo e sabbie fossili nelle quali la macchia tipica ricopre un’importanza naturalistica considerevole.

    La Riserva Naturale Orientata Bosco di Santo Pietro è la seconda più ampia di Sicilia

    riserva naturale orientata bosco di santo pietro
    Con i suoi 2582,5 ettari principali e una zona definita B di area di preserva di 3976,876 ettari, la Riserva Naturale Orientata Bosco di Santo Pietro è la seconda oasi naturalistica più grande dell’intera isola, un territorio ricco di essenze arboree tra le quali immergersi in passeggiate alla scoperta di un bioma interessante e per molti aspetti unico nella macchia mediterranea.
    La quercia è la regina dei boschetti di questa riserva, un tempo sughereto d’elezione della Sicilia, oggi ancora in parte esclusiva per la raccolta di sughero di quercia pregiatissimo, pur rispettando norme e regolamenti di concessione stabiliti dalle leggi regionali in materia di tutela ambientale.

    Perché la Riserva Naturale Orientata Bosco di Santo Pietro offre paesaggi unici nel suo genere?

    Perché qui, più che altrove, il territorio nei secoli ha concesso all’uomo di integrarsi con l’ambiente non sfruttato, ma preservato al fine di mantenere un’area verde ancora prima della destinazione a Parco protetto.
    Mulini isolati che spuntano all’improvviso usufruendo di piccoli torrenti e cascatelle, villaggi che riportano al passato più tipico dell’isola, come il bel borgo Santo Pietro nel quale si sono esaltate concezioni di turismo eco-friendly con strutture ricettive non impattanti dal punto di vista ambientale, anzi, perfettamente armonizzate con le tradizioni locali.
    Sono queste l’espressione massima di un turismo possibile che può rappresentare il futuro nel quale natura e presenza umana convivono senza sofferenze ma armonie, empatie.

    Musei rurali e centri di tutela per la fauna sono i fiori all’occhiello del Parco

    Musei rurali e centri di tutela del Parco

    All’interno della Riserva Naturale Orientata Bosco, molteplici sentieri concedono al visitatore di esplorare diverse tipologie d’ambiente, tra boschetti e radure, macchie fiorite nelle quali i profumi del Mediterraneo esaltano la natura siciliana incontaminata.
    Il Parco è anche didattico, rivolto sia ai bambini delle scuole così come anche ai visitatori occasionali che possono scoprire l’antica evoluzione agricola della coltivazione, trebbiatura, lavorazione del grano nella Stazione Sperimentale di Granicoltura per la Sicilia, oppure conoscere meglio fauna e flora locale nel Museo della Macchia Mediterranea.
    Sempre nel Parco è situato un centro fondamentale per il recupero delle testuggini, le tartarughe terrestri che in passato hanno rischiato l’orlo dell’estinzione, oggi in recupero anche grazie a progetti splendidi come questo.
  • Vari tipi di biscotti: cioccolato e ricotta, al cocco

    Vari tipi di biscotti: cioccolato e ricotta, al cocco

    Vari tipi di biscotti: cioccolato e ricotta, al cocco
    Amo i biscotti, sono un ottimo dessert, si conservano a lungo e no, è vero non durano molto.
    Oggi vi propongo 2 ricette che fanno contenti tutti: chi ama le cose sfiziose e poi chi ama il cocco, come la mia cara amica a cui dedico questa ricetta.
    Ora, premesso che non vi consiglio di mettervi a cucinare il pomeriggio ma l’ideale è la mattina molto presto (avete presente quando vi svegliate prestissimo e non c’è davvero nulla che distragga?), questi biscotti son davvero veloci quindi non richiederanno tutto il vostro tempo e le vostre energie quindi potete trovare sempre dei ritagli d tempo da dedicargli. Il risultato è garantito.

    Vari tipi di biscotti: cioccolato e ricotta

    Vari tipi di biscotti cioccolato e ricotta
    Adoro questo abbinamento, ma mio marito lo detesta. De gustibus. Ottimi biscotti per la colazione e per le cene leggere, attenzione a chi non tollera il lattosio.
    Ingredienti:

    • 500 gr di farina 00
    • 250 gr di ricotta
    • 250 gr di zucchero
    • 2 uova
    • 8 gr di lievito
    • 150 gr di gocce di cioccolato
    • 2 bustine di vanillina

    Procedimento:

    1. Lavorare la ricotta con forchetta e cucchiaio, dentro una terrina, fino a farne una crema morbida
    2. Aggiungere un uovo e continuare ad impastare
    3. Mescolare la farina passandola al colino ed aggiungere vanillina, lievito e zucchero
    4. lavorare l’impasto insieme alle gocce di cioccolato
    5. fare delle palline e cuocere a 170° per circa 25 minuti.

    Vari tipi di biscotti: Biscotti al cocco

    Vari tipi di biscotti Biscotti al cocco
    Ingredienti:

    • 190 gr farina
    • 50 gr di cocco
    • 70 gr di burro
    • 80 gr zucchero
    • 1 uovo
    • 1 cucchiaino di lievito

    Procedimento:

    1. lavorare il burro, l’uovo e lo zucchero
    2. Versare la farina setacciata con un colino insieme al lievito
    3. Lavorare l’impasto aggiungendo gradualmente la farina di cocco
    4. Fare delle palline ed infornare a 140° per circa un quarto d’ora.

     
     

  • Comune di Butera: le 5 cose da visitare

    Comune di Butera: le 5 cose da visitare

    Comune di Butera è sicuramente una delle città più antiche della Sicilia, sorta per volere di Bute, primo re dei Siculi, che le diede il suo nome. Gode di una posizione ottimale in quanto sorge sopra uno sperone roccioso che domina la sottostante piana di Gela. Nel corso dei secoli divenne uno dei centri più importanti della regione e oggi è una delle mete maggiormente visitate dai flussi turistici.
    Scopriamo quali sono le 5 cose da visitare a Butera.

    Comune di Butera: Castello di Falconara

    Comune di Butera Castello di Falconara
    Si tratta di una delle dimore storiche più suggestive e affascinanti, risalente al XIV secolo e dominata dalla torre centrale. Secondo la tradizione questo edificio fu costruito per rendere più semplice l’allevamento dei falconi da caccia. Oggi rappresenta un luogo di notevole interesse artistico e anche paesaggistico in quanto si trova all’interno di un parco ricco di tipica vegetazione mediterranea.

    Comune di Butera: il centro storico

    Comune di Butera il centro storico
    Il centro storico di Butera è un ulteriore elemento da visitare a Butera in quanto esprime al meglio la lunga tradizione storica della città. Si tratta infatti di un luogo ricco di testimonianze storiche e che richiama nel migliore dei modi il tipico impianto urbanistico del Medioevo. Ne è testimonianza infatti il dedalo di stradine e di sottopassaggi, che richiamano anche la tradizione araba.

    Comune di Butera: Santuario di San Rocco

    Comune di Butera Santuario di San Rocco
    Sono davvero tante le chiese presenti a Butera che raccolgono diverse opere d’arte molto interessanti. Merita sicuramente una menzione particolare il Santuario di San Rocco, edificato nel corso del XVI secolo e intitolato al santo patrono e protettore della città. Inizialmente aveva le dimensioni di una cappella, corrispondente all’attuale navata, ma nel corso degli anni la sua superficie è stata ampliata raggiungendo le attuali dimensioni.

    Chiesa Madre di Butera

    Chiesa Madre di Butera
    Nella parte settentrionale della città sorge la Parrocchia di San Tommaso Apostolo, conosciuta anche con il nome di Chiesa Madre. Edificata nel XII secolo, la chiesa presenta una pianta a croce latina e ad unica navata con copertura a cupola, ottenendo così anche un’interessante rilievo architettonico. Rappresenta sicuramente uno dei luoghi imperdibili di questa cittadina in quanto al suo interno è conservato un rilevante patrimonio artistico come ad esempio una pala risalente al Seicento e che raffigura la Madonna con San Francesco e Santa Margherita.

    I dintorni di Butera

    Anche il territorio circostante il comune di Butera presenta un notevole interesse e vale la pena di visitarlo. Nelle immediate vicinanze della città sono presenti infatti diverse necropoli, risalenti a diverse epoche e di varie taglie, tra le quali meritano di essere menzionate quelle con le tombe a cassa di terracotta di Contrada Ficuzza o quelle a grotticelle di Monte Milingiana.
  • Le catacombe di San Giovanni a Siracusa

    Le catacombe di San Giovanni a Siracusa

    Le Catacombe di San Giovanni Siracua: una perla di Arte Paleocristiana

    Un luogo sotterraneo dall’atmosfera suggestiva, le catacombe di San Giovanni a Siracusa, vi offriranno un’esperienza unica a contatto con il sacro, il lontano, il misterioso. Un viaggio da vivere in silenzio, lontano dal frastuono del mondo esterno, ma tenendo gli occhi ben aperti per percepire la comunione tra mondo dei vivi e mondo dei morti.

    Catacombe di San Giovanni a Siracusa: un viaggio tra storia e arte

    All’attivo in età imperiale e tardo-imperiale, queste catacombe, vengono considerate seconde per importanza e dimensione solo a quelle di Roma. Sono molto famose perchè, secondo la tradizione, in quella che adesso è la cripta di San Marciano, primo vescovo di Siracusa, si sarebbe svolta una predicazione dell’apostolo Paolo alla prima comunità cristiana d’occidente. La costruzione ebbe inizio nel IV secolo (dopo l’editto di Costantino) e segue il percorso di un ex acquedotto greco e le sue cisterne per l’acqua. Nel corso dei secoli, i vari invasori di Siracusa contribuirono al saccheggio delle catacombe e della chiesa che risentirono anche dell’azione distruttiva di diversi terremoti. Nel VI secolo furono abbandonate e riscoperte soltanto nel XVI, mentre nel secolo scorso si ebbe l’avvio degli scavi archeologici condotti magistralmente da Paolo Orsi.
    Sono rintracciabili tre diverse tipologie di sepoltura: la forma, che è la più umile delle tre, è un sepolcro scavato nel pavimento per mancanza di risorse e spazio; il loculo è una cavità rettangolare chiusa mediante lastre in pietra o marmo; l’arcosolio è la tipologia più ricercata ed è costituito da un arco inciso sulla roccia, chiuso da una tabula detta mensa e sormontato da una nicchia arcuata.

    La struttura delle Catacombe

    catacombe di san giovanni siracusa

    Le catacombe presentano una pianta che ricorda molto il castrum romano (un tipico accampamento militare). Possiamo individuare una galleria centrale, chiamata “decumanus maximus” da cui se ne diramano dieci secondarie, le “cardines”: cinque a nord e cinque a sud che portano a quattro rotonde (le ex cisterne per l’acqua). A nord si trova la “rotonda di Antiochia” mentre a sud la “rotonda Marina”, la “rotonda di Adelphia” e la “rotonda dei Sarcofaghi”. A queste si aggiunge un’altra cisterna, piccola e di forma rettangolare, detta “cubicolo di Eusebo”.

    Dove si trovano?

    Questo tesoro di inestimabile valore è custodito con cura nei sotterranei della Basilica intitolata a San Giovanni Evangelista, discepolo di Cristo. Si accede alle catacombe dalle spalle della Basilica, tramite un passaggio scavato nella roccia. La chiesa è una bellezza a cielo aperto da visitare ,quindi, fin nei suoi meandri ed è adiacente al Santuario della Madonna delle lacrime con la sua meravigliosa guglia e al Parco archeologico della Neapolis. Qui è possibile visitare la Cripta dipinta di San Marciano e la Catacomba di San Giovanni.

    La Basilica di San Giovanni e La Cripta di San Marciano

    Basilica di San Giovanni e La Cripta di San Marciano
    Nella basilica è stata fin da subito riconosciuta un’antica cattedrale di Siracusa che si ergeva nella regione delle catacombe dove, come vuole la tradizione, fu sepolto San Marciano. La chiesa è un incontro armonico di elementi provenienti da varie epoche, parla numerosi linguaggi artistici. La costruzione, tuttavia, è bizantina, così come la cripta che si trova a circa cinque metri sotto il livello stradale e risale al VI secolo. Importante fu anche l’intervento dei Normanni nell’ XII secolo che ricostruirono la facciata principale, rovinata da un terremoto. Il loro apporto è visibile anche nella cripta di San Marciano che circondarono di capitelli in marmo raffiguranti gli Evangelisti e decorarono la parete con figure e affreschi che oggi, dopo un lavoro di restaurazione, è possibile ammirare in tutto il loro fascino.
  • A trent’anni dal Terremoto di Santa Lucia

    A trent’anni dal Terremoto di Santa Lucia

    Attività eruttiva in occasione di Santa Lucia

    Nei giorni appena trascorsi i siciliani hanno potuto nuovamente assistere allo spettacolo pirotecnico naturale offerto dal vulcano Etna. Nel tardo pomeriggio di domenica 13 dicembre infatti l’Istituto nazione di Geofisica e Vulcanologia (Osservatorio Etneo) ha riportato un incremento dell’attività stromboliana, che è cresciuta in breve tempo da livelli medi ad alti. L’attività ha interessato principalmente il versante S del cratere di Sud-Est, con ampie fontane di lava visibili a grande distanza – persino dalla Calabria – e forti boati.
    Già nelle ore successive però, stando alle reti di monitoraggio dell’Istituto, l’attività stava scemando. Si sarebbe, insomma, trattato di un evento senza conseguenze straordinarie, che ha permesso però a moltissimi ammiratori de “A Muntagna” di poterne saggiare anche una volta sia la magnificenza sia la possanza. Spettacoli pirotecnici di questo tipo non sono inusuali per il vulcano. Come di sovente, l’attività è stata accompagnata da copiose piogge di “rina”, ovvero pioggia cinerea che ha coperto auto, marciapiedi e strade.
    L’attività eruttiva di domenica è avvenuta nello stesso giorno di un altro evento, la festa di Santa Lucia. Una coincidenza che, se da un lato ha alimentato suggestioni romantiche su eventuali omaggi del vulcano alla Santa, dall’altro ha riportato nel cuore e nella mente dei siciliani il ricordo di un altro, tragico, evento.

    Il terremoto di Santa Lucia

    Era il 13 dicembre del 1990, esattamente trent’anni fa, quando la terrà fu scossa da un terremoto di magnitudine 5.7 secondo gli studiosi dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. Nonostante fosse stato classificato come entità media, il sisma portò via con sé 18 persone, la gran parte residenti nella cittadina di Carlentini. Un terremoto spaventoso, l’ultimo a infliggere un simile tributo a un’isola storicamente martoriata da eventi di questo tipo, e in grado di inghiottire interi palazzi. I danni furono estremamente ingenti, stimati all’indomani della tragedia come oltre 500 miliardi di lire.
    In particolare molta preoccupazione fu legata al polo petrolchimico di Priolo, Melilli e Augusta dove venne operata una riduzione degli stoccaggi e la messa in sicurezza degli impianti per timore di una successiva scossa. Una scossa che arrivò qualche giorno dopo, il 16 dicembre alle 15 circa, ma fu di entità tale da non causare danni eccessivi.
    I disagi maggiori furono tuttavia per gli sfollati: un massa numerosissima di senzatetto, stimati in quasi 12.000, che dovettero fare i conti con numerose sistemazioni di emergenza. Ad appesantire ulteriormente la situazione, le avverse condizioni meteorologiche che imperversarono quell’anno impietose, con 25 giorni di pioggia consecutivi.

    La reazione al terremoto di Santa Lucia

    terremoto di santa lucia
    Come spesso accade in questi casi in Italia, la riposta della politica fu lenta e intempestiva, nonostante le promesse iniziali. Nel marzo del 1991 scoppiarono numerose proteste, che infuocarono prima i territori siracusani e poi quelli catanesi. La protesta, complice ancora una volta la lentezza del sistema burocratico italiano e le sue falle, si protrasse sino all’autunno quando alcuni Municipi delle città più colpite furono occupati in segno di protesta. Ma per vedere effettivamente i primi interventi strutturali e stanziati i primi fondi sufficienti i siciliani, martoriati da questo flagello, dovranno attendere il 1993. Solo allora arrivarono i primi fondi della legge 433/91, che prevedeva una donazione di 3mila e 870 miliardi di lire.
    Ancora nel 2010 questo fondo è stato soggetto a rimodulazione per quanto riguarda i fondi non investiti. Una storia fortemente amara per tutti coloro che hanno a cuore questa terra e che detestano vederla martoriata. Un motivo in più per godere della pace offertaci in questi anni dal nostro amato vulcano e per ricordarci di quale forza siamo dotati noi siciliani, in grado di ricostruire sempre a partire dalle macerie.

  • Comune di Marineo: le 5 cose da visitare

    Comune di Marineo: le 5 cose da visitare

    Uno dei comuni più affascinanti della Sicilia è Marineo, nel cuore della provincia di Palermo, che risulta sovrastato da una rupe molto imponente, la Rocca, conosciuta dagli abitanti del posto anche come Tomba di Polifemo o Dente canino della Sicilia. Molto interessante è anche l’origine del nome del paese dovuto alla sua particolare posizione tra la costa e l’entroterra, in quanto chi proveniva dall’interno arrivati in questo paese vedeva nuovamente il mare.
    Scopriamo insieme quali sono le 5 cose da visitare.

    Comune di Marineo: Chiese e Santuario

    Comune di Marineo Chiese e Santuario

    Il paese ha una notevole tradizione religiosa testimoniata dalle diverse chiese e dal Santuario, molto interessanti anche dal punto di vista architettonico. Il Santuario della Madonna della Dajna è uno degli edifici più interessanti, costruito nel 1600 dai frati minori conventuali e, nel rispecchiare la piena povertà, ha un’architettura molto semplice ma dignitosa al tempo stesso. Al suo interno sono conservate opere di interessante rilievo artistico tra le quali La Pietà.
    Imperdibile è anche la Chiesa Madre di San Ciro, costruita anch’essa nel Seicento e al cui interno sono conservate le spoglie del santo protettore della città.

    Comune di Marineo: Museo Regionale Archeologico

    Comune di Marineo Museo Regionale Archeologico
    All’interno di questo museo, che vale assolutamente la pena di visitare per chi si trova a Marineo, sono conservati diversi reperti ritrovati presso il vicino fiume Eleuterio, una delle vie di collegamento tra l’entroterra e la costa tirrenica settentrionale. Tra i diversi oggetti abbiamo monete, monili, arule, bicchieri, frammenti di anfore.

    La Montagnola di Marineo

    La Montagnola di Marineo
    Non solo bellezze storiche a Marineo ma anche paesaggistiche, come la Montagnola di Marineo che richiama uno dei primi insediamenti urbani cittadini. Particolare è la sua forma che richiama un cono e le pareti e i pendii che sono definiti Precipiti e che permettono di godere di una delle viste migliori sul versante settentrionale dell’isola.

    Le Necropoli

    necropoli di marineo
    La città di Marineo è sede anche di alcune tra le più interessanti necropoli della zona, vantando così un patrimonio davvero unico. Sono affascinanti soprattutto dal punto di vista storico in quanto sono una delle migliori testimonianze dell’epoca medievale. Suggestiva è anche la zona cimiteriale delle necropoli.

    Eventi e manifestazioni

    eventi e manifestazioni marineo
    Durante tutto l’anno la cittadina è sede di diversi eventi e manifestazioni, a partire dalla festa di San Ciro che ha luogo il 31 gennaio, quando le reliquie del patrono cittadino sono portate in processione nella città.
    Nel mese di giugno, in concomitanza con la festa religiosa del Corpus Domini, per le vie cittadine ha luogo la caratteristica infiorata, mentre ad Agosto viene festeggiato nuovamente San Ciro, nella penultima domenica del mese. Oltre alla consueta processione, avviene anche la Dimostranza ossia la rappresentazione della vita del santo.

  • Etna, attività eruttiva in occasione di Santa Lucia

    Etna, attività eruttiva in occasione di Santa Lucia

    Per tutti i siciliani è semplicemente “a muntagna”, per i catanesi una presenza confortante da guardare quando si rientra a casa dopo lungo tempo, una costante del panorama. Ma l’imponente vulcano, il più alto fra gli attivi terrestri della placca euroasiatica, ieri ha deciso di dare nuovamente spettacolo. Così, tutti i suoi ammiratori hanno potuto osservare l’eruzione dell’Etna in tutta la sua magnificenza, e per di più in occasione dei festeggiamenti per Santa Lucia. Un doppio evento che non ha mancato di solleticare suggestioni nel cuore dei siciliani, ma ha anche riportato alla memoria ricordi dolorosi.

    Eruzione Etna, le prime attività già in serata

    L’attività eruttiva dell’Etna è stata prontamente segnalata dall’Istituto nazione di Geofisica e Vulcanologia (Osservatorio Etneo). Le reti di monitoraggio hanno infatti rilevato come intorno alle 19 di domenica pomeriggio vi sia stato un incremento dell’attività stromboliana, che è cresciuta in breve tempo da livelli medi ad alti. Sempre nel comunicato si legge: «contemporanemente si è osservato un incremento dell’attività infrasonica sia nel numero che nell’ampiezza degli eventi e a partire dalle 21.10 si osserva la presenza di tremore infrasonico».
    L’attività ha interessato principalmente il versante S del cratere di Sud-Est, con ampie fontane di lava visibili a grande distanza – persino dalla Calabria – e forti boati. Pur nella sempre necessaria vigilanza che si accompagna a eventi simili, uno spettacolo pirotecnico sempre straordinario, che per di più questa volta si accompagna alle celebrazioni della Santa Lucia. “A Muntagna” ha voluto così stupire ancora una volta i suoi osservatori, regalandogli un momento di rara bellezza.

    Credits to Local Team

    L’eruzione dell’Etna allo stato attuale

    Secondo il comunicato delle 5.30 circa del mattino del 14 dicembre dell’Istituto, l’eruzione andava scemando:  “l’attività esplosiva al cratere di Sud Est è stata d’intensità variabile ed al momento appare nuovamente in decremento. Per ciò che concerne l’attività effusiva, dalle telecamere di sorveglianza sembrerebbe che la colata lavica prodotta dalla fessura di Sud sia inattiva, mentre la colata proveniente dalla fessura di Sud-ovest al momento meno alimentata“.
    La situazione sembrerebbe dunque stare rientrando alla normalità, senza che vi siano particolari segnalazioni da fare. Le autorità competenti continuano a monitorare la situazione per intercettare ogni variazione riconducibile all’eruzione dell’Etna. Intanto, mentre gli appassionati di tutto il mondo possono godere la prova di forza del vulcano, i catanesi si sono svegliati con una “conosciuta sorpresa”, se ci perdonate l’ossimoro.
     

    “Pioggia” di polvere cinerea su Catania e dintorni

    Come accade spesso in tali frangenti infatti Catania si è svegliata sotto una coltre di polvere cinerea, emessa in occasione dell’attività vulcanica dell’Etna. Così, auto, strade, marciapiedi e strade sono stati coperti da questo manto tutt’altro che bianco e decisamente non natalizio, ma spesso altrettanto fastidioso come la neve. In particolare, essendo la polvere ricca di silicio, una delle sue particolarità è di essere vetrosa: questo significa che rimuoverla senza le adeguate precauzioni. In particolare, bisogna prestare attenzione quando il vetro della propria auto è coperto ed evitare di azionare istintivamente i tergicristalli: essi infatti creerebbero attrito su tutta la superficie del vetro, rischiando di graffiarlo. Altro rischio connaturato alla “pioggia” di cenere è quello di scivolare: depositandosi sulle strade esso infatti costituisce un pericolo per i guidatori, in particolare per quelli delle due ruote.
     

    Una coincidenza preziosa, un ricordo amaro.

    I siciliani lo sanno:  mamma Etna ama dare spettacolo e farlo nel modo più pirotecnico che conosce, regalando improvvise esplosioni e suggestive fontane di lava. E permette quasi sempre a tutti di goderne in sicurezza, a patto di rispettare ragionevoli misure. Proprio ieri ricorreva un’altra occasione molto cara ai siciliani, la festa di Santa Lucia: sembrerebbe quasi che anche l’Etna abbia voluto omaggiare la Santa, a modo suo.
    Il ricordo amaro dei siciliani è invece legato alla ricorrenza, occorsa proprio ieri, dei trent’anni dal terremoto di Santa Lucia. In quel caso furono 18 i morti e oltre 10mila gli sfollati in un’ampia zona della Sicilia orientale:  un pensiero inevitabile, per tutti coloro che vivono alle pendici del maestoso vulcano.

  • Scala dei Turchi

    Scala dei Turchi

    Scala dei Turchi Sicilia: Un luogo che prende il nome dalle scorrerie dei temuti pirati saraceni e arabi può, col tempo, diventare un simbolo di bellezza unico nella nostra Italia?
    Sì, e oggi ve ne esporrò le ragioni.

    Scala dei Turchi storia, origine del nome e descrizione

    Si parla della Scala dei Turchi Agrigento, dalla quale in epoca medievale e moderna, gli abitanti della zona potevano vigilare su un Mar Mediterraneo allora infestato da pirati che avevano le loro basi nel Califfato arabo prima e nell’Impero Ottomano poi. Corsari che venivano chiamati convenzionalmente “Turchi”. Questi predoni preferivano infatti attraccare in prossimità della Scala poiché vi trovavano riparo dai venti e da essa potevano attaccare e saccheggiare con tranquillità le coste agrigentine.

    La Scala dei Turchi Spiaggia:

    E’ un’enorme falesia compresa tra due basse spiagge che a prima vista potrebbe ricordare una piramide egizia per via della forma solo che, al contrario di quelle costruzioni africane, è completamente naturale, plasmata dal tempo e dagli agenti atmosferici che hanno agito lungo le coste di Realmonte, in provincia di Agrigento, nel corso delle ere geologiche. Un monumento naturale candido, in quanto formato da un minerale molto diffuso in Sicilia, chiamato marna o “Trubi”, che riflettendo la luce fa risaltare la Scala e le dona una sorta di aria sacra, capace di impressionare e stupire chiunque, sia coloro che la ammirano dalla base, sia coloro che dalla cima della parete rocciosa avranno la fortuna di ammirare il Mar Mediterraneo attraversare lo Stretto di Sicilia.

    Perché visitarla?

    scala dei turchi
    Visitatela perché si tratta di uno dei luoghi più particolari d’Italia, un luogo in cui Storia, Natura e Cultura si incrociano, per donare all’uomo una delle viste più spettacolari d’Italia.
    Oltre alle vicende legate al nome della falesia, il legame del sito con la storia delle civiltà mediterranee si può osservare grazie alla vicinanza ad uno dei siti archeologici più noti e caratteristici della Sicilia, ovvero la Valle dei Templi risalente all’epoca della Magna Grecia.
    Potrete ripercorrere i passi dei tanti personaggi cinematografici e televisivi che hanno camminato sulla costa rocciosa o che si sono accontentati di prendere il sole in una delle due spiaggette che abbracciano la Scala dei Turchi.
    Ve ne sono diversi, ma giusto per fare un esempio, forse il più azzeccato, si può citare il Commissario Montalbano, protagonista dell’omonima serie televisiva basata sui romanzi di Andrea Camilleri.
    Potete portare con voi anche eventuali bambini, dato che le spiagge ai lati della Scala sono molto basse, perciò non avranno problemi.

    Consigli

    Scala dei Turchi come arrivare
    I consigli che vi posso dare sono i seguenti: sarebbe meglio organizzarsi dalla mattina presto, visto il numero non esorbitante di parcheggi. Inoltre, arrivare per primi vi consentirà certamente di godervi la vista in totale pace, sia che vogliate semplicemente osservare questo magico luogo, sia che vogliate scattare delle foto che, sicuramente, faranno un’ottima figura pubblicate online oppure incorniciate e appese in casa vostra, sempre pronte a ricordarvi di questo luogo speciale, questa piramide lucente sullo Stretto di Sicilia.

    Scala dei Turchi come arrivare da Agrigento

    Tempo: 21 minuti
    Km: 15,4 km

    Scala dei Turchi come arrivare da Catania

    Tempo: 2 ore e 20 minuti
    Km: 176 km

    Scala dei Turchi come arrivare da Palermo

    Tempo: 2 ore e 12 minuti
    Km: 145 km

    Scala dei Turchi come arrivare da Messina

    Tempo: 3 ore e 17 minuti
    Km: 272 km

    Scala dei Turchi come arrivare da Trapani

    Tempo: 2 ore e 10 minuti
    Km: 162 km

  • Miniera di Salgemma

    Miniera di Salgemma

    “Incredibile è l’Italia e bisogna andare in Sicilia per capire quanto è incredibile l’Italia” Leonardo Sciascia.
    Con questa citazione del grande scrittore vi introduco ad una delle più spettacolari risorse che la bellissima isola può offrire: La Miniera di salgemma a Realmonte in provincia di Agrigento.

    Miniera di Salgemma a Realmonte

    Non vi è posto in Sicilia che non meriti visita, ogni luogo ha in sè il fascino e la magia che ha il sapore di storia antica. La Sicilia è bedda.
    miniera di salgemma
    Qua siamo in provincia di Agrigento, nella cittadina di Realmonte e ci troviamo di fronte ad una miniera di salgemma che si è formata circa 6 milioni di anni fa ed all’interno della quale ogni giorno vengono estratti quantità di sale per la cucina e per uso industriale, rappresentando così una tra le più importanti fonti di estrazioni di sale presenti nella regione.
    Una distesa bianca che incanta fatta da gallerie bianche come la neve. Un vero spettacolo naturale.
    Il sito si trova vicino la Scala dei Turchi a 200 mt sotto terra, il tappeto che porta direttamente il sale in superficie è davvero lunghissimo, si tratta infatti di un percorso di circa 13000 metri, e non finisce qui, perché vi sono una serie di gallerie per circa dieci chilometri che attireranno la vostra attenzione in maniera impareggiabile.
    E cosa dire delle sculture illuminate ricavate direttamente sulle pareti?
    E’ davvero qualcosa di straordinario e “voi” crederete davvero di trovarvi in un posto da favola.

    La Cattedrale di Sale

    La Cattedrale di Sale
    Ma la ricchezza e la bellezza della Miniera di salgemma non si esaurisce con essa: a 100 mt sotto la superficie e a 30 mt sotto il livello del mare è possibile ammirare qualcosa di unico al mondo: la Cattedrale di sale ricavata scavando dai minatori stessi la roccia salina.
    Un luogo di culto invidiabile che conta circa 800 posti a sedere con un livello altissimo di acustica. Il 4 dicembre di ogni anno si celebra la messa per Santa Barbara protettrice dei minatori.

    Cosa c’è da visitare nella Cattedrale

    Sarete strabiliati, non vi è dubbio, dalla presenza di opere in bassorilievi raffiguranti Santa Barbara e la Sacra Famiglia, o le acquasantiere e tanti altri oggetti religiosi scolpiti dal sale. E’ davvero incredibile constatare quanto la mano dell’uomo sia in grado di fare quando è al cospetto di elementi naturali.
    A 75 metri dalla superficie vi è un Rosone che si è formato dall’incrocio di vari sali creando dei cerchi concentrici di vari colori, come una spirale naturale. Il Tutto vi lascerà senza fiato.
    Perché far tappa a Realmonte se siete in vacanza in Sicilia e vi recate ad Agrigento non potete davvero evitare di raggiungere Realmonte.
    Le miniere di Salgemma si trovano in contrada Scavuzzo, ma del resto sarà difficile non riuscire ad avere da chiunque le informazioni in merito.
    Stiamo davvero parlando di qualcosa di unico al mondo. Miniere antichissime di origine mesozoica che grazie alla abilità dell’uomo sono divenute anche luogo di culto. Uno di quei tesori nascosti proprio sotto i nostri piedi.
    Aha dimenticavo, è necessario prenotarvi per poter effettuare la visita.

  • Comune di Corleone: le 5 cose da visitare

    Comune di Corleone: le 5 cose da visitare

    Uno dei comuni siciliani che presenta il maggior numero di attrattive dal punto di vista turistico ed architettonico è quello di Corleone, che si trova in provincia di Palermo e in mezzo ad una posizione naturale molto favorevole. Scopriamo insieme quali sono le 5 cose da visitare a Corleone.
    I castelli di Corleone
    I castelli di Corleone
    Questo comune si trova, come detto, in una posizione naturale unica, in una conca caratterizzata da rocce calcaree dove si trovano due costruzioni, espressione del trascorrere del tempo: il castello Sottano e quello Soprano. Il primo si trova su un’alta rupe che domina il territorio circostante e che fu costruito con una funzione di difesa; allo stesso modo anche l’altra costruzione si trova in prossimità della rupe e insieme rappresentano uno degli elementi storici più interessanti di Corleone.

    Comune  Corleone: Cascata delle Due Rocche

    Comune Corleone Cascata delle Due Rocche
    Nell’entroterra della cittadina palermitana si trova un luogo che sembra davvero uscito dalle fiabe, la Cascata delle Due Rocche. Sconosciuta a molte persone, la stessa si forma grazie al salto del fiume San Leonardo, una dei principali affluenti del Belice. Il nome deriva dal fatto che la cascata si trova in mezzo a due alte rocche, con un salto relativamente piccolo, circa 4 metri; anche se non è molto grande è comunque caratterizzata da una suggestiva bellezza, diventando una delle mete predilette degli appassionati di fotografia.

    Le chiese di Corleone

    Le chiese di Corleone
    L’anima di questa città ha sicuramente risentito dell’influenza delle diverse dominazioni nel corso dei secoli ma nonostante ciò il paese affonda le sue radici nel Cattolicesimo e a conferma di ciò abbiamo diverse chiese che, oltre all’aspetto religioso, sono interessanti anche dal punto di vista architettonico. Non a caso, Corleone è anche conosciuta come la città dalle cento chiese. Tra queste vale la pena di menzionare la Chiesa Madre con le sue innumerevoli opere d’arte, il Convento dei Cappuccini, il Monastero del Santissimo Salvatore, nonché le Chiese di Sant’Agostino e di San Domenico.

    Corleone: la villa comunale

    Corleone la villa comunale
    All’interno della pianta della città, uno dei luoghi più visitati dai cittadini e dai turisti è dato dalla villa comunale. Rappresenta infatti una delle più grandi dell’intera zona e che si presenta molto ricca della tipica vegetazione mediterranea; il particolare microclima di cui gode la città permette infatti alle piante di germogliare continuamente e di godere della vista di diverse palme.

    Corleone: le tradizioni popolari

    Corleone le tradizioni popolari
    Il paese è ricco di tradizioni popolari e di folclore che si traducono in diversi eventi e manifestazioni che hanno luogo durante tutto l’anno. A partire, ad esempio, dal Carnevale, per arrivare infine alla festa del Corpus Domini che è in voga fin dal lontano 1594.
  • Comune di Capo D’Orlando: le 5 cose da visitare

    Comune di Capo D’Orlando: le 5 cose da visitare

    Capo d’Orlando, oltre ad essere uno dei principali comuni della città metropolitana di Messina, è anche uno dei maggiori centri balneari della costa settentrionale della Sicilia. I motivi sono diversi anche se si possono principalmente ricondurre al fatto che si trova in un’area davvero stupenda di quest’isola, in un’area naturale unica e posizionata proprio di fronte alle Isole Eolie. Tutto ciò rende questa meta perfetta per passare un periodo di vacanze offrendo anche diversi luoghi da visitare.
    Scopriamo insieme i migliori 5 siti da vedere a Capo d’Orlando.

    Capo D’Orlando Cosa Vedere: Borgo San Gregorio

    spiaggia di San Gregorio a Capo DOrlando

    Si tratta di uno dei luoghi più suggestivi da visitare a Capo d’Orlando in quanto è formato da una serie di tipiche casette di pescatori, che forniscono ispirazione a pittori ed artisti; il suo nome è dovuto a Papa Gregorio Magno e proprio questo luogo è stato la fonte di ispirazione di un vero capolavoro della musica italiana, ossia Sapore di Sale di Gino Paoli.
    Per raggiungere il borgo bisogna percorrere il litorale in direzione Messina, seguendo una strada a tratti tortuosa ma che permette di ammirare alcuni scorci naturali di ineguagliabile bellezza nonché un mare trasparente e cristallino.

    Capo D’Orlando Cosa Vedere: Terme di Bagnoli

    Capo DOrlando Cosa Vedere Terme di Bagnoli
    Nei pressi del porto, si trova una stupenda area archeologica, le Terme di Bagnoli dove sono stati scoperti diversi reperti risalenti all’epoca romana. La loro scoperta è relativamente recente in quanto sono state rinvenute solo nel 1987 durante alcuni lavori. Si tratta di una tappa assolutamente imperdibile anche in considerazione del fatto che l’ingresso è totalmente gratuito.

    Capo D’Orlando Cosa Vedere: Castello Bastione

    Capo DOrlando Cosa Vedere Castello Bastione
    Situato in contrada Piscittina, il Castello Bastione conosciuto anche con il nome di Torre del Trappeto è un edificio completamente restaurato e che sorge sui ruderi di una precedente costruzione edificata tra il 1300 e il 1600. Oggi il Castello, che può essere visitato tutto l’anno, è destinato prevalentemente all’organizzazione di manifestazioni artistiche e culturali e, durante la stagione estiva, di diverse rassegne teatrali. Stupendo è il giardino che lo circonda.

    Capo D’Orlando Cosa Vedere: Santuario Maria Santissima

    Capo DOrlando Cosa Vedere Santuario Maria Santissima
    Conosciuto anche con il nome di Santuario della Madonna, sorge sul promontorio che è simbolo della città, in mezzo al complesso del Castello. La sua fondazione risale al 1598 quando San Cono lasciò a due fedeli il piccolo simulacro con la statuetta della Madonna. Rappresenta per i fedeli un luogo assolutamente immancabile da visitare.

    Capo D’Orlando Cosa Vedere: Belvedere

    Capo DOrlando Cosa Vedere Belvedere
    La bellezza di questo tratto di costa non smette di sorprendere e trova una delle sue migliori espressioni lungo il percorso per arrivare al Santuario, dove si può ammirare un magnifico Belvedere. Qui infatti si può vedere un panorama praticamente perfetto sul mare e sulle vicine Isole Eolie.

  • Linguine al pesto di ceci

    Linguine al pesto di ceci

    Linguine al pesto di ceci: pasta italiana e salsa araba, due universi etnici che s’incontrano. Questa sì che è cucina fushion!
    Adoro i miei pesto per la pasta dell’ultimo minuto: ai funghi, agli asparagi, al prezzemolo e aglio (e dalli con queste vongole fuiute, prima o poi ve la posto la ricetta), alle olive e adesso ai ceci. Insomma ce n’è per tutti i gusti.
    Li adoro perché:

    • devo solo praticamente bollire la pasta (ok gli asparagi vanno un po’ rosolati ma è cosa da nulla)
    • sono velocissimi (quindi anche quando sono affollata di cose da scrivere posso prepararmi un’ottima pasta in 3 minuti)
    • sono ottimi con la pasta integrale
    • sono ricchi di nutrienti non alterati dalla cottura

    Insomma una benedizione. Capita dunque che per motivi di salute io debba abbandonare i pomodori e questo significa niente sugo e quindi creo un pesto dal nulla. Essendo fan dell’hummus che ogni tanto preparo a casa, mi son chiesta come si sarebbe sposata questa salsa con la pasta…detto fatto.

    Linguine al pesto di ceci: ingredienti per una persona

    Linguine al pesto di ceci

    • un barattolo di ceci sgocciolati
    • tre cucchiai di acqua di cottura della pasta
    • un pugno di foglie di prezzemolo
    • peperoncino, zafferano, aglio in polvere, paprika
    • olio evo qb
    • due foglie di menta fresca
    • tre foglie di origano fresche
    • 90 gr di linguine

    Linguine al pesto di ceci: procedimento

    1. Mettere a bollire l’acqua per la pasta e quando bolle salarla e buttarvi le linguine.
    2. Frullare i ceci con tre cucchiai di acqua di cottura della pasta, le erbette triturate e le spezie.
    3. Aggiustare di sale ed olio evo
    4. Frullare ancora finché il composto non diventa una crema morbida ed omogenea
    5. Aggiungere un altro filo d’olio evo
    6. Scolare la pasta al dente, eliminando tutta l’acqua e condirla con il pesto di ceci. E’ pronto!

    Il bonus: la salsa di ceci che avanza è ottima da spalmare su del pane croccante abbrustolito con una fetta di prosciutto sopra. Pranzo super veloce e super gustoso.
    Che ve ne pare? Vi è venuta fame?

  • Riserva naturale orientata Bosco della Ficuzza

    Riserva naturale orientata Bosco della Ficuzza

    Riserva naturale orientata Bosco della Ficuzza: tutto quello che bisogna sapere

    L’Italia è un paese ricco di cultura e di paesaggi mozzafiato che vale la pena visitare almeno una volta nella propria vita. Ci sono oggigiorno delle aree che non tutti conoscono e che restano inesplorate alla maggior parte delle persone nonostante siano estremamente affascinanti. Una di queste è senza dubbio la Riserva naturale orientata Bosco della Ficuzza situata in Sicilia. Questo parco naturale si trova precisamente nella città di Palermo e abbraccia diversi comuni come ad esempio Corleone, Marineo e Monreale.

    (altro…)

  • Oggetti con materiale di recupero: la latta

    Oggetti con materiale di recupero: la latta

    Parliamo oggi di oggetti con materiali di recupero, in questo particolare caso la latta.
    Questo argomento di recupero è direttamente connesso all’argomento “come fare meno rifiuti”, ecco riciclare è un buon modo di produrre meno spazzatura, creare cose graziose a costo zero e dare nuova vita a quelli che paiono rifiuti.
    Come m’è venuta quest’idea? Ho visto un bellissimo porta penne shabby chic ed ho deciso che me ne sarebbe piaciuto uno simile.
    Naturalmente sarebbe meglio acquistare cibo fresco, ma a volta quando si va di fretta, soprattutto i legumi in barattolo fanno comodo.
    Oggetti con materiale di recupero: gli usi della latta
    latta
    Ecco dunque che vi trovate in casa diversi barattoli di latta, piccoli, grandi o medi che siano…cosa farne?
    Il barattolo di latta medio-grande può essere trasformato in:

    • vasi per piantine aromatiche, da tenere in casa o in balcone
    • porta oggetti, porta penne e porta posate ad esempio
    • lanterne per il giardino o come decorazioni per una festa
    • porta tisane, porta cioccolatini o porta caramelle
    • porta candele
    • porta fiori

    Oggetti con materiale di recupero: i consigli
    Prima di procedere alla lavorazione della latta per creare oggetti con materiale di recupero è necessario lavare bene i barattoli, quindi lisciare il bordo con la carta vetrata per evitare che tagli le mani.
    A questo punto si può dipingere il barattolo di latta e poi decorarlo a seconda dell’uso che se ne deve fare.
    Oggetti con materiale di recupero: i materiali
    Per fare oggetti con materiale di recupero…occorrono i materiali.
    Sbizzarritevi! Lana, carta di riso, carta per decoupage, pizzi, nastri, colori.
    porta vaso in latta
    Se ad esempio avete intenzione di trasformarli in vasetti porta piantine, potrete foderare l’esterno con della carta e poi porvi del terriccio dentro, se invece avete della cera d’avanzo, fondetela, pittura il fuori della lattina (vanno bene anche le lattine di tonno), ponete uno stoppino dentro e versatevi la cera.
    porta caramelle in latta
    Per fare dei porta tisane/caramelle/cioccolatini assicuratevi che l’interno sia smaltato, pitturare, scartavetrate il bordo, quindi decorate l’esterno con lo stile che vi piace e dotate il barattolo di coperchio (non il suo originale perché troppo tagliante).
    lanterna in latta
    Ho parlato anche di lanterne, sono un po’ più laboriose, ma molto carine. Ponete il barattolo pieno d’acqua in freezer, quando l’acqua sarà congelata toglietelo e chiodo e martello disegnate una forma (un cuore ad esempio) facendo dei piccoli buchini uno vicino all’altro. Terminata l’operazione rimuovete il ghiaccio, dipingete la lanterna e ponetevi dentro una candelina.
    Cosa ne pensate di questi oggetti con materiale di recupero?
     

  • Riserva Naturale Orientata Monte Carcaci

    Riserva Naturale Orientata Monte Carcaci

    La Riserva Naturale Orientata Monti Carcaci è un’area protetta, gestita dal Dipartimento Regionale Azienda Foreste Demaniali e istituita con Decreto regionale n. 480 del 25 luglio 1997. Situata a pochi chilometri dai comuni di Prizzi e di Castronovo di Sicilia, nel Palermitano, ha un’estensione complessiva di 1437,87 ettari ed è dominata dal Monte Carcaci (1196 metri) e dal rilievo Pizzo Colobria (1000 metri). Attraversata da numerosi corsi d’acqua e da piccoli stagni temporanei, tipici delle aree pianeggianti, la riserva naturale si contraddistingue per un paesaggio ricco di rocce risalenti all’era Quaternaria.
    Il territorio, caratterizzato da marne e calcari, condiziona sensibilmente la vegetazione nonché il clima. Si distinguono infatti numerosi boschi, ambienti rupestri, arbusteti, praterie, boscaglie naturali. Come in un dipinto olio su tela, le diverse masserie risalenti al XVII-XVIII secolo, con le loro poderose cinte murarie e le solide strutture, sono ormai parte integrante del caratteristico paesaggio.

    La vegetazione della Riserva

    monte carcaci

    La Riserva Naturale Orientata Monte Carcaci conserva orgogliosamente la vegetazione forestale nativa. Il sottobosco è molto ricco e, non a caso, è possibile ammirare un gran numero di alberelli e arbusti tipici del territorio siciliano, come l’Orniello (una variante del Frassino), l’Asparago spinoso, il Perastro, il Biancospino, il Pungitopo, il Leccio, l’Acero campestre o il Sorbo. La riserva, inoltre, è dominata da siepi di Rosa canina, di Caprifoglio mediterraneo, di Rovo comune e da alberi d’alto fusto come i Cipressi, i Pini, il Pioppo nero, l’Eucalipto, il Salice dorato e quello bianco. Lungo i corsi d’acqua fanno la loro comparsa le Lingue d’acqua e la Mestolaccia comune.

    La fauna della Riserva

    Gli ambienti della Riserva Naturale Orientata Monte Carcaci ospitano tante specie animali tra cui spiccano il Coniglio selvatico, la Volpe, la Martora e l’Arvicola del Savi (o topo del cardi), un mammifero che per aspetto è molto simile al criceto e che predilige le aree pianeggianti, i campi coltivati e i giardini dal suolo profondo e soffice. Il simpatico animale, infatti, ama scavare lunghe gallerie dalla struttura complessa ed articolata, provviste di diversi ingressi verso l’esterno. Oltre a fornire un riparo sicuro, sono un ottimo nascondiglio dai predatori. Tra gli uccelli compaiono i Merli, i Fringuelli, il Verdone, il Verzellino, lo Scricciolo, il Picchio rosso (specie poco diffusa nelle terre siciliane e che vive sotto le cortecce degli alberi). La riserva è altamente popolata dai rapaci come il Falco lanario, il Falco pellegrino, il Gheppio, la Poiana, lo Sparviere e il Nibbio bruno o acrobata dell’aria. Tra i rettili invece si distinguono la Vipera, il Colubro liscio e il Biacco. Le sorgenti d’acqua costituiscono l’habitat naturale preferito dalla Rana verde e dal Rospo comune.

    Come arrivare alla Riserva Naturale Orientata Monte Carcaci

    Riserva Naturale Orientata

    La Riserva Naturale Orientata Monte Carcaci può essere raggiunta da Palermo attraverso l’autostrada A19 PA-CT, prendendo l’uscita per Villabate. A questo punto, bisogna immettersi nella SS 121, scorrimento veloce Palermo-Agrigento, e percorrerla fino allo svincolo per Lercara Friddi. Imboccare la Strada Statale 188 per Prizzi e a poche decine di metri, superata la Portella San Francesco, prendere la SS 36 bis per Borgo Riena. Sulla sinistra si trova il sentiero per raggiungere la riserva naturale, seguendo le indicazioni per il Demanio Colobria. In ogni caso, il navigatore satellitare è in grado di fornire informazioni chiare per raggiungere la meta.
  • Isola di Salina

    Isola di Salina

    L’isola di Salina consiste nella seconda isola più grande di tutte le isole Eolie, ed è ampiamente conosciute per il suo fascino poetico dato dai suoi panorami naturali e mozzafiato. La sua natura è infatti arricchita e valorizzata dalle varie sorgenti d’acqua dolce, le quali hanno contribuito al rendere più verde la vegetazione. Inoltre, quest’isola è anche famosa per la sua riserva naturale, la quale da sola occupa almeno la metà del territorio: è possibile raggiungerla tramite degli appositi itinerari naturalistici, appositi per chi rimane affascinato da un simile panorama naturalistico e che desidera affacciarsi alle isole vicine. L’isola in questione risulta inoltre autonoma rispetto al resto dell’arcipelago, ed è caratterizzata da tre comuni: Leni, Malfa e Santa Marina. Quest’ultima è il porto turistico dell’isola, ove possono approdare aliscafi e navi con cui poter raggiungere l’isola.

    Isola di Salina: che cosa visitare

    Salina
    Per godere di una straordinaria vacanza in quest’isola è necessario prendere in considerazione come meta turistica i due monti di Salita, nonché il monte Porri dall’altezza di 860 metri ed il monte Fossa delle Felci dall’altezza di 962 metri, il quale ospita il meraviglioso bosco di Felci. Questi ultimi possono essere raggiunti a piedi e con due ore di camminata attraverso il sentiero maggiormente consigliato, denominato Santuario della Madonna del Terzito. Tutta l’isola è collegata da delle strade rotabili, le quali attraversano colate laviche spettacolari: si consiglia di affittare un automobile o uno scooter, o in alternativa usufruire dell’autobus.

    I tre comuni dell’isola Salina

    Isola di Salina
    Come già anticipato, Santa Marina è una località importante dell’isola Salina in quanto costituisce non solo il porto, ma ospita anche numerose spiagge dai panorami naturalistici mozzafiato, le quali sono fortemente quotate durante l’estate. Inoltre, lo stesso centro storico è particolarmente ricco di vari negozi e di musei, tra cui quello del Vino, ove viene ospitata una produzione ampia di Uva Malvasia e di vigneti vari. Inoltre, si potrà trovare l’apposita chiesa di Santa Marina.
    Superati i due chilometri, è possibile giungere a Lingua ed un lago dall’acqua salmastra, dal quale si poteva ricavare sale in passato. A pochi passi invece, è possibile trovare il museo archeologico e civico dell’isola.
    Il secondo comune che ospita l’isola Salina è Malfa, conosciuto anche come il comune centrale in quanto maggiormente popolato, ove si potrà selezionare tra più hotel disponibili. Questo comune è adagiato su un terrazzo collinare situato a 90 metri sul livello del mare, e per questo motivo risulta il luogo più verde e fresco dell’isola, e gode di una posizione strategica per giungere agli altri punti dell’isola.
    Proprio in questo comune è possibile visitare il museo creato appositamente per la popolazione Eoliana, nonché il Museo dell’Emigrazione. Se però i musei o siti storici non sono delle mete adeguate, è comunque possibile puntare su varie spiagge, come quella di Punta Scario, oppure sul porticciolo Scalo Galera.
    Nell’apposita piazza del comune si potrà anche trovare una chiesa dell’Immacolata e degli ottimi bar e ristoranti.
    Pollara invece costituisce un piccolo paesino che erge da una fossa vulcanica di mezzo cratere, da cui si può ammirare il Faraglione, ossia una piccola porzione di mare. Se si raggiunge Pollara è possibile arrivare al castello, nonché un forte di piccole dimensioni costruito nel corso della prima guerra mondiale, e che oggi detiene la funzionalità di osservare il cono vulcanico. E’ inoltre fortemente consigliata la visita turistica alle Balate, ossia una roccia vulcanica raggiungibile tramite una scala composta da 150 scalini percorribili in 15 minuti dal centro di Pollara. Da quel punto, sarà possibile osservare tutti i magazzini scavati nel tufo ed infine tuffarsi nelle stesse acque cristalline.
    Procedendo verso la stessa direzione si potrà anche ammirare un arco di roccia vulcanica noto come il Perciato, ottima meta per poter osservare il tramonto, noto per essere uno tra i più belli e suggestivi al mondo.
    Inoltre, si consiglia anche la visita a Capo Faro, nonché una piccola zona costituita da una scogliera a strapiombo che si affaccia sul mare ed è sormontata da un faro: da questa località, sarà possibile osservare le coltivazioni di Malvasia.
    Infine, è possibile indicare come finale meta turistica il comune di Leni, situato a circa 2000 metri di altitudine, nota come località piena di vegetazione ricca e dai panorami splendidi.
    Inoltre, nella zona di Valdichiesa è anche possibile trovare il Santuario della Madonna del Terzito, nota meta per i pellegrinaggi nel giorno 23 Luglio: il nome del santuario è dato da una leggenda che narra di come la Madonna sia apparsa in quella chiesa tre volte.
    Da questa località è possibile eseguire delle escursioni e praticare trekking al fine di arrivare al Monte Fosse, per poi proseguire verso Rinella, nonché borgo di pescatori ove si può trovare l’unica spiaggia costituita da sabbia nera, la quale è circondata da varie grotte.

    I siti archeologici da visitare nell’isola Salina

    Nel caso in cui si abbia una particolare passione verso l’archeologia, è possibile scoprire alcuni siti archeologici proprio nell’isola Salina. Tra i vari, sono presenti le Grotte Saracene, ben note per il loro frequente utilizzo da parte dei saraceni nel 650 d.C. Inoltre, si può visitare anche il sito di Portella, nonché un villaggio risalente all’epoca del Bronzo Medio, di eccezionale conservazione e che è situata su una cresta ripida vulcanica, e pertanto percorribile. Infine, se si ama particolarmente la tradizione e, soprattutto, quella di carattere culinario, non si potranno perdere delle novità tipiche dell’isola Salina e delle sue terre, ove vengono coltivati determinati alimenti di ottima qualità e che difficilmente possono essere trovati in altre zone.
  • Paura dei temporali: come affrontarla

    Paura dei temporali: come affrontarla

    Paura dei temporali: come affrontarla?
    Può essere un leggero terrore o una vera e propria fobia, ma di sicuro non è piacevole e può creare non pochi problemi.
    Immaginiamo una situazione tipo: siamo fuori casa, all’improvviso scoppia un temporale, un terrore si impossessa di noi per cui non sappiamo come reagire, quello che vogliamo è un posto sicuro dove non aver paura e che passi più in fretta possibile. Una fobia non è esattamente una semplice paura è più un terrore immotivato ed incontrollabile, scatenato generalmente da traumi.
    La brontofobia, ovvero la paura dei tuoni, può risultare particolarmente fastidiosa ma anche l’astrafobia ovvero la paura dei fulmini.
    La paura del temporale è piuttosto ancestrale, in molti casi è legata ad una sensazione di abbandono o ad un trauma subito da bambini.

    Paura dei temporali: come affrontarla

    paura dei temporali psicologia
    Ecco qualche idea su come affrontare la paura dei temporali:

    1. Informazione: i temporali possono spaventare ma sono abbastanza rari i casi in cui in realtà creano danni. In casa basta scollegare la corrente, non sostare vicino alle finestre e non toccare i rubinetti, fuori casa evitare di ripararsi sotto gli alberi e i pali della luce, se si è in macchina non scendere dall’auto che funge da isolante.
    2. Cercare appoggio: stare vicino ad una persona cara o telefonare a qualcuno aiuta a calmarsi, pensare che si è in casa, protetti ed è soltanto rumore.
    3. Crearsi una zona sicura: in cui potersi rilassare e calmare durante il temporale, ascoltando musica nell’mp3 o leggendo, mangiando snack sotto magari una bella trapunta.
    4. Pensare a qualcosa di positivo: una festa, i lampi come flash di macchine fotografiche ed i fuochi d’artificio.
    5. Usare dei tappi per le orecchie: aiutano ad attutire il rumore.
    6. Andare in psicoterapia: è un modo giusto per affrontare il problema.

    In caso di paura dei temporali ricordarsi sempre di:

    • respirare con calma
    • tenere a portata di mano qualcosa che aiuti a calmarci
    • pensare a cose belle e positive

    Attenzione: chi ha paura dei temporali non deve affrontarli andando fuori o esponendosi ad essi ma soltanto cercare il modo di alleviare l’ansia e sentirsi sicuri.