Si preannuncia un inizio di febbraio complesso per Catania, con molte tensioni preannunciate. La prima viene dallo stabilimento produttivo di Catania della Pfizer, dove 80 lavoratori rischiano di rimanere a casa e altri 130 di essere trasferiti ad Ascoli Piceno. Una situazione critica per molte famiglie, prontamente segnalata dai sindacati. Come siamo felici di segnalare concorsi e posizioni lavorative, riteniamo sia un nostro dovere – seppur meno piacevole, in questo caso – segnalare eventuali criticità come questi casi.
Ma non è l’unica occasione in cui a breve si riempiranno le strade di Catania di manifestanti: sono moltissimi gli studenti sul piede di guerra per la decisione di modulare gli esami di stato in due prove scritte e un orale. E non solo gli studenti: anche i docenti e i presidi si sono schierati contro la decisione del ministro Bianchi, reo di aver ignorato la condizione attuale e non aver considerato una transizione maggiormente soft fra gli esami degli ultimi due anni e la formula proposta. Per questo motivo, gli studenti si sono dati appuntamento in piazza e promettono di non tornare sui loro passi sino a quando la decisione non verrà revocata.
Pfizer: tagli e spostamenti in vista per il personale
Ancora una tegola per sindacati e lavoratori, dopo due anni di problemi dovuti a pandemie ed emergenze sanitarie. Solo che stavolta i tagli arrivano da una delle aziende che maggiormente ha “beneficiato” dei problemi legati al Covid19, quella Pfizer depositaria di uno dei brevetti più usati per i vaccini. Nonostante tutto, la direzione italiana dell’azienda ha segnalato nel corso di una videoconferenza a livello nazionale un esubero di circa 210 unità nella sede di Catania. L’Ugl ha riportato quindi «una decisione che riguarda lo stabilimento produttivo di Catania e che interessa nello specifico 80 lavoratori con contratto in somministrazione che non verranno rinnovati e circa 130 dipendenti effettivi ai quali, in prima istanza, sarà proposto il trasferimento nella sede di Ascoli Piceno. A questo si aggiunge anche un dimezzamento degli investimenti, da una cifra pari a poco meno di 60 milioni di euro annuali, precedentemente erogati per la produzione catanese, a una somma intorno ai 28 milioni di euro che consentirà soltanto la manutenzione degli impianti.»
Il sindacato precisa come questa decisione fosse stata da loro intuita grazie ad alcune manovre operate in passato dalla casa farmaceutica, definendo «un’inversione di rotta repentina quella operata dal colosso multinazionale che opera nel settore della farmaceutica, che le sigle avevano già immaginato nei mesi scorsi quando, invano, avevano richiesto un incontro. Dopo un anno e mezzo di silenzio, per Catania arriva la batosta che temevamo, ovvero la riduzione dei volumi della produzione e un contestuale drastico tagli all’impegno di somme, che avrebbero invece dovuto garantire nuove produzioni. Già da tempo, come Ugl, avevamo espresso preoccupazioni considerato che il trasferimento di una commessa altrove, in assenza di valide alternative, rendeva naturale la perdita dei livelli occupazionali. Si tratta di maestranze altamente specializzate che, in tutti questi anni, hanno permesso al sito più volte di conseguire importanti risultati ed affrontare ispezioni di enti regolatori, ottenendo le necessarie certificazioni internazionali di qualità. »
Infine, precisa Ugl «quanto comunicato dalla dirigenza di Pfizer Italia è una brutta tegola per il lavoro, l’economia ed il tessuto sociale della città di Catania e non solo, già fortemente provato dalla crisi economica e quella pandemica. Una scelta, che in questo momento storico non comprendiamo anche alla luce del volumi di affari che nell’ultimo anno ha registrato l’azienda. E’ chiaro che non può essere sempre chi lavora a dover pagare pesantemente le spese di questa politica industriale e ci batteremo fino alla fine per ottenere una revisione della decisione. Oltre questo, chiederemo più attenzione per l’unità produttiva etnea poiché ancora oggi per il prossimo triennio non ci sono notizie confortanti, oltre quelle legate al mantenimento delle strutture attuali ormai obsolete. Conferiamo quindi, lo sciopero indetto per il 4 marzo con Cgil e Uil»
Studenti pronti a scendere in piazza per contestare la maturità
Sono stati anni difficili per la scuola: la pandemia ha forzato gli studenti a rimanere lunghi periodi in DaD, con conseguenze ancora in parte sconosciute sulle nuove generazioni. Tuttavia, la rincorsa al ritorno alla normalità (tanto invocata dalle alte sfere della politica) potrebbe aver indotto a decisioni contrastate. Notizia di questi giorni è stato infatti l’annuncio del ministro Bianchi, il quale ha previsto una maturità con due scritti – il tema d’italiano e una prova d’indirizzo scelta dalla commissione, tutta interna. A poco però sono valse queste due ultime clausole, ovvero il fatto che la commissione rimanga del tutto interna e che siano questi ultimi docenti a comporre la seconda prova, di fronte alla rabbia degli studenti. «Saremo sotto al Ministero dell’Istruzione e nelle piazze del Paese», dice Tommaso Biancuzzi della Rete degli studenti medi: «Abbiamo aspettato fin troppo: servivano certezze per gli studenti e non patiboli. L’esame così rischia di essere una condanna per tutti noi. Vogliamo un esame senza scritti e con una tesina che ci permetta di elaborare, studiare e collegare quello che abbiamo imparato in questi anni. Basta giocare sulla nostra pelle». E anche i dirigenti scolastici si sono uniti al coro di coloro che non hanno apprezzato le nuove modalità d’esame: per l’Associazione Nazionale Presidi è tempo per il ministro di rivedere le proprie scelte e ripensarci.
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