La Fontana di Cerere è una poco nota fontana situata in piazza Cavour, nel cuore del quartiere Borgo della città di Catania, in Sicilia.
Realizzata in pregiato marmo di Carrara nel 1757 dal celebre scultore dell’epoca Giuseppe Orlando, era inizialmente posizionata in Piazza Università, di fronte alla sede dell’Ateneo. È composta da una vasca per l’acqua fornita di ugelli idrici, il piedistallo centrale è intarsiato con creature marine e quattro mascheroni con vaschette più piccole e flutti dalla bocca, posti alla base dei piedi della statua. Come si deduce dal nome e dalla statua rappresentata, la fontana è dedicata a Cerere, che nella mitologia romana era la dea protettrice della maternità, della fertilità e della nascita, e di conseguenza venerata in rapporto alla semina, al raccolto dei frutti e alla coltivazione dei campi. I siciliani volevano chiaramente ingraziarsi la divinità a causa della pesante carestia che aveva afflitto la Val di Noto l’anno precedente. Cerere, come d’usanza, è raffigurata in piedi, con un mano chiusa, dove un tempo recava il falcetto agricolo, e un fascio appena raccolto nell’altro braccio.
La Fontana di Cerere: il destino nefasto
Fatta eccezione per una breve parentesi fortunata conclusasi nel giro di qualche anno (probabilmente la fine della sua fortuna coincise guarda caso proprio con la fine del periodo di magra), la fontana venne ben presto mal vista dai catanesi. Fu più volte, nel corso degli anni, vandalizzata e disprezzata: il falcetto venne spezzato, viso e braccia deturpati, e i cittadini ne richiesero a più riprese e a gran voce la rimozione. Per questo motivo, una cinquantina di anni dopo la sua installazione, l’amministrazione comunale (all’epoca nominato Senato cittadino) acconsentì a spostarla dallo scenografico centro storico al poco frequentato quartiere Borgo (“u buggu” in catanese), che all’epoca era considerato un quartiere periferico e quasi esterno alla città, in quanto nato dall’unione di una parte di Catania con la vicina Misterbianco (ma oggi perfettamente inglobato nell’urbe). La piazza stessa, detta Piazza Borgo, venne costruita per accogliere gli sfollati dell’eruzione dell’Etna del 1669. Addirittura i cittadini si riferivano alla figura femminile rappresentata dalla statua con l’appellativo di “Dea Pallade del Borgo”, confondendola con la Pallade Atena. Si diffusero persino delle leggende oscure, in parte arrivate fino ai giorni nostri, che parlavano della presunta sfortuna che la fontana avrebbe portato a chiunque avesse osato avvicinarsi alla sua pietra e in generale delle ietture che gettava sulla città. A contribuire a queste dicerie popolari contribuì uno sfortunato evento (questo per davvero nefasto) che coinvolse nel 1882 Francesco Licata, il restauratore incaricato di riparare e ricollocare la testa e la mano destra di Cerere, brutalmente distrutte dai vandali. Licata si introdusse nella vasca per lavorare sulla statua e vi morì di infarto al suo interno. Resta fino ai giorni nostri l’usanza tra i catanesi di dire “pare a ta pallara do burgu” (“sembri la pallade del borgo”), per rivolgersi a qualcuno di particolarmente brutto e sgradevole alla vista.
La Fontana di Cerere: la statua oggi
Oggi la statua è circondata dal prato e da una base di ciottoli che ne circondano la vasca. Il quartiere Borgo, in seguito all’espansione urbana, non è più così periferico, nè tanto meno bistrattato dai suoi cittadini. L’impianto idraulico dell’opera statuaria è mal conservato e mantenuto, e di recente sono stati aggiunti degli antiestetici tubi che spruzzano acqua all’interno della vasca, ben visibili oltre il bordo di pietra. Ennesimo simbolo di una mala gestione e di una sfortuna che la statua si porta dietro sin dalla sua creazione e che rende sicuramente difficili ai concittadini di Cerere imparare ad apprezzare questa opera antica che ha tanto da offrire a catanesi e turisti anche nel nostro secolo.
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