La Sicilia finisce per dover salutare un altro dei suoi artisti e lo fa a causa di una vicenda che sembra quasi avere dell’assurdo, ovvero a causa del morso di una zanzare. Quella che ha morso Momò Calascibetta, conosciuto e amatissimo artista 73enne, gli ha trasmesso la Febbre del Nilo occidentale. Una malattia rarissima dalle nostra parti, tanto che Momò è stato il primo caso diagnosticato, come lui stesso ha riportato tramite una lettere pubblicata sui social dai suoi familiari, la stessa che poi è divenuta un commiato a tutti coloro che lo seguivano.
Momò Calascibetta, la lettera di addio
«Cari amici, sono stati due mesi difficili. Vi sembrerà ridicolo, ma ad agosto una zanzara mi ha messo fuori combattimento. A me le zanzare non hanno mai fatto niente. Stavolta, però, mi sono sentito molto male. In principio non avevo collegato il mio malessere con la puntura di zanzara. Pensavo fosse covid, magari di una nuova variante, non riconosciuta dai tamponi, ma niente: pur prendendo i farmaci del caso, la febbre non passava e la stanchezza aumentava.»
«All’improvviso ho perso conoscenza. Mi sono ritrovato in ospedale, con mia moglie e mio figlio al mio fianco. Avrei voluto dire loro tante cose, ma non potevo parlare. Potevo solo comunicare con gli occhi quanto volessi loro bene. Stavo combattendo la mia battaglia più difficile, contro un nemico ignoto. I medici non sapevano di che cosa si trattasse. Si limitavano a farmi trasfusioni e ad aiutarmi nella respirazione. Doveva essere qualcosa di grave, ma io volevo vivere. Volevo continuare a dipingere, continuare a raccontare al mondo la mia storia.»
«Sentivo vicino l’amore di Enza e Filippo e degli amici più cari, che chiamavano ogni giorno. Non potevo mollare. Infine è arrivata la diagnosi. Ero il primo caso siciliano di Febbre del Nilo Occidentale. Credo ne abbiano parlato anche i giornali. Una malattia solitamente non mortale, ma talvolta insidiosissima. E il mio corpo, purtroppo, non reagiva bene. La mia mente era presente, ma non potevo muovermi. Nemmeno i miei organi interni funzionavano. All’ospedale le hanno provate tutte, ma non c’è stato verso. Sono volato via e scoprirò altre cose.»
«Vi scrivo ora, prendendo in prestito le mani di Enza, di Filippo, di Andrea e degli amici più cari, per dirvi che non sono morto. Il mio corpo è morto, è cenere, la stessa cenere che mi sono divertito a spargere sul capo mio e di tante altre persone, ma il mio spirito è vivo. Ogni qual volta un mio dipinto vi strapperà una lacrima, un sorriso, una risata amara, io sarò lì con voi. Non ho alcuna intenzione di lasciarvi. Ci sono tante cose che ho ancora da fare: due mostre pronte, un catalogo, una Momografia… Certo non potrò essere fisicamente presente, ma in spirito, ve lo prometto, ci sarò. Questo non è addio, solo un arrivederci. La vita è bellissima, e gli artisti non muoiono mai.»
Chi era Momò Calascibetta
Momò Calascibetta nasce a Palermo in vicolo del Forno. Consegue la laurea in architettura, ma la sua passione vira presto verso la pittura. Proprio quella pittura sarà definita da Sciascia «come il racconto dettagliato dell’imbestiamento di una classe di potere già sufficientemente imbestiata nella più lata avarizia e nella più lata rapacità….». Nel 1982 si trasferisce a Milano, dove nascono tematiche come “Comiso Park”,”Piazza della Vergogna”,”De l’Amour”,”Labirinto Verticale”,”Terromnia” e altre ancora, che troveranno spazi espositivi alla Fondazione Corrente, Fondazione Mudima, Galleria Jannone ed in fiere internazionali d’arte: Arte Fiera di
Bologna, MiArt, Artexpo New York Coliseum, Art Basel, Arco Fiera di Madrid.
Nel 2002 la Fondazione Mudima, a cura di Philippe Daverio, organizza una mostra-evento dal titolo “Terromnia”, dove vengono esposte per la prima volta le sculture e le opere più rappresentative di tutte le tematiche. La Mostra susciterà l’interesse di numerosi critici e personaggi che animano la vita culturale della città tra i quali, Gillo Dorfles, Alessandro Riva, Marco Meneguzzo, Liana Bortolon e Giovanni Quadrio Curzio.
Nel 2004 è stato ospite con le sue opere alla trasmissione Passepartout di Philippe Daverio su RAI 3 e nel 2005 un suo grande lavoro “Il gelato di Tariq” viene utilizzato per l’allestimento del set delle nove trasmissioni estive di Passepartout. Nella Biennale di Venezia del 2005 Momò, con altri curatori, organizza il Progetto “Esserci al Padiglione Italia”, evento che ha voluto lanciare un messaggio alla Biennale puntualizzando che l’arte italiana è ammorbata da una volontà dominante verso il crescente dilagare di uno sporco e corrotto mercato dell’arte. Nel settembre 2005 partecipa al grande progetto Plotart a cura di Gianluca Marziani e Massimo Lupoli che lo coinvolge in diverse gallerie d’arte contemporanee in Europa. Nel 2007 al Museo Mandralisca di Cefalù un’antologica intorno al tema del “sorriso” a cura di Vincenzo Consolo. Nel 2007 una mostra antologica dal titolo “De risus natura” al Museo Mandralisca di Cefalù a cura di Vincenzo Consolo. Nel 2008 realizza per il Museo Michettiuna istallazione piramidale di m.6.60 di altezza nello spazio antistante il museo, un grande volume sospeso a 5 metri da terra e realizzato con 20.000 cannucce da bibita trasparente e leggerissimo.
Nel 2010 l’artista sposta di fronte l’isola di Mozia, in Sicilia, il suo secondo studio alternando il soggiorno con Milano. Nel 2015 porta avanti il progetto “SPECCHI”, un gioco di psicocarte composto da 22 carte. Nel 2016 è impegnato con “Momeide”, un’ antologica a Palazzo Zacco a Ragusa a cura di Andrea Guastella e nel 2017 un’istallazione alla Farm Cultural Park di Favara da titolo provocatorio Agrigentèrotique a cura di Dario Orphèe. Dal 2018/19, insieme allo scrittore e critico Dario Orphèe, un grande evento itinerante ”Cenere”, a cura di Andrea Guastella, lo vedrà in 13 spazimuseali siciliani con una installazione di m. 8.00
x 3.00.
Gli elementi e le radici della sua “Sicilitudine”, sono stati sottolineati con testi di Sciascia, Bufalino, Consolo, scrittori che lo hanno sostenuto nel suo viaggio creativo. Nell’opera di Momò, da Mario de Micheli a Giorgio Soavi, da Dentice a Testori,da Philippe Daverio a Gillo Dorfles e Marco Meneguzzo sono state individuate le caratteristiche ed i canoni del grande e raro disegnatore satirico.
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