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  • Ricetta Gamberi con la “conza”

    Ricetta Gamberi con la “conza”

    Premessa
    Per tutti coloro che amano pregustare le prelibatezze culinarie siciliane, ecco una tipica ricetta di questa meravigliosa isola da poter preparare direttamente nelle vostre dimore: i gamberi con la “conza”.

    Quali sono gli ingredienti ed altri dettagli

    Per la preparazione di questa buonissima pietanza bisognerà prima di tutto prendere tutto ciò che servirà per l’intero procedimento.
    “500 g di gamberi”
    “70 g di olio di oliva”
    Metà bicchiere di “vino bianco”
    Poi serviranno pure una “cipollina, del prezzemolo, aglio, sale e peperoncino”.
    Questo è il necessario per eseguire la “salsa”.
    Ora vediamo cosa servirà per preparare invece la “conza”:
    “100 g di mandorle” a pezzettini
    “100 g di pane grattugiato”
    “1 cucchiaio di parmigiano grattugiato”
    “Prezzemolo, olio e sale”.
    L’esecuzione della ricetta è semplice e per prepararla ci vorrà circa una quindicina di minuti.
    Mentre per la cottura una quarantina di minuti.

    Come si preparano i “gamberi con la conza”

    Gamberi
    Si inizierà elaborando la “salsa” andando a riporre in un tegame prima l’olio e poi il misto di “aglio, peperoncino, cipolla e prezzemolo”.
    Dopodiché si andranno ad aggiungere i “gamberi” ed il “vino” stando bene attenti a farlo evaporare completamente.
    Dopo un lasso di tempo alquanto breve la vostra “salsa” sarà pronta.
    Pertanto potrete dedicarvi alla preparazione della “conza“:
    in una “padella” che non fa aderire il cibo si dovrà versare l’”olio” e dopo scaldato pure tutti gli altri elementi necessari per realizzare la “conza”.
    Fino a quando non avverrà la cottura totale si dovrà stare molto attenti a girare spesso il tutto con un “cucchiaio di legno” in modo tale da non far verificare delle sgradevoli bruciature.
    Una volta ottenuta una tonalità sul dorato, allora potrete dire che è pronto.
    Questa ottima portata si potrà gustare con i “gamberi sgusciati” oppure associata alla “pasta”.
    Potrete così assaporare uno dei piatti più caratteristici della classica cucina “siciliana” che riuscirà sicuramente ad appagare completamente pure i palati più esigenti.

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  • Le 5 migliori paninerie a Catania

    Le 5 migliori paninerie a Catania

    Come si suol dire, l’appetito vien mangiando, e con la pietanza street food per antonomasia, il panino, ti verrà ancora più fame, soprattutto se ti troverai a Catania.

    Cenni storici

    Si hanno le prime notizie del panino addirittura in epoca Romana, dove il Panis ac perna (panino e prosciutto), era uno dei cibi di cui andavano più ghiotti gli antichi Romani.
    Per tornare ai giorni nostri invece, che tu voglia un panino semplice e tradizionale, o uno più ricercato ed innovativo, qualsiasi sia la tua miglior variante, a Catania la troverai.
    Di per sè, il panino è una dei cibi meno laboriosi da preparare: una buona carne, delle buone verdure, del buon pane. Ma le combinazioni ottenibili con questi ed altri ingredienti sono davvero pressoché infinite, ed avrai solamente l’imbarazzo della scelta.

    Vediamo insieme le migliori cinque paninerie a Catania

    • FUD – Bottega sicula: la prima raccomandazione che potrò farti sarà quella di non lasciarti intimorire dalla folla di persone che troverai davanti a FUD (se c’è folla significa che il panino è buono!). Una volta che sarai riuscito a entrare, i tuoi sforzi saranno stati ripagati.
    Ubicata nel vicolo Santa Filomena, trova nell’offerta gastronomica buona ed economica il suo punto forte.
    Un classico che non potrai non provare? L’hamburger Americano!
    Via santa Filomena, 35 – tel. 095 715 3518
    panineria catania

    • CAFFE’ CURTIGGHIU: in prossimita di FUD, quindi sempre al vicolo Filomena, potrai trovare il CAFFE’ CURTIGGHIU. Punto forte? L’hamburger con il pane fresco fatto in casa, del saporito bacon croccante e cheddar, il tutto contornato da squisiti anelli di cipolla sempre fatti in casa e patatine fritte. Di questo saporitissimo hamburger esiste anche la variante Romana con guanciale e pecorino: una delizia per il palato.
    Via santa Filomena,43 – tel. 329 221 8331
    • 7EVEN FUSION FOOD: pochissimi posti a sedere, quindi il vero mordi e fuggi (oppure prendi e porta a casa!). Un panino chiamato XXL (un nome, un programma) è il suo punto forte, talmente forte che se riuscirai a finirlo in 45 minuti, offrirà la casa!
    Via musumeci, 76 – tel. 095 093 3780

     OFFICINA DEL GUSTO: più esterna al centro città, quindi più tranquilla e riposante, questa panineria potrà farti godere di una serata con un’atmosfera rilassante da passare con gli amici. Una particolarità: avrai un benvenuto particolare, con crostini e bollicine.
    Assolutamente da provare l’Hamburger Scomposto, con 280 gr. di carne, formaggio fuso, bacon, cipolle caramellate e contorno di insalata mista e patate al forno. Imperdibile.
    Corso delle provincie, 99 – tel. 095 818 8512
    • IL TUBO: senza fronzoli particolari, rimane uno dei luoghi di incontro storici dei Catanesi. A metà strada tra un pub e una trattoria, è il giusto compromesso per gustare dell’ottima cucina casereccia senza però pagare molto, con l’aggiunta di essere davvero a due passi dal centro. Qualità e servizio impeccabile e cortese.
    Via dei musumeci, 96 – tel. 348 968 9090Ovviamente dovrai tenere presente che queste non sono le uniche paninerie presenti a Catania, ma se vorrai fare un tour delle migliori, queste cinque non potrai non provarle: sarebbe un crimine!

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  • Ricetta Frittedda Siciliana

    Ricetta Frittedda Siciliana

    Frittedda siciliana: di cosa si tratta?

    Ti sarà sicuramente capitato di sentir parlare della frittedda, un piatto tipico della cucina locale siciliana. Vale la pena ricordare che si tratta di un contorno di questa zona d’Italia che offre la possibilità di assaporarne i gusti più prelibati. Può essere servito anche come un buon antipasto con carciofi, piselli e fave cucinati in umido e che possono essere arricchiti di zucchero e aceto. Va considerato in ogni caso che la frittedda può essere servita sia fredda che in umido.

    Gli ingredienti da usare per la frittedda

    Quando si parla di frittedda tipica della Sicilia è bene considerare alcuni ingredienti fondamentali. Partendo innanzitutto da 450 grammi di fave sgranate e 250 grammi di piselli. A questi vanno aggiunti 4 carciofi, una cipolla piccola, zucchero, limone, noce moscata, menta, aceto di vinto bianco, olio extravergine d’oliva, sale e pepe. In totale ci vogliono un’ora e venti minuti e il livello della ricetta non è assolutamente proibitivo. Va considerato anche che le quantità sono riferite a 3-4 persone indicativamente.

    La preparazione della frittedda siciliana

    Il primo passaggio che dovrai seguire prevede l’utilizzo dei carciofi: essi vanno mondati e messi a bagno in acqua e limone. Poi va affettata la cipolla e messa a rosolare prima di aggiungere al mix di gambi e carciofi, fave e piselli che contribuiranno al sapore. Così si potrà sia salare che pepare il tutto unendo con acqua calda e noce moscata. Al termine potrai insaporire con della menta tritata, zucchero e 2 cucchiai d’aceto.
  • Coca Cola investe sulla Sicilia: in arrivo la Fanta con arance Igp

    Coca Cola investe sulla Sicilia: in arrivo la Fanta con arance Igp

    Premessa
    Tutti conosciamo la famosissima bibita della “Fanta” e da oggi offrirà alla sua vastissima clientela una novità estremamente interessante: una deliziosa ed accattivante “aranciata” che avrà i meravigliosi profumi della splendida “Sicilia” con le sue arance Igp.
    Difatti da poco è nata la nuova bevanda composta dal succo della tipica arancia siciliana “Arance lgp”.

    Caratteristiche generali della nuova “Fanta con arance lgp”

    Questa notissima azienda ha voluto investire sul famoso frutto “siciliano” creando addirittura una “bibita” composta col “20%” da questo tipo di “arancia“.
    Questa vantaggiosa cooperazione è stata accolta con enorme approvazione e positività da parte del “Consorzio” che si occupa di tutelare questi buonissimi “agrumi siciliani“.
    Anche perché rappresenterà un considerevole incremento per quanto concerne la riproduzione ed una ulteriore valorizzazione di questo bellissimo territorio italiano.
    Il potente “brand Coca Cola” stavolta ha desiderato omaggiare il nostro “Paese”, ancor più visto che da ormai parecchi anni ha ricevuto dall’Italia un enorme riscontro di consumo delle sue “bibite”.
    arance siciliane
    Ma pure per un altro motivo fondamentale, visto che la classica e nota “Fanta” è stata creata utilizzando proprio le “arance” del nostro territorio e che è nata nella bellissima città napoletana.
    Inoltre c’è pure da sottolineare che diversi ingredienti appartenenti ad altre “bevande” di questa grandissima azienda hanno origini tipicamente italiane.

    Considerazioni finali

    E’ stato proprio grazie a questa fruttuosa collaborazione che dura da tanti anni che la “Coca Cola” ha imparato ad apprezzare considerevolmente e maggiormente la nostra produzione e “l’Italia” in generale.
    Progettando delle “bibite” nuove che si sono man mano aggiunte ai capostipiti famosissimi dappertutto.
    Novità che certamente riusciranno ad ottenere la stessa ascesa sia nel mondo giovanile, sia in quello più adulto.
    Confermando ancora una volta l’affidabilità di questo marchio.
  • Ricetta Pescestocco alla messinese

    Ricetta Pescestocco alla messinese

    Una delle più antiche ricette siciliana

    Non c’è alcun dubbio che la cucina siciliana sia tra le più deliziose al mondo. Ciò che vale la pena considerare è che uno dei piatti migliori che si possano assaporare in questa isola meravigliosa è il pescestocco alla messinese. Come suggerisce il nome, non può che essere Messina la città principale dove mangiarlo. Molto semplice da preparare: in circa 20 minuti potrai mangiare un piatto davvero assai delizioso e dal sapore unico.

    Quali ingredienti usare per il pesce stocco?

    Per preparare questo piatto serve un chilogrammo di pescestocco ammollato, oltre ad uno di patate e un altro di pomodori San Marzano. Vale la pena considerare tra i prodotti migliori per il pescestocco alla messinese anche una cipolla media, 100 grammi sia di sedano che di cipolle bianche, capperi, peperoncino e sale. La combinazione di questi ingredienti di primo livello permetterà di arrivare ad un piatto che potrà manifestare tutto il suo carattere grintoso e far respirare quell’aria di tradizione che tanto piace ai turisti.

    Il procedimento per il pescestocco alla messinese

    Spezzetta per bene i pomodori e lasciali poi sul fornello per far evaporare i liquidi che essi trattengono. Successivamente dovrai usare un setaccio per i pomodori così da poterne ricavare solo un ottimo sugo. In un tegame di coccio va così fatta scaldare la cipolla a cui in un secondo momento verrà aggiunto il sedano. Portando così in ebollizione basterà aggiungere capperi ed olive, lo stocco tagliato, del peperoncino, le patate e regolando per bene il sale basterà aspettare una decina di minuti.
  • I 5 migliori box da crossfit a Catania

    I 5 migliori box da crossfit a Catania

    Buon giorno caro lettore, se stai leggendo questo articolo e ne sei interessato, vorrà dire che, come me, sei un’ amante della CrossFit.
    Pertanto, qui di seguito illustrerò cinque tra i migliori box da CrossFit a Catania.

    1) CROSSFIT ETNA:

    Iniziamo, uno dei primi box per praticare CrossFit che voglio consigliarti, si trova a Catania in via Giuseppe Patanè.
    Bellissima palestra, ampia e luminosa.
    Attrezzata nel minimo dettaglio.
    Non solo otterrai degli ottimi risultati, grazie allo sport ed all’aiuto del personale cordiale, ma ti divertirai, rendendo lo sport facile come fosse un gioco.Potrai svolgere tranquillamente una lezione di prova, prenotandola.
    Ti basterà telefonare al numero 340 3541672 o recarvi direttamente in sede, per conoscere la palestra ed il personale.Gli orari andranno dalle 8 del mattino alle 20.30c suddividendo le lezioni in due sale, una più grande ed una piccola.

    2)TIGERMOOD CROSSFIT:

    La seconda palestra, che voglio presentarti, caro sportivo, si trova in via lavatoio a Sant’Agata Li Battiati.
    La palestra vanta di uno spazio di circa 400 metri quadri, le sale saranno infatti adatte allo svolgimento delle lezioni, anche con circa venti persone.
    L’obiettivo della Palestra è rendere, tutti, a prescindere dalle vostre iniziali prestazioni fisiche, degli ottimi fitcrosser.
    L’attenzione principale verterà sull’apprendimento del corretto movimento da effettuare, in modo tale da non sollecitare scorrettamente le articolazioni.
    Se interessati, ogni giovedì, recandovi in palestra potrete effettuare una prova gratuita.
    La palestra è inoltre fornita di un’ampio Spazio esterno attrezzato, utile ad i tuoi futuri allenamenti!

    3)CROSSFIT CATANIA:

    crossfit
    Il terzo box da crossifit, che voglio consigliare è situato in viale felice Fontana a Catania.
    Il Box per il CrossFit si presenta minuziosamente attrezzato, per lo svolgimento della pratica sportiva.
    La sede vanta di una superficie di 540 ma capace di contenere fino a quaranta fitcrosser.
    Qui potrete selezionare il programma più di vostro gradimento come : strongman, weightlifting ed anche gymnastics.
    Inoltre, se vorrai avere delle consulenze riguardanti il cambio ” nutrizione” potrai tranquillamente affidarti agli esperti del mestiere, lì presenti, che non esiteranno un’istante dal venirti in aiuto.La palestra vanta inoltre, il riconoscimento ufficiale di Box Crossft, assegnatogli dall’ente ufficiale Americano.
    Tra il personale potrete inoltre trovare degli ottimi fisioterapisti, e massaggiatori.Per maggiori informazioni, potrai contattarli al numero 328 3098641, o recarti direttamente in sede, dal lunedì al sabato.

    4)Virgin active CATANIA:

    La struttura nasce come villaggio fitness, il cui obiettivo è proprio quello di instradare la gente, che ama lo sport, come te , sulla retta via dello sport, senza arrecare alcuno stress.
    Insomma, potrai allenarti, divertirti , rilassarti, avendo tutto a disposizione, proprio come fossi in un vero villaggio.
    Ma torniamo a noi, il nostro obiettivo è quello di discutere dei migliori box presenti a Catania.
    Qui, alla Virgin, potrai trovare una sala attrezzata allo svolgimento della crossfit.
    Il personale, cordiale, ti aiuterà e seguirà nello svolgimento e nella creazione della scheda più adatta a te.
    Potrai, inoltre, vedere e seguire i tuoi risultati fisici , grazie alla bilancia impedenziometrica con la quale vi peserete il vostro primo giorno.

    5) CROSSFIT LA STALLA:

    box crossfit

    Ultimo, ma non per questo meno importante, si trova situato in via fratelli Mazzaglia.
    Anche qui troverete un’ottimo personale specializzato e competente nel proprio lavoro, che svolge con attenzione e dedizione.
    Un box ampiamente attrezzato, fornito di tutti gli strumenti necessari al tuo allenamento.Potrai contattare la palestra al numero 3496658217 o recarti in palestra dal lunedì al sabato.Spero che l’articolo ti sia piaciuto, che sia stato soprattutto utile nella scelta del tuo nuovo box ds CrossFit!
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  • Inaugura il nuovo punto Store Lube Misterbianco

    Inaugura il nuovo punto Store Lube Misterbianco

    Nuova apertura STORE LUBE MISTERBIANCO:

    Il gruppo LUBE ha inaugurato un nuovo punto Store a Misterbianco (CT) giovedì 9 Maggio, rafforzando così la sua presenza sul territorio siciliano.
    Si tratta del più grande show room della Sicilia dedicato a LUBE, l’azienda numero in Italia che si occupa della progettazione e dell’installazione di cucine. Per festeggiare la crescita del Gruppo sono state previste delle esclusive ed imperdibili promozioni per tutti i clienti fino a domenica 12 maggio.

    Store Lube Misterbianco: la qualità è la garanzia della Lube.

    All’interno dello show room offre una vasta gamma di cucine classiche e moderne componibili su misura e prodotti di arredamento di alta qualità e dal miglior rapporto qualità-prezzo.
    12 prestigiosi modelli di cucine LUBE sono esposti su 400 mq.
    Tra questi fantastici modelli troviamo la nuovissima cucina che si adatta benissimo ad ogni vostra esigenza: la favolosa Immagina Plus, che è pienamente al passo con i trend odierni e dotata di funzionali accessori tecnologici; la dinamica cucina moderna Luna che riesce a rivoluzionare completamente il vostro spazio cucina adattandolo ad ogni vostra esigenza e rendendolo pienamente funzionale ed altre straordinarie cucine come Oltre e Clover.

    I servizi dello Store:

    I consulenti della Lube saranno sempre pronti a seguirvi e ad accompagnarvi nella scelta, nella progettazione e nell’arredamento degli ambienti.
    Il loro staff, costituito da addetti qualificati, sarà a vostra completa disposizione per qualsiasi consiglio pratico, garantendo servizi professionali e trovando insieme la migliore combinazione e soluzione per la casa dei vostri sogni, assecondando le tue esigenze e le tue fantasie.
    Prossimamente Lube Store Biancavilla
  • Ricetta Insalata di arance

    Ricetta Insalata di arance

    Un contorno delizioso e molto fresco

    La cucina siciliana è davvero molto ricca sotto tanti aspetti. Anche i contorni si caratterizzano per essere assai saporiti e intensi: uno dei migliori non può che essere l’insalata di arance. Una ricetta elegante e originale ma nel contempo molto semplice da realizzare. L’insalata di arance prevede un gustoso mix di agrumi e olive che si sposano alla perfezione con cipolla rossa e basilico per insaporire il tutto.

    Gli ingredienti da utilizzare per l’insalata di arance

    Servono alcune sostanze in particolare per ottenere un’insalata di arance tipica della Sicilia.
    Partendo da: 1,2 chilogrammi di arance tarocco, a cui aggiungere 100 grammi di olive e 45 di olio extravergine d’oliva. Senza dimenticare 80 grammi di cipolla rossa, 4 foglie di basilico, pepe nero e sale quanto basta. I tempi per la preparazione di questo fresco contorno sono davvero molto ridotti: in 20 minuti si può ottenere un bel piatto di insalata.

    Come prepararla: le istruzioni

    Il primo passaggio da seguire per avere un’insalata che si rispetti è quello di tagliare le cipolle a julienne. Poi pulire per bene le arance finendo per separare tutti gli spicchi che la compongono. In seguito vanno denocciolate le olive in maniera tale da gustare un’insalata che possa essere assai gradevole. Prima di amalgamare il tutto dovrai versare l’olio in un recipiente mescolando con pepe e sale così da dare sapore alla tua insalata. Un piatto dunque semplice da realizzare ma che rispetta a pieno la tradizione siciliana.
  • I 5 migliori asili nido a Catania

    I 5 migliori asili nido a Catania

    La famiglia nella societa’ odierna non si rispecchia più con quella dei nostri genitori, dove il papa’ lavorava e la mamma stava in casa e dedicava il proprio tempo ai figli…
    Ormai anche le donne lavorano e magari anche a tempo pieno, pertanto, hanno bisogno di supporto per i propri figli appoggiandosi già in tenera eta’ a strutture scolastiche come gli asili nido.
    Per cui, già all’eta’ di due anni o alle volte anche meno, si va alla ricerca dell’asili nido per i propri bambini.
    In questo articolo, ci concentreremo a Catania, alla ricerca di strutture da consigliare, per la qualita’ dei servizi e per l’esperienza maturata negli anni di attività.

    Asilo Nido a Catania: Il giardino delle fate

    Il primo sul quale vogliamo dedicare il nostro interesse, e’ Il giardino delle fate, in via Duca degli Abruzzi, 39-41, struttura nata nel 2010, fondata dalle sorelle Scire’, che dopo diversi anni di esperienza come educatrici, decidono di aprire una propria struttura, personalizzandola in modo da non limitarsi ad essere un luogo dove poter lasciare i propri figli al mattino, ma un vero e proprio laboratorio a 360° per fargli cominciare un percorso di crescita prescolastica completa.
    Infatti all’interno della struttura operano dei veri professionisti, che insieme alle educatrici, portano una serie di servizi aggiunti alla struttura. Troveremo infatti la disponibilita’ di logopedista, nutrizionista, psicologa, neurologo, ed anche spettacoli di marionette, che gestiranno dei veri e propri minicorsi per i vostri bambini.

    Asilo Nido a Catania: Istituto Sacro Cuore

    asilo nido

    Il secondo che vi consigliamo, si chiama Istituto Sacro Cuore, sempre in citta’, in via Lago di Nicito, 24, con alle spalle 50 anni di attivita’. Qui verranno accolti i bimbi da 3 mesi fino a 3 anni, che vengono suddivisi in fasce d’eta’ ed indirizzati in attivita’ mirate a sviluppare questa fase di crescita, stimolandoli tra il ludico e l’educativo. Attraverso il gioco, si portera’ il bambino a scoprire le proprie attitudini verso cio’ che piu’ gli piace, fino a portarli pronti alla fase prescolare.

    Asilo Nido a Catania: Paperopoli

    Terza struttura e’ Paperopoli, in viale Mario Rapisardi, 104.
    Qui potrete lasciare i vostri figli dall’eta’ di 6 mesi, fino ai 5 anni.
    Pur essendo una struttura molto piu’ piccola rispetto alle sopra citate, perche’ gestisce al max 30 bambini, segue in maniera particolare e minuziosa, l’attivita’ giornaliera dei bambini.
    Infatti, attraverso il gioco, si portera’ a sviluppare le loro capacita’ verso attivita’ varie, che li portera’ ad un livello di apprendimento globale, in base alle loro fasce di eta’.
    La struttura prevede anche servizi per disabili, ed attivita’ estive per chi ha bisogno anche durante l’estate, di lasciare i propri figli.

    Asilo Nido a Catania: l’Accademia dell’infanzia Wonderful

    accademia dellinfanzia

    Un’ altra struttura interessante e’ l’Accademia dell’infanzia Wonderful, che si trova in via Firenze, 158.
    Anche qui i vostri figli saranno accolti fino all’eta’ di 5 anni.
    All’interno una pedagogista seguira’ i bambini nella fase di apprendimento iniziale del linguaggio, e li guidera’ fino ad un livello idoneo alla loro eta’.
    Gli orari di apertura sono dalle 7:30 alle 14:30 e durante la giornata oltre alle varie attivita’ e’ previsto il pranzo e la nanna.

    Asilo Nido a Catania: Il Piccolo Principe

    Per completare il nostro tour di asili nido, proponiamo una quinta struttura, piu’ ludoteca in realtà, che si chiama Il Piccolo Principe, sita in via Vecchia Ognina, 140. E’ un vero e proprio punto d’incontro per i bambini dai 9 mesi ai 4 anni.
    E’ aperto da settembre a luglio, dalle 9 alle 19, offre servizi di nido, baby parking, giocheria, psicomotricita’.
    All’interno si svolgono attività’ grafiche, pittoriche, prima alfabetizzazione, primo inglese, etc.Ovviamente in una citta’ grande come Catania, esistono tante altre strutture simili, di buona qualita’ e con tanti servizi che stimoleranno l’apprendimento dei vostri figli, oltre a dare un sostegno alle mamme durante le loro giornate lavorative.

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  • Inaugurata la nuova Gelateria Pellegrino

    Inaugurata la nuova Gelateria Pellegrino

    Lo scorso 9 maggio ha finalmente aperto la nuova gelateria Pellegrino.

    Nei nuovi locali della storica cremeria, allegri e luminosi, puoi gustare più di 70 tipi di gelato, tra cui la famosa ricotta alle mandorle. Non può mancare nemmeno il nostro cremoso caffè! E poi i deliziosi semifreddi, cremolati, le granite e le torte gelato.
    …E non solo: la nuova gelateria Pellegrino continua la sua tradizione proponendo ai suoi affezionati clienti i gusti gluten free preparati solo con ingredienti freschissimi, di prima qualità e a chilometro zero.
    Lasciati tentare dalle focaccine fatte da noi ripiene di gelato: passeggiare per la città assaporandone una rende tutto più bello! Se vuoi stare più leggero, prova le deliziose brioches senza zucchero.
    Per le tue feste a tema, le cerimonie, cene e ricorrenze, affidati al nostro servizio catering: puoi scegliere tra brioches dolci, salate, arancini, rustici vegan, pizzette, fritti, finger food e tanto altro ancora. Chiamaci o vieni a trovarci, e il nostro personale, sempre sorridente, ti potrà consigliare il meglio per i tuoi eventi. E poi, puoi fermarti da noi per un pasto veloce ma sempre allegro presso la nostra tavola calda.
    pasticceria catania 1
    Le nostre fragranti specialità dalla pasticceria ti aspettano: la pasta di mandorla al pistacchio, il croccante come si faceva una volta, il gelato al torrone.
    Anche nei nuovi locali, la Gelateria Pellegrino rimane il tuo punto di ritrovo preferito per gli happy hours; vieni con i tuoi amici per l’apericena, a soli 7 euro mangi quello che vuoi! Inoltre, continuano i nostri happy friday che premiano l’amicizia: se venite in due, uno solo paga il cocktail!

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    Info: Piazza Martiri Della Libertà 22 – Catania

  • Il Complesso archeologico del Teatro Greco-Romano e dell’Odeon

    Il Complesso archeologico del Teatro Greco-Romano e dell’Odeon

    Il nostro Paese, è più che risaputo, è un museo a cielo aperto invidiatoci da tutto il mondo. Abbiamo la fortuna di vivere a ridosso di zone che emanano storia e cultura da centinaia, se non migliaia, di anni e il loro fascino resta sempre immutato e pronto ad appagare la curiosità e lo spirito di chi vuole lasciarsene trasportare.
    I siti archeologici italiani, molto spesso e purtroppo, si sviluppano all’interno di contesti urbani che a volte ne deturpano la prospettiva e raramente ne esaltano la bellezza.
    Un meraviglioso esempio di storia e cultura è il complesso archeologico del Teatro Greco-Romano e dell’Odeon di Catania, splendida perla di una regione che conserva importanti reperti delle origini della storia dell’umanità intera.

    Il Teatro Greco-Romano di Catania

    Nel cuore del centro storico di Catania, proprio nei pressi di Piazza Duomo, forse non vi aspettereste mai di poter trovare questo gioiello dell’antichità, un Teatro che si stende sul fianco della collinetta di Montevergine sulla quale sorgevano già anticamente edifici pubblici e privati. Osservandolo nelle strutture giunte fino a noi, si farebbe risalire al II secolo d. C., ma il rinvenimento di resti architettonici anteriori a questo periodo lasciano presupporre che la sua effettiva realizzazione risalga almeno al I secolo d. C.
    Nel complesso, la struttura è giunta fino a noi mostrandoci buona parte della sua magnificenza, è possibile ammirarne la maggior parte della cavea (la gradinata per gli spettatori), alcuni resti della scena, parte dell’orchestra e molti reperti interessanti conservati nel museo adiacente al complesso.
    Ma gran parte di ciò che vediamo è stato portato alla luce grazie a lavori svolti a più riprese nel corso dei secoli che hanno permesso di demolire le strutture moderne, come case costruite a ridosso e dentro la cavea durante lunghi periodi di abbandono del teatro, e di riportare alla luce porzioni del monumento in seguito restaurate.
    Il principale materiale utilizzato per tutta la costruzione del complesso è la pietra lavica, marchio riconoscibile e tipico dell’architettura catanese.
    Teatro Greco Romano di Catania
    La cavea è formata da nove settori affiancati da scalette che, nella parte superiore, conducono ad un ambulacro con porte e finestre. La maggior parte degli spettatori sedeva su gradoni di calcare, a differenza delle personalità più in vista che sedevano nelle prime quattro file inferiori del secondo e del terzo spicchio dove i sedili erano ricoperti di marmo. Anche altre zone del complesso archeologico erano rivestite in marmo, come il pavimento dell’orchestra, ma nell’XI secolo i rivestimenti marmorei vennero abbondantemente prelevati per arricchire la costruzione della Cattedrale della città.
    Il rinvenimento, durante i diversi scavi archeologici, di frammenti di sculture, di colonne e di bassorilievi lasciano immaginare che il Teatro fosse riccamente decorato e abbellito in modo da accogliere le più importanti rappresentazioni e le più influenti personalità dell’epoca.

    L’Odeon di Catania

    Ad ovest del complesso teatrale si trova l’Odeon, una sala coperta con pianta semicircolare simile a quella del Teatro e realizzata in pietra lavica. Questo edificio era destinato ad accogliere rappresentazioni musicali e danzanti, recite oratorie e anche le prove degli spettacoli che si tenevano nell’adiacente Teatro Romano. La sua costruzione è sicuramente successiva a quella del complesso principale, ma non si hanno abbastanza informazioni utili a stabilirne una datazione certa.
    odeon
    Anch’esso è stato, nel corso dei secoli, invaso da costruzioni successive che ne hanno occupato la scena e il muro di fondo, tanto che attualmente esse vengono usate per sostenere i fondali dipinti che vengono realizzati durante le rappresentazioni estive.
    La pianta semicircolare dell’Odeon è costituita da 18 muri che racchiudono 17 vani coperti a volta la cui funzione non è ancora chiara e ai quali si accedeva da aperture ad arco che si aprono sulla facciata. L’orchestra ha il pavimento in marmo e la cavea è divisa in due parti e in discreto stato di conservazione.
    Le aperture ad arco che si susseguono lungo tutta la struttura esterna donano originalità e movimento al complesso, così come l’utilizzo di pietra lavica, marmo e mattoni vivacizzano la costruzione rendendola particolarmente unica nel suo genere.
    Anche questo edificio ha subito, nel corso dei secoli, la privazione di molti dei suoi materiali e decorazioni per contribuire alla costruzione della vicina chiesa di S. Agostino.
  • L’ex Ospedale Vittorio Emanuele di Catania diventerà un Museo

    L’ex Ospedale Vittorio Emanuele di Catania diventerà un Museo

    Il vecchio ospedale Vittorio Emanuele di Catania diventerà davvero un museo?

    Durante la fase della sua chiusura erano state fatte moltissime ipotesi sull’uso che sarebbe stato fatto della vecchia struttura ospedaliera, che pian piano sarà messa in disuso a favore di edifici più moderni come il nuovo ospedale San Marco, o per sfruttare reparti ristrutturati di ospedali già operativi come il reparto di pronto soccorso del policlinico.
    Amiche se c’è una parte del popolo catanese che auspica ancora la ristrutturazione di alcuni reparti e la riattivazione del servizio ospedaliero per la popolazione che vive nei dintorni del Vittorio Emanuele, le idee della creazione di un nuovo polo universitario, o quella di un museo sono tra le possibilità più accreditate degli ultimi tempi.

    Una conferma che arriva dal presidente Musumeci

    A quanto pare il presidente della regione Sicilia Nello Musumeci ha da poco confermato l’idea di un museo che contenga tutta la storia del popolo siciliano e nello specifico dei Catanesi.
    nello musumeci
    Il presidente ha infatti recentemente dichiarato che “L’ospedale Vittorio Emanuele II di Catania diventerà un grande polo museale. Non è detta l’ultima parola, ma abbiamo già avviato una serie di colloqui con l’università e il Comune e riteniamo che quella possa essere la scelta migliore”

    Finalmente un museo della storia Siciliana a Catania

    Questa in effetti era la soluzione più auspicata in quanto Catania ad oggi è priva di una struttura museale che tratti la sua storia e quella dei suoi abitanti in modo attento ed esaustivo.
    E sempre stando alle dichiarazioni di Musumeci, ci si è resi conto che manca del tutto anche una struttura che ponga l’attenzione sul territorio Siciliano in cui Catania sorge, L’Etna e il tema della vulcanologia vanno infatti messi in primo piano quando si vuole parlare della storia di Catania in modo esaustivo.
    Questi potrebbero quindi essere i temi principali del nuovo ipotetico museo di Catania.
  • Difesa Personale a Catania: dal 18 Maggio Idan Abolnik

    Difesa Personale a Catania: dal 18 Maggio Idan Abolnik

    Idan Abolnik: un evento imperdibile

    Se hai iniziato un percorso di formazione finalizzato alla difesa personale e vuoi perfezionarti attraverso l’apprendimento da uno dei massimi professionisti del settore, dal 18 al 26 maggio, nella bellissima città di Catania, hai l’opportunità di imparare direttamente da Idan Abolnik: paracadutista, esperto in sopravvivenza e guardia del corpo del presidente israeliano, ex membro dell’unità antiterrorismo israeliana e istruttore di corpi speciali con la massima qualifica di combattimento per l’IDF, ha fondato il sistema del Kalah Combat ed i suoi stage sono richiesti in tutto il mondo (recentemente è stato in Irlanda e in Sudafrica). Si tratta quindi di un evento imperdibile, che consentirà a tutti i partecipanti di apprendere e praticare una disciplina riservata, più ancora che ad atleti ed esperti combattenti, alle persone potenzialmente più a rischio, come le donne e gli adolescenti.

    Idan Abolnik: Non solo combattimento

    Le arti marziali sono nate principalmente per insegnare a combattere e a difendersi, ma dovresti considerare che al giorno d’oggi gestire uno scontro fisico non ha la stessa valenza che poteva avere in passato e in certi contesti, per esempio nel secolo scorso, quando i confronti erano ritualizzati e spesso caratterizzati da lealtà ed onore. Oggi purtroppo puoi rischiare di imbatterti in situazioni differenti: spesso le aggressioni sono immotivate e imprevedibili, come purtroppo insegnano i vari episodi gratuiti di bullismo, di aggressioni sessuali e violenze fisiche alle donne sempre più frequenti.

    Per questo in un’ottica pratica di autodifesa hanno sempre maggior successo i sistemi di difesa personale, mentre le arti marziali sono più adatte a chi vuole aderire a una disciplina orientale cui si sente legato più per aspetti legati alla sfera interiore che all’efficacia in un combattimento.
    Se pratichi un’arte marziale sei vincolato da un sistema codificato di tecniche e ti alleni affrontando avversari su un ring, seguendo determinate regole e sotto gli occhi di un arbitro. Nella pratica di un sistema di difesa personale invece, sono coinvolti una serie di processi a livello sia mentale che fisico: l’atteggiamento da adottare, il controllo dell’emotività, le strategie di prevenzione delle minacce ed ovviamente le tecniche per contrastare l’aggressione fisica. Non si tratta solo di vincere un combattimento di strada, ma di trovare la soluzione migliore per la propria incolumità. Per questo sono comprese anche soluzioni come la fuga o la persuasione verbale. Se però tu fossi costretto allo scontro fisico, allora l’allenamento cui dovresti sottoporti dovrebbe essere reale e non vincolato da regole o da uno stile. Per questo i sistemi di difesa personale più efficaci sono quelli ispirati alle tecniche elaborate per i più famosi corpi militari d’elite, come il famoso ed efficacissimo Kalah.

    Idan Abolnik: Kalah System

    Idan Abolnik
    Partecipando a questo evento scoprirai come Abolnik abbia perfezionato il Krav Maga, di cui ha una conoscenza approfondita, sulla base della sua esperienza in scenari di guerra e antiterrorismo. Coadiuvato da istruttori altamente specializzati e da lui stesso formati, ha organizzato una serie di sessioni di allenamento in modo da ricreare le situazioni e le dinamiche di vere aggressioni, simulandone lo stesso stress mentale e fisico. Il sistema di Idan Abolnik consente di addestrare chiunque abbia le giuste motivazioni per affrontare i pericoli reali ed è pensato espressamente per essere appreso efficacemente in tempi rapidi. Non richiede necessariamente di aver già praticato arti marziali, non richiede divise o un abbigliamento specifico, non è una disciplina sportiva, ma si tratta di un’occasione unica e accessibile a tutti per imparare dai migliori e per conoscere e confrontarsi con altri praticanti la disciplina della difesa personale.
    Puoi trovare tutte le informazioni utili per partecipare al seguente link:
    Capo Istruttore: Buffo Andrea
    Info: 3313730781
    www.kalahia.it
    https://www.facebook.com/events/1209933579180505/

  • Ricetta Biscottini al sesamo

    Ricetta Biscottini al sesamo

    biscottini al sesamo sono chiamati anche reginelle palermitane e sono dei dolcetti tipici siciliani con i sesamo sulla superficie, da servire principalmente a fine pasto, magari con un vino tipo marsala, malvasia o zibibbo.

    Ingredienti dei Biscotti al Sesamo per circa 10 persone

    • 250 gr di farina tipo 00
    • 100 gr di zucchero
    • 100 gr di burro
    • un uovo
    • un cucchiaio piccolo di miele
    • cucchiaio piccolo raso di lievito per dolci
    • un cucchiaio piccolo di latte
    • una busta di zafferano (in opzione un cucchiaio piccolo di cannella o anche solo vanillina)
    • scorza di limone BIO
    • 100 gr di semi di sesamoProcedimento
    Inizia la preparazione dei biscottini al sesamo con lo zafferano sciolto nel latte e poi grattugia la scorza di limone.
    Prepara quindi la pasta frolla facendo la fontana con lo zucchero, la farina ed il lievito; ora aggiungi lo zafferano nel latte, l’uovo, la scorza di limone, il miele ed il burro ancora freddo e tagliato a pezzettini, oppure utilizza un contenitore molto ampio per impastare tutto con più facilità.
    Impasta ed ottieni un panetto compatto ed omogeneo: avvolgi la tua frolla in un po’ di pellicola e lasciala riposare in frigo per almeno 2 ore.
    Dopo il riposo tagliane un pezzo e realizza un filoncino, schiacciandolo un po’ con il mattarello, e taglialo in segmenti di 5 cm circa.
    Accendi il forno e portalo a 200° e nel frattempo termina la preparazione dei biscottini al sesamo spennellandoli con poco latte, in modo da far aderire bene i semi.
    A mano a mano che li preparerai, disponi i biscotti sulla teglia rivestita con la carta forno; distanziali bene perchè mentre cuociono aumenteranno un po’ di volume.
    La cottura inizierà a 200° ma dopo 10 minuti dovrai abbassarla a 180°, cuocendoli ancora per circa 5 minuti: non dimenticare che i biscotti dovranno risultare ben coloriti.
    Ora aspetta che si siano raffreddati e gusta i biscottini al sesamo insieme al tuo buon vino liquoroso a fine pasto.
  • Fontana dei Sette Canali

    Fontana dei Sette Canali

    Fontana dei Sette Canali di Catania

    Quella dei Sette Canali è la fontana più antica della città di Catania, in Sicilia. Costruita intorno al 1612, sotto il regno di Filippo III di Spagna, è situata nella Piazza Alonzo di Benedetto (molto vicino alla Piazza del Duomo di Catania) all’interno di una volta scavata nelle vecchie fondamenta del Palazzo dei Chierici.
    In passato era l’unica fontana pubblica della città, dalla quale i cittadini attingevano l’acqua per i propri usi e bisogni quotidiani. Le sue acque, ritenute potabili, provenivano dal fiume Amenano che oggi scorre ancora sotto la città.
    La Fontana è stata realizzata utilizzando del pregiatissimo marmo ed i suoi ornamenti sono riconducibili allo stile greco. Nella sua grande vasca rettangolare si riversano, da sette fori, sette getti d’acqua. Il numero sette non è casuale, la fontana si chiama così perché intende ricordare le sette diramazioni del fiume Amenano, prima di sfociare in mare nel golfo di Catania.

    La lapide della Fontana dei Sette Canali

    Sopra la Fontana dei Sette Canali è posta una lapide che riporta un’iscrizione latina. La lapide indica sia i commissionari dell’opera sia il pregevole lavoro che hanno svolto, in particolare quello di restaurare i canali dell’acqua quasi rovinati per la loro antichità. L’iscrizione è oggi, purtroppo, molto sbiadita e quasi illeggibile.
    Oggi l’acqua della fontana non è più potabile e, per evitare spiacevole conseguenze per i turisti che si fermano ad ammirarla, è stata protetta con una massiccia grata in ferro.
  • I famosi Carretti Siciliani

    I famosi Carretti Siciliani

    Il carretto siciliano, è uno dei simboli dell’isola.

    Variopinto e folkloristico, il carretto fa parte dell’immaginario collettivo, essendo una particolarità tutta sicula.
    Non puoi andare in Sicilia e non vedere i Carretti Siciliani , almeno in forma di modellino. Magari lo hai anche già visto ma non conosci quale sia la sua origine e la sua storia.
    Qui potrai leggere come è nato, come si è diffuso e anche come pian piano il suo utilizzo sia venuto meno, sostituito dai mezzi di trasporto e dalla modernità che ha reso il carretto siciliano, un oggetto famoso ma ormai da museo.

    La nascita dei Carretti Siciliani

    Nato nella metà del 1800, quando con un editto borbonico, le strade, seppur dissestate e malandate, sostituirono le mulattiere, il carretto divenne il mezzo di trasporto per la terra, il frumento e il vino ed era trainato da cavalli. Era in legno, con grandi e alte ruote che dovevano sfidare le strade più impervie; sostituiva quello che fino a quel momento era il mezzo più usato per poter portare carichi pesanti e cioè un primitivo carro senza ruote, una sorta di slitta oppure l’utilizzo di animali da soma che passavano su antiche mulattiere.
    Dal momento in cui le strade migliorarono, solo dopo il 1840, con un editto borbonico che elaborò un sistema di viabilità regionale, il carretto con le ruote, divenne ufficialmente il mezzo di trasporto più usato.

    Il carrettiere

    Carretto
    I carrettieri erano persone che non avevano studiato, avendo dovuto iniziare a lavorare da piccoli, non avevano nemmeno concluso il ciclo di studi elementare, perciò spesso erano analfabeti o quasi.
    Molti di loro lavoravano per un commerciante o per il padrone del carretto, non erano molti invece, quelli che potevano permettersene uno di proprietà. Venivano retribuiti per ogni viaggio, mentre quelli più fortunati, venivano pagati a giornata.
    Per questo motivo c’è differenza tra chi possedeva un carretto e chi invece lavorava per altri. I proprietari di carretti meno abbienti li coloravano per preservarli dalle intemperie mentre quelli un po’ più ricchi, li facevano decorare a veri e propri pittori.

    La sua creazione

    Il carretto è costituito da queste parti:
    le ruote, la cassa, la parte centrale portante e le stanghe.
    I legni usati per la sua costruzione sono: noce, frassino, abete e faggio.
    Erano diverse le persone che partecipavano alla realizzazione del carretto, per questo motivo si può parlare di opera collettiva.
    Tra queste si può ricordare u firraru, cioè il fabbro, che si occupava di realizzare tutte le parti in ferro che costituivano lo scheletro del carretto;u siddaru, colui che si occupava non solamente di sellare il cavallo ma anche di vestrirlo a festa con ornamenti, pennacchi, campanacci, fiocchi e tutto ciò che contribuiva a renderlo elegante o quanto meno folkloristico;u ferraschecchi era invece colui che si occupava di ferrare il cavallo;
    infine c’erano coloro che si dedicavano alle decorazioni, dei veri e propri intagliatori e pittori che realizzavano perfette raffigurazioni.
    Possiamo perciò capire, quanta fosse l’importanza attorno al carretto, che da semplice mezzo di trasporto, si apprestava a diventare attrazione e senza saperlo ancora, simbolo dell’isola.
    Per quanto riguarda gli spostamenti, all’epoca erano dei veri e propri viaggi della speranza; si sapeva quando il carretto sarebbe partito ma non si sapeva quando sarebbe arrivato a destinazione. Leggenda o verità vuole che i carradori, ossia i carrettieri, addirittura, prima di mettersi in viaggio confessassero i loro peccati, facessero la comunione e anche testamento.
    Da qui, con molta probabilità l’inizio delle decorazioni a tema religioso, presenti nei pannelli dei carretti, per chiedere protezione alla Madonna e ai santi, affinché quel lungo viaggio, compiuto sotto la loro protezione, andasse bene e fosse portato a termine.
    Uno dei primi viaggiatori che percorse il Bel Paese e giunse anche in Sicilia, scrisse nei suoi diari di viaggio, nel 1833, che i carretti erano per la maggior parte dipinti di colore azzurro e presentavano raffigurazioni della Vergine Maria e dei santi. Così, le scene religiose accompagnavano il carretto nel suo lungo viaggio, tra preghiere e canti.
    Negli anni a seguire, le rappresentazioni presenti nel carretto iniziarono a diversificarsi; gli intagliatori ed i pittori presero di sicuro spunto dalla tradizione dei Pupi siciliani, oggi Patrimonio Unesco;
    raffigurazioni nei carretti siciliani
    i Pupi, marionette vestite con armatura da cavaliere, sono una tradizione probabilmente spagnola giunta a Napoli ed in Sicilia alla metà dell’800.
    Da qui la loro rappresentazione dei carretti con scene legate alle gesta eroiche dei cavalieri. Possibile trovare scene delle gesta dei Paladini francesi e scene di battaglie realmente combattute.
    Così come è possibile trovare scene della Cavalleria Rusticana, novella che Verga dedicò alla figura del carrettiere.
    Le figure dei carretti avevano probabilmente anche un intento enciclopedico e quindi didascalico. Non è escluso che volessero avvicinare il popolo, all’epoca per la maggior parte analfabeta, alle rappresentazioni bibliche e sacre, che dipingevano in modo perfetto nei pannelli; perciò svolgevano anche una funzione culturale e religiosa.
    Ben presto il carretto rappresentava una sintesi di tutto ciò che poteva essere la cultura mediterranea presente in Sicilia: qualche tratto spagnoleggiante, arabo nei colori e nelle geometrie, turco bizantino e perfino greco nei costumi.
    Le raffigurazioni dei Carretti Siciliani si possono raggruppare in:
    ♦motivi geometrici come triangoli, cerchi, stelle;
    ♦fitomorfi come foglie, racemi, frutti;
    ♦zoomorfi, sia di animali come falchi e cavalli ma anche di animali mitologici;
    ♦antropomorfi sia umani che mitologici;
    ♦paesaggistici come vedute, ruderi e scorci;
    ♦folkloristici come gli stessi carretti e persone in abiti da contadini;
    ♦storico- cavallereschi come Paladini;
    ♦religiosi come angeli e puttini;
    ♦simbolici ed allegorici come stemmi e simboli araldici;
    ♦fantastici e astronomici come soli e lune dai volti umani.
    Il carretto era ovviamente tutto dipinto con colori sgargianti come il rosso, il giallo, l’arancione e l’azzurro, che ricordano il sole, il mare, gli agrumi di Sicilia. Definito dall’importante scrittore francese Guy de Maupassant, sbarcato a Palermo nel 1885, come un rebus che cammina, per i suoi colori accesi e luminosissimi.
    A tante delle scene raffigurate veniva attribuito anche un altro significato e cioè quello di portafortuna e prosperità per la famiglia intera.
    Perciò l’aspetto religioso si fonde anche con quello scaramantico e apotropaico, conferendo, alla figura del carretto stesso, tante e differenti valenze.
    Ogni parte del carretto era colorata nei minimi particolari, senza mai lasciare uno spazio vuoto, quasi una sorta di paura per il non colorato e intarsiato. Pensiamo anche alla maestria che doveva avere chi intagliava il legno, chi lo decorava e lo dipingeva. Erano dei veri e propri artisti e questi carretti, delle vere e proprie opere d’arte ambulanti.

    Gli artisti

    Carretti siciliani

    Le tecniche pittoriche sono sapientemente utilizzate.
    Il decoratore usava tinte naturali o minerali che stendeva su una base di giallo o di bianco per poi aggiungere gli altri colori pennellando in modo omogeneo. L’effetto visivo delle differenti cromie è di sicuro sorprendente ed equilibrato nonostante l’uso di pitture estremamente sgargianti.
    Coloro che decorano i carretti sono veri e propri pittori che hanno una loro bottega e non sono poche le scuole che nascono anche per realizzare questo tipo di decorazioni. Il carretto è divenuto talmente importante che lo stesso artista appone la sua firma sul carro stesso, a lavoro ultimato. Oltre al suo nome, viene apposto anche quello del padrone del carro.

    La visibilità del carretto

    folklore siciliano
    L’esigenza di riempire ogni parte del carretto, inizialmente pare fosse dettata anche da un’altra motivazione e cioè quella di preservare il legno dall’umidità, perciò dipingendolo e decorandolo, in qualche modo lo si difendeva anche dagli agenti atmosferici. Con il passare del tempo, però, quella che era una motivazione iniziale, lascia il posto a quella che sarà la vera spinta che farà diventare il carretto famoso e cioè quella di farsi riconoscere e ottenere visibilità. Il carrettiere è un vero e proprio mestiere ed andare in giro a vendere i propri prodotti ortofrutticoli è il lavoro della vita. Per questo, più caratteristico è il carretto, maggiori sono le occasioni di vendita dei prodotti. Stava nascendo il concetto di pubblicità, legato a quello di spettacolarità e folklore.
    Se a queste caratteristiche si aggiungono anche i pennacchi, le urla del carradore, il tintinnio di campanacci e campanelle, la visibilità è assicurata.

    I pennacchi e i paramenti

    Anche i pennacchi che bardano i cavalli e a loro volta il carro, rappresentano una produzione importante ed è opera di grandi maestri.
    Così come i paramenti che li rivestono. Anche per la loro realizzazione, sono necessarie doti di sartoria e confezionamento.
    Così nastri, piume colorate, fiocchi e frange di lana, rappresentano un altro elemento decorativo che rende unico il carretto che passa.

    Dal carretto all’automobile

    Con l’avvento dell’automobile, l’utilizzo del carretto è scomparso quasi del tutto. Esso viene usato in occasione delle feste e sagre paesane, per la pubblicizzazione dei prodotti locali e per fini turistici.
    I carrettieri, abbandonato il loro carro a due ruote, lo hanno sostituito con mezzi come il furgoncino o il camion. Molti di essi hanno invece cambiato mestiere, magari andando a lavorare nei campi. Solamente qualcuno di loro ha deciso di continuare a vendere i propri prodotti andando in giro nel paese o fermandosi a bordo strada.
    Il carretto ha ceduto il passo anche all’ape o alle vecchie cinquecento Fiat.
    La tradizione della loro colorazione è continuata anche se hanno cambiato forma e tipologia di trasporto.

    Diverse tipologie di carretto

    tipologie di carretto

    Oggi, si possono ancora ammirare i carretti rimasti, che hanno solamente funzione ornamentale e storica.
    Rimangono comunque importanti le scuole pittoriche della Sicilia Occidentale così come quelle della Sicilia Orientale che hanno contribuito alla diffusione dell’immagine di questo singolare mezzo di trasporto.
    Ancora oggi sono famose anche se non tutte più attive.
    Coloro che ci tengono ancora tanto, stanno comunque insegnando la loro arte alle generazioni future, perché la decorazione del carretto non muoia e possa essere ancora tramandata e tenuta viva.
    Ognuna di queste scuole ha però proprie caratteristiche che la differenzia dalle altre ma accomunate dalla stessa bellezza.
    Possiamo distinguere lo stile del carretto di Palermo da quello di Trapani e Castelvetrano, in provincia, così come quello di Catania o di Vittoria.

    Ecco alcune caratteristiche salienti dei vari carretti.

    Trapanese: ha una struttura più massiccia rispetto agli altri carretti, in quanto presenta sia ruote più alte e più grosse, così come cassa più ampia e fiancate più alte. Tra i colori, prevale il giallo, che ricorda il colore degli agrumi di Sicilia.
    Palermitano: è lo stile più diffuso tra i carretti. Presenta i laterali della cassa di forma trapezioidale, mentre l’asse delle ruote è incassato in un travetto di legno. Ha alcune mensole di legno tra la cassa e l’asse.
    I colori del carretto palermitano sono blu, rosso e verde, spesso su uno sfondo di giallo.
    Castelvetranese: simile come struttura a quello palermitano tranne che per le mensole in legno che sono assenti.
    Catanese: più piccolo di dimensioni generali rispetto a quello palermitano, ha gli sportelli laterali rettangolari e come colore prevale il rosso.
    Vittoriano: simile a quello catanese ma differente da questo per l’utilizzo di tonalità più scure.

    I musei

    In queste provincie si possono visitare diversi musei del carretto.
    Rappresentano la storia dell’isola e sarà una piacevole esperienza vederli dal vivo ed osservarne i particolari nelle sale espositive.
    Si possono ammirare infatti, i più caratteristici esemplari ormai in disuso, diventati dei veri e propri pezzi da museo, fedeli testimoni di un passato che non tornerà ma che ha reso la Sicilia unica anche per questo motivo.Qualche esempio:il Museo di Bronte, ospita più di 300 pezzi tra carretti e calessi, ruote ed ornamenti di cavalli.
    Il Museo ad Aci Sant’Antonio, che è considerata la patria del carretto siciliano.
    Il museo a Palermo, a due passi dalla Cattedrale, in un caratteristico vicolo.
    Il museo a Terrasini, che ospita anche una collezione etnografica.
    Oggi il carretto è diventato anche un simbolo dei souvenir, tanto che è possibile acquistare sia la riproduzione del modellino in diverse dimensioni, sia a forma di magnete o come stampa nelle megliette.
    Addirittura qualche stilista ha usato per le sue collezioni, i vivaci e sgargianti colori e figure del carretto, facendone una moda.
    Non mancano anche i collezionisti che acquistano e si scambiano le tipologie di carretto che sono costruite in diversi materiali, non solamente legno ma anche, per esempio, in ceramica, in resina, persino in cartapesta.
    I prezzi sono variabili. Da un minimo di 8 euro anche ad un massimo di 250 euro per quelli realizzati in materiali più pregiati.
    C’è davvero l’imbarazzo della scelta e sarà facile acquistare un carretto come ricordo dell’isola.

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  • Lidi playa Catania prezzi

    Lidi playa Catania prezzi

    I lidi playa

    Come trascorrere le vacanze estive a Catania
    Già in tantissimi, soprattutto i giovani e le donne, pensano a come trascorrere le vacanze estive.
    Tra le tante possibilità che si profilano per garantire divertimento, gioia, spensieratezza e totale relax vi è sicuramente l’opzione riguardante i lidi balneari.
    Tra i più popolari vi sono i lidi balneari di Catania c.d. “lidi playa” scelti ogni anno da una moltitudine, sempre maggiori di turisti provenienti da tutti Italia.

    Cosa offrono i lidi playa

    Promozione Cabina: Richiedi informazioni e Fissa un Appuntamento
    promozione cabina

    Errore: Modulo di contatto non trovato.

    Tutti i servizi per una vacanza perfetta
    I lidi balneari di Catania, siti nella zona dalla playa, offrono a tutti i loro ospiti la possibilità di trascorrere una vacanza perfetta, all’insegna della leggerezza e del divertimento; i lidi playa sono dotati di tutti i comfort necessari tra cui ristoranti, bar, piscine per grdi e piccini, servizi di animazione, di ristoro, come i bar, e per lo svago come campi da calcio o beach volley.
    Si può aggiungere che all’interno di questi lidi, particolarmente grandi, si può godere del mare, con accesso diretto alla spiaggia, della possibilità di fare delle lunghe camminate, esercizio fisico, tenendosi in forma con la possibilità di divertirsi allo stesso tempo.
    Dopo aver parlato degli elementi caratterizzanti dei lidi playa, è opportuno dire che, tra gli stessi, ve ne sono differenti, tutti similari ma differenti nel prezzo.
    Proprio per tale motivo è corretto tener conto del fattore del prezzo al fine di orientare la scelta dei potenziali clienti.

    I prezzi dei lidi playa di Catania

    Lidi playa Catania

    Il perfetto rapporto qualità- prezzo
    Bisogna comprendere che un soggiorno con pacchetto “all- inclusive” sia per i giovani che per le donne, con famiglia, può raggiungere un prezzo considerevole.
    Chiaramente è comprensibile che il comfort e la possibilità di divertimento possono essere costosi, ma si può anche aggiungere che, vista la tanta varietà di lidi playa presenti in Catania, vi possono essere prezzi differenti, che possono tra l’altro variare anche a seconda della stagione e dei servizi richiesti.
    Tutto ciò permette di comprendere che i servizi offerti dai lidi playa di Catania sono aperti a tutte le categorie di soggetti a prescindere dalla loro condizione economica.
    Ecco perché tutti, sia giovani che le donne, possono decidere di trascorrervi le proprie vacanze.
    I prezzi applicati durante la stagione estiva sono orientati sulle seguenti cifre: l’ingresso dai 4,00 ai 6,00 €, il tesserino per più ingressi intorno ai 40,00 ai 50,00 €, l’ombrellone e la sdraio a partire da 12,00€.
    Come si vede si tratta di prezzo modici che permettono a tutti, dai ragazzi alle donne, passando per interi nuclei familiari di godere delle bella giornate, del sole e dell’acqua del mare in totale relax; ovviamente il prezzo finale varia a seconda del lido scelto e del tipo di servizio in abbonamento che si richiede.
    In ogni caso, data l’eccezionale qualità di tutti i servizi e degli stessi lidi, ci si renderà conto che, chiunque i richieda, avrà un’esperienza fantastica, capace di soddisfare ed esaudire ogni tipo di desiderio al fine di rendere indimenticabile la propria vacanza estiva.
  • Il Palazzo San Demetrio

    Il Palazzo San Demetrio

    Simbolo di rinascita e dell’architettura italiana: proprio per questi motivi tale monumento merita di essere visitato da parte tua qualora tu decidessi di recarti a Catania.

    Il Palazzo San Demetrio e la sua nascita

    Questa struttura, ovvero il Palazzo di San Demetrio, viene realizzato nel 1693 dopo che un terribile terremoto rase al suolo quasi tutta la città siciliana.
    Il barone Eusebio Massa, facendosi carico dell’intera spesa, decise di ordinare la costruzione di questo palazzo in quanto voleva che la città nella quale viveva potesse trovare quello stimolo aggiuntivo in grado di far rinascere la stessa.
    La costruzione venne realizzata in breve tempo e questa, al suo interno, aveva un’epigrafe particolare il cui scopo finale era quello di ricordare ai cittadini quello che era accaduto.
    Il barone stesso volle questo ricordo all’interno del palazzo in quanto lo stesso aveva due significati, ovvero non dimenticare quanto accaduto e allo stesso tempo augurarsi che solamente il meglio potesse accadere per la città di Catania.

    Le tante modifiche del palazzo

    Col corso dei secoli il palazzo San Demetrio a Catania subì diverse modifiche ma mai nello stile architettonico, ovvero quello barocco, che rappresentava l’eccellenza dell’arte italiana.
    San Demetrio catania
    Teatri, nuove stanze e ristrutturazioni varie si susseguirono col passare del tempo: devi sapere che ognuna delle persone che gestiva questo particolare palazzo voleva fare in modo che il proprio segno potesse essere ben presente nello stesso, apportando appunto diverse modifiche utili per assicurare una personalizzazione unica.
    Il palazzo venne ricostruito nuovamente nel 1943: come potrai immaginare la causa che ha portato a tale decisione furono i continui bombardamenti durante il secondo conflitto globale, che rasero nuovamente al suolo Catania e diverse altre città.
    Fortunatamente lo stile del Palazzo venne nuovamente rispettato, cosa che ti permette di ammirarlo in tutto il suo splendore ancora oggi.

    Il Palazzo oggi

    Oggi il Palazzo San Demetrio a Catania rappresenta uno dei luoghi maggiormente importanti da visitare visto che in esso sono presenti documenti, ornamenti e oggetti vari appartenuti ai potenti sovrani di Catania.
    Un tuffo nella storia passata che mette in risalto quanto questa semplice struttura sia stata importante in passato, visto che rappresenta appunto un elemento architettonico di cui la popolazione andava fiera, ma anche nel presente, visto che questo Palazzo è uno dei luoghi di maggior interesse della città e proprio per tale motivo non recarsi ad ammirarlo, sia all’esterno che all’interno con tutte le diverse esposizioni realizzate, rappresenta un grosso errore che non devi commettere.
  • La Fontanina di Sant’Agata

    La Fontanina di Sant’Agata

    L’Italia è piena di storia, ogni città e ogni angolino – anche il più nascosto- celano resti di un passato eterno. Sei curioso di conoscere la cultura di Catania? Continua a leggere, scoprirai le meraviglie della Fontanina di Sant’Agata a Catania.

    La storia della Fontanella di Sant’Agata

    I catanesi la chiamano Fontanella, la Fontanina di Sant’Agata di Catania sembra essere uno dei monumenti più antichi della città, il secondo per esattezza.
    La statua definitivamente collocata nel 1621 è avvolta in un alone di storia, mistero e tradizione popolare: il luogo in cui si trova non sembra proprio essere casuale, la tradizione vuole che proprio dal quel punto partì nel 1040 il corpo della Santa Patrone, le cui spoglie furono trafugate e portate a Costantinopoli dal bizantino Giorgio Maniace.
    La Fontana di SantAgata catania
    La sua collocazione, sembra proprio essere un tributo alla Patrona, quasi a voler dire che negli animi dei catanesi Sant’Agata sia rimasta in quel punto e nessuno l’abbia mai portata via.

    La devozione a Sant’Agata

    Senza dubbio si tratta di uno dei monumenti più sentiti di Catania. La sua forza sembra essersi rafforzata dopo il terremoto che ha colpito duramente la città nel 1693, la statua però ne è rimasta completamente illesa, inspiegabilmente. I catanesi da quel momento di sono sentiti ancor più protetti e sicuri nelle mani della Patrona.
    Se ti trovi a Catania o sei nei paraggi non dimenticare di farle visita, che tua sia credente, devoto o meno è sicuramente una parte di storia ricca di fascino. Inoltre quel velo di mistero che l’avvolge incuriosisce turisti provenienti da ogni luogo.
  • Museo del Costume e della Moda Siciliana a Mirto

    Museo del Costume e della Moda Siciliana a Mirto

    Cos’è il Museo del Costume del Costume e della Moda siciliana

    Il Museo del Costume e della Moda siciliana è situato a Mirto, un piccolo paesino in provincia di Messina. Questo museo racconta la storia della moda dal punto di vista della Sicilia, un luogo dove l’interesse per quest’arte si è espresso in uno stile caratteristico e senza tempo. In Sicilia, la produzione e la lavorazione della seta hanno sempre avuto un ruolo importante per lo sviluppo dell’isola, in passato la maggior parte dei capi veniva importato da paesi come la Francia e, in seguito, venivano modificati e arricchiti di dettagli che richiamavano la cultura del posto. Grazie a questi cambiamenti minimi ma significativi viene dato il via alla moda siciliana. Visitare il museo offre la possibilità di fare un viaggio attraverso secoli di storia, ammirando varie collezioni di abbigliamento e non solo.

    La storia del Museo del Costume e della Moda siciliana

    Il Museo del Costume e della Moda siciliana
    Bisogna retrocedere fino al 1988 per cominciare la storia del museo. In quell’anno l’Amministrazione Comunale di Mirto acquistò Palazzo Cupane, una residenza storica appartenuta, in passato, a molte famiglie nobili locali. La ristrutturazione venne assegnata all’architetto Pippo Mirando che donò la sua intera collezione di abiti storici al museo; in seguito, molte altre serie private vennero donate consacrando la nascita del museo come lo conosciamo oggi. Venne inaugurato nel 1993 e attualmente ospita oltre mille capi tra abbigliamento, accessori (principalmente borse o cappelli) e oggetti dell’epoca come i famosi carretti siciliani; è possibile visionare diversi settori che vanno dall’abbigliamento delle classi più agiate a quelle con minori possibilità economiche. Il museo è suddiviso in settori ed epoche ben definite, sono raccontati oltre tre secoli di storia e ogni settore è descritto minuziosamente con delle schede tecniche facilmente visionabili dai visitatori. C’è la possibilità di soffermarsi sulle camicie rosse dei Garibaldini o sugli abiti da sera risalenti ai primi anni del ventesimo secolo, insomma, un racconto completo ed esaustivo che permette di rivivere alcuni momenti storici dell’isola. Vengono organizzati, inoltre, molti eventi che riguardano il tema della moda storica siciliana, incrementando così le opportunità di aumentare il bagaglio culturale.
    Dove si trova il Museo del Costume e della Moda Siciliana
    Il Museo del Costume e della Moda siciliana è situato a Mirto
    In provincia di Messina si trova Mirto, un piccolo paesino di meno di mille abitanti dove è situato il Palazzo Cupane, sede del museo. Oltre a ospitare il museo, il palazzo, è una residenza degna di essere visitata in quanto testimonianza storica dell’epoca. Il posto è facilmente raggiungibile ed è aperto al pubblico ad orari prestabiliti.
    Il consiglio è di visitarlo qualora si risiedesse nelle vicinanze ma non solo, in un viaggio in Sicilia questa tappa è d’obbligo in quanto rappresenta un tassello importante per conoscere approfonditamente questa magica isola.
    Info Utili:
    Via Cupane, 64, 98070 Mirto ME
    museomirto.it
    0941 919068
    lunedì:09:30–12:30 | martedì: 09:30–12:30 | mercoledì: 09:30–12:30 | giovedì: 09:30–12:30 | venerdì: 09:30–12:30 | sabato: 09:30–12:30,16–19 |domenica: 09:30–12:30, 16–19

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  • Seconda Guerra Mondiale – (1943) Catania

    Seconda Guerra Mondiale – (1943) Catania

    La seconda Guerra Mondiale è stata sicuramente uno degli eventi più tragici del nostro pianeta che ha avuto delle conseguenze dirette sulla popolazione degli stati che ne sono stati coinvolti. Anche la nostra nazione è stato teatro di scontri e occupazioni militari e le principali città italiane hanno dovuto subire diversi effetti. Parleremo di seguito di qual era la situazione nella città siciliana di Catania e in particolare vedremo cosa è successo nel 1943.

    Seconda Guerra Mondiale Catania: La situazione italiana durante la guerra

    Come la maggior parte delle città italiane, anche Catania fu soggetta durante il periodo della seconda guerra mondiale all’occupazione militare da parte delle truppe naziste e fasciste. Nel 1943, però, quando gl eventi iniziarono a cambiare verso la caduta del regime dittatoriale, gli Alleati effettuarono diverse azioni per accelerare la fine del fascismo. Una di queste fu il massiccio sbarco che avvenne in Sicilia nelle prime ore del mattino del 10 luglio 1943 lungo le coste meridionali dell’isola. Nello specifico, le due armate alleate sbarcarono una a ovest di Capo Pachino mentre l’altra est; contemporaneamente vennero eseguiti dei massicci bombardamenti sulle città di Caltanissetta, Siracusa, Porto Empedocle e Palazzolo Acreide. L’invasone siciliana fu il punto d’inizio della Campagna d’Italia per la liberazione della penisola e portò alla caduta del fascismo il 25 luglio con l’arresto di Benito Mussolini e la firma dell’armistizio da parte dell’Italia con le forze alleate anglo-americane. Gli eventi successivi sono ben noti: l’invasione nazista in Italia, la liberazione di Mussolini e il suo ritorno al potere nel settembre dello stesso anno.

    Seconda Guerra Mondiale Catania: La situazione di Catania durante la guerra

    Seconda Guerra Mondiale a Catania
    Anche la città di Catania conobbe le conseguenze dovute al periodo bellico, in particolare con pesanti bombardamenti effettuati nel corso del 1943. Nel mese di aprile di quell’anno uno degli eventi più tragici fu la caduta di due ordigni su Palazzo San Demetrio, uno dei migliori esempi di architettura tardo barocca, diventato poi simbolo della rinascita della città. Il palazzo fu completamente distrutto dagli ordigni, rimanendo in piedi solo tre balconi angolari e sotto le sue macerie persero la vita circa 70 persone. Altro evento tragico avvenne nel successivo mese di luglio, sempre in seguito ai pesanti bombardamenti, con la quasi completa distruzione del teatro Coppola.
    Il malumore iniziò a serpeggiare tra la popolazione e il 3 agosto dello stesso anno, da due paesi limitrofi a Catania, Mascalucia e Pedara, prese vita una rivolta popolare autonoma contro le truppe tedesche, che ormai stavano battendo in ritirata, effettuando un tentativo di liberazione della città.

    Seconda Guerra Mondiale Catania: Una preziosa testimonianza del periodo

    bombardamento su catania
    Tra le testimonianze del periodo difficile di Catania, abbiamo recuperato quella di una donna, ormai ottantenne, che racconta i suoi ricordi di bambina che fuggiva insieme alla sua famiglia non appena suonava l’allarme per i bombardamenti. Questa donna racconta, infatti, come a 8 anni, nel momento in cui suonava l’allarme insieme ai genitori e ai fratelli in pochi istanti raccoglievano quello di cui avevano bisogno e, come altri catanesi, correvano verso le rovine dell’Anfiteatro o ne fossato del Castello Ursino, da molti considerati i ripari più sicuri contro lo scoppio delle bombe lanciate dalle truppe alleate.
    Questa donna racconta come quei momenti, oltre ad essere concitati, erano caratterizzati dalla paura, non solo quella giustificata dei più piccoli ma anche dei più grandi che comprendevano ciò che stava accadendo. Spesso il tempo non era sufficiente per raggiungere i due rifugi sicuri sopra menzionati per cui cercavano riparo lungo le mura del palazzo di Federico di Svevia in piazza.
    Seguivano poi le ore di attesa, per capire se il bombardamento era terminato e ritornare a casa, con la speranza che fosse ancora lì e non distrutta dal bombardamento.
  • Ricetta Rollò con Wusterl

    Ricetta Rollò con Wusterl

    Il rollò con wurstel è una specialità della gastronomia siciliana, che viene realizzato con pasta brioche.

    Puoi servire questa leccornia come antipasto, merenda o durante un pic-nic, visto che l’impasto non si indurisce nemmeno quando è freddo.
    In più, se lo poni all’interno di un contenitore ermetico, si conserva per qualche giorno.
     
    Ricetta per Circa 8 Rollò con Wusterl
    – 300 grammi di farina di tipo 00
    – 200 grammi di farina di Manitoba
    – 250 ml d’acqua
    – 25 grammi di lievito di birra sbriciolato
    – 50 grammi di strutto
    – 40 grammi di zucchero
    – 10 grammi di sale
    – Wurstel (uno per rollò)
    – semi di sesamo
    – tuorlo d’uovo e latte
    Procedimento:
    wurstel
    – Inizia a preparare la pasta brioche: sbriciola il lievito di birra e uniscilo allo strutto, alle due farine e allo zucchero.
    Puoi impastare a mano o utilizzare la planetaria, ma devi aver cura di versare l’acqua a poco a poco finchè non otterrai un impasto omogeneo;
    – Aggiungi gradatamente il sale all’impasto e forma una palla;
    – Spolvera la palla di impasto con poca farina, mettila in una ciotola e incidi la superficie a croce con un coltello;
    – Copri con un canovaccio bagnato e lascia lievitare per 3 ore nel forno spento ma con la luce accesa;
    – Dividi l’impasto in 8 palline e forma dei salsicciotti;
    – Arrotola ogni salsicciotto attorno a un wurstel;
    – Metti i salsicciotti su una teglia per farli lievitare per un’altra ora;
    – Mescola due cucchiai di latte ad un tuorlo d’uovo e spennella la superficie di ogni rollò;
    – Cospargi i rollò con i semi di sesamo e cuoci a 200 gradi per 20-25 minuti;
    – Ora che i rollò sono pronti puoi servirli caldi o tiepidi, a te la scelta!

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  • Ricetta la Mafalda siciliana

    Ricetta la Mafalda siciliana

    Il pane è uno degli alimenti più comuni e più amati, in tutta Italia, soprattutto al Sud. La Mafalda Siciliana, infatti, è un pane originario della bella Sicilia. Hai voglia di saperne di più per farlo a casa? Vediamo come si prepara.

    Ingredienti e tempi per 6 pezzi di Mafalda Siciliana

    Le Mafalde sono dei panini dall’esterno, ricoperto di semi di sesamo, spesso e croccante e dall’interno morbido morbido. La ricetta è semplice e il panino, molto versatile, può essere farcito sia con del dolce che con del salato. Dal basso costo e dalla difficoltà media, le Mafalde richiedono un tempo di preparazione di circa 60 minuti, più 7 ore di lievitazione e mezz’ora di cottura.
    Questo tipo di pane richiede la presenza di una biga, un composto che viene poi aggiunto ad altri ingredienti.
    Per la biga servono:
    • 3 g di lievito secco di birra
    • 100 g di semola di grano duro
    • 70 g di acqua tiepida
    Per l’impasto servono:
    • 250 g di semola di grano duro
    • 150 g di acqua tiepida
    • 1 g di lievito di birra secco
    • 6 g di sale fino
    • semi di sesamoPreparazione
    Dopo aver preparato e fatto riposare la biga bisogna unirla agli altri ingredienti al fine di ottenere un panetto che dovrà lievitare per 7 ore. Data la caratteristica forma della Mafalda, il pane va spennellato con dell’acqua e fatto rotolare nei semi di sesamo. Dopo un’ulteriore ora di lievitazione si mettono nel forno preriscaldato a 230 gradi per 20 minuti con una pentola di acqua bollente sul fondo. Dopo aver tolto la pentola, le Mafalde si fanno cuocere per ulteriori 10 minuti.
  • Il santuario di Tindari

    Il santuario di Tindari

    Il fascino della Sicilia è legato al suo territorio, dove si uniscono scorci paesaggistici incantevoli con un patrimonio storico ed artistico dal valore inestimabile. Molte città recano le memorie di un intenso passato fatto di dominazioni da parte di greci, romani, normanni fino agli arabi.
    Chiese e monasteri impreziosiscono l’isola e tra questi c’è il Santuario di Tindari, il luogo di culto mariano più importante dell’isola dove leggenda e storia si fondono, regalando al visitatore un luogo fortemente suggestivo.

    Alla scoperta Santuario di Tindari

    Per visitare il santuario devi recarti a Tindari, piccola frazione del comune di Patti, nel messinese, sita sulla costa tirrenica a nord della Sicilia e fondata da Dionisio I nel 396 a.C.: lo scorgerai facilmente in quanto il mistico edificio domina il sottostante golfo di Patti da una collina a picco sul mare.
    costa di tindari
    Forse non sai che questo piccolo borgo, che tanto ha ispirato il genio di Salvatore Quasimodo e Andrea Camilleri, è molto noto anche per il suo vino rosso Mamertino DOC, citato persino da Giulio Cesare nel “De Bello Gallico”.
    Per raggiungere la chiesa devi intraprendere una passeggiata in salita che però, a dispetto della fatica, ti regalerà panorami indimenticabili sulle Isole Eolie, sulla città di Milazzo e sui vicini Laghi di Marinello.
    Una volta in cima, eccoti davanti al Santuario di Tindari, nato li dove sorgeva il Tempio di Cerere prima e un antico castello poi. Il nucleo originario dell’edificio, rimasto indenne alle incursioni arabe, affonda le radici al 1500 ma, visto il continuo afflusso di pellegrini, si è pensato di ingrandirlo. La versione che oggi si apre davanti ai tuoi occhi, comprensivo anche degli alloggi che operano nel luogo di culto, è il frutto di un lunghissimo restauro iniziato nel ‘700 e terminato nella metà del ‘900.
    Entrando nel santuario a tre navate resterete affascinati dai marmi policromi, dai mosaici e dalle coloratissime vetrate istoriate dove potrete leggervi le quattro virtù cardinali, le immagine della Vergine che accoglie i pellegrini e quelle della Fede, della Speranza e della Carità.

    La leggendaria Madonna Nera

    A catturare la vostra attenzione sarà però il ricco baldacchino che spicca dorato al centro dell’altare, custode della Madonna Nera che attira da secoli fedeli da tutta l’isola e non solo.
    il santuario
    La statua, risalente presumibilmente al IX secolo, è di origine bizantina e mostra la Vergine seduta con in grembo suo Figlio, Gesù Bambino: osserva il suo volto eccezionalmente allungato in scuro legno di cedro del Libano e la corona portata come se fosse un turbante arricchito di ornamenti dorati; la veste rossa è in parte coperta da una tunica arricchita da stelle dorate.
    Molte sono le leggende che ammantano questa misteriosa statua e la sua ubicazione. Una di queste narra che la scultura fosse stata imbarcata su una nave dall’Oriente per sfuggire alle esecuzioni iconoclaste messe in atto da Leone III Isaurico. Nel corso della navigazione la nave si riparò nella baia di Tindari oggi nota come Marinello ma non riuscì più ad abbandonare l’insenatura se non dopo aver sbarcato tutto il suo carico, compresa la statua della Madonna Nera. La reliquia fu così trasportata in cima al colle dove sorse il santuario dominando la stessa baia sottostante e la spiaggetta, anch’essa legata alla venerazione della Vergine di Tindari.
    Si racconta infatti che una donna si recò al santuario per pregare la Madonna per la guarigione della figlioletta malata; arrivata sul posto rimase perplessa davanti alla statua nera, giudicandola “una schiava negra”. Appena fuori dalla chiesa però la piccola bimba le scivolò dalle braccia cadendo dal precipizio, ma all’improvviso le acque sottostanti si aprirono e la sabbia creò miracolosamente una morbida culla che accolse la piccola salvandole la vita.
  • La storia della Trinacria simbolo della Sicilia

    La storia della Trinacria simbolo della Sicilia

    Non vi è dubbio alcuno che la Sicilia sia una terra, che dal punto di vista archeologico, accoglie vestigia tali da essere in grado di suscitare curiosità, interesse ed emozione.
    La storia antica che passa attraverso dominazioni millenarie, ha regalato alla Sicilia una faccia dai molteplici aspetti ed una poliedricità culturale di valore inestimabile.
    Se qualcuno di voi avrà occasione di visitare il Museo Archeologico regionale di Agrigento potrà scoprire, insieme a reperti di pregio assoluto, una testimonianza storica, per certi versi unica, che riproduce il Triskele, uno degli emblemi più enigmatici della cultura celtica.
    Il Triskele, che riproduce la simbologia del numero Tre presente in vari ambiti applicativi, non è così distante, come si potrebbe pensare, dalla cultura e della storia siciliana ed è curioso e significativo, rinvenire tale reperto storico nel bellissimo Museo Pietro Griffo di Agrigento.
    A ben vedere, infatti, le storie sembrano coincidere avvolte da un alone di mistero; il Triskele, non a caso, sta alla base del simbolo siciliano per eccellenza: la Trinacria.

    Alla scoperta della storia della Trinacria

    il Regno di Trinacria
    Con il termine di Trinacria, in araldica, si suole indicare una raffigurazione femminile avente la testa di Gorgone ed il corpo costituito da tre gambe piegate all’altezza del ginocchio e attaccate direttamente al capo senza un busto.
    Il volto di Gorgone è incorniciato da lunghi capelli intrecciati con spighe di grano mentre gli arti appaiono piegati in modo innaturale.
    Le Gorgoni, in mitologia greca, erano mostri terribili con serpenti al posto della chioma, zanne di cinghiale e lunghi artigli di bronzo. Figlie di Forco e Ceto erano tre sorelle ognuna delle quale rappresentava, rispettivamente, la perversione intellettuale (Medusa), quella sessuale (Euriale) e quella morale (Steno).
    Fu durante il periodo di dominazione greca che la Sicilia fu pian piano associata alla raffigurazione femminile a tre arti; d’altronde la particolare forma dell’isola doveva aver colpito, e molto, l’immaginario collettivo del tempo.
    La Sicilia, ha una forma alquanto particolare; a ben guardarla, infatti, pare essere un triangolo perfetto; i tre arti della raffigurazione simboleggiano i tre vertici del triangolo stesso (capo Peloro, capo Passero e capo Lilibeo) mentre i capelli intrecciate con le spighe di grano indicano l’ubertosità della terra.
    Il volto di Gorgone, invece, sembrerebbe essere un dettaglio legato alla cultura e alla tradizione siciliana e indicherebbe un vero e proprio talismano porta fortuna contro la superstizione.
    Per i Greci, profondamente intrisi di simbologie religiose di dei e semi dei, la Sicilia era un luogo avvolto di misteri ove l’incognito la faceva da padrone; fu anche per questo motivo che l’isola venne accostata ad un simbolo tanto complesso.
    Durante la dominazione romana, l’emblema della Trinacria si afferma nelle arti figurative e diventa un solido emblema della regione; numerose sono le rappresentazioni su vasi e maschere che appaiono essere dei veri propri talismani per allontanare le congiunture maligne.

    La bandiera siciliana

    La Trinacria, è la raffigurazione che compare ancora oggi sulla bandiera della regione Sicilia; la Gorgone giace su uno sfondo giallo e rosso a simboleggiare una terra dalla forma triangolare, fertile e forte (l’arto piegato in modo innaturale è un simbolo di forza già utilizzato simbolicamente sullo scudo dei soldati greci).
    Anche i colori che compongono lo sfondo della bandiera non sono casuali e stanno ad indicare il coraggio e la passione che le città di Palermo e Corleone produssero per combattere l’autorità francese durante i Vespri del 1282.

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  • Ricetta Pasta con le sarde

    Ricetta Pasta con le sarde

    La pasta con le sarde è un piatto tipico della cucina siciliana, specificamente della zona di Palermo, dove per l’appunto l’ingrediente principale è la sarda.

    Nato come un piatto povero nell’800 d.c., riesce ad amalgamare alla perfezione gli odori e i sapori tipici della Sicilia con note agrodolci e un’anima verace. Di seguito riportiamo una ricetta universalmente accettata di questo inebriante piatto tipico tradizionale.
    Preparazione
    Dosi: 4 persone
    Difficoltà: media
    tempo: 50 minuti
    Ingredienti:
    – 400 g di finocchietto
    – 300 g di sarde fresche
    – 30 g di pinoli
    – 1 cipolla
    – 2 filetti di acciuga
    – 30 g di uvetta
    – 300 g di bucatini
    – 2 filetti di acciuga
    – olio extra vergine di oliva
    – zafferano in polvere
    – pepe
    – sale
    Procedura
    Innanzitutto è necessario mondare il finocchietto per ricavarne la parte più tenera; lavarlo e sbollentarlo in acqua salata e bollente per circa 10 secondi. Scolarlo senza buttar via l’acqua dalla pentola. Pulire le sarde rimuovendo la testa, la coda e la lisca.
    Mettere a mollo l’uvetta. Tritate la cipolla e adagiatela in una padella larga con alcuni filetti di acciuga tagliati; versare un bicchiere d’acqua, un pizzico di sale e 70 g di olio. A cottura ottimale aggiungere mezza bustina di zafferano diluita in un bicchiere d’acqua.
    Aggiungere l’uvetta e i pinoli alla cipolla e mescolare per circa un minuto. Aggiungete al composto le sarde, il finocchietto e il pepe; mettete il coperchio e lasciate cuocere per 2 minuti. Mandare nuovamente in bollitura l’acqua del finocchietto e versare all’interno i bucatini, da scolare al dente; successivamente versarli nella padella con le sarde e mescolare il tutto. Lasciare riposare per 3 minuti.
  • Ricetta Pesce spada alla siciliana

    Ricetta Pesce spada alla siciliana

    Il pesce spada alla siciliana è un fantastico secondo piatto dalla semplice preparazione che ti farà fare un figurone con tutti i tuoi ospiti.

    È una pietanza molto conosciuta in tutta la Sicilia, specialmente nel messinese, ma con questa ricetta potrai preparalo ovunque ti trovi e mettere in tavola
    Il suo sughetto è così versatile che diventerà un tuo cavallo di battaglia in cucina per condire anche la pasta o carni bianche come pollo e tacchino.Ingredienti per 4 Persone- 300 grammi di pesce spada affettato
    – 50 grammi di olive verdi denocciolate
    – 1 spicchio d’aglio
    – 30 grammi di olio EVO
    – Origano
    – Sale e Pepe
    – 10 grammi di pinoli
    – 300 grammi di pomodorini
    Procedimento
    ricetta pesce spada alla siciliana
    – In una grande casseruola versa l’olio con l’aglio e lascia rosolare per due minuti affinché insaporisca bene;
    – Lava e taglia a metà i pomodorini, versali nella casseruola, aggiungi sale e origano e fai cuocere per circa 10 minuti;
    – Aggiungi le olive tagliate a rondelle, rimuovi lo spicchi d’aglio e aggiungi il pesce spada, avendo cura di farlo cuocere due minuti su un lato;
    – Gira il pesce spada sull’altro lato, copri la casseruola e fai cuocere per altri due-tre minuti;
    – Spolverizza con pepe nero a piacere e spegni la fiamma;
    – Tosta i pinoli per qualche minuto in una padella calda, mescolando spesso affinchè non brucino;
    – Metti il pesce spada in un piatto da portata, sistemando sopra il sughetto e i pinoli;
    – Servi il pesce spada alla siciliana quando è ancora molto caldo.
    Consiglio
    È bene consumare subito questa portata, altrimenti puoi conservarla in frigorifero per un paio di giorni, purché riposta in un contenitore ermetico.
  • Federico III, storia del Re di Sicilia che governò il Castello di Paternò

    Federico III, storia del Re di Sicilia che governò il Castello di Paternò

    Chi era Federico III?

    Federico nacque nel 1272 da Costanza di Hohenstaufen e Pietro III di Aragona. Legittimo erede della dinastia sveva, divenne re quando la gli angioini vennero cacciati dalla Sicilia e lui prese il nome di Federico III, proclamato re nel 1295, a 23 anni. Di ete inferiore al Fratello Giacomo III d’Aragona, il suo potere venne ostacolato fin dal primo giorno dalle famiglie nobili Chiaramonte, Peralta, Moncada, Palizzi e Ventimiglia, queste avevano infatti molte terre e poteri feudali e temevano che il re potesse usurpare il dominio. Non sorprende che, nonostante il regno l’avesse impedito, esercitassero comunque i loro poteri, entrando quindi in contrasto con la Gran Corte criminale. Federico III era un uomo astuto, intelligente e profondamente legato alla sua Sicilia ma questo non assicurò all’isola la prosperità e la ricchezza che meritava. Furono Infatti tantissime le congiure e le guerre che ne frammentarono il benessere.

    La Guerra del Vespro

    Federico III di Sicilia

    Questa lotta interna fu voluta in parte proprio dal re, in quanto violò un accordo prestabilito. La Guerra del Vespro terminò nel 1302, Federico sposò Eleonora d’Angiò, diventando quindi il re di Trinacria (l’appellativo “re di Sicilia” era utilizzabile solo dal re di Napoli); secondo gli accordi, dopo la sua morte, il dominio della Sicilia sarebbe ritornato agli angioini ma ciò non accadde perché il re rivendicò il suo trono, cercando di tramandarlo al figlio Pietro. Ciò comportò la continuazione della famosa Guerra del Vespro nel 1313, quest’ultima terminò solo nel 1372 grazie al Trattato di Avignone. Per tutta la sua vita, Federico III, si ritrovò a vivere tra battaglie e ostilità: dalla casa d’Angiò a diversi Baroni e nobili siciliani, perfino la Chiesa che desiderava ardentemente un ritorno alla casata francese. Il re morì a soli 65 anni dopo una lunga malattia, la podagra, e venne imbalsamato e trasportato nel Castello Ursino di Catania. Il desiderio del re era quello di essere sepolto nella Cattedrale di Palermo ma a causa della guerra ciò non potè avvenire e oggi riposa nella Cattedrale di Catania. la moglie Eleonora D’Angiò si ritrovo quindi a divenire suo malgrado reggente di Sicilia, quest’ultima rivelò sempre uno smodato amore per Paternò dove aveva anche un castello oltre a diversi palazzi e casali nelle vicinanze.

    Il castello di Paternò

    Il castello di Paternò è un forte simbolo del luogo, questo venne costruito nel 1072 dal Gran Corte Ruggero per proteggere la zona dalle frequenti invasioni islamiche che portavano terrore e saccheggi all’isola. In seguito, dopo vari assegnamenti e concessioni, passò, insieme ad altri territori, alla Camera Reginale di Federico III d’Aragona. Quest’ultimo donò il castello alla moglie Eleonora d’Angiò che la ebbe particolarmente a cuore per tutta la vita. L’edificio è molto alto, è stato eretto infatti in altezza e conta 4 livelli. A piano terra c’è la cappella di San Giovanni con degli stupendi affreschi risalenti al XV secolo, al primo piano c’è un salone con molte armi medievali mentre invece al quarto piano una serie di stanze dove il re e sua moglie vivevano. Nel XVIII secolo il castello venne usato come carcere per poi essere abbandonato, subendo quindi un degrado che spinse la regione a ristrutturarlo alla fine dell’800, restituendogli la sua antica bellezza.

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  • Ricetta Falsomagro

    Ricetta Falsomagro

    Il Falsomagro è una famosa ricetta siciliana e non è altro che un grande involtino di carne di vitello farcito con mortadella, uova e spinaci.
    Il tutto verrà poi avvolto e cotto nella salsa di pomodoro.
    Ecco la ricetta di questa irresistibile delizia.

    Ingredienti del Falsomagro per 6 Persone:

    – 1 Kg di carne di vitello in una sola e unica fetta battuta;
    – 150 gr di mortadella a fette;
    – 2 mazzetti di spinaci;
    – 4 cipollotti di tipo lungo;
    – 3 cucchiai di formaggio gratuggiato (grana o pecorino);
    – 6 uova sode;
    – 1 gambo di sedano;
    – 125 ml di olio extravergine di oliva;
    – 1 carota piccola tagliata a dadini;
    – 2 litri di passata di pomodoro;
    – 2 foglie di alloro.
    Procedimento:
    ricetta falsomagro
    – Inizia a preparare la salsa scaldando l’olio in una casseruola abbastanza grande da contenere il rotolo di carne;
    – Fai soffriggere la carota, il sedano e la cipolla finchè quest’ultima non sarà dorata;
    – Aggiungi la passata di pomodoro e l’alloro;
    – Condisci con sale e pepe e lascia a cuocere a fuoco lento;
    – Disponi la fetta di carne sul tavolo, condiscila con sale e pepe e distribuisci il formaggio grattuggiato;
    – Disponi la mortella e coprila con le foglie di spinaci;
    – Poni al centro della carne le uova in fila, regola di sale e pepe e arrotola la carne su ste stessa, avendo cura di legarla con spago da cucina per non far fuori uscire il ripieno;
    – Rosola la carne in una grande padella da tutti i lati e aggiungi la salsa;
    – Copri la padella e fai cuocere a fuoco bassissimo per un’ora/un’ora e mezza, girando ogni tanto;
    – Togli il rotolo dalla salsa e fallo intiepidire prima di rimuovere lo spago;
    – Taglialo a fette spesse e servilo su un piatto da portata, completando con la salsa rimanente.

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  • Fa tappa a Catania il Tour del Mulino, l’originale percorso hi-tech sulla corretta alimentazione e sulla sostenibilità ambientale!

    Fa tappa a Catania il Tour del Mulino, l’originale percorso hi-tech sulla corretta alimentazione e sulla sostenibilità ambientale!

    Da venerdì 3 a lunedì 6 maggio, in piazza Università, adulti e bambini della città siciliana avranno la possibilità di “entrare virtualmente” in uno stabilimento produttivo, scoprire i segreti del “mangiar sano” e partecipare ad una serie di divertenti attività, sotto la guida di un team di esperti della nutrizione.

    Utilizzare la tecnologia per scoprire alcuni piccoli segreti per rispettare l’ambiente, imparare a conoscere le proprietà nutrizionali degli ingredienti e i migliori abbinamenti per affrontare i cinque pasti della giornata e persino “entrare virtualmente” in uno stabilimento per vedere, passo dopo passo, come nasce un prodotto. Ha il sapore di un vero e proprio percorso hi-tech sulla corretta alimentazione il Tour del Mulino, l’imperdibile appuntamento che nelle sette precedenti edizioni ha coinvolto più di 1 milione di persone in 164 città e che sarà a Catania, in piazza Università, da venerdì 3 a lunedì 6 maggio.
     
    All’interno di una struttura di oltre 300 mq, che richiama l’iconico Mulino e che racchiude sei diverse isole tematiche, un team di esperti della nutrizione sarà disponibile a colmare gap informativi e a fornire utili suggerimenti ai visitatori, guidandoli in un percorso conoscitivo ed esplorativo alla scoperta delle materie prime di qualità, l’attenzione alla pluralità delle esigenze alimentari, la tutela della natura attraverso il riciclo e il risparmio delle risorse, l’agricoltura sostenibile e l’importanza di una filiera trasparente e controllata.
     
    Dove nascono i prodotti
    Tra i fiori all’occhiello del Tour del Mulino 2019 c’è Dove nascono i prodotti, un’ampia area dalla forma circolare che permetterà ad adulti e bambini di essere “trasportati virtualmente” all’interno di un vero e proprio stabilimento. Merito di un’innovativa tecnologia, che prevede una proiezione filmata a 360° e che darà la possibilità a tutti i visitatori di scoprire i processi produttivi che danno vita ad alcune tra le più note merendine Mulino Bianco.
    Dispensa del Mulino
    Una vera e propria “Dispensa interattiva”, caratterizzata da ampi display touch screen, consentirà di approfondire il tema degli ingredienti, le loro origini e i principali utilizzi. All’interno di un angolo dedicato alla Buona Nutrizione si potranno invece scoprire valide combinazioni di gusto dedicate ai cinque principali pasti della giornata.
    Colonna delle idee
    Nella sezione dedicata alla Carta del Mulino, i visitatori conosceranno il nuovo disciplinare sulla coltivazione sostenibile dedicato alla farina di grano tenero. Attraverso un gioco interattivo, ci sarà ad esempio la possibilità di scoprire che Mulino Bianco dedica il 3% dei campi di grano tenero alla coltivazione dei fiori che favoriscono la biodiversità e la proliferazione delle api. Infine, presso la Colonna delle Idee, i partecipanti potranno impegnarsi in prima persona a favore di un mondo più sostenibile, semplicemente cogliendo un suggerimento per un piccolo gesto quotidiano, con l’obiettivo, ad esempio, di ridurre le emissioni di Co2 o risparmiare energia elettrica e acqua potabile.
     
    L’edizione 2019 del Tour si arricchisce inoltre di uno spazio appositamente pensato per i “giovanissimi” che, sotto la supervisione di un educatore, avranno la possibilità di giocare, disegnare, colorare e persino partecipare ad interessanti laboratori sul tema del riciclo, imparando a costruire nuovi oggetti a partire dalle vaschette delle merendine.
     
    Il Tour del Mulino sarà a Catania, in piazza Università, da venerdì 3 a lunedì 6 maggio dalle ore 10.00 alle 13.30 e dalle 14.30 alle 21.00.
     
    Per ulteriori informazioni: www.mulinobianco.it/tour

  • Carciofi Siciliani Imbottiti

    Carciofi Siciliani Imbottiti

    Ripieno dei Carciofi Siciliani Imbottiti

    I carciofi alla siciliana vengono farciti con un ripieno vegetariano molto povero, tipico della cucina contadina. In Sicilia vengono chiamati carciofi “ammuddicati”, ovvero farciti con la mollica di pane. È un ottimo piatto vegetariano ma, volendo, si possono aggiungere all’impasto dei filetti di acciuga, che precedentemente vanno tritati in modo fine.
    Io personalmente uso il carciofo siciliano, che è molto più saporito, farcito da provolone o da caciocavallo.

    Preparazione dei Carciofi

    carciofi
    Per preparare i carciofi ripieni alla siciliana, occorre pulirli con molta attenzione, eliminando le foglie esterne, le più dure, e il gambetto. Mi raccomando, non gettatelo via perché vi potrebbe ritornare utile per preparare, in seguito, un risotto.
    Mettere poi il cuore di ogni carciofo dentro una ciotola, contenente dell’acqua fredda e il succo di mezzo limone, onde evitare di farli annerire.
    In un’altra ciotola si procede con la preparazione della farcia, mescolando il pane, il prezzemolo, l’aglio, il pecorino e il parmigiano tritati finemente, una manciata di pepe e un pizzico di sale. Inumidire il tutto con un po’ d’olio, senza renderlo appiccicoso. Dopo aver riempito ogni carciofo abbondantemente, disponeteli in piedi con la parte che contiene il ripieno verso l’alto in una teglia con i bordi alti. Sulla teglia va aggiunta dell’acqua con qualche goccia di limone. Dopo aver coperto la teglia con la carta d’alluminio, cuocere finché il carciofo non sarà tenero.
  • La storia di Vincenzo Bellini

    La storia di Vincenzo Bellini

    Chi era Vincenzo Bellini

    Vincenzo Salvatore Carmelo Francesco Bellini nacque a Catania il 3 novembre 1801 da Rosario e da Agata Ferlito e fu il primo di sei fratelli. Manifestò fin da piccolo una grande predisposizione alla musica ed è all’opera lirica che dedicò la sua breve esistenza. Vincenzo Bellini, nella sua formazione si mosse a partire dai modelli della tradizione napoletana dell’opera, ma nelle sue composizioni riuscì a mettere insieme la formazione classica e quella romantica, dando una forte rilevanza al canto sia dal punto di vista vocale che strumentale.
    Gli venne attribuito il soprannome di Cigno per il suo essere biondo, alto e slanciato: il suo aspetto elegante, unito alle sue capacità come musicista, da un lato lo resero parte integrante delle occasioni di festa dell’alta società, dall’altro agevolarono le sue relazioni amorose. Nella sua vita emergono in particolare gli amori con Maddalena Fumaroli e con Giuditta Cantù. La storia con la Fumaroli è stata per un certo periodo ostacolata dal padre di lei, un giudice napoletano poco convinto dalla carriera del giovane all’epoca ancora non decollata: quando il Cigno fece il suo esordio alla Scala, l’uomo cambiò idea sull’unione tra i due ma nel frattempo l’aveva cambiata Bellini, con grande dispiacere della Fumaroli. Il secondo amore più noto del Bellini fu Giuditta Cantù, moglie dell’imprenditore Ferdinando Turina.

    La storia di Vincenzo Bellini

    Monumento a Vincenzo Bellini
    Le doti musicali di Bellini erano già così chiare fin da subito che gli fu assegnata dall’amministrazione di Catania una borsa di studio che gli permise di frequentare il Real Collegio di Musica di S. Sebastiano a Napoli: a 18 anni ha luogo quindi il primo di tanti spostamenti che hanno allontanato il giovane dalla città natale.
    Nel suo primo periodo a Napoli fu allievo del maestro Giovanni Furno e conobbe il calabrese Francesco Florimo, con cui stabilì una solida amicizia e che dopo la sua morte divenne il suo biografo.
    Successivamente passò alla scuola di contrappunto con Giacomo Tritto e nel 1823 a quella di composizione con Nicola Antonio Zingarelli, colui che lo avvicinò allo studio dei classici in maniera sistematica. Lo studio con Zingarelli si rivelò decisivo e permise a Bellini di conciliare l’apprendimento delle regole con l’espressione libera della propria creatività.
    Nel 1825 concluse gli studi al conservatorio con l’esecuzione dell’opera in tre atti “Adelson e Salvini” che fu scritta su libretto di Andrea Leone Tottola. L’anno seguente ottenne il primo successo con l’opera dal titolo “Bianca e Gernando” messa in scena al Teatro San Carlo di Napoli e scritta stavolta su libretto dell’allora sconosciuto Domenico Gilardoni. Il titolo sarebbe stato “Bianca e Fernardo”, ma la censura costrinse ad apportare quella modifica per non nominare il nome del principe ereditario Ferdinando di Borbone: venne poi allestita con questo titolo al Teatro Carlo Felice di Genova.
    Questa opera si caratterizza per l’attenzione posta sull’intensità espressiva anche a discapito della melodia: Bellini iniziò a impiegare il declamato arioso come sua cifra stilistica, a rendere ben netta la separazione tra recitativo e aria.
    Nel 1827 seguì un ulteriore spostamento altrettanto importante, a Milano: qui al Teatro alla Scala mise in scena “Il pirata”, il cui libretto fu scritto dal genovese Felice Romani. L’opera ottenne così tanto successo che venne replicata nel 1828 a Vienna.
    L’ottimo riscontro ricevuto confermò la collaborazione di Bellini con la Scala, dove l’anno successivo fu messa in scena “La straniera”: ormai lo stile del Cigno catanese iniziava a essere piuttosto noto e apprezzato.
    L’imminente inaugurazione del Teatro Ducale di Parma si rivelò un’occasione, dato che venne chiamato dalla duchessa Maria Luigia in seguito a degli accordi che non erano andati a buon fine con Rossini: “Zaira” del 1829 ebbe un riscontro particolarmente freddo e non venne mai più eseguita.
    L’11 marzo 1830 al Teatro La Fenice di Venezia venne rappresentata per la prima volta “I Capuleti e i Montecchi”, che costituisce una novità tra i melodrammi: si segnalavano infatti l’uso dei mezzi espressivi e degli influssi da altre melodie. Bellini a quel punto della sua carriera iniziava a essere riconosciuto come un’alternativa a Gioacchino Rossini dotata di una propria personalità.
    Nel 1831 andarono in scena “La sonnambula” al Teatro Carcano di Milano e al Teatro la Scala il suo capolavoro, “Norma”, che però inizialmente non ricevette un particolare favore del pubblico e della critica. Nella “Norma” Bellini decise di puntare sull’essenzialità e di evitare di chiudere con un finale pieno di cori e di comparse: riprese un elemento della tradizione, in questo caso quella dell’opera vivaldiana, e finì il primo atto semplicemente con un terzetto. Nel 1833 rappresentò “Beatrice di Tenda” al Teatro La Fenice di Venezia e nello stesso anno da Milano si trasferì a Londra e in seguito a Parigi: quest’ultimo spostamento segna un ulteriore momento di crescita artistica di Bellini, che lì entrò in contatto con musicisti importanti come tra gli altri Chopin.
    Al Théâtre italien di Parigi nel 1835 mise in scena “I puritani”: riscosse un grandissimo successo e gli venne attribuita la Legion d’Onore, che in Francia rappresenta la massima onorificenza. Era in procinto di scrivere una composizione in francese per il Teatro dell’Opéra di Parigi, ma una malattia intestinale, che aveva già presentato delle avvisaglie anni prima, il 23 settembre 1835 a soli 33 anni lo portò alla morte. Nonostante la chiara cronicità del disturbo gastrointestinale che aveva colpito Bellini, dopo la sua morte in alcuni ambienti si iniziò a pensare che fosse stato avvelenato. Le questioni amorose e le frequentazioni del compositore ritornano anche in queste congetture, dal momento che fu ipotizzato che gli assassini potessero essere una sua amante, la contessa Samoyloff, o i coniugi Levys, presso cui era ospite. Il re di Francia e Rossini vollero che l’autopsia mettesse la parola “fine” a queste voci e così in effetti è stato.

    Dove si trova la tomba di Vincenzo Bellini

    Busto Vincenzo Bellini
    Busto Vincenzo Bellini, alla villa di Catania

    Data la considerazione che in Francia si aveva di Bellini, che si era trovato in quegli anni all’apice della sua carriera, inizialmente non si pensò di riportare il suo corpo nella terra natia e fu sepolto nel cimitero Père Lachaise: lì vi rimase per oltre quaranta anni, la sua tomba si trovava vicino a quelle di Chopin e di Cherubini. Solo nel 1876 la salma fu trasferita nel Duomo di Catania, dove tutt’oggi è possibile vedere la tomba realizzata dallo scultore Giovanni Battista Tassara e che si trova in corrispondenza del secondo pilastro della navata destra. Sulla lapide si può leggere un’iscrizione che cita l’incipit dell’aria de “La sonnambula”: “Ah! non credea mirarti / Sì presto estinto, o fiore”.