Palazzo Corvaja Fiumefredo: Storie sepolte di nobili famiglie
Ogni giorno, camminando per le strade, ignoriamo un gran numero di cose che potrebbero invece regalarci stupore; Mura “vecchie” che vengono rese tali perché non contengono nessuna storia da raccontare, o meglio, perché noi non conosciamo la storia che vogliono raccontarci, storia che se esiste trasforma quel “vecchie” in patrimonio culturale.
La famiglia Diana
È il caso di una “vecchia” residenza nelle zone di Catania, in contrada Diana nel comune di Fiumefreddo che viene chiamata, appunto, Palazzo Corvaja o Palazzo Diana.
Una delle prime curiosità che salta all’occhio sono le informazioni alcune volte incoerenti, altre volte confuse, riguardo la provenienza della Famiglia Diana.
Su un vecchio testo il “Teatro Genologico Delle Famiglie Nobili Titolate Feudatarie di Sicilia”, che è possibile reperire nelle librerie e biblioteche e che contiene informazioni utili su tutte le le più importanti e storiche famiglie Siciliane si legge:
“Oppo alcune diligenze non habbiam possuto ritrouare di doue deriuasse, ò fosse originaria in Sicilia la famiglia Diana” il testo continua dopo facendo riferimento a vari e strani legami familiari con persone che facevano parte delle cerchia di personaggi storici potenti e illustri come ad esempio il Cardinale Pietro Diana, fratello di sangue materno di Giacomo Bagarotti nonché, come è riportato nel testo, “Capitan del Rè di Fracia”.
I primi territori che vennero assegnati alla famiglia Diana, e i motivi restano confusi e poco chiari come la loro origine, appartenevano ad un’altra nobile e potente famiglia Siciliana, I Chiaramonte che vantavano possedimenti fino alle zone di Modica. Questo lascerebbe presumere che l’ingresso di questa nuova famiglia tra la nobiltà Siciliana non fosse stata così ben vista, ma non ci sono testimonianze chiare su delle faide anzi, sappiamo che la famiglia Diana aveva dei legami, anche se molto articolati, con le famiglie più influenti delle zone di Calatabiano.
I primi territori che vennero assegnati alla famiglia Diana, e i motivi restano confusi e poco chiari come la loro origine, appartenevano ad un’altra nobile e potente famiglia Siciliana, I Chiaramonte che vantavano possedimenti fino alle zone di Modica. Questo lascerebbe presumere che l’ingresso di questa nuova famiglia tra la nobiltà Siciliana non fosse stata così ben vista, ma non ci sono testimonianze chiare su delle faide anzi, sappiamo che la famiglia Diana aveva dei legami, anche se molto articolati, con le famiglie più influenti delle zone di Calatabiano.
Probabilmente l’evento storico che ha più compromesso la strana storia di questa famiglia fù il terremoto del 1693 che spezzo solide alleanze famigliari e ne creo altre impensabili a quei tempi, ragion per cui i normali metri di giudizio che abbiamo risultano non attendibili per comprendere la complessa meccanica dei rapporti nobiliari dell’epoca.
Il Fortino-Villa della famiglia Diana
L’edificio che oggi abbiamo la possibilità di ammirare è un perfetto esempio di casa per la villeggiatura dei nobili, che fungevano anche da posto di controllo per le proprie produzioni. È in realtà molto pittoresco e curato, con delle curiose torrette decorative all’esterno (due molto più alte e vistose) che richiamano l’immagine di un castello fortificato, immagine che si ripresenta anche con i due cortili recintati dietro la struttura. Altra differenza sostanziale che rende leggermente diversa questo “fortino-villa” dai suoi simili è l’impiego della pietra lavica per la produzione di porte, balconi, finestre e merlature.
La sezione anteriore è più dedicata agli esercizi commerciali, aziendali e familiari dei Diana, mentre nel retro si trovavano stalle, stanze della servitù e magazzini; Il cuore della residenza era lo studio che conteneva atti amministrativi, fogli contabili e altre scartoffie burocratiche e dove, si pensa, la famiglia si occupava dell’amministrazione dei propri beni.
Di questa struttura fà parte anche una chiesa, quella di San Vincenzo che oltre a fungere da cappella per le celebrazioni e le funzioni private della famiglia Diana era anche aperta al pubblico e vi si poteva accedere dalla strada senza passare per la residenza.
Di questa struttura fà parte anche una chiesa, quella di San Vincenzo che oltre a fungere da cappella per le celebrazioni e le funzioni private della famiglia Diana era anche aperta al pubblico e vi si poteva accedere dalla strada senza passare per la residenza.
All’interno troviamo tre altari di marmo (quello centrale contiene la nicchia di San Vincenzo Ferrari, a destra una tela che raffigura la Madonna e a sinistra un affresco di San Vito) e la tomba del piccolo Michele Diana, morto nel 1788 a 2 anni e 11 mesi.
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