Comune di Sant’Agata Li Battiati: Cappella del Velo

Sant’Agata Li Battiati: Chiesa di Maria Santissima Annunziata

Chiesa San Michele Arcangelo
Chiesa San Tommaso e Santi Martiri Inglesi
Comune di Sant’Agata Li Battiati: Parco Paternò del Toscano

Dedicata al Santo patrono del luogo, si tratta dell’edificio di culto più importante di tutto il paese.
L’imponente facciata in marmo bianco nasconde una meravigliosa decorazione all’interno, formata da altari e cappelle, in particolare quella intitolata proprio ad Antonio Abate.
Si tratta di una chiesa semplice ma al contempo maestosa, occupata da un piccolo museo interno che ne propone la storia, anche a seguito della ricostruzione dopo essere stata colpita da un fulmine.
Lorenzo Urciullo e Antonio Di Martino, in arte Colapesce e Dimartino, non li scopriamo certamente oggi. I due brillanti artisti siciliani hanno alle spalle, oltre che un decennale percorso da solisti, oltretutto una profiqua collaborazione, che li ha visti impegnati anche in altri pezzi (qualcuno ha detto Noia mortale?) e che li ha visti incidere insieme un album, “I mortali”. Eppure, come spesso accade in questi casi, il palco di Sanremo li ha portati alla ribalta per il grande pubblico. In particolare, la loro Musica Leggerissima, brano brillante e argentino quanto profondo, ha dapprima convinto la critica e ora sta spopolando sul web. Un vero e proprio fenomeno di massa, che non toglie però i meriti al duetto tutto siciliano.
E così, sul palco dell’Ariston, Colapesce e Dimartino hanno convinto soprattutto la stampa, che li ha votati in massa: «Noi siamo già vincitori del festival, va bene così – hanno dichiarato all’AGI – la gara non c’entra, non ce ne frega niente». Eppure, anche la gara è andata benissimo: 4 posto in classifica e applausi a scena aperta per i due artisti siciliani. Una canzone che, come loro stesso hanno raccontato, propone «un suono catchy che cela un testo interessante, che parla di dolore e buio». Questo è infatti l’ipnotico e cruciale ritornello della canzone:
Una pezzo che dunque parla di temi profondi con un suono accattivante, o che accosta un suono accattivante o parole che solo apparentemente sono leggere. O più semplicemente, un’opera complessa, stratificata, con tanti punti di vista, sulla quale rimane però un giudizio di merito univoco, pienamente ripreso dal web: Musica leggerissima infatti è la canzone più trasmessa dalle radio italiane secondo la classifica Earone. Sono quattro infatti le canzoni “uscite” dal Festival che attualmente si trovano in top 10, e fra queste il brano di Colapesce e Dimartino è il primo. Seguono “Chiamami col tuo nome” di Francesca Michielin e Fedez (attualmente in settima posizione), con la nona posizione occupata da “Cuore amaro” di Gaia e l’ultima posizione utile per la top ten presa da “Glicine” di Noemi. “Zitti e buoni” dei Maneskin, che ha invece vinto il Festival, è invece undicesima, appena fuori dai primi dieci.
Il video di Musica Leggerissima, ironico e profondo come ce lo aspetteremmo, è prodotto da Ground’s Oranges con la regia di Zavvo Nicolosi. Il riferimento a Pippo Baudo è tanto visibile quanto dichiarato nei credits di Youtube.
Insomma, indiscusso successo per la critica, ossimorico “tormentone” senza sofferenza sulle radio, rimane la consacrazione del web. E’ sulla rete che si gioca l’ultima partita per tutte le odierne canzoni, le quali possono ricevere dal mondo di internet un ulteriore “boost” al loro successo (come accadde, per esempio, al successo planetario del 2012 Gangnam Style. In tal senso, non solo Musica leggerissima sta scalando le classifiche di Spotify, ma sta diventando virale anche per quanto riguarda i video e i meme.
Per dire, proliferano i video di questo tipo on line:
Insomma, Musica leggerissima ha conquistato veramente tutti e noi non possiamo che essere felici che due eccellenze tutte siciliane, come Colapesce e Dimartino, stiano ottenendo un così meritato successo.
In bocca al lupo, ragazzi!
Il 2020 è stato un anno decisamente particolare e il 2021 non si preannuncia molto diverso. Gran parte delle nostre abitudini sono state cambiate e, con esse, anche ricorrenze e festività hanno mutato il loro volto. A questa particolare congiuntura non si è potuto sottrarre nemmeno il Carnevale, festività solitamente portatrice di sorrisi, di coriandoli, di gioia. Ogni cosa è stata rinviata a un momento migliore; la pausa ha però offerto la possibilità di fermarsi un attimo a riflettere su quello che è cambiato, ma anche su ciò che è stato.
Abbiamo così deciso di raccogliere e pubblicare una testimonianza di una nostra lettrice, che ci ha raccontato di un’usanza carnascialesca che ha preso piede anche in territorio etneo, oltre a essere diffusa in tutta Italia. Questa peculiarità del Carnevale che fu è ormai andata perduta ma, appunto, ha ritrovato spazio sulle pagine informatiche di questo blog e si offre a una nuova lettura.
“Era il martedì grasso del 2021, il mondo fermo per una pandemia, le strade vuote in
un silenzio assordante interrotto dai sibili di Burian, il vento gelido di origini
siberiane.
Era il momento in cui ognuno di noi realizzava, ancora una volta, le conseguenze di
questo nemico invisibile chiamato coronavirus e si abbandonava ai ricordi.
Fu quel pomeriggio che mia madre mi disse: «ti ho mai raccontato di quella volta che
mi vestii da dominò?»
«Dominò?» risposi «Mai sentito pronunciare, cos’è?» Così iniziò il suo racconto.
Dalla fine del 1800 circa e fino alla fine degli anni 60, per carnevale le donne si
travestivano o, almeno, si “oscuravano” in un abbigliamento che impediva loro di
essere riconosciute.
In questa rinata forma di libertà esse erano libere di uscire per le strade senza essere
accompagnate da un uomo e soprattutto erano libere di sceglierne qualcuno per
… andare in qualche bar e farsi comprare dolciumi varii! Addirittura, era loro
permesso di prendere qualche uomo sottobraccio – naturalmente senza poter
parlare altrimenti sarebbero state riconosciute a scapito della loro buona
reputazione.
Il costume da dominò era formato da un vestito di raso nero, lungo fino ai piedi,
sufficientemente largo da permettere di indossare qualche maglione in più ma
soprattutto ampio tanto da mascherare qualsiasi forma di femminilità.
La testa veniva ammantata da un cappuccio che continuava in una mantellina, sempre di
raso nero ma stavolta rivestiti da raso colorato, unico vezzo, insieme a qualche
lustrino o rifinitura dorata, di un abito quasi inquietante come le nere e misteriose
figure che si aggiravano per le strade dei “carnevali” che furono.
Anche il volto, naturalmente, veniva coperto. Erano mascherine con veletta a
ricoprire anche la bocca che completavano l’abbigliamento, insieme a guanti e
borsetta, quest’ultima praticamente un sacchetto che serviva a riporre cioccolatini,
significativi Baci Perugina che lasciavano intendere qualche sentimento represso.
Quando mia madre si vestì da dominò aveva 14 anni, una sua amica la invitò in
questa “avventura” e le prestò anche il costume.
Mi raccontò che l’elastico del cappuccio era troppo stretto e che,scendendole sul volto,
le abbassava la mascherina perciò spesso non vedeva più niente.
Non solo, era anche piuttosto timida e maldestra nel non farsi riconoscere, nonostante
tutto portò al bar il ragazzo che in quel periodo le faceva battere il cuore e stare
sottobraccio con lui fu più dolce di tutti i prodotti del bar di quella sera.
Peccato che l’indomani a scuola lui confessò di averla riconosciuta! «Ma che dici»
rispose mia madre tra lo stupore e l’imbarazzo «Come potevi riconoscermi, niente di
me era visibile!»
«…e tu pensi che non avrei riconosciuto due occhi così?»
Dopo il fallimento di quest’esperienza, come si può capire, mia madre non si vestì
più da dominò. Questo anche perché i costumi cambiarono: era il 1969 e l’eco dei
rinnovamenti del ’68 tendeva a liberare le donne da tanti condizionamenti.
Fu così che gli abiti da dominò furono prima conservati e poi dimenticati.”
Crediti a Rosaria Guarrera per la testimonianza
Ci siamo: è arrivato San Valentino 2021! La festa degli innamorati è, in genere, una celebrazione che si ama o si odia. C’è chi attende questo giorno pianificando minuziosamente come vivere questo giorno in coppia e chi invece la ritiene una festa adatta solo a vendere cioccolatini. San Valentino è proprio come il sentimento che celebra: o si ama, o si odia. In quest’anno però, in cui abbiamo imparato ad apprezzare anche le piccole cose che prima davamo per scontate, anche la festa degli innamorati è cambiata insieme alle nostre abitudini. Il Covid19 ci ha infatti costretto a lunghi periodi di lockdown, costringendo molte coppie – anche non eccessivamente distanti fisicamente – a sperimentare una nuova condizione.
Le origini della festa di San Valentino sono molto antiche e risalgono al 496, quando papa Gelasio I sostituì la precedente festa pagana dei lupercalia con una di indole cristiana.
I lupercalia erano celebrazioni con un’antica tradizione, inneggianti il ciclo continuo della vita e della morte, ma anche la distruzione dell’ordine come strumento per la rinascita e la purificazione. Anche per questo motivo tipici di tali feste erano cortei in maschera, processioni e giochi legati al mondo delle pulsioni e degli istinti – tradizioni in qualche modo sopravvissute nel Carnevale.
Tali festività, certamente più legate alla cultura pagana anche per il loro collegamento alla parte più sensuale e istintuale dell’uomo, furono come spesso accadde sostituite da una festa cristiana. In particolare, è riconducibile a papa Gelasio I l’istituzione di una festività dedicata all’amore romantico, privo della suo connotazione più sensuale e corporea – seppure inteso, nel solco della tradizione biblica, come finalizzato alla riproduzione.
E’ probabile che solo in un secondo momento la festa sia stata associata alla figura di San Valentino, quando a questo Santo è stata ricondotta l’usanza di vederlo come protettore degli innamorati e dell’amore. A lui è infatti attribuita una leggenda secondo la quale il santo avrebbe preservato l’amore di una ragazza facendole dono di una somma, in qualità di dote, necessaria a convolare a giuste nozze. Questo avrebbe preservato la fanciulla dalla perdizione, permettendole di sposarsi – dato che costei era priva di altri mezzi – e di sfuggire a un destino fuori dal vincolo benedetto. Da questo primo dono d’amore sarebbe dunque nata la tradizione di portare un regalo, in occasione di San Valentino, al proprio amato o alla propria amata.
Come abbiamo detto, l’emergenza epidemiologica non solo ci ha spesso arrecato gravi dolori, ma ci ha anche costretto a cambiare le nostre preziose abitudini. In questo caso, ha anche tolto a molte coppie la possibilità di vedersi per lungo tempo. Chissà quante, oggi, saranno costrette a festeggiare a distanza questo San Valentino. Ma niente paura: fortunatamente, esistono oggi tantissimi modi per sentirsi vicini nonostante la distanza fisica!
Il primo è ovviamente quello di ricorrere a una videochiamata: questo potente strumento, ormai di fatto entrato a far parte delle nostre vite, è una potente risorsa anche per gli innamorati. Non solo potete passare del tempo con la persona che amate, ma anche condividere una vera e propria cena: in questo senso, una possibilità di regalo è proprio quello di far recapitare a domicilio un romantico menù, ovviamente da gustare rigorosamente insieme in smartlove.
Non volete rinunciare alla tradizione del regalo? Siete degli amanti del classico e per voi San Valentino è soprattutto fiori e cioccolatini? Ebbene, tantissimi servizi offrono consegne a domicilio di prodotti romantici. In particolare i fiori, molto delicati, sono la specialità di diversi professionisti.
Ci sono anche però idee anche meno convenzionali: è possibile replicare la sensazione di una serata al cinema insieme scegliendo un film da condividere, le piattaforme di streaming offrono tantissime soluzioni in merito. Potete anche scegliere di creare insieme una playlist in cui inserire le vostre canzoni preferite tramite Spotify, qualcosa che potete cantare insieme o da ascoltare separatamente che vi ricordi l’uno dell’altra.
Ma potete anche optare per regali più classici: una bellissima lettera scritta a mano o qualcosa fatto da voi, magari con una leggera spruzzata del vostro profumo per ricordare a chi amate quanto gli mancate.
La fantasia non è mai mancata a coloro che amano e fortunatamente, nonostante tutti i problemi dovuti al periodo, la tecnologia accompagna anche coloro che amano in questo difficile momento.
Sarà difficile tornare alla normalità della foto precedente, ma presto potrebbe essere fatto un ulteriore passo in questa direzione. Stando alle parole del presidente Musumeci in conferenza stampa a Palermo i dati sarebbero molto confortanti: sarebbero infatti in diminuzione sia il numero dei ricoveri (anche in terapia intensiva), sia quelli dei contagiati. Inoltre, la Sicilia fa segnare un Rt intorno allo 0,60 (anche se ancora non ufficiale), un numero di per sé già sufficiente a rientrare nella zona gialla – tuttavia, la zona arancione deve durare, secondo le disposizioni dei vari Dpcm almeno due settimane.
Questo il motivo per cui, almeno fino a domenica, ci si aspetta una zona arancione per poi rientrare in zona gialla da lunedì mattina. Ma potrebbe esserci una sorpresa, nel caso in cui il governo dovesse accogliere la proposta del governatore Musumeci: «Ho buoni motivi per pensare che col dato ufficiale di domani potremo chiedere al governo non solo l’introduzione della zona gialla, mi piacerebbe se il ministro ci autorizzasse a consentire ai ristoratori e a chi somministra cibo di potere tenere aperti i locali per questo fine settimana fino alle 22, in occasione della festa di San Valentino».
Una vera e propria boccata d’ossigeno per la martoriata economia della ristorazione siciliana che potrebbe, approfittando della celebre festa degli innamorati, provare a ripartire in sicurezza. Sarebbe una vera e propria eccezione alla regola, come sottolinea Musumeci stesso: « Noi chiederemo la deroga soltanto in occasione della festività di San Valentino. Poi la zona gialla sarà disciplinata dalle disposizioni nazionali e soprattutto dal nuovo governo.»
Una richiesta, quella del governatore, che non è frutto solo della riflessione del presidente della regione ma anche delle spinte e delle pressioni da parte di Confindustria Sicilia ma anche di Confcommercio e artigiani, sensibili all’avvicinarsi non solo del weekend di San Valentino ma anche delle festività carnascialesche, altro momento favorevole per una possibile ripartenza.
Nonostante le richieste espresse in prima persona al governo, Musumeci ha mostrato una
Ma Musumeci pur non escludendo questa eventualità aveva tuttavia invitato alla prudenza. In particolare, preoccupano le varianti del Covid-19 (principalmente quelle inglesi e africane), per le quali Musumeci ha dichiarato che «siamo in stato di allerta. Ma in Sicilia non si segnalano particolari presenze, per fortuna, e mi auguro che non debbano essercene perché se continueremo a difendere questo dato epidemiologico credo che, fra marzo e aprile, potremmo avviarci lentamente a una condizione di normalità».
Inoltre, l’invito alla prudenza è d’obbligo anche per sventare il rischio di un possibile ritorno alla zona arancione: «Se il dato dovesse mutare, purtroppo, da Roma e dal Comitato scientifico arriverebbero le richieste di tornare a misure più restrittive quindi, riapriamo lentamente con la massima prudenza e cautela».
Discorso vaccini: riguardo la possibilità per la regione di acquistare autonomamente dosi di ulteriori vaccini, Musumeci ha fatto intendere che non vi riscontrerebbe un problema. «Siamo tutti interessati ad accelerare la somministrazione di vaccini alla maggioranza dei siciliani. Ma come sapete non si può procedere autonomamente senza la relativa autorizzazione. Qualora dovesse arrivare non avremo difficoltà a procedere».
Chi invece non ha potuto comunque approfittare di questa diminuzione nei contagi sono i fedeli di Sant’Agata, costretti ancora una volta a fare i conti con le misure restrittive dovute all’emergenza epidemiologica. Anche l’ottava verrà infatti festeggiata “a porte chiuse”, con l’arcivescovo Salvatore Gristina che presiederà le celebrazioni liturgiche conclusive della ricorrenza agatina intorno alle 19.
Unica presenza nella chiesa quella del sindaco Salvo Pogliese, in rappresentanza dei cittadini catanesi e dei devoti, come già accaduto il 4 e 5 febbraio scorsi. E proprio il sindaco, in accordo con l’arcivescovato e il comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza pubblica, ha disposto la nuova chiusura di piazza Duomo, dalle 7 alle 22 di oggi, per scongiurare possibili assembramenti. Sarà tuttavia possibile attraversare la piazza e accedere agli esercizi commerciali e alle abitazioni private, ma non sarà possibile altresì sostare in piazza.
La Sicilia potrebbe tornare presto a vestirsi di giallo, abbandonando anche l’arancione dopo il rosso. In effetti, l’indice Rt in calo (0.73) non solo giustifica un motivato ottimismo, ma in realtà autorizzerebbe anche oggi stesso il passaggio a zona gialla, visto che la soglia di quest’ultima zona è inferiore all’1.
Tuttavia, per tornare alla zona gialla, si dovranno attendere che terminino le canoniche due settimane disposte dai vari Dpcm per le zone arancioni. Essendo in Sicilia la zona arancione cominciata l’1 febbraio, si dovrà dunque attendere il 15 – il giorno successivo a San Valentino, purtroppo per tutte le coppie e gli innamorati, che dovranno aspettare il giorno successivo per festeggiarlo più liberamente.
I dati sono dunque molto positivi, soprattutto se si considera che attualmente la Sicilia risulta addirittura sotto la media nazionale che è dello 0,84. Una prova che il ritorno alla zona rossa di queste settimane abbia sortito i suoi effetti?
Ma cosa potremmo tornare a fare in zona gialla?
Permarrebbe il divieto di circolazione, il cosiddetto “coprifuoco”, dalle 22 alle 5 del mattino, salvo comprovati motivi di lavoro, necessità e salute, insieme alla raccomandazione di non spostarsi se non per gli stessi motivi. Tuttavia, sarebbe possibile tornare a spostarsi da comune a comune – e, in base alle specifiche ordinanze, anche possibilmente fra regioni.
La didattica ormai si avvia verso un rientro alla normalità: come sappiamo, già da questa settimana gli istituti superiori di secondo grado torneranno a fare lezione in presenza, seppure in una variabile fra il 50% e il 75%. Con il rientro alla zona gialla è prevedibile un rientro totale alla lezione in presenza e la dismissione totale della Dad.
E’ possibile, stando anche alle aree gialle precedenti, che il trasporto pubblico rimanga limitato al 50%, sempre a eccezione dei mezzi di trasporto scolastici.
E’ possibile che si riaprano teatri, musei, mostre e cinema in un solo giorno della settimana (il venerdì). Rimarrebbero invece chiuse sale giochi, sale scommesse, bingo e slot machine – anche nei bar e nelle tabaccherie. Centri commerciali chiusi nei giorni festivi e prefestivi ad eccezione delle farmacie, parafarmacie, punti vendita di generi alimentari, tabaccherie ed edicole al loro interno.
Potrebbero finalmente tornare a riaprire bar e ristoranti, seppure fino alle 18. L’asporto rimarrebbe comunque fattibile sino alle 22 e non ci sarebbero restrizioni per la consegne a domicilio.
Da valutare invece la questione delle palestre, per le quali bisognerà inoltre considerare il mutamento del panorama politico.
Tuttavia, nonostante i dati al momento siano molto positivi, rimane alta la soglia di attenzione specie nel catanese, dove si stanno concludendo proprio in questi giorni i festeggiamenti in onore della Santa patrona.
Come abbiamo riportato nel programma di Sant’Agata 2021 quest’anno proprio a causa dell’emergenza sanitaria è stato necessario optare per una celebrazione “a porte chiuse”. Come annunciato, la Cattedrale era rimasta chiusa nel corso delle celebrazioni più importanti, insieme a piazza Duomo. Una decisione del sindaco concordata con il Comitato Provinciale per l’Ordine e la Pubblica Sicurezza per evitare l’avvicinamento delle persone nella zona della Cattedrale. Inoltre, la questura aveva predisposto, a seguito delle indicazioni Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica tenuto qualche giorno fa in prefettura, una serie di presidi mobili atti a prevenire ogni possibile assembramento. Questi presidi, definiti dal capo di gabinetto della questura Francesco Fucarini “puntellamenti”, sarebbero stati presenti sia nella zona fra Villa Bellini e piazza Università, sia nelle strade minore che conducono a piazza Duomo.
Una misura che era sembrata funzionare, e che aveva consentito un sereno svolgimento delle celebrazioni legata alla Santa patrona.
Tuttavia, circolando sul web, è ancora possibile imbattersi in scene come questa:
foto di Carmelo Caccamo
Una situazione che ricorda inquietanti precedenti e che sottolinea, ancora una volta, come basti abbassare un attimo la soglia di controllo per rischiare molto. Anche in questo caso, tuttavia, le conseguenze di questi gesti saranno visibili solo fra due settimane: magari i catanesi intendono affidarsi, anche in questo caso, alla protezione della Santa – chissà se questa volta Agata sarà d’accordo.
Ce l’aspettavamo così, come ogni anno, come nella foto. Ma che sarebbe stata una celebrazione anomale, completamente stravolta in ogni suo aspetto dalle norme per il contenimento dell’emergenza sanitaria causata dal Covid, lo si era prospettato. Misure necessarie data la situazione attuale – e l’anno appena trascorso- che stridono con la natura della celebrazione della Santa, momento di comunione da vivere insieme alla propria città. In quei giorni infatti Catania sembra animarsi e respirare all’unisono, un solo corpo e una sola anima votati alla Santa.
Come è stato annunciato precedentemente, quest’anno invece non la Cattedrale nel corso delle celebrazioni più importanti, ma anche piazza Duomo resterà chiusa. Una decisione del sindaco concordata con il Comitato Provinciale per l’Ordine e la Pubblica Sicurezza per evitare l’avvicinamento delle persone nella zona della Cattedrale. Inoltre, la questura aveva predisposto, a seguito delle indicazioni Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica tenuto qualche giorno fa in prefettura, una serie di presidi mobili atti a prevenire ogni possibile assembramento. Questi presidi, definiti dal capo di gabinetto della questura Francesco Fucarini “puntellamenti”, sarabbero stati presenti sia nella zona fra Villa Bellini e piazza Università, sia nelle strade minore che conducono a piazza Duomo.
Ebbene, il cospicuo dispiego di forze dell’ordine pare star funzionando. Stamattina non si è verificato alcun assembramento durante la messa dell’Aurora, tenutasi dentro la Cattedrale chiusa e alla presenza di poche persone. Inoltre, i pochi devoti che avevano comunque raggiunto porta Uzeda vestiti del tradizionale sacco devozionale sono stati invitati a sgomberare la zona e a non radunarsi negli altri varchi.
Eppure, come riportato anche dal programma di Sant’Agata 2021, quest’anno la festa è completamente differente. A “porte chiuse” la gran parte delle celebrazioni, visibili in streaming – insomma, una festa in smart-working. Sia le celebrazioni del 3 che la messa dell’Aurora, uno dei picchi spirituali ed emotivi della festa, si sono tenuti in una cattedrale chiusa al pubblico. Pochissime persone, fra cui il Sindaco Pogliese, hanno dunque assistito all’esposizione sull’altare del busto reliquiario della Santa, portato fuori dal sacello. Annullata la tradizionale processione del fercolo che comincia il 4 mattina e finisce con le prime luci del 5.
Oggi è il 3 febbraio, un giorno importante per tutti i catanesi, un giorno che racconta una storia d’amore verso la propria patrona antichissima, che parla dialetto siciliano, che profuma di cassatelle. Un giorno che tutti i catanesi attendono per tributare il giusto omaggio a Sant’Agata, ma anche per reincontrarsi tra le strade della nostra bellissima cittadina.
Eppure, il 3 febbraio di quest’anno sarà tutto diverso. L’emergenza sanitaria causata dal Covid-19 ha costretto tutti a rivedere i propri piani e così anche nel frangente dei festeggiamenti per la Santa patrona si sono dovuti prendere i dovuti accorgimenti. Ne abbiamo parlato in Sant’Agata 2021: come cambia la festa della patrona , dove si sono visti tutti i cambiamenti – e le indicazioni dell’Arcidiocesi in merito di lunghe tradizioni come il sacco per la santa.
L’Arcidiocesi ha comunque fatto presente che, nonostante molte tradizioni della festa abbiano subito modifiche a causa del Covid, questo non deve far mutare ciò che i catanesi provano verso la festa. Al contrario, l’Arcivescovo ha aggiunto nel suo messaggio rivolto anche all’associazione Amici del Rosario e ai collaboratori del Maestro del Fercolo l’auspicio che «la privazione divenga possibilità, una risorsa per crescere nell’autentica devozione».
In tal senso, assumono un valore importante le parole scritte nel comunicato dell’Arcidiocesi in merito al tradizionale abito votivo indossato per la Santa, il sacco: «I fedeli che lodevolmente hanno indossato il sacco o che desiderano indossarlo quest’anno per la prima volta a seguito di un voto, lo indossino volentieri e chiedano la benedizione nella chiesa più vicina alla propria abitazione». Nella circolare si aggiunge inoltre come «indossare nei giorni di festa il sacco anche solo nella propria casa mentre si partecipa alle dirette on line delle varie celebrazioni, sarà un segno d’amore… Lontani da ogni esteriorità, risulterà più chiaro e più forte il motivo che ha ispirato il voto ed orienterà con maggiore profondità la preghiera di ringraziamento o di richiesta».
In aggiunta a ciò, monsignor Gristina aveva ricordato il legame fra Agata e la parola di Dio tramite Gesù, e ha aggiunto: «se vogliamo davvero imitare Agata, a leggere e ad approfondire il Vangelo».
Com’era già stato preannunciato, non sarà possibile seguire di presenza le manifestazioni quest’anno e le celebrazioni liturgiche dei giorni più importanti saranno a porte chiuse. Anche per questo motivo, Piazza Duomo rimarrà chiusa dal 3 al 5 febbraio. Il sindaco Salvo Pogliese ha infatti disposto il divieto di stazionamento per le persone in piazza Duomo: il 3/02/2021 dalle 05 alle 12:00 e 5/02/2021 dalle 05 alle 15, un provvedimento preso «in considerazione della necessità di evitare fenomeni di assembramento, in particolare a piazza Duomo».
La decisione del sindaco, si sottolinea in una nota del Comune, è stata concordata con il Comitato Provinciale per l’Ordine e la Pubblica Sicurezza e si aggiunge alle altre iniziative promosse dai competenti organi dello Stato per evitare l’avvicinamento delle persone nella zona della Cattedrale.
La Questura ha inoltre predisposto, a seguito delle indicazioni Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica tenuto qualche giorno fa in prefettura, una serie di presidi mobili atti a prevenire ogni possibile assembramento notturno in occasione della festività della santa. Proprio per questo motivo tali presidi saranno meno intensi, ma sempre presenti, anche nelle ore diurne: l’obiettivo è soprattutto quello di «consentire lo scorrimento degli eventi autorizzati ed evitare soprattutto gli assembramenti».
I presidi sono stati definiti dal capo di gabinetto della questura Francesco Fucarini “puntellamenti” e saranno presenti sia nella zona fra Villa Bellini e piazza Università, sia nelle strade minore che conducono a piazza Duomo.
In ogni caso, è sempre bene ricordarlo, non vi dev’essere nessun timore da parte dei fedeli di perdere le celebrazioni per Sant’Agata: le più importanti fasi saranno infatti non solo trasmesse in streaming sulla piattaforma social dell’Arcidiocesi, ma anche su diverse reti televisive. Qui trovate nel dettaglio il programma di Sant’Agata 2021.
Sant’Agata è da sempre una delle celebrazioni religiose più popolate, la terza festa religiosa al mondo, sentita dai catanesi che possono raggiungere la Santa e da quelli che – da lontano- si riabbracciano con lei nella fede. Quest’anno, tuttavia, sarà una festa di Sant’Agata molto diversa. Il Covid-19 ha praticamente stravolto ogni aspetto della nostra vita, mutando la nostra quotidianità e stravolgendo i nostri progetti. Anche la festa della Santa Patrona di Catania non ha fatto eccezione, così quest’anno dovremo assistenze a una festa insolita, priva di molti dei suoi caratteri.
La prima cosa, che non può passare inosservata osservando il programma di Sant’Agata 2021, è la tanto scontata quanto completa assenza di processioni e possibili assembramenti. Tutte le celebrazioni esterne sono state sospese, mentre quelle interne – specialmente le più intense celebrazioni liturgiche del 3, 4 e 5 febbraio – verranno celebrate a porte chiuse. Dunque quest’anno niente fuochi d’artificio, bancarelle e “cannalori” – uno spettacolo che certamente mancherà a tutti i devoti.
Proprio per questo motivo i più importanti momenti dedicati alla Santa verranno trasmessi in streaming tramite i canali social dell’Arcidiocesi di Catania, ma non solo: l’Ufficio Comunicazioni sociali della Diocesi ha anche concesso «piena e gratuita disponibilità alle emittenti private» per trasmettere a loro volta le immagini delle celebrazioni liturgiche. Si è pensato dunque anche a chi per esempio non dispone di una connessione a internet, o a tutti quei fedeli magari in avanzata età che non hanno grande dimestichezza con i social e i meccanismi dello streaming. Passando dalla televisione invece si è voluto «consentire a tutti la partecipazione da casa».
In tal senso, proprio per ovviare eventuali dubbio che potrebbero sorgere, l’Arcidiocesi di Catania ha pubblicato un comunicato in cui elenca cosa è possibile fare e cosa no in quest’edizione particolarmente delicata di Sant’Agata.
Partiamo dalla tradizionale offerta della cera alla Santa, la suggestiva processione che solitamente apriva i festeggiamenti il 3 febbraio partendo dalla Chiesa di Sant’Agata alla Fornace in Piazza Stesicoro per raggiungere la Cattedrale in piazza Duomo.
L’Arcidiocesi ha confermato che è sempre possibile offrire a Sant’Agata cera bianca e fiori, ma bisognerà attenersi alle nuove disposizioni in virtù dell’emergenza sanitaria e rispettare i giorni e le ore in cui la Cattedrale è aperta al culto, come da programma. E’ bene ribadire infatti che le porte della Cattedrale rimarranno chiuse il 3, 4 e 5 febbraio, e inoltre il pomeriggio del 12 febbraio, quando le celebrazioni verranno svolte a porte chiuse. La Cattedrale rimarrà invece aperta ogni giorno dalle ore 9,00 alle ore 12,00 e dalle ore 16,30 alle ore 19,00.
Per quanto concerne invece il tradizionale sacco di Sant’Agata, una delle immagine più iconiche della festa, l’Arcidiocesi si è così espressa:
“Indossare nei giorni di festa il “sacco” anche solo nella propria casa, mentre si partecipa alle dirette delle varie celebrazioni, sarà un segno d’amore a Sant’Agata e ci permetterà di sottolineare la nostra identità di battezzati, cristiani che intendono ispirare la propria vita al messaggio ed alla testimonianza della nostra amatissima concittadina e patrona, che ha dato la vita per essere fedele al Vangelo. Lontani da ogni esteriorità risulterà più chiaro e più forte il motivo che ha ispirato il voto ed orienterà con maggiore profondità la preghiera di ringraziamento o di richiesta secondo le motivazioni care a ciascun devoto/a”.
Insomma, anche se quest’anno dovremmo tutti adattarci ancora una volta alle costrizioni imposte dalla situazione sanitaria, sembra che Sant’Agata troverà ancora una volta il modo per raggiungere i suoi amati catanesi.
Ricordiamo al contempo l’importanza di rispettare e osservare scrupolosamente le regole: solo di recente infatti siamo riusciti ad abbandonare la zona rossa, per rientrare in una sempre prudente zona arancione. L’auspicio è quello di tornare il prima possibile in zona gialla, una condizione che aiuterebbe non poco moltissime persone che dipendono economicamente da questo passaggio. Sicuramente la Santa apprezzerà in special modo coloro che quest’anno, volendo esprimerle il proprio affetto e la propria devozione, si ricorderanno di proteggere se stessi e gli altri.
Sarà una celebrazione di Sant’Agata completamente diversa quest’anno, a causa dell’emergenza Covid. Così, dopo aver visto mutare tantissime abitudini della loro quotidianità, i catanesi dovranno anche fare i conti con le nuove restrizioni applicate in considerazione della corrente situazione epidemiologica. Un momento storico che rende impossibile la compresenza di numerose persone nello stesso luogo, bandendo gli assembramenti – e di conseguenza, feste e processioni.
Dunque, almeno per quest’anno, Sant’Agata non sarà la terza festa religiosa al mondo per numero di visitatori, sebbene non dubitiamo che sarà altrettanto (se non maggiormente) sentita da tutti i suoi devoti. In ogni caso, non sarà possibile prendere parte a nessuna processione, mentre le celebrazioni religiose saranno a porte chiuse il 3,4,5 e 12 febbraio, mentre la Basilica Cattedrale resterà chiusa.
Dovendo rinunciare dunque alla presenza fisica, dove seguire Sant’Agata quest’anno? Bene, le funzioni religiose saranno trasmesse in diretta streaming sui canali social dell’Arcidiocesi di Catania: basterà dunque connettersi a Youtube oppure tramite Facebook. Sempre l’Arcidiocesi si è così espressa in merito: “A Sant’Agata continueremo a rivolgerci perché sia nostra compagna di viaggio in questa difficile prova che la vita ci offre. A Lei, nostra amata protettrice, affideremo ancora una volta gli ammalati, il personale sanitario, il volontariato ed i responsabili del bene comune. Con fiducia osiamo sperare di poter sperimentare ancora una volta la forza del Suo patrocinio”.
Martedì 02 febbraio – Giornata mondiale degli Istituti di Vita Consacrata
Ore 10,00 – Santa Messa all’altare di Sant’Agata.
Ore18,00 – Nella festa della Presentazione del Signore S. E. Mons. Arcivescovo presiederà la Santa Messa. (in streaming sui canali social dell’Arcidiocesi)
Mercoledì 03 febbraio –
Ore 12,00 – L’Arcivescovo presiede la liturgia della Parola durante la quale il Signor Sindaco, a nome della intera cittadinanza, farà l’offerta della cera alla Santa Patrona. La liturgia non sarà aperta ai fedeli, ma si invitano le famiglie a radunarsi in preghiera nelle proprie case alle ore 20,00 e ad accendere un lume rosso dinanzi ad una immagine di Sant’Agata. (in streaming sui canali social dell’Arcidiocesi).
Giovedì 04 febbraio
Ore 06,00– L’Arcivescovo, a porte chiuse e senza la presenza fisica dei fedeli, partecipa insieme al Signor Sindaco alle operazioni di apertura del sacello e presiede la Messa dell’aurora. Al termine della celebrazione il Busto-Reliquiario della Santa Patrona sarà riposto nel sacello.
Ore 18,00 – L’Arcivescovo, presiede la celebrazione dei Primi Vespri e rivolge il tradizionale messaggio alla Città.
Venerdì 05 febbraio – Solennità di S. Agata
Ore 10,00 –L’Arcivescovo presiede il Pontificale, con la presenza del Sindaco a nome della intera cittadinanza. Nel corso della giornata i fedeli ed i devoti sono invitati a partecipare alla Santa Messa della solennità nella chiesa più vicina alla propria abitazione nel rispetto delle norme anti covid e secondo le disposizioni delle autorità a quel momento in vigore. Dal 06 all’11 febbraio Sante Messe all’Altare di Sant’ Agata alle ore 10,00 e alle ore 18,00.
Giovedì 11 febbraio
Ore 16,30 – L’Arcivescovo presiede la Santa Messa nella giornata internazionale dell’ammalato. Saranno presenti soltanto i cappellani degli ospedali. Al termine della celebrazione l’Arcivescovo impartirà la benedizione col Velo di Sant’Agata.(in streaming sui canali social dell’Arcidiocesi)
Venerdì 12 febbraio – Chiusura delle Celebrazioni
Dalle ore 08,00 alle 0re 12,00 la Cattedrale rimane aperta per la preghiera personale dei fedeli e dei devoti.
Ore 19,00 – L’arcivescovo, senza la presenza fisica dei fedeli e a porte chiuse, presiede la Santa Messa a conclusione delle annuali celebrazioni.
Sant’Agata, ogni catanese lo sa, è molto più che una semplice festa. Non è solo un momento di intensa religiosità, che unisce i cittadini alla loro Santa, e non può essere ridotta nemmeno a un magistrale esempio di folklore e tradizione. Per 5 giorni la Santa inganna il tempo e avvolge nel suo manto la città – uno spazio al di fuori del quotidiano, del convenzionale. Se lo chiedete a un sociologo, probabilmente la prima cosa che vi dirà sarà che Sant’Agata è la terza festa religiosa del mondo dopo Siviglia e Lima, con un milione e mezzo di presenze. Se lo chiedete a un catanese, probabilmente vi dirà che non c’è un modo per definirla, ma solo un modo di sentirla.
Eppure, quest’anno sarà una festa diversa a causa del Covid-19, che ormai da un anno fa scempio delle nostre abitudini, non risparmiando nemmeno le tradizioni a cui siamo più legati. Assolutamente vietati gli assembramenti, adottato uno specifico programma; una necessità, di certo non una scelta. Tuttavia, il legame fra la Santa e i suoi cittadini appare profondo come il mar Mediterraneo e infrangibile come la pietra lavica.
Allora, per consolarci della momentanea rinuncia alla vicinanza fisica con la Santa, il nostro suggerimento è quello di non farci quantomeno mancare tutti i cibi fisici della sua festa – ovviamente, in modalità asporto, in ossequio alle disposizioni vigenti.
Entrambe costituiscono una tappa fondamentale della festa, ormai segno riconoscibile del legame con la Santa. In particolare le cassatelle, con la loro forma specifica e il loro legame con la biografia della Santa, ma anche con il loro cromatismo, sono ormai universalmente riconosciute come il dolce di Agata. Anche le olivette non possono mancare però nella lista della spesa di coloro che non temono di assumere molti zuccheri: esse richiamano quando Agata sostò per allacciarsi un calzare, inseguita dai soldati di Quinziano, e comparì un ulivo in grado di fornirle ristoro. Possono essere mangiate “al volo”, per strada, o portate come prelibatezze ai propri cari.
Ci sono diversi tipi di torroni che potrete gustare durante la festa, se siete abbastanza coraggiosi da mettere a rischio i vostri denti. Si parte dal torrone con mandorle (o con mandorle caramellate), forse il più classico, ma sicuramente non il più scontato. Presenza fissa di tutte le bancherelle che popolano il magnifico mosaico di vita che si riunisce durante la festa, gioia e dolori di tutti i dentisti. Abbiamo poi il torrone di Sant’Agata, dal gusto decisamente più dolce – e per questo, forse, talvolta meno apprezzati. Se quest’ultimo è composto da un mix di marzapane, frutta secca e canditi, il torrone gelato di Sant’Agata è invece fatto di pasta reale e poi ripieno con frutta candita e secca, a cui viene ovviamente aggiunto l’ingrediente da cui deriva il nome: il gelato. Viene spesso servito a spicchi di forma triangolari.
Anche coloro che preferiscono il salato non rimarranno certamente delusi durante le celebrazioni della Santa. Ovviamente, il primo pensiero corre ai canonici arancini, che anche durante i primi di Febbraio non sfigurano mai – anzi! Ma i più golosi sapranno certamente dove trovare eccelse grigliate di carne, magari accaparrandosi generose porzioni lungo via Plebiscito e gli spiazzi di castello Ursino. Aggiungiamo che non c’è un modo migliore di riscaldarsi, se non accompagnandola con un corposo bicchiere di rosso. Se poi volete “passarvi la bocca”, ecco allora che non possiamo che consigliarvi i “piretti“, cedri tagliati a fettine disposte in piattini e conditi col sale.
Insomma, anche sul fronte del cibo, Sant’Agata mette proprio tutti d’accordo.
Nonostante che questa Chiesa rimanga ancora in attesa di un restauro che le ridoni parte dell’antico splendore, scegliere di visitare questo scorcio della Sicilia, rimane uno dei luogo più belli da visitare. Anche se non è possibile visitare l’interno di questo monumento medievale, l’esterno ripaga abbondantemente il visitatore: esso potrà ammirare già al suo ingresso, dopo avere percorso la scalinata panoramica che porta all’Abbazia, l’ingresso caratterizzato da un arco di epoca barocca sormontato dallo stemma dei basiliani, è presente anche un finta balconata che lascia vedere un imponente muro di cinta. Potrà, poi, ammirare gli stupendi archi intrecciati di stampo normanno, le cupole rotonde e l’abdise centrale che ricordano le Moschee nordafricane e il portale di marmo e pietra calcarea. Al centro della navata si trova una botola, essa per mezzo di una scala conduce ad una cripta sotterranea, qui venivano poste le spoglie dei monaci basiliani. La vegetazione presente nella zona è ricca di agrumeti che a primavera deliziano l’olfatto dei visitatori con il loro profumo di zagara.
Nei giorni appena trascorsi i siciliani hanno potuto nuovamente assistere allo spettacolo pirotecnico naturale offerto dal vulcano Etna. Nel tardo pomeriggio di domenica 13 dicembre infatti l’Istituto nazione di Geofisica e Vulcanologia (Osservatorio Etneo) ha riportato un incremento dell’attività stromboliana, che è cresciuta in breve tempo da livelli medi ad alti. L’attività ha interessato principalmente il versante S del cratere di Sud-Est, con ampie fontane di lava visibili a grande distanza – persino dalla Calabria – e forti boati.
Già nelle ore successive però, stando alle reti di monitoraggio dell’Istituto, l’attività stava scemando. Si sarebbe, insomma, trattato di un evento senza conseguenze straordinarie, che ha permesso però a moltissimi ammiratori de “A Muntagna” di poterne saggiare anche una volta sia la magnificenza sia la possanza. Spettacoli pirotecnici di questo tipo non sono inusuali per il vulcano. Come di sovente, l’attività è stata accompagnata da copiose piogge di “rina”, ovvero pioggia cinerea che ha coperto auto, marciapiedi e strade.
L’attività eruttiva di domenica è avvenuta nello stesso giorno di un altro evento, la festa di Santa Lucia. Una coincidenza che, se da un lato ha alimentato suggestioni romantiche su eventuali omaggi del vulcano alla Santa, dall’altro ha riportato nel cuore e nella mente dei siciliani il ricordo di un altro, tragico, evento.
Era il 13 dicembre del 1990, esattamente trent’anni fa, quando la terrà fu scossa da un terremoto di magnitudine 5.7 secondo gli studiosi dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. Nonostante fosse stato classificato come entità media, il sisma portò via con sé 18 persone, la gran parte residenti nella cittadina di Carlentini. Un terremoto spaventoso, l’ultimo a infliggere un simile tributo a un’isola storicamente martoriata da eventi di questo tipo, e in grado di inghiottire interi palazzi. I danni furono estremamente ingenti, stimati all’indomani della tragedia come oltre 500 miliardi di lire.
In particolare molta preoccupazione fu legata al polo petrolchimico di Priolo, Melilli e Augusta dove venne operata una riduzione degli stoccaggi e la messa in sicurezza degli impianti per timore di una successiva scossa. Una scossa che arrivò qualche giorno dopo, il 16 dicembre alle 15 circa, ma fu di entità tale da non causare danni eccessivi.
I disagi maggiori furono tuttavia per gli sfollati: un massa numerosissima di senzatetto, stimati in quasi 12.000, che dovettero fare i conti con numerose sistemazioni di emergenza. Ad appesantire ulteriormente la situazione, le avverse condizioni meteorologiche che imperversarono quell’anno impietose, con 25 giorni di pioggia consecutivi.
Come spesso accade in questi casi in Italia, la riposta della politica fu lenta e intempestiva, nonostante le promesse iniziali. Nel marzo del 1991 scoppiarono numerose proteste, che infuocarono prima i territori siracusani e poi quelli catanesi. La protesta, complice ancora una volta la lentezza del sistema burocratico italiano e le sue falle, si protrasse sino all’autunno quando alcuni Municipi delle città più colpite furono occupati in segno di protesta. Ma per vedere effettivamente i primi interventi strutturali e stanziati i primi fondi sufficienti i siciliani, martoriati da questo flagello, dovranno attendere il 1993. Solo allora arrivarono i primi fondi della legge 433/91, che prevedeva una donazione di 3mila e 870 miliardi di lire.
Ancora nel 2010 questo fondo è stato soggetto a rimodulazione per quanto riguarda i fondi non investiti. Una storia fortemente amara per tutti coloro che hanno a cuore questa terra e che detestano vederla martoriata. Un motivo in più per godere della pace offertaci in questi anni dal nostro amato vulcano e per ricordarci di quale forza siamo dotati noi siciliani, in grado di ricostruire sempre a partire dalle macerie.
Per tutti i siciliani è semplicemente “a muntagna”, per i catanesi una presenza confortante da guardare quando si rientra a casa dopo lungo tempo, una costante del panorama. Ma l’imponente vulcano, il più alto fra gli attivi terrestri della placca euroasiatica, ieri ha deciso di dare nuovamente spettacolo. Così, tutti i suoi ammiratori hanno potuto osservare l’eruzione dell’Etna in tutta la sua magnificenza, e per di più in occasione dei festeggiamenti per Santa Lucia. Un doppio evento che non ha mancato di solleticare suggestioni nel cuore dei siciliani, ma ha anche riportato alla memoria ricordi dolorosi.
L’attività eruttiva dell’Etna è stata prontamente segnalata dall’Istituto nazione di Geofisica e Vulcanologia (Osservatorio Etneo). Le reti di monitoraggio hanno infatti rilevato come intorno alle 19 di domenica pomeriggio vi sia stato un incremento dell’attività stromboliana, che è cresciuta in breve tempo da livelli medi ad alti. Sempre nel comunicato si legge: «contemporanemente si è osservato un incremento dell’attività infrasonica sia nel numero che nell’ampiezza degli eventi e a partire dalle 21.10 si osserva la presenza di tremore infrasonico».
L’attività ha interessato principalmente il versante S del cratere di Sud-Est, con ampie fontane di lava visibili a grande distanza – persino dalla Calabria – e forti boati. Pur nella sempre necessaria vigilanza che si accompagna a eventi simili, uno spettacolo pirotecnico sempre straordinario, che per di più questa volta si accompagna alle celebrazioni della Santa Lucia. “A Muntagna” ha voluto così stupire ancora una volta i suoi osservatori, regalandogli un momento di rara bellezza.
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Secondo il comunicato delle 5.30 circa del mattino del 14 dicembre dell’Istituto, l’eruzione andava scemando: “l’attività esplosiva al cratere di Sud Est è stata d’intensità variabile ed al momento appare nuovamente in decremento. Per ciò che concerne l’attività effusiva, dalle telecamere di sorveglianza sembrerebbe che la colata lavica prodotta dalla fessura di Sud sia inattiva, mentre la colata proveniente dalla fessura di Sud-ovest al momento meno alimentata“.
La situazione sembrerebbe dunque stare rientrando alla normalità, senza che vi siano particolari segnalazioni da fare. Le autorità competenti continuano a monitorare la situazione per intercettare ogni variazione riconducibile all’eruzione dell’Etna. Intanto, mentre gli appassionati di tutto il mondo possono godere la prova di forza del vulcano, i catanesi si sono svegliati con una “conosciuta sorpresa”, se ci perdonate l’ossimoro.
Come accade spesso in tali frangenti infatti Catania si è svegliata sotto una coltre di polvere cinerea, emessa in occasione dell’attività vulcanica dell’Etna. Così, auto, strade, marciapiedi e strade sono stati coperti da questo manto tutt’altro che bianco e decisamente non natalizio, ma spesso altrettanto fastidioso come la neve. In particolare, essendo la polvere ricca di silicio, una delle sue particolarità è di essere vetrosa: questo significa che rimuoverla senza le adeguate precauzioni. In particolare, bisogna prestare attenzione quando il vetro della propria auto è coperto ed evitare di azionare istintivamente i tergicristalli: essi infatti creerebbero attrito su tutta la superficie del vetro, rischiando di graffiarlo. Altro rischio connaturato alla “pioggia” di cenere è quello di scivolare: depositandosi sulle strade esso infatti costituisce un pericolo per i guidatori, in particolare per quelli delle due ruote.
I siciliani lo sanno: mamma Etna ama dare spettacolo e farlo nel modo più pirotecnico che conosce, regalando improvvise esplosioni e suggestive fontane di lava. E permette quasi sempre a tutti di goderne in sicurezza, a patto di rispettare ragionevoli misure. Proprio ieri ricorreva un’altra occasione molto cara ai siciliani, la festa di Santa Lucia: sembrerebbe quasi che anche l’Etna abbia voluto omaggiare la Santa, a modo suo.
Il ricordo amaro dei siciliani è invece legato alla ricorrenza, occorsa proprio ieri, dei trent’anni dal terremoto di Santa Lucia. In quel caso furono 18 i morti e oltre 10mila gli sfollati in un’ampia zona della Sicilia orientale: un pensiero inevitabile, per tutti coloro che vivono alle pendici del maestoso vulcano.
I sanatori infatti, nascevano per curare diversi tipi di malattie croniche, come patologie polmonari o handicap fisici, ma non era raro che vi venissero letteralmente rinchiusi a vita soggetti con turbe psichiche e che rappresentavano un pericolo per la comunità. Il concetto di malato di mente però, non era di sicuro elevato ai livelli di conoscenza come quelli che abbiamo oggi; nei sanatori finivano infatti molto spesso donne considerate “ribelli” o isteriche, bambini che avevano solo la colpa di essere iperattivi, e persino omosessuali o persone che praticavano la masturbazione e che se si facevano scoprire correvano il rischio di essere considerate pazze, per non parlare poi di personaggi “scomodi” per eliminare i quali bastava un medico compiacente che redigesse un certificato di malattia. Le cure che venivano riservate a questo tipo di pazienti, dunque, erano più che altro atte a immobilizzarne corpo e mente, attraverso potenti psicofarmaci e trattamenti che potremmo definire tranquillamente “torture”.
I sanatori venivano eretti lontano dai centri abitati per due motivazioni principali: tra le “cure” previste, si pensava che un buon clima, acque termali, il contatto con la natura e un’alimentazione controllata potessero alleviare alcuni sintomi e migliorare il benessere generale della persona. Ma la motivazione preponderante è che la comunità desiderava relegare il più lontano possibile dalla vista le persone non “conformi”. Non fu diverso per il progetto che avrebbe previsto l’apertura del sanatorio di Piazza Armerina.
Forse è il caso di dire che fortunatamente non fu mai completato e che l’evoluzione e la rivoluzione nell’approccio terapeutico di molte malattie fisiche e mentali ha permesso a molte persone di non finire in luoghi come quello, di fatto delle vere e proprie pigioni travestite da ospedale.
Recuperare strutture come l’ex sanatorio di Piazza Armerina sembra anche difficile dal punto di vista strutturale, poiché dagli anni ’70 ad oggi i canoni da rispettare per ergere strutture così importanti sono cambiate moltissimo ed eventuali investimenti per la ristrutturazione sarebbero troppo ingenti. Rimane quindi un relitto inquietante e dismesso, preso ormai d’assalto e inglobato sempre più dalla vegetazione, divenuto attrazione per avventurieri in cerca di fantasmi, o per chi desidera immergersi per qualche ora nell’atmosfera inquietante di ciò che avrebbe potuto essere tra quelle mura.
vi è sicuramente la Fontana Marmorea, realizzata con il famoso marmo rosso delle sue cave.
Si trova alla base di una bellissima scalinata realizzata sempre in marmo e che porta all’Altare della Madonna del Lume.
tra le quali citiamo la Chiesa di San Salvatore, nota per essere ad oggi sede del Museo Aluntino; la Chiesa di San Teodoro, edificata nel XVI secolo, particolarmente interessante da visitare per ammirare i suoi stucchi decorati e le opere artistiche presenti al suo interno, anche di artisti del luogo.
Ed infine la Chiesa Aracoeli, risalente al ‘600, anch’essa decorata con affreschi di pregio.
Sia che lo si faccia perché spinti dalla fede che per scoprire un luogo in cui arte e storia di fondono alla perfezione, la chiesa di San Giovanni Battista rappresenta la meta perfetta per ogni turista e offre la possibilità di conoscere da vicino un angolo di Sicilia tutto da scoprire. Si trova nella Piazza Lucia Mangano, 95037 S. Giovanni La Punta CT.
Sotto il profilo storico, nell’elenco delle location da visitare in occasione di un soggiorno a San Giovanni La Punta c’è anche il monumento al Milite. Anche in questo caso, si tratta di uno dei siti di interesse più apprezzati e visitati da turisti provenienti da ogni angolo del mondo.
Per chi ama l’arte non può non andare in visita presso la Fondazione La Verde La Malfa
Un luogo ideale in cui fare una vera e propria full immersion nell’arte in ogni sua forma. In questo luogo infatti, oltre ad esposizioni permanenti, non presenti anche sezioni dedicate ai libri antichi, alla storia contemporanea ed è anche stata realizzata una stanza chiamata Stanza della pace. Questo luogo si trova in via sottotenente Pietro, Via S. Ten. Nicolosi, 29, 95037 S. Giovanni La Punta CT per info 095 717 8155.
Insomma, chi trascorrerà un soggiorno in questa località non molto distante da Catania non può affatto perdersi una simile preziosa occasione di cultura e approfondimento.
A questo punto, non resta altro da fare che preparare i bagagli e partire alla volta di San Giovanni La Punta, luogo ideale per trascorrere uno short break o una vacanza più lunga in ogni periodo dell’anno, dato il clima particolarmente mite.
Il docu film di Sant’Agata più atteso per il prossimo anno e la sua trama sarà abbastanza semplice, ovvero narrare il racconto della festa della patrona.
Una trama molto semplice che ha, come filo conduttore, le emozioni provate da un giornalista di Roma che, da anni, vive nella città della Capitale italiana ma che, quando si avvicina la festa della patrona di Catania, non perde l’occasione di presenziare alla festa.
Un evento imperdibile il quale viene raccontato in maniera molto semplice e che permette al pubblico che vuole conoscere le varie storie delle città italiane, di poter scoprire quali siano le tradizioni che vanno a contraddistinguere questa particolare festa, molto sentita da parte della popolazione siciliana che, puntualmente, ogni anno organizza una festa memorabile per la sua patrona.
Il giornalista non si limita solo ed esclusivamente a raccontare la storia attuale della festa di Sant’Agata nel film documentario che lo vede come protagonista.
Al contrario, invece, anche tutte le diverse evoluzioni della festa sono oggetto del racconto della stessa festività siciliana, partendo dalla tradizione fino ad arrivare all’organizzazione dell’attuale festa che ha subito diverse variazioni ma che si occupa di mantenere sempre attivi i pilastri cardini della festività stessa, facendo in modo che la tradizione catanese possa essere tramandata alle nuove generazioni.
Il film documentario viene suddiviso in due parti molto semplici da analizzare, ognuna delle quali in grado di far trasparire la passione per questo genere di festa provata dallo stesso giornalista siciliano trasferitosi a Roma.
Il documentario si focalizza anche sulle diverse epoche che hanno caratterizzato la città di Catania, rasa al suolo in diverse occasioni e ricostruita nuovamente con uno stile sempre più vistoso a simboleggiare la tenacia della stessa popolazione siciliana.
Oltre a questo breve racconto, il giornalista vi illustra anche tutti gli aspetti organizzativi della festa della patrona, così come l’aspetto religioso, offrendo quindi una panoramica generale completa sulla festa, facendo in modo che questa possa essere esaminata sotto ogni punto di vista.
Ovviamente il film documentario non si focalizza solo ed esclusivamente sui racconti del giornalista ma, al contrario contiene anche tutte le diverse testimonianze offerte da parte della popolazione catanese, offrendo quindi una panoramica generale ulteriore.
Persone semplici che raccontano la loro esperienze e le sensazioni che provano ogni volta che vi è questa particolare festa.
Inoltre tutti gli eventi vengono narrati sia dagli organizzatori che dagli altri protagonisti dell’evento, facendo quindi in modo che ogni singolo aspetto sulla festa di Sant’Agata possa essere effettivamente apprezzata da tutti coloro che vivono questo genere di evento con grande attesa ogni anno.
Il film, ormai entrato nella fase di post produzione, verrà intitolato Melior de cinere surgo, scritta presente all’interno della Porta Garibaldi e che mette in risalto il fatto che la città di Catania non si fa mai abbattere, malgrado le difficoltà e problematiche che si possono palesare improvvisamente.
La data di uscita del film documentario non è ancora stata stabilita con ufficialità, ma si presume che il 2020 sia l’anno in cui questa pellicola particolare dovrebbe essere rilasciata e resa disponibile per la visualizzazione da parte del pubblico.
Le Scacce sono un tipico piatto siciliano precisamente ha origini ragusane. Ha origini antiche e soprattutto un piatto economico molto comune ed estremamente gustoso e se sei stato in vacanza nel ragusano di sicuro l’avrai assaggiato e di sicuro non avrai dimenticato il suo gusto avvolgente grazie al suo tripudio di sapori dovuto alla perfetta combinazione degli ingredienti.
Se sei capitato qui vuoi cercare di elaborare a casa tua questo piatto tipico, bene scopriamo insieme gli ingredienti principali e il metodo di preparazione di questa classica tradizionale ricetta siciliana.
Invece per il ripieno occorrono i seguenti ingredienti:
Per quanto riguarda i costi per effettuare questa ricetta sono bassi, la difficoltà è media adesso vediamo la preparazione.
Procedimento
Come prima cosa mettiamo a cuocere la passata di pomodoro in modo che si cuocia bene, quindi in un tegame mettete l’olio e lo spicchio d’aglio fate soffriggere ed aggiungete la passata di pomodoro e le foglioline di basilico, fate cuocere a fuoco lento con il coperchio.
Nel frattempo prendete il caciocavallo e tagliatelo a pezzetti e lasciatelo da parte.
Fatto ciò procediamo con l’impasto, su di un piano spargere la farina a fontana, aggi
ungere il sale e l’olio, dopodiché prendere il lievito e scioglierlo in un tegame con dell’acqua calda e versarlo piano piano sulla farina e amalgamare, al tatto l’impasto non deve risultare appiccicoso quindi aggiungere l’acqua e lavorare energicamente.
Fatto ciò dividere l’impasto in 4 porzioni adagiate in un canovaccio e lasciare lievitare per circa 3 ore.
Una volta che l’impasto è lievitato prendere i panetti e stenderli con un mattarello precedentemente infarinato in maniera sottilissima proprio questa e la particolarità delle Scacce avere una sfoglia sottile e non doppia.
Steso l’impasto spennellate un po di olio e aggiungete la salsa lasciando un dito di spazio ai bordi per permettere la perfetta riuscita della chiusura, dopodiché aggiungete i pezzetti di caciocavallo sparsi su tutta la salsa, e chiudere portando due estremità verso il centro una su l’altra, dopodiché ripetere il procedimento con la salsa e i pezzetti di caciocavallo e richiudere le due estremità.
Fatto ciò prendete una teglia rivestitela con della carta da forno adagiate le Scacce ed infornate a 180 gradi per circa 20 minuti, una volta cotte lasciarle raffreddare alcuni minuti dopodiché servitele tagliate a fette e buon appetito.
Consigli
Questa sopraelencata è la ricetta classica tradizionale a questa potete aggiungere altri ingredienti come le cipolle, le melanzane, i peperoni, e addirittura le salsicce tagliate sottilissime. Che dire in cucina ci vuole molta fantasia per la riuscita di piatti unici e con le Scacce potrete variare la ricetta mantenendo la base classica a seconda del vostro gusto personale.
Se sei capitato qui è perché hai sentito parlare dei Pastieri e adesso vuoi conoscere la ricetta per poterli preparare a casa tua e farli assaggiare ai tuoi ospiti, bene sei capitato nel posto giusto scopriamola insieme.
Iniziamo col dire che i Pastieri sono una tipica ricetta rustica ragusana, in passato era destinata alle classi meno ricche, la tipica ricetta originale ragusana prevede l’utilizzo dalle interiora di agnello oppure del capretto, non veniva utilizzata la carne perché quest’ultima veniva venduta oppure perché troppo costosa. Scopriamo insieme la ricetta che ha un livello medio di difficoltà ed un costo medio-basso.
Ingredienti per il ripieno dei Pastieri
Su di un piano disporre la farina a fontana, mentre in un pentolino sciogliere il lievito con acqua tiepida, dopodiché versatelo gradualmente sulla farina e piano piano iniziate ad amalgamare il tutto, poi aggiungete l’olio, lo strutto, ed il sale, man mano la restante acqua e continuate ad impastare questa volta più energicamente fino a quando l’impasto non risulti liscio ed elastico e non appiccicoso, fatto ciò riponete l’impasto in una ciotola e coprite con la pellicola per alimenti e lasciate lievitare per circa un’ora.
Nel frattempo che l’impasto raddoppia di volume possiamo dedicarci al ripieno dei Pastieri, prendete una ciotola, al suo interno mettete la carne macinata mista e amalgamate bene dopodiché versate il composto in una padella e saltate la carne aggiungendo prima il sale e poi il pepe e lasciate cuocere per circa due minuti. Fatto ciò trasferite la carne in una ciotola e fate raffreddare, una volta raffreddata aggiungete il caciocavallo precedentemente grattugiato lo spicchio d’aglio, il prezzemolo, ed il pepe ed amalgamate il tutto fino a che non diventi un corpo solo.
Una volta che l’impasto è lievitato trasferitelo su di un piano e stendetelo a forma di rettangolo, e con un cilindro formare dei dischi circa 16 per la precisione. Una volta ricavati i dischi al centro di essi mettere un cucchiaio di carne per il ripieno e con le dita sollevate l’estremità del disco e pizzicarlo fino a farlo sembrare quasi ricamato.
Man mano che i Pastieri sono pronti adagiateli su una teglia rivestita di carta da forno, una volta terminati in una ciotola rompete le uova e aggiungete il sale ed il pepe e sbattete, dopodiché versate un po’ di questo composto su ogni tortino facendo attenzione che non fuoriesca, utilizzate le rimanenti uova per spennellare l’impasto. Infornare a 200 gradi con forno già preriscaldato per circa 35 minuti.
Terminata la cottura i vostri Pastieri saranno pronti per essere gustati e con un morso vi porteranno nel meraviglioso mondo ragusano.