E’ stato un 2021 intenso per Mamma Etna, che da quando è cominciato l’anno ha infittito la sua attività vulcanica. Già a febbraio e a maggio avevamo documentato le attività del vulcano, insieme ai rischi connessi al Radon (un gas naturale presente in tutta la crosta terrestre che può spostarsi e sfuggire dalle porosità del terreno disperdendosi nell’aria o nell’acqua e la cui radioattività può essere la causa dell’insorgenza di tumori soprattutto dell’apparato respiratorio).
Evidentemente non ancora paga, la montagna ha deciso di mostrare ulteriormente la sua possanza mettendosi in mostra sia per i siciliani che per i turisti e gli appassionati. Negli ultimi giorni, come riportato dall’INGV, i fenomeni parossistici hanno ripreso a essere insistenti.
Etna: una spettacolare colonna di fumo
Già sabato sera il vulcano aveva illuminato la notte catanese con una fontana di lava visibile a grandissima distanza. Mercoledì 16 giugno ha poi deciso di “bissare per i suoi fan”, eruttando per circa un ora dal cratere di Sud-Est.
Come riportato nel comunicato dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, “la nuova fase è stata preceduta da una intensa attività stromboliana e dall’emissione di un trabocco lavico dal fianco meridionale della ‘bocca’ che si propaga in direzione della Valle del Bove.” L’ampiezza media del tremore vulcanico, dopo aver raggiunto il picco intorno alle 14.20, è andata scemando rapidamente – sino a tornare nei parametri medi -, senza comportare disagi per l’operatività dell’aeroporto Vincenzo Bellini di Catania.
Etna: la cenere emessa dal vulcano come risorsa per l’ingegneria civile e ambientale
Come spessissimo accade in questi casi, la fontana di lava ha comportato anche l’emissione di un’alta nube eruttiva, la quale a sua volta ha causato una caduta di cenere vulcanica su tutto il territorio etneo. I cittadini pedemontani si sono trovati dunque, per l’ennesima volta quest’anno, a osservare il cielo prima di guardare – impotenti – le loro abitazioni e automobili ricoprirsi di nero. Un inconveniente che finora è stato un fastidio di non poco conto, ma che da adesso potrebbe anche avere ulteriori risvolti positivi rispetto al passato.
Secondo i risultati del progetto Recupero e utilizzo delle ceneri vulcaniche etnee ( Reucet) le ceneri vulcaniche potrebbero essere sfruttate nell’ingegneria ambientale e civile, sia come malte e intonaci, sia ripensate come isolanti in forma di pannelli. Finanziato dal ministero dall’Ambiente e condotto da un equipe di studiosi dell’Università di Catania, il Reucet avrebbe individuato nell’edilizia una possibilità per lo smaltimento di un rifiuto altrimenti oneroso. Secondo le parole del prof. Paolo Roccaro, responsabile scientifico del progetto, “l’uso delle ceneri vulcaniche in sostituzione di materiali naturali consentirebbe di ridurre il consumo di risorse naturali e di evitare lo smaltimento della cenere come rifiuto, promuovendo la transizione verso un’economia circolare”.
Ulteriore conferma della validità del progetto arrivano dalla qualità dei prodotti. Per esempio, il risultato alle analisi per le caratteristiche fisico-meccaniche mostra come i prodotti ceramici realizzati con tale procedimento risultino assolutamente non dissimili dai loro corrispettivi comuni. Allo stesso modo, molto interessanti sono stati i risultati del confezionamento di malte, intonaci e pannelli isolanti. Valutata anche la realizzazione di materiali innovativi per contenere l’inquinamento. Un’altra alternativa studiata è il recupero ambientale di aree degradate che permetterebbe di impiegare le migliaia di tonnellate di cenere.
Anche l’impiego nell’edilizia e nelle pavimentazioni stradali della viabilità provinciale consentirebbe l’uso di volumi importanti con limitati costi di trasporto. I ricercatori hanno anche evidenziato la necessità di intervenire sulla normativa vigente per valorizzare il recupero delle ceneri vulcaniche etnee e di prevedere risorse economiche ad hoc. Ad oggi le ceneri vulcaniche etnee vengono classificate come rifiuto da conferire in discarica o negli impianti di recupero di inerti con notevole risparmio. Costi che si aggiungono a quelli della raccolta con l’impiego di risorse pubbliche per sostenere le amministrazioni locali.
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