Il carretto siciliano, è uno dei simboli dell’isola.
Variopinto e folkloristico, il carretto fa parte dell’immaginario collettivo, essendo una particolarità tutta sicula.
Non puoi andare in Sicilia e non vedere i Carretti Siciliani , almeno in forma di modellino. Magari lo hai anche già visto ma non conosci quale sia la sua origine e la sua storia.
Qui potrai leggere come è nato, come si è diffuso e anche come pian piano il suo utilizzo sia venuto meno, sostituito dai mezzi di trasporto e dalla modernità che ha reso il carretto siciliano, un oggetto famoso ma ormai da museo.
La nascita dei Carretti Siciliani
Nato nella metà del 1800, quando con un editto borbonico, le strade, seppur dissestate e malandate, sostituirono le mulattiere, il carretto divenne il mezzo di trasporto per la terra, il frumento e il vino ed era trainato da cavalli. Era in legno, con grandi e alte ruote che dovevano sfidare le strade più impervie; sostituiva quello che fino a quel momento era il mezzo più usato per poter portare carichi pesanti e cioè un primitivo carro senza ruote, una sorta di slitta oppure l’utilizzo di animali da soma che passavano su antiche mulattiere.
Dal momento in cui le strade migliorarono, solo dopo il 1840, con un editto borbonico che elaborò un sistema di viabilità regionale, il carretto con le ruote, divenne ufficialmente il mezzo di trasporto più usato.
Il carrettiere
I carrettieri erano persone che non avevano studiato, avendo dovuto iniziare a lavorare da piccoli, non avevano nemmeno concluso il ciclo di studi elementare, perciò spesso erano analfabeti o quasi.
Molti di loro lavoravano per un commerciante o per il padrone del carretto, non erano molti invece, quelli che potevano permettersene uno di proprietà. Venivano retribuiti per ogni viaggio, mentre quelli più fortunati, venivano pagati a giornata.
Per questo motivo c’è differenza tra chi possedeva un carretto e chi invece lavorava per altri. I proprietari di carretti meno abbienti li coloravano per preservarli dalle intemperie mentre quelli un po’ più ricchi, li facevano decorare a veri e propri pittori.
La sua creazione
Il carretto è costituito da queste parti:
le ruote, la cassa, la parte centrale portante e le stanghe.
I legni usati per la sua costruzione sono: noce, frassino, abete e faggio.
Erano diverse le persone che partecipavano alla
realizzazione del carretto, per questo motivo si può parlare di opera collettiva.
Tra queste si può ricordare
u firraru, cioè il fabbro, che si occupava di realizzare tutte le parti in ferro che costituivano lo scheletro del carretto;
u siddaru, colui che si occupava non solamente di sellare il cavallo ma anche di vestrirlo a festa con ornamenti, pennacchi, campanacci, fiocchi e tutto ciò che contribuiva a renderlo elegante o quanto meno folkloristico;
u ferraschecchi era invece colui che si occupava di ferrare il cavallo;
infine c’erano coloro che si dedicavano alle decorazioni, dei veri e propri intagliatori e pittori che realizzavano perfette raffigurazioni.
Possiamo perciò capire, quanta fosse l’importanza attorno al carretto, che da semplice mezzo di trasporto, si apprestava a diventare attrazione e senza saperlo ancora, simbolo dell’isola.
Per quanto riguarda gli spostamenti, all’epoca erano dei veri e propri viaggi della speranza; si sapeva quando il carretto sarebbe partito ma non si sapeva quando sarebbe arrivato a destinazione. Leggenda o verità vuole che i carradori, ossia i carrettieri, addirittura, prima di mettersi in viaggio confessassero i loro peccati, facessero la comunione e anche testamento.
Da qui, con molta probabilità l’inizio delle decorazioni a tema religioso, presenti nei pannelli dei carretti, per chiedere protezione alla Madonna e ai santi, affinché quel lungo viaggio, compiuto sotto la loro protezione, andasse bene e fosse portato a termine.
Uno dei primi viaggiatori che percorse il Bel Paese e giunse anche in Sicilia, scrisse nei suoi diari di viaggio, nel 1833, che i carretti erano per la maggior parte dipinti di colore azzurro e presentavano raffigurazioni della Vergine Maria e dei santi. Così,
le scene religiose accompagnavano il carretto nel suo lungo viaggio, tra preghiere e canti.
Negli anni a seguire, le rappresentazioni presenti nel carretto iniziarono a diversificarsi; gli intagliatori ed i pittori presero di sicuro spunto dalla
tradizione dei Pupi siciliani, oggi Patrimonio Unesco;
i Pupi, marionette vestite con armatura da cavaliere, sono una tradizione probabilmente spagnola giunta a Napoli ed in Sicilia alla metà dell’800.
Da qui la loro
rappresentazione dei carretti con scene legate alle gesta eroiche dei cavalieri. Possibile trovare scene delle gesta dei Paladini francesi e scene di battaglie realmente combattute.
Così come è possibile trovare scene della
Cavalleria Rusticana, novella che
Verga dedicò alla figura del carrettiere.
Le figure dei carretti avevano probabilmente anche un intento enciclopedico e quindi didascalico. Non è escluso che volessero avvicinare il popolo, all’epoca per la maggior parte analfabeta, alle rappresentazioni bibliche e sacre, che dipingevano in modo perfetto nei pannelli; perciò svolgevano anche una funzione culturale e religiosa.
Ben presto il carretto rappresentava una sintesi di tutto ciò che poteva essere
la cultura mediterranea presente in Sicilia: qualche tratto spagnoleggiante, arabo nei colori e nelle geometrie, turco bizantino e perfino greco nei costumi.
Le
raffigurazioni dei Carretti Siciliani si possono raggruppare in:
♦motivi geometrici come triangoli, cerchi, stelle;
♦fitomorfi come foglie, racemi, frutti;
♦zoomorfi, sia di animali come falchi e cavalli ma anche di animali mitologici;
♦antropomorfi sia umani che mitologici;
♦paesaggistici come vedute, ruderi e scorci;
♦folkloristici come gli stessi carretti e persone in abiti da contadini;
♦storico- cavallereschi come Paladini;
♦religiosi come angeli e puttini;
♦simbolici ed allegorici come stemmi e simboli araldici;
♦fantastici e astronomici come soli e lune dai volti umani.
Il carretto era ovviamente tutto dipinto con colori sgargianti come il rosso, il giallo, l’arancione e l’azzurro, che ricordano il sole, il mare, gli agrumi di Sicilia. Definito dall’importante
scrittore francese Guy de Maupassant, sbarcato a Palermo nel 1885, come un rebus che cammina, per i suoi colori accesi e luminosissimi.
A tante delle scene raffigurate veniva attribuito anche un altro significato e cioè quello di portafortuna e prosperità per la famiglia intera.
Perciò l’aspetto religioso si fonde anche con quello scaramantico e apotropaico, conferendo, alla figura del carretto stesso, tante e differenti valenze.
Ogni parte del carretto era colorata nei minimi particolari, senza mai lasciare uno spazio vuoto, quasi una sorta di paura per il non colorato e intarsiato. Pensiamo anche alla maestria che doveva avere chi intagliava il legno, chi lo decorava e lo dipingeva. Erano dei veri e propri artisti e questi carretti, delle vere e proprie opere d’arte ambulanti.
Gli artisti
Le tecniche pittoriche sono sapientemente utilizzate.
Il decoratore usava tinte naturali o minerali che stendeva su una base di giallo o di bianco per poi aggiungere gli altri colori pennellando in modo omogeneo. L’effetto visivo delle differenti cromie è di sicuro sorprendente ed equilibrato nonostante l’uso di pitture estremamente sgargianti.
Coloro che decorano i carretti sono veri e propri pittori che hanno una loro bottega e non sono poche le scuole che nascono anche per realizzare questo tipo di decorazioni. Il carretto è divenuto talmente importante che lo stesso artista appone la sua firma sul carro stesso, a lavoro ultimato. Oltre al suo nome, viene apposto anche quello del padrone del carro.
La visibilità del carretto
L’esigenza di riempire ogni parte del carretto, inizialmente pare fosse dettata anche da un’altra motivazione e cioè quella di preservare il legno dall’umidità, perciò dipingendolo e decorandolo, in qualche modo lo si difendeva anche dagli agenti atmosferici. Con il passare del tempo, però, quella che era una motivazione iniziale, lascia il posto a quella che sarà la vera spinta che farà diventare il carretto famoso e cioè quella di farsi riconoscere e ottenere visibilità. Il carrettiere è un vero e proprio mestiere ed andare in giro a vendere i propri prodotti ortofrutticoli è il lavoro della vita. Per questo, più caratteristico è il carretto, maggiori sono le occasioni di vendita dei prodotti. Stava nascendo il concetto di pubblicità, legato a quello di spettacolarità e folklore.
Se a queste caratteristiche si aggiungono anche i pennacchi, le urla del carradore, il tintinnio di campanacci e campanelle, la visibilità è assicurata.
I pennacchi e i paramenti
Anche i pennacchi che bardano i cavalli e a loro volta il carro, rappresentano una produzione importante ed è opera di grandi maestri.
Così come i paramenti che li rivestono. Anche per la loro realizzazione, sono necessarie doti di sartoria e confezionamento.
Così nastri, piume colorate, fiocchi e frange di lana, rappresentano un altro elemento decorativo che rende unico il carretto che passa.
Dal carretto all’automobile
Con l’avvento dell’automobile, l’utilizzo del carretto è scomparso quasi del tutto. Esso viene usato in occasione delle feste e sagre paesane, per la pubblicizzazione dei prodotti locali e per fini turistici.
I carrettieri, abbandonato il loro carro a due ruote, lo hanno sostituito con mezzi come il furgoncino o il camion. Molti di essi hanno invece cambiato mestiere, magari andando a lavorare nei campi. Solamente qualcuno di loro ha deciso di continuare a vendere i propri prodotti andando in giro nel paese o fermandosi a bordo strada.
Il carretto ha ceduto il passo anche all’ape o alle vecchie cinquecento Fiat.
La tradizione della loro colorazione è continuata anche se hanno cambiato forma e tipologia di trasporto.
Diverse tipologie di carretto
Oggi, si possono ancora ammirare i carretti rimasti, che hanno solamente funzione ornamentale e storica.
Rimangono comunque importanti le scuole pittoriche della Sicilia Occidentale così come quelle della Sicilia Orientale che hanno contribuito alla diffusione dell’immagine di questo singolare mezzo di trasporto.
Ancora oggi sono famose anche se non tutte più attive.
Coloro che ci tengono ancora tanto, stanno comunque insegnando la loro arte alle generazioni future, perché la decorazione del carretto non muoia e possa essere ancora tramandata e tenuta viva.
Ognuna di queste scuole ha però proprie caratteristiche che la differenzia dalle altre ma accomunate dalla stessa bellezza.
Possiamo distinguere lo stile del carretto di Palermo da quello di Trapani e Castelvetrano, in provincia, così come quello di Catania o di Vittoria.
Ecco alcune caratteristiche salienti dei vari carretti.
Trapanese: ha una struttura più massiccia rispetto agli altri carretti, in quanto presenta sia ruote più alte e più grosse, così come cassa più ampia e fiancate più alte. Tra i colori, prevale il giallo, che ricorda il colore degli agrumi di Sicilia.
Palermitano: è lo stile più diffuso tra i carretti. Presenta i laterali della cassa di forma trapezioidale, mentre l’asse delle ruote è incassato in un travetto di legno. Ha alcune mensole di legno tra la cassa e l’asse.
I colori del carretto palermitano sono blu, rosso e verde, spesso su uno sfondo di giallo.
Castelvetranese: simile come struttura a quello palermitano tranne che per le mensole in legno che sono assenti.
Catanese: più piccolo di dimensioni generali rispetto a quello palermitano, ha gli sportelli laterali rettangolari e come colore prevale il rosso.
Vittoriano: simile a quello catanese ma differente da questo per l’utilizzo di tonalità più scure.
I musei
In queste provincie si possono visitare diversi musei del carretto.
Rappresentano la storia dell’isola e sarà una piacevole esperienza vederli dal vivo ed osservarne i particolari nelle sale espositive.
Si possono ammirare infatti, i più caratteristici esemplari ormai in disuso, diventati dei veri e propri pezzi da museo, fedeli testimoni di un passato che non tornerà ma che ha reso la Sicilia unica anche per questo motivo.Qualche esempio:il Museo di Bronte, ospita più di 300 pezzi tra carretti e calessi, ruote ed ornamenti di cavalli.
Il Museo ad Aci Sant’Antonio, che è considerata la patria del carretto siciliano.
Il museo a Palermo, a due passi dalla Cattedrale, in un caratteristico vicolo.
Il museo a Terrasini, che ospita anche una collezione etnografica.
Oggi il carretto è diventato anche un simbolo dei souvenir, tanto che è possibile acquistare sia la riproduzione del modellino in diverse dimensioni, sia a forma di magnete o come stampa nelle megliette.
Addirittura qualche stilista ha usato per le sue collezioni, i vivaci e sgargianti colori e figure del carretto, facendone una moda.
Non mancano anche i collezionisti che acquistano e si scambiano le tipologie di carretto che sono costruite in diversi materiali, non solamente legno ma anche, per esempio, in ceramica, in resina, persino in cartapesta.
I prezzi sono variabili. Da un minimo di 8 euro anche ad un massimo di 250 euro per quelli realizzati in materiali più pregiati.
C’è davvero l’imbarazzo della scelta e sarà facile acquistare un carretto come ricordo dell’isola.
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