Lo diciamo sempre: la Sicilia è una terra meravigliosa, che il nostro passato ci ha lasciato impreziosita d’innumerevoli gemme. Uno scrigno prezioso, del quale troppo spesso abbiamo poca cura. Anche questa è una frase ricorrente nei nostri dialoghi: « In Sicilia non siamo capaci di valorizzare quello che abbiamo! Se gli altri avessero quello che abbiamo noi…» E invece, almeno per questa volta, la Sicilia gioca d’anticipo con il “Manifesto dei diritti e dei doveri dei beni culturali”. Si tratta di un documento d’indirizzo volto a salvaguardare un patrimonio comune che deve essere tutelato da diritti specifici ai quali corrispondono, in modo speculare, altrettanti doveri. Approvato ieri mattina nella sala Mattarella dell’Assemblea Regionale Siciliana e promosso dal responsabile del dipartimento Beni Culturali del PD Sicilia, Manlio Mele, il Manifesto si pone uno scopo ambizioso.
Grande soddisfazione è espressa proprio da Mele, il quale ne rimarca la novità assoluta: « Questo documento è il primo del genere in Italia. Spesso da questo palazzo sono partite molte battaglie e proposte di legge adottate poi dal Parlamento nazionale. Parliamo di diritti oggettivi e soggettivi, complessi, erga omnes, una specifica e singola categoria in cui si esprimono diritti e doveri morali e culturali, nella speranza che vengano riconosciuti come diritti autonomi ».
Il “Manifesto dei diritti e dei doveri dei beni culturali”
Il Manifesto adesso diventerà una “Carta dei diritti e dei doveri dei Beni culturali”. Nato da un lavoro lungo otto mesi di un coordinamento di intellettuali (Roberto Albergoni, Monica Amari, Edward Richard jr. Bosco, Francesca Cicero, Marika Cirone, Andrea Cusumano, Cinzia Laurelli, Manlio Mele, Lorenzo Palumbo, Silvia Pinto, Ersilia Saverino) è rivolto a cittadini e istituzioni. In questo senso vanno lette anche le parole di Roberto Albergoni, manager culturale e presidente meNO: «La scrittura di questo documento ha rappresentato un’esperienza interessante, con la partecipazione attiva di tutti i soggetti coinvolti». E ha evidenziato due punti: «Il primo è che nasce in Sicilia, non solo per la natura sincretica della sua cultura ma anche per un’esigenza specifica, in quanto il tema dei diritti e doveri culturali riguarda la cittadinanza, l’impegno della collettività, il rapporto con ciò che è pubblico, con le istituzioni. Il secondo, perchè, bisogna considerare la cultura come un valore al di là del reddito che può procurare. Non si nega lo sviluppo economico, ma si rifiuta la logica per cui un bene debba essere attenzionato solo se produce profitto».
La centralità della cultura torna come concetto anche nelle parole di Claudio Fava, presidente della Commissione regionale Antimafia: «Mettiamo al centro la cultura non più come oggetto ma quale soggetto capace di darsi una identità, una cultura che sia contenuto e non contenitore, inclusiva e non escludente come nel caso del teatro di Librino, a Catania, che esiste da 20 anni, ma è stato sempre chiuso e vandalizzato».
Un’istantanea che ben individua la priorità riconosciuta sinora alla cultura, sempre tirata in ballo quando si parla di retorica politica e mai fino in fondo tutelata e valorizzata come possibile.
Un rilancio per la cultura?
Lo abbiamo scritto più volte, ma la cultura è stata anche fra i settori in assoluto più danneggiati dalla pandemia e dalla conseguente crisi economica. Un fattore che si somma alla già proverbiale tendenza in Italia a risparmiare sempre sulla cultura (una tendenza che colpisce ciclicamente diversi settori comunque, come anche l’istruzione o la sanità, senza che questo possa essere di conforto). E proprio a questo fa riferimento anche Andrea Cusumano, già assessore alla Cultura del comune di Palermo: «Il valore di questo manifesto è enorme perché i diritti culturali oggi non sono ancora riconosciuti, la cultura è il primo settore a essere tagliato in caso di crisi e l’ultimo a essere recuperato e riavviato, pensiamo per esempio a causa del Covid 19 alla sofferenza di tutti i lavoratori del cinema e dei teatri. Mi sembra una prospettiva miope pensare che solo il binomio economia e politica possano essere una sferzata per risollevare il paese».
Una chiosa definitiva si può trovare nelle parole dell’onorevole Nello Dipasquale, che rimarca ancora una volta l’importanza del Manifesto, identificato come «un documento politico, è un segnale di unità nel senso di attenzione verso il patrimonio culturali, un appello affinché le norme già esistenti diventino prassi, sedimento culturale di tutti, per una cultura che non isola ma che apre orizzonti crea partecipazione e fa sentire tutti protagonisti».
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